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Guida sotto effetto di droghe: non basta l'assunzione della sostanza, va provato lo stato di alterazione psicofisica

Guida in stato di ebbrezza

Cassazione penale sez. IV, 23/01/2024, n.7199

La condotta tipica della contravvenzione di cui all'art. 187 D.Lgs. n. 285 del 1992 non è quella di chi guida dopo avere assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida "in stato di alterazione psicofisica" determinato da tale assunzione e, pertanto, perché possa affermarsi la responsabilità dell'agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato di alterazione causato da tale assunzione. Ciò richiede, quindi, non soltanto l'accertamento del dato storico dell'avvenuto uso di sostanze stupefacenti, ma anche quello dell'influenza sulle condizioni psico-fisiche dell'assuntore durante il tempo della guida del veicolo. Tale ultimo accertamento può essere dimostrato attraverso gli esami biologici dimostrativi della avvenuta precedente assunzione dello stupefacente in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto (con la valorizzazione delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato), senza che sia però necessario espletare una specifica analisi medica.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 14.4.2023 la Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza con cui il Gip del Tribunale di Modena, all'esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato To.Mi. responsabile del reato di cui all'art. 187, commi 1, 1 bis e quater, D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, per aver guidato la propria autovettura Fiat tg. (Omissis) in stato di alterazione da sostanze stupefacenti in tempo di notte e provocando un incidente stradale, condannandolo alla pena di mesi cinque e giorni dieci di arresto ed Euro .1600,00 di ammenda concedendo la sospensione condizionale della pena. 2. Dalla ricostruzione offerta dalle sentenze di merito emerge che tra il 9 ed il 10 marzo 2020, intorno alle ore 23 e 40, personale della Polizia municipale veniva inviato a N dove l'autovettura condotta dall'odierno imputato era uscita di strada finendo contro l'ala del ponte ivi collocato. Il To.Mi. veniva quindi portato presso il Pronto Soccorso dove acconsentiva al prelievo dei campioni ematici da cui risultava positivo alla cannabis e rendeva spontanee dichiarazioni affermando di essersi addormentato alla guida. Sulla base delle risultanze istruttorie acquisite il giudice di primo grado riteneva integrata la fattispecie di reato contestata. Tale giudizio veniva confermato dal giudice d'appello. 3. Avverso detta sentenza l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione articolato in due motivi. Con il primo deduce ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. l'erronea e falsa applicazione dell'art. 187, comma 1, D.Lgs. n. 285 del 1992 e la motivazione assente o manifestamente illogica. Si assume che la sentenza impugnata, come quella di primo grado, non si sono confrontate con lo specifico tema dello stato di alterazione psico-fisica derivante dall'assunzione di sostanze stupefacenti in capo all'odierno imputato, non essendo sufficiente la mera assunzione di dette sostanze e ponendosi il ritenuto stato di alterazione in contrasto con quanto rilevato dai sanitari del Pronto Soccorso. Entrambe le sentenze di merito fanno riferimento solo ad un "accertato stato di positività alla cannabis". Con il secondo motivo deduce ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. l'erronea e falsa applicazione dell'art. 187, comma 1 bis, D.Lgs. n. 285 del 1992 e la motivazione assente o manifestamente illogica. Si assume che la circostanza aggravante della causazione di un sinistro è stata ritenuta in modo apodittico, in presenza dell'accertato stato di alterazione, non considerando la versione difensiva secondo cui il sinistro sarebbe stato causato da un c.d. colpo di sonno. 4. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. E' pacifico il principio secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 187 C.d.S., non è sufficiente che l'agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe, ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione (Sez. 4, n. 41376 del 18/7/2018, Basso, Rv. 274712-01; n. 15078 del 17/1/2020, Gentilini, Rv. 279140, in cui, in motivazione la Corte ha chiarito che, diversamente dall'ipotesi di guida sotto l'effetto di alcool, la mera alterazione non è punibile, se non derivante dall'uso di sostanza, né è punibile il semplice uso non accompagnato da alterazione). In altri termini la condotta tipica della contravvenzione di cui all'art. 187 D.Lgs. n. 285 del 1992 non è quella di chi guida dopo avere assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida "in stato di alterazione psicofisica" determinato da tale assunzione e, pertanto, perché possa affermarsi la responsabilità dell'agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato di alterazione causato da tale assunzione. Ciò richiede, quindi, non soltanto l'accertamento del dato storico dell'avvenuto uso di sostanze stupefacenti, ma anche quello dell'influenza sulle condizioni psico-fisiche dell'assuntore durante il tempo della guida del veicolo. Tale ultimo accertamento può essere dimostrato attraverso gli esami biologici dimostrativi della avvenuta precedente assunzione dello stupefacente in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto (con la valorizzazione delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato), senza che sia però necessario espletare una specifica analisi medica (nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna, sul rilievo che il giudice di merito non aveva spiegato specifica motivazione a supporto della necessaria alterazione attraverso puntuale valorizzazione del contesto) (Sez. 4, n. 12409 dei 06/03/2019, non mass.). 2. Nel caso che ci occupa, il giudice di merito ha totalmente omesso di argomentare a riguardo di questo essenziale elemento della fattispecie illecita, avendo in realtà omesso in radice di rendere motivazione circa la relazione ravvisata tra i dati di fatto così come esposti e la previsione legale. Del tutto assente, quindi, l'esplicitazione del percorso logico-giuridico che è a monte della pronuncia di condanna. E se la presentazione delle circostanze rilevanti (presenza di cannabinoidi nel sangue, coinvolgimento in uri incidente stradale senza interessamento di altri veicoli, condizione di conducente di tale veicolo) può valere, per significatività di esse, quale implicita esplicazione del giudizio di ricorrenza di alcuni elementi di fattispecie, altrettanto non può dirsi per l'esistenza di alterazione psico-fisica durante le fasi della guida del veicolo. 3. Il secondo motivo è assorbito. 4. La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Bologna, diversa sezione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Bologna, altra sezione. Così deciso il 23 gennaio 2024. Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2024.
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