RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, emessa in data 1 - 15 febbraio 2017, la Corte di appello di Catania, giudicando in sede di rinvio, a seguito di annullamento parziale pronunciato dalla Corte di cassazione (con la sentenza di Sez. 5, n. 3880 del 17-18 novembre 2014, dep. 2015) della sentenza emessa dalla Corte di appello di Catania del 9 maggio 2013, con riguardo alle posizioni di C.P., C.G. e Ca.Gi., oltre che alle posizioni di altri imputati (qui non rilevanti):
- ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.P. in relazione ai reati di cui ai capi B) e D) del proc. n. 2137/98 e in relazione ai reati di cui ai capi A), riqualificato tale reato quale bancarotta preferenziale, e F) del proc. n. 2193/98, per essersi i reati estinti per intervenuta prescrizione;
- ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.G. in relazione ai reati di cui ai capi A), riqualificato tale reato quale bancarotta preferenziale, e F) del proc. n. 2193/98, per essersi i reati estinti per intervenuta prescrizione;
- ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Ca.Gi. in relazione al reato di cui al capi A), riqualificato tale reato quale bancarotta preferenziale, per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione;
- ha assolto C.G. dal reato di cui al capo C) del proc. n. 2137/98 perchè il fatto non sussiste;
- ha rideterminato le pene inflitte in precedenza agli imputati in quelle di anni quattro di reclusione, sia per C.P., sia per C.G., sia per Ca.Gi., oltre alla rideterminazione conseguente delle pene accessorie in ordine alle posizioni dei C.;
- ha revocato le condanne al risarcimento del danno nei confronti di C.G. limitatamente al reato di cui al capo C del proc. n. 2137/98;
- ha condannato C.P., C.G. e Ca.Gi. alla rifusione delle ulteriori spese alla parte civile Amministrazione straordinaria della F.lli C. Spa.
1.1. La sentenza della Corte di cassazione aveva quanto alle tre indicate posizioni (per quanto ancora rileva): annullato la sentenza impugnata nei confronti di C.P., limitatamente ai reati di cui ai capi B) e D) del proc. 2137/98 e di cui al capo A) del proc. n. 2193/98, con conseguente rinvio anche per la determinazione del complessivo trattamento sanzionatorio, rigettando nel resto la relativa impugnazione; annullato la sentenza impugnata nei confronti di C.G., limitatamente ai reati di cui ai capi C) del proc. 2137/98 e di cui ai capi A) e F) del proc. n. 2193/98, con conseguente rinvio anche per la determinazione del complessivo trattamento sanzionatorio, rigettando nel resto la relativa impugnazione; annullato la sentenza impugnata nei confronti di Ca.Gi., limitatamente al reato di cui al capo A) del proc. n. 2193/98, con conseguente rinvio anche per la determinazione del complessivo trattamento sanzionatorio, rigettando nel resto la relativa impugnazione.
1.2. I giudici del rinvio nell'indicata sentenza hanno osservato che:
- tutti i reati di bancarotta oggetto della nuova disamina, inseriti nel complessivo quadro di reati in parte già accertato con sentenza irrevocabile, attenendo a fatti commessi nel 1995, avevano visto maturare il termine di prescrizione; sennonchè, essendo stati gli imputati condannati anche per tali reati al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita Amministrazione straordinaria della F.lli C. Spa, occorreva pronunziarsi sul merito ai sensi dell'art. 578 cod. proc. pen., oltre che provvedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio in dipendenza della detrazione delle pene relative ai reati, previa la decisione sul punto del riconoscimento o meno agli imputati delle circostanze attenuanti generiche;
- quanto al reato di cui al capo B) del proc. n. 2147/98, ascritto a C.P. e attinente alla sottrazione ai creditori della Zeutron (holding del gruppo C., poi dichiarata fallita) della garanzia costituita dal capitale della Perla Ionica Srl, determinata dalla rinuncia al diritto di opzione decisa da C.G., in relazione alla quale a C.P. era contestata l'omessa vigilanza, i giudici del rinvio hanno ritenuto sussistente la responsabilità di quest'ultimo (salva la prescrizione), poichè egli era, se non più presidente del consiglio di amministrazione, liquidatore della società, al pari di C.G., e pertanto aveva poteri, anche disgiunti, per intervenire in modo determinante sull'argomento e non lo aveva fatto;
- andava, invece, assolto C.G. dal reato di cui al capo C) del proc. n. 2137/98 perchè il fatto non sussiste; circa l'accusa relativa alla stipulazione da parte dell'imputato, quale amministratore della Perla Ionica Srl, dell'atto di rettifica con la società R.T.A. affittuaria di una struttura alberghiera in modo tale da ridurre il già concordato canone annuo di locazione, era da ritenere che, in realtà, tale atto non avesse comportato una modifica sostanziale del canone pattuito, quanto piuttosto il suo ricalcolo, avuto riguardo alle sopravvenienze maturate nel frattempo, nel quadro di ulteriori modifiche contrattuali, sicchè non poteva dirsi raggiunta la prova al di là di ogni ragionevole dubbio del verificarsi dell'atto di distrazione in danno dei creditori, con conseguente assoluzione di C.G..
- circa il reato di cui al capo D) del proc. n. 2137/98, esso riguardava la vendita messa in essere da C.P., quale liquidatore della Zeutron, alla InterEuropean Finance S.A. del pacchetto azionario della Owar S.A. (di pertinenza della Zeutron), avente quale beni principale un complesso immobiliare sito in Roma, per un controvalore di lire 62.750.000, a fronte di una stima pur risalente al 1997 del relativo valore in lire 1.700.000.000, il nuovo esame del punto doveva tener conto del fatto che sulla consistenza immobiliare insisteva un'ipoteca di primo grado di lire 24.000.000.000, peraltro accollata al cessionario, a fronte di una stima peritale del cespite di lire 12.000.000.000; ebbene, se era giusto valutare questo elemento, nemmeno poteva obliterarsi che la Owar S.A. aveva concesso l'ipoteca, non già per debiti propri, bensì per debiti di terzi, sicchè essa si qualificava come datore di ipoteca e, dunque, al sensi dell'art. 2781 cod. civ., il pagamento da parte sua avrebbe fatto residuare l'azione di regresso nei confronti del debitore; sicchè, pur considerata l'incertezza connessa all'esito positivo dell'azione di regresso, restava il fatto che la sua titolarità era certamente un fattore da considerare nella determinazione del prezzo di vendita: ma ciò non era avvenuto e, dunque, la cessione aveva rappresentato nella sostanza una distrazione, in rapporto alla natura di reato di pericolo, sebbene concreto, della bancarotta fraudolenta, per cui sussisteva la responsabilità di C.P. (salva la prescrizione);
- in ordine al reato di cui al capo A) del proc. n. 2193/98, ascritto a C.P., C.G. e Ca.Gi., quali amministratori occulti della Ediltekna Srl, per gli ingenti capitali distratti alla società ora indicata al fine di versarli alla società Zeutron, con correlativo danno ai creditori della Ediltekna, stante l'insolvibilità della Zeutron, effettuato l'esame dei vantaggi compensativi oggetto delle censure difensive il cui esame era stato demandato dalla Corte di legittimità, in uno alla prospettiva alternativa della bancarotta preferenziale, l'analisi compiuta nel giudizio rescissorio era tale da condurre alla conclusione che, pur nella sussistenza di vantaggi compensativi, si era determinata a cagione della condotta degli imputati un'indebita situazione finale di favore per il creditore Banco di Sicilia, a cui l'operazione messa in essere dagli imputati aveva assicurato garanzie ipotecarie per la sua posizione, in tal senso dovendo riqualificarsi l'originaria contestazione, impregiudicata l'intervenuta prescrizione del reato;
- quanto, infine, al reato di cui al capo F) del proc. n. 2193/98, relativo all'accusa di distrazione nei confronti di C.G. perchè, quale amministratore occulto della suddetta Ediltekna, aveva arrecato un danno ai creditori di questa società dichiarata fallita mantenendo in essere un contratto di comodato in favore di P.F. di un immobile di proprietà sociale del valore di lire 1.300.000.000, la verifica richiesta dalla sentenza rescindente in ordine alla sussistenza del dolo in capo all'imputato andava svolta con esito sfavorevole per la posizione di C.G., dal momento che l'esame degli atti aveva fatto emergere le dichiarazioni dell'imputato in cui egli dava atto di essere a conoscenza del comodato gratuito concesso a P. e spiegava anche che la manutenzione ordinaria dell'immobile avrebbe comportato un impegno finanziario per la società, giustificazione però non attendibile anche per la mancanza di prova dei lavori di manutenzione eventualmente fatti a spese del comodatario; doveva dunque ritenersi sussistente la responsabilità penale dell'imputato C.G. per questo fatto (salva la prescrizione);
- in ordine alla questione relativa al riconoscimento o meno delle circostanze attenuanti generiche ai tre imputati, la risposta era negativa per ciascuno di loro, ritenendosi mancanti, anche dopo il riassetto delle statuizioni decisorie relative ai reati ritenuti, le corrispondenti condizioni legittimanti;
- seguiva, secondo tale traccia, la rideterminazione della pena per ciascuno degli imputati.
2. Avverso questa decisione ha proposto ricorso il difensore di C.P. e C.G. chiedendone l'annullamento ed articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge in riferimento all'art. 597 cod. proc. pen., per violazione del principio devolutivo e del divieto di reformatio in peius relativamente alla declaratoria di non doversi procedere nei confronti di C.P. in ordine al reato di cui al capo F) del proc. n. 2193/98, per essersi il reato estinto per prescrizione.
Invero C.P. era stato assolto dal reato sub F) del proc. n. 2193/98 già dal Tribunale per non aver commesso il fatto, con statuizione coperta dal giudicato, sicchè la declaratoria di non doversi procedere nei suoi confronti per estinzione del reato dovuta a prescrizione, sancita dalla Corte del rinvio, aveva finito per modificare in peius la succitata statuizione.
D'altro canto in motivazione la sentenza impugnata non aveva in alcun modo spiegato la ragione del coinvolgimento di C.P., ma prevalendo ordinariamente il dispositivo sulla motivazione - l'imputato aveva interesse all'eliminazione della statuizione suddetta mediante il corrispondente annullamento senza rinvio.
2.2. Con il secondo motivo si prospetta erronea applicazione dell'art. 62-bis cod. pen. e mancanza di motivazione in riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La sentenza di legittimità aveva stabilito che, all'esito della decisione sui reati per i quali era stata disposta la nuova disamina, la Corte del rinvio avrebbe dovuto rivalutare il trattamento sanzionatorio anche con specifico riferimento alla questione relativa alle circostanze attenuanti generiche.
La Corte di appello aveva ribadito il diniego del riconoscimento delle suddette attenuanti non tenendo conto che, al di là del reato dal quale C.G. era stato assolto, anche per gli altri reati oggetto del rinvio non era stata pronunciata una sentenza di merito, sicchè i relativi fatti non potevano essere presi in considerazione per la relativa valutazione.
D'altro canto, anche nell'evenienza della continuazione, il giudizio relativo alle circostanze attenuanti generiche andava effettuato avendo riferimento ai singoli reati, non in modo globale, poichè rilevavano le caratteristiche di ciascun episodio criminoso.
Viceversa entrambe le sentenze di merito avevano fondato il diniego sulla pluralità di condotte non distinguendo fra i vari imputati e i vari reati.
Inoltre, i fattori indicati dalla difesa (la soggezione degli imputati al sistema bancario e l'insussistenza di vantaggio patrimoniale per loro) non erano stati affatto considerati dai giudici del rinvio, nonostante le specifiche censure mosse dai C. con l'appello lo rendessero necessario.
3. Hanno proposto ricorso anche i difensori di Ca.Gi. chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata e affidando l'impugnazione a due motivi.
3.1. Con il primo motivo si lamentano violazione dell'art. 216, comma 3, L. Fall. e motivazione omessa e contraddittoria.
La Corte di merito, nel derubricare il reato di cui al capo A) del proc. n. 2193/98 da bancarotta fraudolenta per distrazione in bancarotta preferenziale, aveva tuttavia ammesso che il Banco di Sicilia nessun vantaggio effettivo aveva ritratto dalla fattispecie relativa ai mutui ipotecari, pur aggiungendo al contempo che il credito di tale istituto diveniva assistito alla garanzia reale. Così, tuttavia, la motivazione a supporto della configurazione della bancarotta preferenziale era carente: il riconoscimento del vantaggio compensativo idoneo ad escludere la bancarotta fraudolenta per distrazione, per essere state le liquidità sempre utilizzate al fine di soddisfare i creditori della società, era argomentazione esaustiva e logicamente incompatibile con la configurazione del reato di bancarotta preferenziale.
Anche sotto il profilo soggettivo, poi, la bancarotta preferenziale richiedeva il dolo specifico, consistente nella volontà di arrecare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l'accettazione dell'eventualità di creare un danno agli altri creditori, mentre nel caso concreto la Corte territoriale aveva riconosciuto che nessun vantaggio aveva conseguito il Banco di Sicilia, provenendo la liquidità dal medesimo istituto bancario ed essendo state esse utilizzate per il risanamento e la ristrutturazione dei debiti gravanti sulle società del gruppo.
3.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell'art. 62-bis cod. pen. e motivazione omessa e contraddittoria in tema di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Pur avendo ricevuto il mandato di valutare al momento del trattamento sanzionatorio il tema del riconoscimento o meno delle circostanze attenuanti generiche, la Corte del rinvio non aveva tenuto conto della sensibile modificazione del quadro di illeciti attribuiti alfine a Ca., in relazione alla cui posizione era stata esclusa la bancarotta per distrazione con riguardo all'ipotesi derubricata in bancarotta preferenziale e non erano stati sviluppati argomenti, se non generici e apparenti, a sostegno del diniego.
Non si erano, per contro, valutati gli elementi specificamente evidenziati con l'atto di appello, ossia il ruolo assolutamente marginale assunto da Ca. nella vicenda Ediltekna, il comportamento processuale dell'imputato, che aveva ampiamente contribuito alla ricostruzione del fatto, l'assenza di cariche sociali ed anche della qualità di socio in capo al ricorrente e pure lo stato di incensuratezza del medesimo Ca.. In ordine a tali elementi la Corte territoriale non aveva dato alcuna risposta, mentre la meritevolezza o meno delle circostanze attenuanti generiche non poteva mai essere data per scontata, con l'effetto che il giudice, per escluderla, avrebbe dovuto verificare sotto ogni possibile profilo l'insussistenza delle condizioni legittimanti, vieppiù a fronte degli specifici elementi indicati nell'atto di appello.
3. Il Procuratore generale ha concluso evidenziando che, in ordine al reato di cui al capo F), per C.P. era intervenuto in dispositivo un errore materiale, correggibile ai sensi dell'art. 130 cod. proc. pen., mentre la restante impugnazione dello stesso imputato nonchè i ricorsi di C.G. e Ca.Gi., tenendo a una non consentita rilettura del fatto, erano da dichiararsi inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene che soltanto l'impugnazione proposta da C.P. - limitamento alla questione posta con il primo motivo - meriti accoglimento.
Vanno, invece, rigettati la restante parte di questa stessa impugnazione e, integralmente, i ricorsi di C.G. e Ca.Gi..
2. Il primo motivo del ricorso proposto da C.P. è fondato: il dispositivo della sentenza di appello ha accomunato - per il reato di cui al capo F) - la sua posizione, che per quel reato era stato già assolto dalla sentenza di primo grado, a quella di C.G., per il quale il reato effettivamente residuava, sicchè in ordine alla posizione di quest'ultimo è stato rettamente dichiarato non doversi procedere per il reato stesso, stante la sua estinzione per la sopravvenuta prescrizione.
Come si è già precisato, per il reato di cui al capo F) del proc. n. 2193/98, relativo all'accusa di distrazione nei confronti di C.P. e G. nonchè di Ca.Gi., perchè, quali amministratori occulti della suddetta Ediltekna, avevano arrecato un danno ai creditori di questa società dichiarata fallita mantenendo in essere un contratto di comodato in favore di P.F. di un immobile di proprietà sociale del valore di lire 1.300.000.000, già la sentenza del Tribunale di Catania de 19 aprile 2010 aveva assolto sia Ca., sia C.P..
Pertanto, la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione di questo stesso reato emessa dalla sentenza impugnata nei confronti di C.P. concreta un inopinato bis in idem peggiorativo della posizione dell'imputato già assolto.
Il fatto che non sussista motivazione a sostegno della pronuncia non rende meno evidente il vulnus, che deve essere eliminato con la statuizione di annullamento senza rinvio della corrispondente statuizione.
Resta il contrasto tra motivazione, silente, e dispositivo e, siccome, pur con le peculiarità dei singoli casi, in ipotesi di difformità tra dispositivo e motivazione, tendenzialmente il primo prevale sulla seconda, in quanto il dispositivo costituisce l'atto con il quale il giudice estrinseca la volontà della legge nel caso concreto, mentre la motivazione ha una funzione esplicativa della decisione adottata, occorre prendere atto della contrarietà della succitata, espressa statuizione contenuta nel dispositivo all'assetto già definito del corrispondente rapporto processuale, provvedendo di conseguenza nel senso già precisato.
3. Trascorrendo al primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di Ca.Gi., è da premettere che il reato sub A) del proc. n. 2193/98 è stato contestato a C.P., C.G. e Ca.Gi., quali amministratori occulti della Ediltekna Srl, per gli ingenti capitali distratti alla società ora indicata al fine di versarli alla società Zeutron, con correlativo danno ai creditori della Ediltekna, stante l'insolvibilità della Zeutron.
3.1. La sentenza rescindente, delibando le censure degli imputati, che erano stati condannati per la relativa bancarotta, le aveva ritenute in parte fondate.
Dopo aver puntualizzato che non sussisteva il difetto di correlazione tra accusa e sentenza (prospettato nel ricorso di C.P. e G.), dato che la sentenza sottoposta al suo vaglio non aveva ritenuto la sussistenza di una fattispecie diversa da quella contestata, i giudici di legittimità avevano notato che, pur avendo l'atto di appello dedotto la necessità di valutare il disegno imprenditoriale e l'esistenza di vantaggi compensativi in capo al gruppo e quindi a Ediltekna, che, essendo la cassaforte del gruppo per le sue possidenze immobiliari, ne costituiva il polmone finanziario, tale che sarebbe stata immediatamente attaccata dalle esposizioni debitorie delle controllanti in caso di insolvenza di queste", con la doglianza secondo cui la sentenza di primo grado aveva in modo ingiustificato escluso la rilevanza dell'interesse di gruppo, la sentenza di secondo grado aveva omesso qualsiasi riferimento alla doglianza, limitandosi ad evidenziare che i mutui non erano finalizzati allo sviluppo delle attività istituzionali di Ediltekna.
Inoltre la sentenza di legittimità aveva rilevato che, sotto un diverso profilo, sempre l'atto di appello proposto nell'interesse di C.P. e G. aveva espressamente prospettato la configurabilità della bancarotta preferenziale, evidenziando come, con l'operazione dei mutui contratti da Ediltekna, il Banco di Sicilia avesse consolidato con le ipoteche il suo credito blindandolo rispetto alle pretese degli altri creditori: prospettazione non esaminata dalla sentenza della Corte territoriale che aveva fatto riferimento al problema solo con riguardo ad altre imputazioni, non con riferimento alla questione Ediltekna, per cui anche per tale aspetto, rilevata la mancanza di motivazione, si era pronunciato annullamento con rinvio.
3.2. I giudici del rinvio, analizzati gli elementi di prova, hanno concluso che la situazione determinatasi induceva a ritenere l'esistenza di un verosimile vantaggio compensativo, in quanto l'accensione dei mutui fondiari con il Banco di Sicilia oggetto dell'imputazione aveva fatto confluire nelle casse della capogruppo Zeutron i relativi capitali, con il consolidamento della stessa e dell'intero gruppo e con la prospettiva che il pagamento dei debiti delle società del gruppo avrebbe precluso la possibilità per i creditori di agire sugli stessi immobili di Ediltekna.
Peraltro, procedendo a scrutinare l'altro aspetto sottoposto alla sua disamina dallo stesso atto di appello e dalla sentenza rescindente considerato non analizzato dalla sentenza di secondo grado, la Corte di appello ha considerato che restava fermo il dato di fatto che - con la contestata condotta - era stata integrata la fattispecie della bancarotta preferenziale in favore del creditore Banco di Sicilia, il quale risultava essere stato indubbiamente favorito dall'intera operazione, in tal senso dovendo riqualificarsi l'originaria contestazione, ferma, comunque, l'avvenuta prescrizione del reato.
3.3. La doglianza proposta sull'argomento ipn coglie nel segno nella parte in cui censura la motivazione della sentenza resa nel giudizio rescissorio per non aver ritenuto totalmente elisa l'antigiuridicità della bancarotta dal conclusivo accertamento della sussistenza (sia pure a livello di verosimiglianza) dei vantaggi compensativi dedotti.
Invero, l'aspetto che ha determinato la contestuale considerazione di sussistenza della bancarotta di natura preferenziale, come disciplinata e punita dal R.D. n. 267 del 1942, art. 216, comma 3, inerisce al consapevole e indubbio rafforzamento della posizione dello specifico creditore Banco di Sicilia, in quanto l'accertamento di merito, sorretto da congrua motivazione, ha appurato che, in virtù dell'operazione analizzata, il credito vantato originariamente dall'istituto bancario nei confronti di Zeutron aveva assunto la sostanziale natura di credito assistito da garanzia ipotecaria, avente ad oggetto il patrimonio immobiliare di Ediltekna, prelazione che ha posto, all'evidenza, il creditore suddetto in posizione più vantaggiosa rispetto agli altri creditori.
La sentenza impugnata, dando adeguato conto delle connotazioni articolate dell'operazione (avvenuta con la stipulazione di mutui ipotecari, contratti richiedenti complesse attività, anche di ordine preparatorio), ha fornito congruo ragguaglio anche dell'evenienza dell'elemento soggettivo della bancarotta preferenziale ritenuta.
La motivazione si è dipanata in modo sufficiente spiegando che, pur essendo stati i mutui fondiari destinati a reperire risorse utilizzate dal gruppo, la modalità di acquisizione, con la creazione di altrettante garanzie reali a favore del Banco di Sicilia, che peraltro era anche beneficiario degli adempimenti che le società del gruppo avrebbero perfezionato (per essere già loro creditore), aveva determinato la costituzione della garanzia ipotecaria sul complessivo patrimonio di Ediltekna, con conseguente detrimento della par condicio creditorum.
I giudici del rinvio hanno così deciso nell'alveo tracciato dalla sentenza rescindente (e d'altronde, in via generale, salve specificazioni relative ai vari aspetti della questione, non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice di appello riqualifichi il reato di bancarotta per distrazione come bancarotta preferenziale, in quanto l'atto dispositivo tipico di tale fattispecie criminosa costituisce una species del più ampio genus di sottrazioni di risorse del patrimonio della società, che caratterizza la bancarotta per distrazione: Sez. 5, n. 31680 del 22/05/2015, Cantoro, Rv. 264673) e hanno dato adeguato conto delle conclusioni raggiunte anche sotto il profilo del dolo, essendo assodato che l'elemento soggettivo del reato di bancarotta preferenziale è ravvisabile ogni qualvolta l'atteggiamento psicologico dell'agente risulti rivolto a favorire uno dei creditori, riflettendosi esso nel contempo, nel pregiudizio per gli altri creditori.
Inoltre, la bancarotta preferenziale attraverso la creazione, più o meno artificiosa, di garanzie reali deve ritenersi giuridicamente configurabile: costituisce principio di diritto da ribadirsi quello in base a cui, in tema di bancarotta preferenziale, integra gli estremi della simulazione di prelazione di cui al R.D. n. 267 del 1942, art. 216, comma 3, parte seconda, la condotta di una impresa in stato di decozione che consegua da una banca creditrice mutui fondiari garantiti da ipoteca immobiliare utilizzati per il ripianamento dei saldi negativi dei conti correnti intrattenuti con la stessa banca, così trasformandosi il credito vantato da quest'ultima verso l'impresa da chirografario in privilegiato e, quindi, costituendosi un titolo di prelazione in danno di ogni altro creditore, lì dove il concetto di simulazione di cui alla norma suindicata non deve essere inteso in senso civilistico, poichè la ratio della previsione è quella di sanzionare tanto le condotte che realizzano la costituzione fittizia di un titolo preferenziale quanto quelle che trasformano un credito chirografario in credito assistito da cause di prelazione con la costituzione effettiva di una garanzia in presenza dello stato di insolvenza, poichè entrambe producono il medesimo risultato di alterazione della par condicio creditorum (Sez. 5, n. 16688 del 02/03/2004, Manfredini, Rv. 228765, 228766).
Quel che alfine rileva è che siano stati - con giudizio di merito incensurabile nella presente sede in costanza di congrua motivazione - riscontrati gli elementi costitutivi della bancarotta preferenziale, a cagione della succitata violazione della par condicio creditorum nella procedura fallimentare (elemento oggettivo) e del dolo specifico costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l'accettazione dell'eventualità di un danno per gli altri (elemento soggettivo), con l'effetto che la condotta illecita non è consistita nell'indebito depauperamento del patrimonio del debitore, bensì nell'alterazione dell'ordine stabilito dalla legge per la soddisfazione dei creditori (Sez. 5, n. 15712 del 12/03/2014, Consol, Rv. 260221).
La doglianza è, quindi, da ritenersi infondata.
4. Passando all'esame del secondo motivo dei ricorsi proposti unitariamente da Giuseppe e C.P. e del secondo motivo dell'impugnazione proposta da Ca.Gi., che possono essere trattati congiuntamente attenendo essi al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, le corrispondenti censure non meritano accoglimento.
La Corte di appello, dopo aver definito le questioni relative alla sussistenza o meno dei reati demandate dalla sentenza rescindente, ha, in tema di presupposti per l'applicazione dell'art. 62-bis cod. pen., evidenziato come, al di là del maturato termine di prescrizione, l'unica contestazione per la quale si era pervenuti all'assoluzione per insussistenza del fatto fosse la bancarotta sub C) del proc. n. 2137/98 ascritta a C.G.: tutte le altre responsabilità erano, invece, uscite confermate dall'analisi compiuta nel giudizio rescissorio.
I giudici del rinvio - avvalendosi anche delle indicazioni già fornite dal Tribunale sull'argomento quando aveva negato le attenuanti generiche facendo riferimento alla pluralità delle condotte delittuose che ciascun imputato aveva integrate e al ruolo di rilievo dai medesimi svolto - oltre agli indicati elementi hanno fatto leva sull'assenza di elementi effettivamente positivi, ribadendo comunque la particolare gravità dei fatti, resa ancora più allarmante dalla loro reiterazione.
Nella formulazione di tale valutazione correttamente non è stato annesso valore dirimente all'obiezione relativa all'intervenuta prescrizione di alcuni reati (fatto che rileva anche per la posizione di Ca.) a causa del ricordato, perdurante connotato di gravità annesso alle corrispondenti condotte, siccome ritenute effettivamente integrate (con conseguente conferma delle statuizioni civili).
I reati prescritti, invero, non hanno fatto venir meno (giacchè è restato il corrispondente accertamento di merito ai fini civili) il giudizio negativo circa il comportamento corrispondentemente serbato per commetterli da ciascun imputato.
Anche rispetto alla ritenuta continuazione fra i reati accertati la valutazione della Corte territoriale non risulta il frutto di valutazioni incongrue o illogiche, atteso che si desume dal discorso giustificativo reso dai giudici di merito il carattere ostativo scaturente pure dalla gravità delle bancarotte, anche singolarmente considerate, in ragione della notevole portata dei rispettivi effetti.
In tale cornice, i giudici del rescissorio, con ragionamento sintetico ma adeguato e non illogico, hanno ritenuto che - in virtù degli evidenziati elementi ostativi - le circostanze attenuanti generiche negate nel precedente giudizio di merito non potessero essere riconosciute a nessuno dei tre imputati, neanche a C.G., nonostante la ricordata assoluzione, dal momento che egli aveva riportato condanna degli altri reati ed era stato ritenuto responsabile pure di quelli estinti per la sopravvenuta prescrizione.
A fronte degli indicati fattori preclusivi gli altri argomenti, quali l'assoluzione di C.G. in ordine al solo reato succitato, la postulata soggezione degli imputati al sistema bancario, la dedotta assenza di vantaggi personali invocati da entrambi i C. nonchè la marginalità del contributo causale, la carenza di precedenti e il buon comportamento processuale accampati da Ca., sono stati considerati, in modo incensurabile, recessivi.
A fronte della congrua motivazione fornita dalla sentenza impugnata le deduzioni dei ricorrenti di mancato apprezzamento degli indici favorevoli per la rispettiva posizione non possono considerarsi idonei a incrinare il discorso giustificativo sviluppato nella sentenza impugnata: costituisce, sull'argomento, principio consolidato e meritevole di essere ribadito quello secondo cui nel giustificare il diniego del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche il giudice non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo necessario e sufficiente che egli - con motivazione insindacabile in sede di legittimità, ove essa sia non contraddittoria - dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 1, n. 13362, 20(09/2017, dep. 2018, Pizzicannella, n. m.; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).
5. Corollario delle considerazioni svolte è che, accolto il primo motivo, si deve addivenire al rigetto della restante impugnazione proposta da C.P. e all'integrale rigetto degli altri ricorsi.
Segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna di C.G. e di Ca.Gi. al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di C.P. limitatamente al reato al capo F) proc. n. 2193/98, per non avere commesso il fatto. Rigetta nel resto il ricorso di C.P..
Rigetta i ricorsi di C.G. e di Ca.Gi., che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018