RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Bologna, con la pronuncia di cui in epigrafe, ha confermato la condanna di C.E. per il reato di cui all'art. 186, commi 1, 2, lett. c), e 2-sexies, C.d.S., e l'imputata, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi (di seguito enunciati ex art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.).
2. Si deduce, con il primo motivo, l'inosservanza dell'art. 131-bis c.p., per aver la Corte territoriale ritenuto non applicabile la relativa disciplina alla fattispecie concreta. Con il secondo motivo si deduce l'errore nel quale sarebbe incorso il giudice di merito nell'aver ritenuto incompatibile il beneficio dalla sospensione condizionale della pena, già concesso in primo grado, con la sostituzione della pena detentiva e di quella pecuniaria con i lavori di pubblica utilità, ex art. 186 C.d.S., comma 9 bis. Ci si duole, infine, con la terza censura, dell'error in procedendo consistente nella ritenuta improponibilità di una richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. diversa da quella proposta in sede di opposizione a decreto penale di condanna ma non accolta (perché, come chiarito dallo stesso ricorrente, priva dell'indicazione della pena pecuniaria).
3. La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il terzo motivo di ricorso, la cui trattazione è prioritaria in ragione dell'error in procedendo con esso dedotto, è manifestamente infondato.
Il ricorrente, difatti, non si confronta con il consolidato principio di diritto, correttamente applicato dal giudice di merito e che in questa sede si intende ribadire, per cui la richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. proposta contestualmente all'opposizione al decreto penale di condanna, una volta rigettata dal giudice, può essere riproposta in apertura del dibattimento solo se la nuova domanda reitera esattamente quella precedente (ex plurimis, limitando i riferimenti a quella di più recente massimazione ufficiale: Sez. 4, n. 36782 del 03/07/2015, Vassallo, Rv. 264412).
Deve altresì precisarsi in questa sede, in considerazione delle deduzioni del ricorrente circa la mera mancanza di previsione della pena pecuniaria nella richiesta ex art. 444 c.p.p. conseguente alla notificazione del decreto penale di condanna, che ai fini dell'operatività del principio di cui innanzi a nulla rilevano le ragioni sottese al mancato accoglimento della prima domanda, essendo la reiterazione della medesima domanda il presupposto affinché possa esercitarsi il sindacato del giudice dibattimentale sulla precedente decisione di rigetto (sul punto si veda, oltre alla citata Sez. 4, n. 36782 del 2015, anche Sez. 3, n. 20515 del 12/05/2005, Morelli, Rv. 231921).
3. Manifestamente infondato si mostra anche il primo motivo di ricorso, deducente l'inosservanza dell'art. 131-bis c.p..
La Corte territoriale, differentemente da quanto sostenuto dal ricorrente, ha sostanzialmente fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato da Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590. Non è stata difatti ritenuta l'inapplicabilità dell'istituto in esame al reato di cui all'art. 186 C.d.S. (in ipotesi, per la presenza di soglie di punibilità) né sul punto il giudice di merito ha omesso di esplicitare l'iter logico-giuridico sotteso alla ritenuta non particolare tenuità del fatto. All'esito di una valutazione complessiva congiunta delle peculiarità della fattispecie concreta, in particolare, la Corte territoriale ha escluso in concreto l'applicazione dell'istituto in ragione dell'entità del pericolo per la circolazione evinta dall'esorbitanza del tasso alcolemico rilevato, in quanto notevolmente superiore alla soglia massima di cui alla lettera c) del citato art. 186 (nella specie difatti pari a 2,48 ci/I, alla prima misurazione, e a 2,57 gll, in sede di seconda misurazione), valutata in uno con l'essersi realizzata la guida in tempo di notte.
4. Manifestamente infondato è altresì il secondo motivo di ricorso, non confrontandosi esso con l'incompatibilità tra il beneficio della sospensione condizionale della penale e l'istituto della sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità (in merito si veda, tra le più recenti, Sez. 4, n. 30856 del 16/06/2022, Previtali, Rv. 283456).
5. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 616 c.p.p., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte Cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2023.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2023