top of page

Guida sotto effetto di droghe: la sola positività ai cannabinoidi nelle urine non prova l’alterazione alla guida

Guida in stato di ebbrezza

Cassazione penale sez. IV, 23/01/2024, n.4937

La semplice presenza di tracce di cannabinoidi nei liquidi biologici non può rappresentare, da sola, prova dello stato di alterazione al momento della guida, perché la semplice positività al test urinario non è necessariamente sintomatica di assunzione recente della sostanza drogante, tenuto conto dei tempi di permanenza della medesima nelle urine.

Rifiuto di accertamenti tossicologici: configurabilità del reato e limiti degli esami preliminari

Prelievo ematico e diritto alla difesa: la mancata informazione causa nullità sanabile

Guida sotto effetto di droghe: il rifiuto del prelievo di urine non integra il reato se il prelievo ematico è valido

Guida sotto effetto di stupefacenti: prescrizione del reato non estesa all'omicidio colposo aggravato

Guida sotto effetto di stupefacenti: incidente non prova lo stato di alterazione senza elementi sintomatici

Guida in stato di alterazione: prova tramite elementi sintomatici senza accertamento medico

Guida in stato di ebbrezza: quando la contestazione sull’etilometro obbliga il PM a provare l’omologazione

Prelievi biologici e guida in stato di ebbrezza: il consenso non è necessario per l’utilizzabilità degli esiti

Guida sotto effetto di droghe: prova dello stato di alterazione tramite sintomi e test biologici

Guida in stato di ebbrezza: l'avviso di assistenza legale valido anche senza firma del conducente

Guida in stato di ebbrezza: esclusa la tenuità del fatto per tasso alcolemico elevato e guida notturna

Guida in stato di ebbrezza: onere della prova sull’omologazione dell’etilometro solo in caso di contestazione del funzionamento

Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

PHOTO-2024-04-18-17-28-09.jpg

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. De.Ma. è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Campobasso, in composizione monocratica, per rispondere dei reati: A) del reato p. e p. dall'art. 186 co. 2 lett. c), co. 2 bis e co. 2 sexies del D.Lgs. 285/1992, nonché dall'art. 186 bis co. 1 lett. a) e co. 3 dello stesso decreto, per essersi posto alla guida dell'autovettura Audi A3 targata (Omissis), in stato di ebbrezza in conseguenza dell'assunzione di sostanze alcoliche con tasso alcolemico pari a circa 1,86 g/l; con le aggravanti di aver condotto l'autovettura sotto l'influenza dell'alcool quale conducente nei primi tre anni dal conseguimento della patente di guida avvenuto in data 24 giugno 2019, dell'avere commesso il reato nella fascia notturna (tra le ore 22 e le ore 7) e dell'avere provocato un incidente stra­dale per cause a lui solo imputabili. In particolare, alla guida dell'autovettura Audi A3 avente potenza superiore a 55 KW/t, in violazione dell'art. 117 co. 2 bis del D.Lgs. 285/1992, percorrendo una strada urbana nel comune di Riccia, a causa dell'eccessiva velocità, perdeva il controllo del mezzo che fuoriusciva dalla sede stradale impattando violentemente contro un muretto di contenimento di proprietà privata. A causa del sinistro, riportava lesioni guaribili in gg. 7 se, mentre il passeggero minorenne, Po.Mi., lesioni guaribili in gg. 10 S.c. in R , alle ore 3,30 circa del 23 dicembre 2019. B) del reato p. e p. dall'art. 187 co. 1 e 1 bis del D.Lgs. 30.04.92 n. 285 e succ. mod., perché nelle medesime circostanze di cui al precedente capo A), si era posto alla guida dell'autovettura Audi A3 targata (Omissis), in stato di alterazione psico-fisica in conseguenza dell'assunzione di sostanze stupefacenti (cannabinoidi), rilevato mediante accertamenti effettuati su campione di urine prelevato presso il Presidio Ospedaliero dell'ospedale "Omissis" di C; con le stesse aggravanti indicate al capo A) che precede. in R , alle ore 03,30 circa del 23 dicembre 2019. C) del reato p. e p. dall'art. 590 cod. pen., perché, nelle medesime circostanze di cui al precedente capo A), quale conducente dell'autovettura Audi A3 targata (Omissis), per colpa consistita in negligenza imprudenza e imperizia nonché in violazione delle norme sulla circolazione stradale, e più specificata mente degli artt. 141 co. 3 e 8 e 117 co. 2 bis del D.Lgs. n. 285/1992, percorrendo una strada urbana nel comune di Riccia, a causa dell'eccessiva velocità perdeva il controllo del mezzo che fuoriusciva dalla sede stradale impattando violentemente contro un muretto di contenimento di proprietà privata. Così facendo, causava un autonomo sinistro stradale a seguito del quale il passeggero minorenne, Po.Mi., riportava lesioni guaribili in gg. 10 S.c. in R , alle ore 03,30 circa del 23 dicembre 2019. Il Tribunale di Campobasso, in composizione monocratica, con sentenza del 17 ottobre 2022, ha riconosciuto il De.Ma. colpevole dei reati contestati in rubrica, condannandolo alla pena condizionai mente sospesa di mesi uno di reclusione per il delitto sub capo C) e di mesi sei di arresto per i reati contravvenzionali di cui ai capi A) e B) della imputazione, oltre al pagamento delle spese processuali, con la sanzione accessoria della revoca della patente di guida. La Corte di Appello di Campobasso, con sentenza del 22 giugno 2023, in parziale riforma della sentenza emessa di primo grado appellata dall'imputato, ha dichia­rato non doversi procedere nei confronti del De.Ma. per il delitto ex art. 590 cod. pen. di cui al capo c) della rubrica, perché l'azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela; ha assolto l'imputato dal reato ascrittogli al capo B) della imputazione perché il fatto non sussiste. Il giudice di secondo grado ha, invece, ribadito il giudizio di penale responsa­bilità dell'imputato Angelo in ordine al reato di cui al capo A) della imputazione, rideterminando in mesi sei di arresto la pena inflitta e ha confermato nel resto la sentenza impugnata. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, il De.Ma., deducendo, i motivi, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen. Con un primo motivo il ricorrente lamenta la manifesta illogicità della motiva­zione del provvedimento impugnato per avere la Corte territoriale, erroneamente, ritenuto raggiunta la prova dell'assunzione di alcolici in misura oltrepassante il limite di legge da parte dell'imputato in occasione del sinistro. Il ricorrente ricorda che sono dati incontestabili e risultanti ex tabulas: a) il lungo tempo trascorso (oltre 2 ore) per l'esecuzione degli esami; b) l'assenza di elementi che dessero prova dello stato di alterazione. Orbene quello dell'accertamento tecnico tramite l'etilometro è un tema fondamentale per il caso in esame. Nel caso in esame - prosegue il ricorso - non c'è stata alcuna prova che l'incidente sia avvenuto come conseguenza dello stato di ebbrezza del conducente. In primis, dunque, sostiene il ricorrente che, una volta trascorso un certo ed importante lasso di tempo, occorreva, contrariamente a quanto illogicamente ar­gomentato dalla Corte di Appello, dare dimostrazione che tale stato vi fosse anche al momento della guida. Dagli atti processuali -prosegue il ricorso - è emerso di contro con particolare riferimento alla testimonianza in primo grado resa da Po.Mi. (passeggero auto) all'udienza del 22 giugno 2022 uno stato dell'imputato perfettamente lucido, di cui vengono riportati in ricorso alcuni tratti rilevanti della testimonianza. Tale teste conferma l'assenza di uno stato di alterazione, essendo l'imputato totalmente lucido senza manifestare sintomi di stato di ebbrezza. Il ricorrente richiama l'ordinanza n. 39725 del 27 settembre 2019 di questa Corte secondo cui le tempistiche di assorbimento e di smaltimento delle sostanze alcoliche ingerite non costituiscono dati determinabili in astratto e validi per la genera­lità dei casi, ma, posto un andamento generale basato sulla nota curva di Wid­mark, secondo cui la concentrazione di alcool, in andamento crescente tra i 20 e i 60 minuti dall'assunzione, assume un andamento decrescente dopo aver raggiunto il picco massimo di assorbimento in detto intervallo di tempo, variano da soggetto a soggetto, dipendendo da numerosi fattori che sfuggono alla possibilità di astratta previsione (Sez. 4 n. 45211/2018). E ricorda che la giurisprudenza di legittimità ha anche precisato anche che il decorso di un intervallo di tempo di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolemico rende necessario, verificare, ai fini della sussunzione del fatto in una delle due ipotesi di cui all'art. 186, co. 2, lett. b) e c), cod. strad., la presenza di altri elementi indiziari (Sez. A, n. 47298/2014). Ne deriva che la considerazione dell'elemento probatorio inerente all'effettuazione dei controlli spirometrici, svolti dopo un lungo lasso temporale rispetto al momento dell'assunzione, impedisce di attribuire a quei rilievi un valore scientifico certo circa lo stato di ebbrezza risalente ad un momento di ore precedente a quello dell'effettuazione del controllo, qualora la parabola si pre­senti ancora ascendente durante l'esecuzione del test. Con un secondo motivo si lamenta nullità della sentenza per violazione dell'art. 597 co. 4 cod. proc. pen. Nel caso di specie per quanto concerne le due contravvenzioni (capi a e b ­ 186 e 187 cod. strada) il tribunale aveva applicato in primo grado la pena complessiva di mesi 6 di arresto. Ebbene avendo la Corte di Appello riformato la sen­tenza dichiarando per il capo b) l'insussistenza del fatto, ai sensi dell'art. 597, co. 4, cod. proc. pen. la pena complessiva irrogata per le contravvenzioni contestate doveva essere "corrispondentemente diminuita". La violazione dell'art. 597 comma 4 cod. proc. pen. è palese e come tale sentenza va annullata. Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. 3. Le parti hanno concluso alla pubblica udienza come riportato in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi sopra indicati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato. 2. I fatti, per quello che rileva in questa sede, sono stati così ricostruiti dai giudici di primo grado sulla base delle prove documentali e testimoniali, acquisite nel corso dell'istruttoria dibattimentale, ed in particolare valorizzando la deposizione del teste qualificato Ru.Pa., all'epoca dell'occorso Brigadiere Capo in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Jelsi. Quest'ultimo riferiva in dibattimento che in data 23 dicembre 2019, durante un servizio di perlustrazione del territorio svolto unitamente all'Appuntato Di.Cr., verso le ore 3:00 del mattino veniva contattato dalla Centrale Operativa di Campobasso che chiedeva l'intervento della pattuglia nel comune di Riccia ove si era verificato un incidente stradale cagionato dall'imputato, il quale veniva rinvenuto all'interno dell'autovettura in lacrime e in preda alla disperazione per aver distrutto il veicolo andando ad urtare dapprima contro un muretto, posto a recinzione di un'abitazione, per poi terminare la marcia a seguito di impatto con altra autovettura. In tale circostanza il Ricciuto apprendeva dal conducente che non viaggiava da solo, atteso che posto a lato passeggero vi era un ragazzo minorenne, tale Po.Mi., che era già stato trasportato presso la Guardia Medica ove il Ru.Pa. si recava immediatamente per accertare le sue condizioni di salute, lasciando il conducente in compagnia del collega Di.Cr. Il Ru.Pa., giunto sul posto, apprendeva dal medico che era necessario trasportare il minore presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale (Omissis) di C e, ritenendo che anche l'imputato necessitasse di cure mediche, richiedeva l'intervento dei sanitari del 118 del P.O. del capoluogo molisano ove, pertanto, venivano trasportati sia il De.Ma. sia il Po.Mi. Presso il nosocomio, oltre alle cure dei caso, venivano espletati, su richiesta della Centrale Operativa dei Carabinieri di Campobasso, anche gli accertamenti sanitari ai sensi degli artt. 186 e 187 del Codice della Strada, a seguito dei quali il conducente risultava aver assunto sostanze alcoliche con tasso alcolemico nel sangue pari a circa 1,86 g/l, nonché positivo all'assunzione di sostanze stupefacenti del tipo cannabinoidi. 3. La Corte territoriale, dopo aver risposto alle censure difensive circa l'avviso all'imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore, che risulta dato, ha preso atto della mancanza di querela per le lesioni personali e ha assolto il De.Ma. dal reato di cui all'art. 187 cod. strada sul rilievo che la semplice presenza di tracce di cannabinoidi nei liquidi biologici non può rappresentare, da sola, prova dello stato di alterazione al momento della guida, perché la semplice positività al test urinario non è necessariamente sintomatica di assunzione recente della sostanza drogante, tenuto conto dei tempi di permanenza della medesima nelle urine. Poi, con motivazione logica e congrua con cui l'odierno ricorrente non si confronta criticamente, ne ha, invece, confermato la condanna per la guida in stato di ebbrezza ritenendo che la censura articolata dalla Difesa, reiterata tout court in questa sede, non cogliesse nel segno, in quanto, considerati i suindicati principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, il giudice di primo grado fosse correttamente è pervenuto ad un giudizio di penale responsabilità dell'imputato, atteso che per la sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente che il conducente abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nel comma secondo dell'art. 186 cod. strada. E nel caso in esame, dal prelievo ematico effettuato presso il nosocomio sulla persona del De.Ma. risulta accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, precisa­mente pari a circa 1,86 g/l. La sentenza impugnata, pertanto, opera un buon governo della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui l'esito positivo conseguito alla verifica strumentale nei modi e con gli strumenti stabiliti dalla legge costituisce prova oggettiva del superamento della soglia di rilevanza penale dell'ebbrezza alcolica da parte dell'imputato. Non occorre, come pretenderebbe il ricorrente, an­che la sussistenza di elementi sintomatici dell'ebbrezza. Costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte l'affermazione che allorquando il controllo dia esito positivo costituisce onere della difesa dell'imputato fornire una prova contraria a detto accertamento (Sez. 4, n. 42084 del 4/10/2011, Salamone, Rv. 251117). Va dunque ribadito il principio di diritto già affermato da questa Corte secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento del tasso alcolemico nel sangue mediante prelievo eseguito in conformità alla previsione normativa, grava sull'imputato l'onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell'accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato. E a tale riguardo non è sufficiente il solo lasso temporale intercorrente tra l'ultimo atto di guida e il momento dell'accertamento (Sez. 4, n. 24206 del 4/3/2015, Mongiardo, Rv. 263725; conf. Sez. 4, n. 40722 del 9/9/2015, Chinello, Rv. 264716). Ne consegue la genericità della doglianza sul punto, non rappresentativa di concrete evenienze in grado di privare di valenza dimostrativa l'accertamento. Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa già in appello, le sentenze n. 350/2021 e n. 351/2021, emesse dal Giudice di Pace di Campobasso, non fanno alcun riferimento alla nullità dell'accertamento del tasso alcolemico nel sangue ovvero di quello relativo all'uso di sostanze stupefacenti, ma sono relative all'annullamento di due ordinanze prefettizie con le quali veniva disposta la sospensione della patente di guida dell'imputato, atteso che l'infrazione stradale veniva contestata oralmente e non veniva consegnato al prevenuto la certificazione rilasciata dal P.O. (Omissis) di C (sul punto foll. 43 e ss., sentenze del Giudice di Pace di Campobasso, in atti). 4. Anche il secondo motivo di ricorso non è fondato. Ed invero, il giudice monocratico di Campobasso, con la sentenza del 17 agosto 2022, condannava l'imputato per i reati contravvenzionali di cui ai capi A) e B) dell'imputazione alla pena complessiva di mesi sei di arresto, senza alcuna ulteriore specificazione. E si tratta di una pena palesemente errata in quanto non viene indicata alcuna pena pecuniaria (prevista congiuntamente con quella detentiva dagli artt. 186 e 187 cod. strada e si tratta del minimo della pena per il reato di cui all'art. 186 lett. c) e del minimo della pena di cui all'art. 187. Peraltro, nessuna pena viene irrogata in relazione alle pur contestate aggravanti, che non ven­gono escluse. Orbene, è vero che, venuto meno il 187, senza appello della parte pubblica la Corte territoriale non poteva correggere in peius la pena, però, nemmeno poteva irrogare una pena illegale in quanto inferiore al minimo edittale per il residuo reato ex art. 186 cds. E dunque ha confermato quella minima di sei mesi di arresto, peraltro ritenendo di non applicare la sanzione pecuniaria, così come già fatto dal giudice di primo grado, ritenendo evidentemente di non poter farlo proprio in ragione del mancato appello della parte pubblica. 5. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 23 gennaio 2024 Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2024.
bottom of page