RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli Nord ha mandato assolto O.O.G., tratto a giudizio per rispondere del reato di guida senza patente aggravato dalla recidiva di cui al D.Lgs. n. 8 del 2016, art. 5, a seguito di contestazione di illecito amministrativo del 14.11.2016 (fatto commesso il (OMISSIS)), perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Avverso tale decisione, assunta a seguito di richiesta di emissione di decreto penale di condanna e in applicazione dell'art. 129 cod. proc. pen., ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord denunciando la violazione di legge, per essere incorso il giudice nella violazione dell'art. 116 C.d.S., comma 15, D.Lgs. n. 8 del 2016, art. 1, commi 1, 2 e 5, non avendo tenuto conto del fatto che il D.Lgs. n. 8 del 2016, art. 5 dispone che la recidiva che vale ad escludere dalla depenalizzazione i reati puniti nella ipotesi base con la pena dell'ammenda è rappresentata dalla reiterazione dell'illecito depenalizzato.
Nel caso di specie era contestato all'imputato di aver guidato senza patente il 14.11.2016, ovvero di aver commesso l'illecito amministrativo, la cui reiterazione nel biennio importa l'integrazione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1. Il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 116, comma 15 (già comma 13), prevede(va) la pena dell'ammenda per colui che guida veicoli senza aver conseguito la patente ovvero essendo stata questa revocata o non rinnovata. Nell'ipotesi di recidiva nel biennio dispone che si applica altresì la pena dell'arresto fino ad un anno.
La contravvenzione, nelle ipotesi punite con la sola pena pecuniaria, è stata trasformata in illecito amministrativo dal D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, art. 1, comma 1, in vigore dal 6 febbraio 2016. Dalla abolitio criminis è stata esclusa l'ipotesi punita anche con la pena detentiva, giacchè il D.Lgs. n. 8 del 2016, comma 2, ferma la depenalizzazione anche dei reati che, nelle ipotesi aggravate, sono puniti con la pena detentiva, sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria, dispone che in tal caso, le ipotesi aggravate sono da ritenersi fattispecie autonome di reato.
Decisiva, quindi, per il verificarsi dell'effetto abolitivo, è la "recidiva nel biennio". La definizione del relativo concetto è stata operata da questa Corte puntualizzando che deve valere quella formulata per l'identica locuzione rinvenibile nella disciplina del reato di guida in stato di ebbrezza; a riguardo del quale non si è mai dubitato che essa implichi l'avvenuto definitivo accertamento giudiziale di un precedente reato della medesima specie, essendo risultato necessario precisare unicamente che ai fini della recidiva occorre guardare alla data del passaggio in giudicato della sentenza relativa al fatto-reato precedente rispetto a quello per il quale si procede e non la data di commissione dello stesso (Sez. 4, n. 40617 del 30/04/2014 - dep. 01/10/2014, P.M. e Mauro, Rv. 260304).
Il ricorrente rammenta che l'art. 5 del provvedimento di depenalizzazione dispone che "Quando i reati trasformati in illeciti amministrativi ai sensi del presente decreto prevedono ipotesi aggravate fondate sulla recidiva ed escluse dalla depenalizzazione, per recidiva è da intendersi la reiterazione dell'illecito depenalizzato". E sostiene che il "nuovo" reato di guida senza patente contempla una nozione di recidiva che attribuisce rilevanza agli episodi di guida senza patente non più aventi rilievo penale, i quali devono essere stati accertati dall'autorità amministrativa con provvedimento esecutivo.
I rilievi sono tratti dalla giurisprudenza di questa Corte, che merita di essere confermata.
Come rilevato nella Relazione dell'Ufficio del Massimario n. 111/01/2016, la previsione di una norma di raccordo, quale è il menzionato art. 5, ha avuto la funzione di eliminare ogni incertezza, escludendo che possa ritenersi che la fattispecie aggravata decada per effetto del venir meno dell'elemento costitutivo, rappresentato appunto dalla "recidiva" in senso tecnico penalistico, ossia per l'assenza di un illecito penale accertato e ascrivibile all'autore della nuova infrazione.
Come già affermato (Sez. 4, n. 48779 del 21/09/2016 - dep. 17/11/2016, P.M. in proc. S., Rv. 268247), la previsione del D.Lgs. n. 8 del 2016, art. 5 non ha portata strettamente interpretativa, proiettandosi per tal motivo anche sui fatti commessi prima della sua entrata in vigore (cfr. Sez. U, n. 34472 del 19/04/2012 - dep. 10/09/2012, Ercolano, Rv. 25293401; sulle condizioni - imposte dall'art. 7 della CEDU, come conformemente interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, dell'applicazione retroattiva dell'interpretazione giurisprudenziale di una norma penale si veda Sez. F, n. 35729 del 01/08/2013 - dep. 29/08/2013, Agrama e altri, Rv. 25658401); la norma ha invece schietta funzione di integrazione della fattispecie contravvenzionale, rispetto alla quale concorre alla definizione di recidiva. Tale conclusione poggia sul dato testuale, laddove la disposizione menziona l'illecito "depenalizzato", ovvero quello che può esser commesso solo dopo l'entrata in vigore della legge di depenalizzazione. In effetti, come correttamente osserva il ricorrente, per i fatti commessi successivamente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 8 del 2016, la recidiva risulta integrata non più solo quando risulti il precedente giudiziario specifico ma anche solo quando risulti una precedente violazione amministrativa definitivamente accertata.
Ciò posto, risulta rilevante in questa sede l'analisi della portata del concetto di "reiterazione" e quindi l'interpretazione da darsi alla L. n. 689 del 1981, art. 8-bis, introdotto dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, che disciplina, appunto, la "reiterazione" degli illeciti amministrativi; norma che viene in gioco in ragione del rimando generale alle disposizioni delle sezioni 1^ e 2^ del capo 1^ della L. 24 novembre 1981, n. 689, operato dal D.Lgs. n. 8 del 2016, art. 6 ai fini della applicazione delle (nuove) sanzioni amministrative in esso previste. Il fatto per cui si procede è stato commesso infatti dopo dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 8 del 2016.
Orbene, il citato art. 8-bis dispone che "Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un'altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.
Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.
La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione.
Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.
La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta.
Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall'autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno.
Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato".
2.2. Occorre dare atto al ricorrente che nel caso che occupa il giudice ha omesso di considerare che la contestazione fa esplicito riferimento alla "recidiva di cui al D.Lgs. n. 8 del 2016, art. 5", in ragione della commissione in data 14.11.2016 di un illecito amministrativo, rappresentato dall'accusa come della medesima indole. Tanto imponeva di motivare in ordine alle ragioni per le quali non si è ritenuto ricorrere la reiterazione nel reato; oppure di ritenere accertato quanto contestato ed adottare il giudizio conseguente.
Tuttavia la medesima contestazione non fa menzione del definitivo accertamento della violazione amministrativa; sicchè il ricorrente avrebbe dovuto dare dimostrazione che questa era stata accertata in via definitiva, poichè - come si è sopra esposto - per la integrazione della recidiva nel biennio che vale ad escludere il reato di guida senza patente dall'area della depenalizzazione ex D.Lgs. n. 8 del 2016 - non è sufficiente che sia intervenuta "contestazione di illecito amministrativo", secondo quanto recita l'imputazione recata dalla richiesta di decreto penale di condanna nei confronti dell' O., ma occorre che esso sia stato definitivamente accertato.
Il ricorrente non affronta in alcun modo tale profilo della questione (che non è considerato neppure dal P.G. requirente); sicchè non risulta evidente e non è dimostrato l'interesse all'annullamento del provvedimento impugnato, riconoscibile solo ove determinatasi la definitività dell'accertamento del precedente illecito, commesso il (OMISSIS), ovvero pochi giorni prima del fatto del quale si è occupato il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord. La carenza di interesse ad impugnare comporta l'inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 ottobre 2017.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2018