RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 04/06/2020 la Corte d'appello di Bologna: a) in parziale riforma della decisione di primo grado, ha riqualificato il reato di cui all'art. 2629 c.c., di cui al capo a) di imputazione come delitto tentato; b) ha confermato l'affermazione di responsabilità di D.G.G., C.A. e Ca.Al., in relazione ai restanti reati loro ascritti e di cui si dirà subito infra; c) ha rideterminato la pena inflitta, in ragione della riqualificazione sopra menzionata; d) ha confermato le statuizioni civili della decisione di primo grado e la durata delle pene accessorie fallimentari in misura pari alla durata della pena detentiva inflitta.
In particolare, secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, la (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita in data 25/08/2014, era stata amministrata di diritto dal Ca. (dal 30/11/2010 al giorno 08/03/2013), dal D.G. nel periodo successivo sino al fallimento e dal C. come amministratore di fatto.
A tutti è stato attribuito, all'esito del giudizio di appello: a) il reato di cui all'art. 641 c.p., per avere contratto obbligazioni con la Vernazza Autogru s.r.l. con il proposito di non adempiere al pagamento dell'importo complessivo di 484.249,81 Euro; b) il compimento di atti idonei diretti in modo equivoco a commettere il reato di cui all'art. 2629 c.c., attraverso una fusione transfrontaliera per incorporazione nella società Fruit Marius s.r.l.; c) il reato di cui all'art. 388 c.p., per avere vanificato il tentativo di pignoramento dei crediti vantati dalla (OMISSIS) s.r.l. nei confronti della GIER s.r.l., attraverso la conclusione di un contratto di affitto d'azienda e successivamente di cessione di ramo d'azienda, convenendo che crediti e debiti sorti anteriormente alla cessione restassero a carico della cedente (tutti i reati sin qui menzionati sono riportati nel capo n. 1; d) i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale (capo 2).
Solo per completezza, poiché non sono oggetto di ricorso per cassazione, si aggiunge che al Ca. e al C. è stato attribuito il reato di cui all'art. 110 c.p. e il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter.
2. Sono stati proposti distinti ricorsi nell'interesse degli imputati C. e D.G..
3. Il ricorso proposto nell'interesse del C. è affidato ai seguenti motivi, enunciati di seguito "nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..
3.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato per il reato di cui all'art. 641 c.p., rilevando che la sentenza impugnata non aveva dato conto di due elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice, ossia la sussistenza dello stato di insolvenza, da intendersi come sicura incapacità di adempiere l'obbligazione, e la dissimulazione dello stesso, da accertarsi al momento in cui l'obbligazione era stata contratta.
3.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale riqualificato il reato di cui all'art. 2629 c.c., nella forma tentata, senza considerare che la mancata consumazione dell'illecito era dipesa dalla scelta volontariamente compiuta dagli amministratori di non dar corso all'operazione ideata dal consulente O. e di presentare l'istanza di fallimento.
Si aggiunge che la Corte territoriale neppure aveva richiamato l'ipotesi, formulata dal curatore, dell'ostacolo rappresentato dall'opposizione delle organizzazioni sindacali: peraltro siffatta circostanza non avrebbe potuto, neanche astrattamente, rendere irrealizzabile o troppo rischioso il proseguimento dell'azione criminosa.
3.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge, deducendo che tutti i reati contestati al capo 1) della rubrica devono ritenersi improcedibili per difetto di querela, in quanto quest'ultima è stata presentata da consigliere delegato, al quale non era attribuito, alla stregua del verbale del consiglio di amministrazione allegato alla querela, il generale potere di rappresentanza legale della società, ma una serie di poteri di rappresentanza limitati ai giudizi civili: siffatta ricostruzione, secondo il ricorrente, è confermata dal successivo verbale del consiglio di amministrazione del 22/05/2012, che documentava l'attribuzione espressa della rappresentanza legale nell'ambito del proprio mandato.
3.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge, in relazione alla mancata riqualificazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale in bancarotta semplice.
Si osserva che la Corte territoriale aveva solo apparentemente motivato la ritenuta sussistenza del dolo, attraverso il riferimento alle distrazioni che sarebbero state poste in essere, senza considerare che era stato lo stesso imputato a condurre il curatore fallimentare presso l'autorimessa dove era ricoverata parte della documentazione contabile e che gli amministratori avevano chiarito al medesimo curatore come il mancato aggiornamento delle scritture fosse dipeso dalla rinuncia all'incarico da parte del consulente contabile e dalle dimissioni del personale amministrativo.
3.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali, in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti oggetto del presente procedimento e quelli giudicati con sentenza di applicazione della pena concordata del g.u.p. del Tribunale di Modena del 02/12/2014, irrevocabile il 07/05/2015.
Si osserva che la Corte aveva omesso di valutare la sussistenza dei concreti indicatori idonei a rilevare l'identità dei disegno criminoso (l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio - temporale, le causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita).
4. Il ricorso proposto nell'interesse del D.G. è affidato a quattro motivi, il cui contenuto è sovrapponibile ai primi quattro motivi del ricorso proposto nell'interesse del C..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo dei due ricorsi è inammissibile, per manifesta infondatezza e assenza di specificità, dal momento che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di insolvenza fraudolenta, la prova della condizione di insolvenza dell'agente, al momento dell'assunzione dell'obbligazione, può essere desunta dal comportamento precedente e successivo all'inadempimento (Sez. 2, n. 39887 del 16/06/2015, Rv. 264514 - 01, in una vicenda nella quale è stato ritenuto provato lo stato di insolvenza di una società di autotrasporto, amministrata e gestita dagli autori del reato, desumendolo dalla circostanza che, all'epoca dei fatti, la società aveva accumulato debiti per mancato pagamento dei pedaggi stradali, rimasti insoluti).
D'altra parte, ai fini della configurabilità del reato, può assumere rilievo anche il silenzio dell'agente, quale forma di dissimulazione del proprio stato di insolvenza, nel caso in cui tale condizione non sia stata manifestata all'altra parte contraente al momento della stipula del contratto, con il preordinato proposito di non adempiere alla prestazione scaturente dal rapporto contrattuale (Sez. 2, n. 8893 del 03/02/2017, Rv. 269682 - 01).
In siffatta cornice normativa, la Corte territoriale ha valorizzato sia il dato del progressivo indebitamento della (OMISSIS) s.r.l. (e, in particolare, il costante e significativo accrescimento dello stesso), sia la sostanziale contestualità tra l'epoca (febbraio 2013) di costituzione di una nuova società dalla denominazione simile ((OMISSIS) s.r.l.) e le date di emissione delle fatture.
Il cenno alla sostanziale contestualità illumina il significato logico dell'argomento, nel senso che coglie nell'assunzione di obbligazioni in epoca nella quale l'adempimento era praticamente impossibile la prova che la vicenda in esame si colloca nel disegno, esplicitamene ricostruito dalla sentenza impugnata, di omettere i pagamenti, temporeggiare con i creditori (e, in ciò si inquadra la razionale lettura della corrispondenza intercorsa con la società fornitrice come pure di alcuni pagamenti effettuati) e, nel frattempo, distrarre le risorse acquisite in favore di nuove realtà imprenditoriali.
Di tratta di considerazioni puntualmente agganciate alle acquisizioni probatorie, che il primo motivo dei due ricorsi attacca attraverso considerazioni che aspirano ad una rivalutazione delle risultanze stesse, inammissibile in sede di legittimità.
2. Il secondo motivo è inammissibile, per l'assoluta genericità della deduzione che non considera come una volta disvelato, come riconosce pacificamente il curatore, l'avanzato disegno finalizzato a pregiudicare le ragioni dei creditori, la prosecuzione dell'operazione avrebbe comportato sicuri, gravi e ulteriori rischi giudiziari per gli amministratori, nel caso - talmente verosimile da averli indotti a presentare in proprio la relativa richiesta - di fallimento.
La soluzione della Corte territoriale è pertanto coerente con la conclusione, secondo la quale, in tema di desistenza dal delitto e di recesso attivo, la decisione, rispettivamente, di interrompere l'azione criminosa o di porre in essere una diversa condotta finalizzata a scongiurare l'evento deve essere il frutto di una scelta volontaria dell'agente, non riconducibile. ad una causa indipendente dalla sua volontà o necessitata da fattori esterni (Sez. 3, n. 17518 del 28/11/2018 - dep. 24/04/2019, Rv. 275647 - 01).
3. Inammissibile per manifesta infondatezza è il terzo motivo dei ricorsi.
In tema di querela presentata in nome e per conto di una società di capitali, l'onere di indicare la fonte specifica dei poteri di rappresentanza è adempiuto con la mera indicazione della qualifica di amministratore, senza necessità di ulteriori allegazioni, poiché tale indicazione comporta l'implicito riferimento all'art. 2384 c.c., che costituisce la fonte della legittimazione (Sez. 2, n. 36119 del 26/06/2019, Rv. 277077 - 01).
Ciò comporta che è del tutto erronea la ricerca di uno specifico potere di presentare querele, essendo esso null'altro che una delle manifestazioni del potere di agire in nome e per conto della società attribuito agli amministratori delegati (e, nel caso di specie, al Vernazza con la delibera del consiglio di amministrazione del 22/05/2012 - anteriore alla querela del 21/05/2014 -, che conferì al primo la rappresentanza legale della società nell'ambito del suo amplissimo mandato gestorio risultante dalla stessa delibera).
4. Il quarto motivo è inammissibile per assenza di specificità e manifesta infondatezza.
Sotto il primo profilo, si tratta di critiche che considerano la vicenda isolatamente senza confrontarsi con il fatto che essa è stata razionalmente inserita nel complesso delle vicende distrattive e anzi trae dalle condizioni in cui i documenti mostrati al curatore si trovavano ulteriore conferma.
La sussistenza dello specifico fine individuato di occultare i passaggi di risorse preclude in radice la auspicata riqualificazione.
5. Inammissibile per assenza di specificità è il quinto motivo del ricorso proposto nell'interesse del C., giacché i vari indici elaborati dalla giurisprudenza mirano a ricostruire, sulla base di dati oggettivi, l'elemento psicologico dell'unitaria ideazione degli illeciti posti in essere (quale individuato, ad es., da Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Rv. 266615 - 0).
Ora, il ricorso si concentra su aspetti di contorno, trascurando un dato centrale, oggetto dell'apprezzamento discrezionale dei giudici di merito: ossia che proprio la proficua operatività delle società (in particolare la (OMISSIS) s.r.l. partecipò ad opere rilevantissime, quali lo Juventus Stadium di Torino, l'ospedale di Modena, lo stadio di Nizza, una stazione parigine) ha reso le condotte distrattive più un tentativo estemporaneo di fronteggiare singole crisi che l'oggetto di un'unitaria volizione.
Rispetto a siffatta valutazione non emergono profili di illogicità, né il ricorso riesce a scardinare la tenuta argomentativa della sentenza impugnata.
6. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 3.000,00. Del pari, i ricorrenti, in solido tra loro, vanno condannati alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili nel giudizio di legittimità, che, in relazione all'attività svolta, vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, gli imputati, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Vernazza Autogru s.r.l., che -liquida in complessivi Euro 3.500,00, oltre accessori di legge nonché dalla parte civile, curatela del fallimento (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 2.018,15, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021