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Guida in stato di ebbrezza: quando è obbligatorio l'avviso al conducente per assistenza legale nel prelievo ematico

Guida in stato di ebbrezza

Cassazione penale sez. IV, 09/05/2024, n.35705

In tema di guida in stato di ebbrezza, l'obbligo di previo avviso al conducente coinvolto in un incidente stradale di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi degli artt. 356 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen., in relazione al prelievo ematico presso una struttura sanitaria finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico, sussiste soltanto qualora l'esecuzione di tale prelievo non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari a fini di cura della persona, ma su richiesta dalla polizia giudiziaria esclusivamente per finalità di ricerca della prova della colpevolezza di soggetto indiziato.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Brescia ha confermato la pronuncia con cui il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Mantova ha dichiarato Ba.Mo. responsabile del reato ascrittole al capo A) - guida in stato di ebbrezza, aggravata dalla provocazione di incidente stradale e dall'orario notturno - condannandola alla pena ritenuta di giustizia, concedendole entrambi i benefici e revocandole la patente di guida. L'imputata era assolta dal reato ascrittole al capo B), perché il fatto non sussiste. 2. Nella ricostruzione operata dal Giudice di primo grado, l'imputata, a seguito dell'incidente da lei stessa causato, era condotta presso la più vicina struttura ospedaliera, ove, con il suo consenso, erano effettuati prelievi ematici. L'esito delle analisi riscontrava nel sangue un tasso alcolemico pari a 1,64 g/l, nonché la presenza di cannabinoidi. Tale analisi non era stata preceduta dall'avviso all'interessata della facoltà di farsi assistere da un difensore. La questione era stata eccepita dalla difesa in sede di discussione ma il Gup l'aveva respinta in ragione del fatto che, trattandosi di nullità a regime intermedio, essa era stata sanata con la richiesta di giudizio abbreviato. 3. Avverso la sentenza di appello ricorre il difensore dell'imputato che articola i seguenti motivi con cui deduce 3.1. Erronea applicazione degli artt. 186 cod. strada e 464, comma 1, cod. proc. pen., in relazione all'art. 438, comma 6-bis. cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen.; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza. La difesa ricorda che, ricevuta la notifica del decreto penale di condanna, l'imputata formulava istanza di giudizio abbreviato subordinato ad integrazione probatoria, costituita da produzioni documentatane quali risulta che gli accertamenti urgenti relativi agli incidenti stradali vennero disposti in violazione dell'art. 114 disp. att. cod. proc. pen., per omesso avviso alla Ba.Mo. della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Osserva, che tale nullità a regime intermedio è eccepibile dalla difesa sino alla deliberazione della sentenza di primo grado ed evidenzia come proprio la formulazione di istanza di giudizio abbreviato condizionato all'integrazione probatoria documentale, depositata prima dell'ammissione e celebrazione del giudizio nelle forme del rito abbreviato, fosse del tutto sufficiente a manifestare l'anzidetta eccezione di nullità e a superare la preclusione di cui all'art. 464, comma 1, che richiama l'art. 438, comma 6-bis, ma non anche l'art. 438, comma 5, cod. proc.pen.; 3.2. Manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento al prontuario degli accertamenti urgenti di PG, al certificato di P.S. del 17/11/2018 e alla motivazione della sentenza di primo grado relativa all'assoluzione dell'imputata dal reato contestato del capo B); erronea applicazione della legge penale con riferimento all'art. 186, comma 2-bis cod. strada; violazione della regola di giudizio ex art. 533 comma 1, cod. proc.pen. e violazione dell'art. 597, comma 1, cod. proc.pen. Il riferimento è alla ritenuta sussistenza della aggravante di cui all'art. 186, comma 2-bis, cod. strada, evidenziando la difesa che, nel ricostruire la dinamica del sinistro, mai gli agenti di PG hanno fatto riferimento alla causa per la quale l'imputata ha perso il controllo dell'auto. Di fatto, detta causa non è stata determinata, oltre ogni ragionevole dubbio, conseguendone che non può contestarsi l'aggravante in parola; 3.3. Erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione con riguardo alla pena, per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Con il suo assunto sul punto, la Corte di merito ha inteso evidenziare che una "condotta collaborante" avrebbe costituito titolo per l'invocato riconoscimento. Non è dato tuttavia capire quale "particolare" collaborazione ci si sarebbe dovuti aspettare dall'imputata, la quale ha anche reso dichiarazioni spontanee nell'immediatezza del fatto, in assenza del difensore. Dagli atti redatti dalla PG non risulta alcuna nota di "demerito" del comportamento assunto dalla imputata, che non ha ostacolato gli accertamenti e si è sottoposta ai prelievi ematici richiesti. 4. Il Procuratore generale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. 5. Il difensore dell'imputata, avv. Viviana Torreggiani, ha inoltrato due memorie la prima, pervenuta in data 23.04.2024, con la quale ribadisce le ragioni afferenti al primo motivo di ricorso; la seconda, pervenuta in data 02/05/2024, di replica alle anzidette conclusioni del Procuratore generale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Con riguardo al primo motivo. Risulta pacifico, per averne dato atto entrambi i Giudici di merito, che il prelievo eseguito in ospedale, su richiesta della polizia giudiziaria, non fosse stato preceduto dall'avviso all'interessata della facoltà di farsi assistere da un difensore, atteso che l'esecuzione del prelievo da parte del personale medico non era avvenuto nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma era stato oggetto di espressa richiesta dalla polizia giudiziaria al fine di acquisire la prova del reato(cfr., Sez. 4, n. 6514 del 18/01/2018, Tognini, Rv. 272225 "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'obbligo di previo avviso al conducente coinvolto in un incidente stradale di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi degli artt. 356 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen., in relazione al prelievo ematico presso una struttura sanitaria finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico, sussiste soltanto qualora l'esecuzione di tale prelievo non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari a fini di cura della persona, ma su richiesta dalla polizia giudiziaria esclusivamente per finalità di ricerca della prova della colpevolezza di soggetto indiziato"; negli stessi termini, Sez. 4, n. 3340 del 22/12/2016, dep. 2017, Tolazzi, Rv. 268885). Nel caso di specie, la nullità conseguente al mancato avviso, pacificamente a regime intermedio, è stata eccepita, per la prima volta, in sede di discussione nel giudizio abbreviato, che ha avuto luogo a seguito di opposizione a decreto penale di condanna. Nell'affermarne l'intervenuta sanatoria, i Giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio più volte affermato da questa Corte per il quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, la violazione dell'obbligo di dare avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia al conducente da sottoporre a prelievo ematico presso una struttura sanitaria, finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico esclusivamente su richiesta dalla polizia giudiziaria, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, cod. proc. pen., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado, ma che deve ritenersi sanata, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 438, comma 6-bis, e 464 cod. proc. pen., in caso di richiesta di rito abbreviato conseguente ad opposizione a decreto penale di condanna (ex multis, Sez. 4 ,n. 44962 del 04/11/2021, Rossi Fabio, Rv. 282245). Il secondo motivo è manifestamente infondato, nonché privo di qualsivoglia documentazione a sostegno dell'asserita manifesta illogicità della motivazione in punto di sussistenza dell'aggravante di cui al comma 2-bis dell'art. 186 cod. strada. La sentenza impugnata ricorda che, dagli atti redatti dalla polizia stradale intervenuta, risulta che lo scoppio dello pneumatico della vettura condotta dall'imputata non sia stato in alcun modo causa dello sbandamento del veicolo, costituendo esso invece conseguenza dell'urto contro il cordolo della rotonda, susseguente alla perdita di controllo del veicolo da parte della Ba.Mo.; che, dai medesimi atti, risulta che l'imputata aveva nell'occorso riferito di aver perso autonomamente il controllo del proprio veicolo, addebitando la circostanza non allo scoppio dello pneumatico ma all'abbagliamento determinato dai fari di una vettura proveniente dall'opposto senso di marcia. In conclusione, sostiene la Corte di merito, la condotta di guida dell'imputata è stata determinante nella causazione dell'incidente, rappresentando proprio detta anomala condotta di guida la dimostrazione della "sussistenza di un grave stato di alterazione al momento della conduzione dell'autovettura", poiché la "gravità delle infrazioni commesse e la persistenza della perdita di controllo del veicolo per un tratto di strada non minimo, con plurimi sbandamenti, non appare ascrivibile ad una mera e momentanea negligenza ovvero ad un caso fortuito". Così argomentando, la Corte di appello ha adeguatamente illustrato l'esistenza di un nesso di strumentalità - occasionalità tra lo stato di ebbrezza e l'incidente (cfr. Sez. 4, n. 40269 del 23/05/2019, Tripani Sergio,Rv. 277620; Sez. 4, n. 17183 del 11/01/2019, Gritti Aldo, Rv. 275712), conseguendone che le affermazioni del ricorrente sul punto appaiono meramente enunciative. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato. Premesso che il riconoscimento o il diniego delle circostanze attenuanti generiche costituisce esplicazione di un potere discrezionale del giudice del merito, il Collegio rileva che il relativo motivo di appello era formulato in termini assai generici, senza che il ricorrente abbia allegato specifiche circostanze di fatto, essendosi limitato ad evocare un asserito atteggiamento collaborativo dell'imputata durante le indagini, nonché la sua incensuratezza. Nel confermare l'esclusione espressa dal Giudice di primo grado, in ragione dell'assenza di elementi positivamente valutabili in favore dell'imputata, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui l'onere motivazionale del diniego delle invocate attenuanti è soddisfatto con il mero richiamo da parte del giudice alla assenza di elementi positivi che possano giustificarne Concessione (Sez. 3, n. 54179 del 17/07/2018, D, Rv. 275440; Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, Piliero, Rv. 266460). Quanto al dedotto "atteggiamento collaborativo" dell'imputatala osservato, con motivazione in fatto e pertanto incensurabile in questa sede, che la condotta dell'imputata al momento del controllo di polizia non aveva una significativa valenza collaborativa, atteso che la stessa "si limitava a non ostacolare gli accertamenti ed a sottoporsi ai prelievi ematici richiesti presso la struttura ospedaliera". Ha infine ricordato come il mero stato di incensuratezza non consenta di riconoscere le invocate attenuanti. 3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 9 maggio 2024. Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2024.
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