RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 10/06/2016 la Corte di Appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Terni, ha dichiarato l'estinzione per prescrizione dei reati di bancarotta preferenziale - così riqualificata l'imputazione per bancarotta per distrazione di cui al capo A1) - e di bancarotta semplice (L. Fall., artt. 217-224), contestata al capo B, confermando l'affermazione di responsabilità per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (capo A 2, 3 e 4), e riducendo la pena inflitta.
In particolare, il capo A2 concerneva la distrazione, quale amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita il 18/11/2005, della somma di Euro 320.000,00 costituente parte del prezzo (complessivamente pari ad Euro 570.000,00) corrisposto dalla C. Immobiliari s.r.l. per la cessione dei crediti vantati dalla fallita, di cui Euro 220.000,00 venivano versati alla data della stipula della vendita, il 28.4.2004, ed Euro 100.000,00 venivano versati mediante nove assegni con scadenze diverse; il capo A3 concerneva la tenuta della contabilità in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, poichè le somme di Euro 220,000,00 e di Euro 100.000,00 non risultavano dalla contabilità; il capo A4 riguardava la somma di Euro 250.000,00 di cui C. Immobiliari era debitrice, avendo assunto l'impegno di cedere in favore della fallita un complesso residenziale in fase di realizzazione sito ad (OMISSIS), oggetto di una condotta di dissipazione, in quanto stipulato senza adottare precauzioni al fine di rendere esecutivo l'obbligo, ed oggetto di una rinuncia di fatto al credito; la condotta, peraltro, veniva riqualificata come distrazione della somma di Euro 150.000,00, quale obbligo alternativo (contrattualmente previsto) alla cessione del complesso immobiliare.
2. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di M.L., Avv. Manlio Marcella, deducendo i seguenti motivi di ricorso.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo A3: con l'atto di appello si era dedotto che l'esame dell'allegato 20 alla perizia del rag. Mo. consentiva di evincere tutti i movimenti di cassa operati da (OMISSIS); lamenta che già la sentenza di primo grado abbia individuato nel mancato rinvenimento dei partitari un indice della tenuta parziale della contabilità, nonostante in altra parte della motivazione abbia formulato valutazioni sulla base delle "movimentazioni del partitario"; inoltre, ricorrerebbe la violazione dell'art. 521 c.p.p., in quanto la contestazione riguarda l'impossibilità della ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari per la inesistenza in contabilità delle somme di Euro 100.000,00 e di Euro 220.000,00.
Lamenta il travisamento delle prove, in quanto asserire l'assenza in contabilità della somma di Euro 100.000,00 significherebbe ignorare il contratto del 28.4.2004, che consentiva a i C. Immobiliari di non versare tale importo, laddove si fossero verificate le situazioni contemplate all'art. 3; l'importo di 100.000,00 Euro non è mai stato corrisposto, sicchè non può ricorrere la bancarotta documentale. Con riferimento alla somma di Euro 220.000,00, non sarebbe stata valutato l'allegato 20 alla perizia, con i partitari, dai quali si desumerebbe l'impiego della somma per tacitare i creditori di (OMISSIS); sicchè si tratterebbe di una bancarotta documentale semplice, essendo incerto non già il creditore che ha beneficiato del pagamento, ma le singole voci che sostanziavano la posizione del creditore soddisfatto.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo A2 e A4: secondo le sentenze di merito, i C. Immobiliari hanno puntualmente versato nelle casse della (OMISSIS) la somma di Euro 470.000,00 (anzichè della originaria somma concordata di Euro 570.000,00 in ragione delle pattuite sopravvenienze), ma non sarebbe ricostruibile l'impiego di 320.000,00 Euro (capo A 2), e l'imputato non si sarebbe prodigato per obbligare la società debitrice a cedere alla (OMISSIS) il complesso residenziale in (OMISSIS) (capo A 4).
Tuttavia, assume il ricorrente che con riferimento al capo A2 non si comprende perchè la contestazione riguardi solo la somma di Euro 320.000,00, e non quella di 570.000,00 (o 470.000); la differenza di 250.000 sarebbe dunque stata ben impiegata dall'amministratore di (OMISSIS); mentre, con riferimento al capo A4, i C. Immobiliari avrebbero adempiuto non già con la cessione del complesso immobiliare, bensì, secondo la previsione alternativa del contratto, versando la somma di Euro 150.000,00.
Con riferimento alla distrazione contestata al capo A2, sostiene il ricorrente che la prova delle destinazioni delle somme sarebbe evincibile non già dal solo conto cassa, ma dall'incrocio con i mastrini e le fatture di riferimento, idonee ad individuare le singole causali dei crediti di (OMISSIS) tacitati dall'imputato; pertanto, ricorrerebbe una bancarotta documentale semplice quale premessa di una bancarotta preferenziale, ormai estinta per prescrizione.
Con riferimento alla distrazione contestata al capo A4, l'adempimento dell'obbligazione alternativa è stato eseguito mediante corresponsione del controvalore del complesso edilizio, stimato in Euro 150.000, escluse le sopravvenienze; somma che è stata versata dalla società debitrice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Il ricorso è inammissibile, non soltanto perchè ripropone i medesimi motivi proposti con l'atto di appello, e motivatamente respinti dalla Corte territoriale, senza alcun confronto argomentativo con la sentenza impugnata (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, rv. 259456), ma anche perchè propone doglianze eminentemente di fatto, riservate al merito della decisione, e perchè manifestamente infondate.
1.1. Va infatti evidenziata l'inammissibilità delle doglianze relative alla valutazione delle condotte distrattive e di bancarotta documentale, in quanto sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una "rilettura" degli elementi di fatto - evidenziata addirittura dalla produzione documentale dei partitari - posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata.
Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicchè il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione è giudice della motivazione, non già della decisione, ed esclusa l'ammissibilità di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti ed alla loro qualificazione giuridica, con argomentazioni prive di illogicità (tantomeno manifeste) e di contraddittorietà.
1.2. Secondo la ricostruzione della Corte territoriale, fondata su un apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, con la scrittura privata del 28.4.2004 la (OMISSIS) cedeva alla C. Immobiliari i crediti vantati nei confronti di alcune società cooperative per un importo di Euro 520.000,00; il pagamento della somma avveniva in contanti per Euro 220.000,00, e mediante cinque assegni per Euro 100.000,00; per la restante somma di Euro 250.000,00 veniva contrattualmente prevista la cessione di un complesso immobiliare sito in (OMISSIS), o, in alternativa, il pagamento della corrispondente somma di denaro, dalla quale sarebbe stata detratta la somma necessaria per le sopravvenienze derivanti dal mancato completamento dei lavori di un cantiere in Orte.
Ebbene, la somma effettivamente versata dalla società I C. Immobiliari risulta essere stata pari ad Euro 470.000,00; invero, l'obbligazione concernente la residua somma di Euro 250.000,00 non è stata adempiuta mediante cessione del complesso immobiliare, bensì mediante versamento della somma di Euro 150.000,00, previa detrazione (secondo previsione contrattuale) della somma di Euro 100.000,00 per le "sopravvenienze".
Tuttavia, l'intera somma versata alla società (OMISSIS) non è stata rinvenuta nelle casse sociali, essendo stata reperita soltanto la irrisoria somma di Euro 243,92.
Al riguardo, va rammentato il principio, pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell'occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell'amministratore, della destinazione dei beni suddetti (Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, dep. 2016, Aucello, Rv. 267710, che ha osservato che la responsabilità dell'imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l'obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante L. Fall., ex art. 87 sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell'impresa, giustificano l'apparente inversione dell'onere della prova a carico dell'amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato, non essendo a tal fine sufficiente la generica asserzione per cui gli stessi sarebbero stati assorbiti dai costi gestionali, ove non documentati nè precisati nel loro dettagliato ammontare; ex multis, Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, Ghirardelli, Rv. 262740).
Ed anche la deduzione difensiva secondo cui la somma incassata sull'ammontare della quale, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, non vi è discrasia nella sentenza, che la individua nella somma di Euro 470.000,00 (p. 15) - sarebbe stata impiegata per soddisfare i debiti della società fallita, così integrando un'ipotesi di bancarotta preferenziale che dovrebbe essere estinta per prescrizione, è stata disattesa, sulla base del rilievo, assorbente, secondo cui dai partitari allegati si evincono soltanto gli esborsi, senza alcuna possibilità di accertare l'esistenza di una causale, in assenza di una affidabile documentazione contabile.
Invero, per integrare il reato di bancarotta fraudolenta preferenziale, è necessario che il pagamento estingua un debito effettivo, della cui esistenza l'imprenditore deve fornire prova; diversamente, non si verificherebbe un trattamento diseguale dei creditori, bensì una distrazione dei beni (Sez. 5, n. 29431 del 06/07/2006, Tramontano, Rv. 235216, secondo cui "integra il delitto di bancarotta per distrazione la condotta dell'imprenditore che provveda al pagamento di un credito fittizio o comunque non afferente alla gestione sociale, considerato che grava sul fallito l'obbligo giuridico di fornire dimostrazione della destinazione dei beni acquisiti al suo patrimonio").
Nel caso in esame, dunque, l'assenza di prova della destinazione delle somme incassate dalla società fallita al soddisfacimento di debiti sociali effettivi ha escluso la possibilità di una riqualificazione nel meno grave reato di bancarotta fraudolenta preferenziale.
1.3. Infine, pacifica la distrazione della complessiva somma di Euro 470.000,00 contestata ai nn. 2 e 4 del capo A, va evidenziato che anche l'affermazione di responsabilità concernente la bancarotta fraudolenta documentale (capo A n. 3) appare immune da censure.
Invero, il ricorrente sostiene, per quanto è dato comprendere dalla formulazione sintatticamente non limpida del ricorso, che il reato contestato sarebbe escluso dalla esistenza dei partitari e dalla possibilità di ricostruire, sulla base di tali documenti, il movimento degli affari.
Tuttavia, premesso che sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, Faragona, Rv. 265682), va evidenziato che la tenuta dei soli partitari non esaurisce l'obbligo di tenuta delle scritture contabili, e che, secondo quanto accertato dalle sentenze di merito, la documentazione contabile della (OMISSIS) era stata tenuta in modo irregolare e incompleto, per il mancato rinvenimento di alcune scritture e delle causali giustificative delle partite contabili, che impedivano di ricostruire i movimenti degli affari della società fallita; e le somme di 220.000,00 e 100.000,00 Euro, incassate dalla C. Immobiliari, e non rinvenute nella cassa sociale, non risultano essere state annotate in contabilità (nè in entrata nè in uscita), essendo state tracciate soltanto nei partitari, senza, tuttavia, íl supporto delle causali sottostanti.
Peraltro, anche la doglianza con la quale si lamenta che l'affermazione di responsabilità avrebbe riguardato altresì l'omessa annotazione della somma di Euro 100.000,00, quale differenza non pagata dalla C. Immobiliari rispetto al residuo debito di Euro 250.000,00, con conseguente violazione dell'art. 521 c.p.p., è manifestamente infondata: l'imputazione contestata al capo A3 concerne l'omessa annotazione in contabilità delle somme di Euro 220.000,00 ed Euro 100.000,00 versate dalla C. Immobiliari, e la relativa affermazione di responsabilità non risulta in alcun modo esondare dal perimetro dell'accusa.
2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2018