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Bancarotta preferenziale: non sussiste se il fallito paga il canone di locazione dell'abitazione familiare

Bancarotta preferenziale

Cassazione penale sez. V, 08/10/2018, n.54512

Non sussiste il reato di bancarotta preferenziale qualora il fallito paghi il canone di locazione dell'abitazione familiare, essendo necessario, ai fini della violazione della "par condicio" dei creditori, che questi ultimi concorrano nella ripartizione dell'attivo, mentre il rapporto di locazione avente ad oggetto un immobile destinato esclusivamente ad abitazione del fallito e della sua famiglia è preordinato al soddisfacimento di un'esigenza primaria di vita, ai sensi dell'art. 46, n. 1, legge fall. ed ha, pertanto, natura strettamente personale, restando estraneo al fallimento.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Torino ha, in parziale riforma della decisione del tribunale di Alessandria del 3 giugno 2010 con la quale era stata affermata la penale responsabilità di D.G. per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e preferenziale in riferimento al fallimento di (OMISSIS) s.a.s., assolto l'imputato dall'ipotesi di distrazione dell'autovettura Seat Ibiza e dichiarato estinto per prescrizione il reato di bancarotta semplice documentale, rideterminando la pena per le residue contestazioni. 2. Avverso la sentenza, ha proposto ricorso l'imputato, per mezzo del difensore, avv. Carlo Porrati, articolando tre motivi contenenti plurime censure. 2.1. Deduce, con il primo motivo, violazione della legge penale e correlativo difetto di motivazione in riferimento al reato di bancarotta di cui alla L. Fall., art. 216, comma 3 riguardo il pagamento di canoni di locazione dell'abitazione familiare, avendo - mediante il predetto pagamento l'imputato evitato lo sfratto per morosità in corso. La corte territoriale ha, al riguardo, erroneamente escluso la ricorrenza di uno stato di necessità, omettendo di confrontarsi con i principi (L. Fall., art. 46, n. 2) che, nella procedura concorsuale, garantiscono il diritto d'abitazione del fallito e della propria famiglia. 2.2. Censura, con il secondo motivo, violazione della legge penale e correlato vizio di motivazione in riferimento alla distrazione di autovetture, trattandosi di beni vetusti e privi di valore economico. 2.3. La terza doglianza riguarda la mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 219 L. Fall., avendo al riguardo la corte territoriale illogicamente omesso di riconoscere la speciale tenuità del danno patrimoniale, pur avendo affermato la modesta portata dei fatti distrattivi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato. 2. In riferimento al primo motivo di ricorso, va premesso come in tema di diritto all'abitazione del fallito, la giurisprudenza civile della Corte di cassazione si è espressa, nella sua massima composizione nomofilattica (Sez. U, n. 5397 del 18/10/1982, PASQUALI contro TSCHAMBRIN, Rv. 423162-01) nel senso che la locazione, quando abbia ad oggetto un immobile destinato esclusivamente ad abitazione propria del fallito e della sua famiglia, non integra un rapporto di diritto patrimoniale compreso nel fallimento del conduttore, secondo la previsione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 43, bensì un rapporto di natura strettamente personale, ai sensi dell'art. 46, n. 1 del citato decreto, rivolto al soddisfacimento di un'esigenza primaria di vita, il quale è indifferente per il fallimento. 2.1. Siffatta indicazione ermeneutica, consolidata nell'orientamento di legittimità (ex multis Sez. 3, n. 20804 de129/09/2009, Valvano contro D'Errico, Rv. 609892-01), riconducendo il contratto di locazione ad un rapporto di natura strettamente personale, rivolto al soddisfacimento di un'esigenza primaria di vita, ai sensi della L. Fall., art. 46, n. 1, non consente di poter qualificare il pagamento dei canoni quale atto dispositivo preferenziale, rilevante ai sensi della L. Fall., art. 216, comma 3, ponendosi la posizione del locatore al di fuori - ed al di sopra - dell'interesse dei creditori del fallito ad essere soddisfatti nell'ambito della procedura concorsuale. Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è, invero, necessaria la violazione della "par condicio creditorum", che consiste nell'alterazione dell'ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori (ex multis Sez. 5, n. 3797 del 15/01/2018, Hofmann, Rv. 272165) ed è, pertanto, necessario che questi ultimi concorrano nella ripartizione dell'attivo, mentre il rapporto di locazione resta estraneo al fallimento. 2.2. Nel caso in esame, la corte territoriale ha omesso di valutare la natura del pagamento, che esclude ex se la rilevanza fallimentare della disposizione e, dunque, la configurabilità del reato di bancarotta preferenziale, escludendo la ricorrenza della causa di giustificazione dello stato di necessità che, invece, rileva - in tema di bancarotta - solo nell'ipotesi in cui il fatto tipico si realizzi, ma l'agente non abbia volontariamente e consapevolmente creato una situazione di pericolo per l'impresa, non ricorrendo, altrimenti, nè il requisito del generarsi del pericolo per cause indipendenti dalla volontà dell'agente, nè il requisito della sua inevitabilità con altri mezzi (Sez. 5, n.10542 del 31/10/2014 - dep. 2015, Rocca, Rv. 262726). 2.3. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata senza rinvio limitatamente alla condanna per bancarotta preferenziale perchè il fatto non sussiste. 3. Sono, del resto, fondate le ulteriori censure. 3.1. Invero, in tema di bancarotta per distrazione, il mancato rinvenimento all'atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione, a condizione che sia accertata la previa disponibilità, da parte dell'imputato, di detti beni o attività nella loro esatta dimensione, nel valore economico e al di fuori di qualsivoglia presunzione (Ex multis Sez. 5, n. 35882 del 17/06/2010, De Angelis, Rv. 248425). 3.2. Una volta dimostrata la previsa disponibilità di beni, va altresì rilevato come ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità di cui all'art. 219, comma 3, L. Fall., occorre verificare se il danno arrecato ai creditori sia particolarmente tenue o manchi del tutto, sicchè la valutazione rimessa al giudice non può limitarsi alla considerazione degli importi delle somme distratte, ma deve estendersi alle dimensioni dell'impresa, al movimento degli affari, all'ammontare dell'attivo e del passivo, nonchè all'incidenza che la condotta illecita ha avuto sul danno derivato alla massa dei creditori (Sez. 5, n.20695 del 29/01/2016, Chiti, Rv. 267147). Di guisa che il giudizio relativo all'attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, di cui all'art. 219, comma 3, L. Fall. deve essere posto in relazione alla diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti (Sez. 5, n.12330 del 02/11/2017 - dep. 2018, Di Niso, Rv. 272663). 3.3. Nel caso in esame, dal testo della sentenza impugnata se risulta - per espressa ammissione dell'imputato - che i veicoli in contestazione siano stati nella materiale disponibilità del D., non è dato, invece, sapere se i predetti beni mobili registrati siano stati ricercati dagli organi della curatela e se i medesimi conservassero ancora valore economico, rispondendo a massime di comune esperienza la progressiva svalutazione, sino all'azzeramento, rispetto all'epoca dell'immatricolazione. A fronte del valore evidentemente esiguo dei beni oggetto di distrazione, la sentenza impugnata ha, altresì, omesso qualsivoglia riferimento alla diminuzione globale verificatasi nella massa attiva in conseguenza della mancata messa a disposizione della massa dei vetusti veicoli oggetto d'imputazione. 4. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio affinchè la Corte d'appello, in applicazione degli enunciati principi, proceda, in piena libertà di giudizio ma con motivazione completa e immune da vizi logici e giuridici, a nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato di bancarotta preferenziale perchè il fatto non sussiste. Annulla la stessa sentenza relativamente alla residua imputazione con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino per nuovo esame. Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2018. Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018
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