RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con atto del proprio, difensore, il cittadino svizzero B.R. impugna l'ordinanza della Corte di appello di Palermo del 26 ottobre scorso, che ha respinto la sua istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere, applicatagli in funzione della sua consegna alla Repubblica federale di Germania, in esecuzione di mandato di arresto Europeo emesso il 12 luglio 2017 dal Tribunale di Essen di quello Stato, dinanzi al quale egli.e' indagato ed oggetto di un ordine di cattura per reati ambientali (per avere, cioè, in concorso con altre persone, riciclato 473,6 tonnellate di mercurio, agendo da intermediario con diversi Stati stranieri e così ottenendo per l'organizzazione di appartenenza ricavi per oltre 23 milioni di Euro, di cui 3,3 per sé stesso).
2. Il ricorso consta di due motivi.
2.1. Il primo consiste nella violazione dell'art. 9, commi 4 e 5, L. n. 69 del 2005, nonché degli artt. 274, lett. b), e 275, commi 1, 3 e 3-bis, c.p.p., per avere l'ordinanza omesso di motivare su elementi tali da escludere il pericolo di fuga, quali la sopraggiunta disponibilità di un domicilio in Italia e la lontananza nel tempo dei fatti di reato sottesi al mandato, nonché per aver omesso un compiuto vaglio critico di tali condotte e della loro significatività ai fini di tale esigenza di cautela.
2.2. Il secondo denuncia la violazione delle medesime norme, nonché degli artt. 3,24,111 e 117, comma 1, Cost., e 5, CEDU, per avere l'ordinanza omesso di motivare sull'esclusiva adeguatezza della custodia in carcere e non anche degli arresti domiciliari con controllo elettronico, giustificando tale sua decisione esclusivamente per l'assenza di una residenza fissa nel territorio dello Stato. Obietta il ricorso, citando atti normativi comunitari e giurisprudenza interna e sovranazionale, che siffatta decisione violi il principio di proporzionalità della misura rispetto alle esigenze cautelari del caso concreto, trascurando di considerare ulteriori elementi invece rilevanti a tal fine (personalità del consegnando, moralità, occupazione, patrimonio, leOmi personali e territoriali), finendo per creare una disparità di trattamento rispetto al consegnando residente, non consentita in uno spazio comune Europeo.
3. La difesa ha depositato altresì motivi nuovi, denunciando la violazione degli artt. 143,178 e 299, c.p.p., e dell'art. 111, comma 2, Cost., in relazione all'art. 6, comma 3, CEDU, per l'omessa notifica al consegnando dell'ordinanza tradotta in lingua a lui nota, essendo stato detto provvedimento notificato in lingua italiana, a lui sconosciuta, secondo quanto già a conoscenza dell'autorità giudiziaria procedente, con conseguente grave pregiudizio del suo diritto di difesa. Ha richiamato, a sostegno, la decisione delle Sezioni unite di questa Corte del 27 ottobre scorso, non ancora depositata e di cui è stata diffusa soltanto la notizia di decisione, secondo la quale è stata affermata la nullità dell'ordinanza di custodia cautelare notificata all'indagato alloglotta in lingua a lui ignota, qualora tale ignoranza sia già emersa nel procedimento in data precedente all'adozione di quell'atto.
4. Il ricorso è fondato, à dove denuncia la violazione dell'art. 143, c.p.p., e la conseguente nullità del provvedimento impugnato, a norma del successivo art. 178, lett. c), con riferimento all'omessa traduzione dell'ordinanza impugnata.
L'art. 1, comma 1, della direttiva 2010/64/UE prevede espressamente che quest'ultima "stabilisce norme relative al diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali e (specificamente: n. d.e.) nei procedimenti di esecuzione di un mandato di arresto Europeo".
L'art. 143, comma 2, c.p.p., nel testo attualmente vigente e così modificato dal D.Lgs. n. 32 del 2014 in attuazione proprio della direttiva 2010/64/UE, indica espressamente "i provvedimenti che dispongono misure cautelari personali" nel novero degli atti di cui l'autorità giudiziaria deve disporre la traduzione scritta entro un termine congruo per l'esercizio dei diritti di difesa.
Evidenti ragioni di analogia in bonam partem, attesa l'identica incidenza sulla libertà personale dell'interessato, impongono di ricomprendere sotto l'àmbito di operatività di tale regola anche i provvedimenti - come quello impugnato - che respingano in tutto o in parte le istanze de libertate, confermando la sottoposizione dell'interessato a limitazioni della propria libertà personale.
5. Le ulteriori doglianze, in quanto attinenti ai presupposti di applicazione della misura custodiale in atto, debbono intendersi assorbite.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.
O Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge q,n. 69/2005.
Così deciso in Roma, il 8 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2023