RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 27 ottobre 2023 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della decisione del primo giudice, accoglieva la richiesta formulata dalle parti ex art. 599-bis cod. proc. pen. e rideterminava in un anno, otto mesi di reclusione e seicento euro di multa la pena inflitta in primo grado ad Gi.An. per il delitto di tentata estorsione.
2. Ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento della sentenza per erronea applicazione della legge penale e vizio motivazionale in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e di quella del danno patrimoniale di speciale tenuità.
3. Il ricorso è inammissibile perché proposto con un motivo non consentito.
Infatti, il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile solo quando deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice ovvero - come da ultimo statuito dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, Fazio, Rv. 284481) - alla omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza.
Sono inammissibili, invece, le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e della sussistenza di circostanze attenuanti nonché ai vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Mariniello, Rv. 276102; Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969).
4. Alla inammissibilità dell'impugnazione proposta segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria l'8 marzo 2024.