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Omesso versamento di ritenute: presenta una componente omissiva ed una precedente componente commissiva

Omesso versamento IVA

Cassazione penale sez. III, 13/09/2022, n.4904

Il reato di omesso versamento di ritenute al personale dipendente da parte del datore di lavoro operante come sostituto di imposta presenta una componente omissiva, rappresentata dal mancato versamento nel termine delle ritenute effettuate, ed una precedente componente commissiva, consistente, a sua volta, in due distinte condotte, costituite dal versamento della retribuzione con l'effettuazione delle ritenute e dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni prima dello spirare del termine previsto per la presentazione della dichiarazione.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 12.11.2021 la Corte di Appello di Milano ha integralmente confermato la condanna alla pena di otto mesi di reclusione pronunciata all'esito del primo grado di giudizio dal Tribunale di Monza nei confronti di C.A.M., subentrata nella carica di legale rappresentante della Multiservice s.r.l., in quanto responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 bis per il mancato versamento entro il termine di legge del 21.9.2015 delle ritenute assistenziali e previdenziali risultanti dalla certificazione rilasciata ai dipendenti riferite all'anno di imposta 2014. 2. Avverso il suddetto provvedimento l'imputata ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando quattro motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivo lamenta che il reato in contestazione, perfezionatosi nel (Omissis), e dunque anteriormente alla riforma introdotta dal D.Lgs. n. 158 del 2015, sia stato ritenuto integrato sulla sola base dell'omesso versamento delle ritenute operate e non anche in funzione dell'avvenuto rilascio delle certificazioni di esse ai sostituiti di imposta, circostanza questa in relazione alla dimostrazione della quale non vi erano adeguati elementi probatori. Rileva al riguardo come secondo la disciplina previgente il reato si perfezionasse per effetto dell'omesso versamento delle ritenute risultante dalla certificazione rilasciata ai sostituiti onde il suddetto rilascio, e per esso la consegna materiale ai destinatari, non poteva ritenersi dimostrato attraverso i modelli 770 allegati alla comunicazione dell'Agenzia delle Entrate e dai CUD trasmessi agli inquirenti dallo studio di un commercialista. 2.2. Con il secondo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt. 40,41 e 42 c.p. e al vizio motivazionale, che in tanto il liquidatore è chiamato a rispondere del delitto in contestazione in quanto abbia, al di là del mancato versamento, distratto l'attivo della società in liquidazione dal pagamento delle imposte e destinato ad altri fini, non potendo esserne affermata la responsabilità penale per omessi versamenti dovuti all'insufficienza di risorse disponibili, di norma caratterizzanti la fase liquidatoria. Contesta l'affermazione secondo la quale l'onere di non aver effettuato distrazioni gravasse sull'imputata, ritenendo che invece incomba sull'accusa l'onere di dimostrare quantomeno che i fondi fossero sussistenti, senza che alcun elemento fosse stato acquisito al riguardo 2.3. Con il terzo motivo lamenta la mancanza dell'elemento soggettivo del reato, non integrato, secondo affermato dalla Corte di appello, dalla sottoscrizione della dichiarazione fiscale e dal versamento di quanto dovuto ai dipendenti. Eccepisce al riguardo come la firma del documento fiscale, in assenza di prova della sussistenza dei fondi necessari, nulla potesse dimostrare e che nessuna prova vi fosse del pagamento eseguito in favore del personale. 2.4. Con il quarto motivo contesta l'applicabilità della recidiva, rilevando che l'unico precedente penale dell'imputata era costituito da una condanna inflittale a seguito di patteggiamento nel 2002 e che a seguito del decorso di un quinquennio dal suo passaggio in giudicato il reato e, con esso, i suoi effetti penali, compresa la recidiva, doveva ritenersi automaticamente estinto. Lamenta altresì il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, non assistito da alcuna motivazione rilevando che l'unica condanna riportata dalla prevenuta risalente a diciotto anni addietro consentiva stante la sua estinzione la concessione ex novo del beneficio invocato. CONSIDERATO IN DIRITTO Seguendo l'ordine logico e sistematico derivante dalla struttura dell'impugnazione in sede di legittimità, dev'essere prioritariamente esaminata la questione di cui al secondo motivo, afferente ad un profilo di natura pregiudiziale, quale si configura la responsabilità del liquidatore per il mancato pagamento delle imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori. Pur consapevole del contrasto in seno a questa Corte stante una pronuncia che afferma che il liquidatore di società risponde del delitto di omesso versamento delle ritenute certificate, previsto dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-bis solo qualora distragga l'attivo della società in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e lo destini a scopi differenti (Sez. 3, Sentenza n. 21987 del 28/04/2016, Bareato, Rv. 267337), questo Collegio ritiene di aderire all'orientamento difforme, successivamente espresso anch'esso dalla Terza Sezione, secondo il quale il liquidatore di società di capitali subentrato dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, che ometta di versare all'Erario le somme dovute sulla base della dichiarazione medesima risponde del delitto di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-ter, non trovando applicazione le limitazioni fissate dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 36 che fa espresso riferimento alle sole imposte sui redditi (Sez. 3, Sentenza n. 20188 del 12/02/2021, Gianotti, Rv. 281340; in termini cfr. altresì Sez. 3, sentenza n. 37928 del 16/6/2021, Intini, non mass. e Sez. 3, n. 26955 del 10/3/2022, Donnaloia, non mass.). Seppur riferito alla fattispecie delittuosa di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter deve condividersi pienamente il principio, estensibile a qualunque violazione tributaria e, dunque, anche al reato di omesso versamento di ritenute previdenziali, relativo all'inapplicabilità della norma di cui al citato art. 36 che, per la sua collocazione e per il suo tenore, risulta esclusivamente volta a disciplinare, nella fase della riscossione tributaria, l'obbligazione solidale, di natura civile, propria del liquidatore per il pagamento delle somme non versate riferite alle imposte sui redditi, senza che alcuna incompatibilità logico-giuridica possa trarsi tra il contenuto e il significato di detta previsione e la persistenza dell'obbligo di versamento, cui il liquidatore è tenuto secondo le regole generali degli art. 2487 c.c., comma 1, e il cui inadempimento è sanzionato, sul piano penale, dall'art. 10 bis. Il motivo non può, conseguentemente, ritenersi fondato. 2. In ordine al primo motivo deve invece rilevarsi che secondo la disciplina previgente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 24 (Omissis), n. 158, pacificamente applicabile al caso di specie, anche per effetto, in ogni caso, della sentenza n. 175/2022 della Corte Costituzionale, il reato di omesso versamento di ritenute al personale dipendente da parte del datore di lavoro operante come sostituto di imposta presenta una componente omissiva, rappresentata dal mancato versamento nel termine delle ritenute effettuate, ed una precedente componente commissiva, consistente, a sua volta, in due distinte condotte, costituite dal versamento della retribuzione con l'effettuazione delle ritenute e dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni prima dello spirare del termine previsto per la presentazione della dichiarazione. Come precisato da questa Corte per i fatti pregressi la prova dell'elemento costitutivo del reato, consistente nell'avvenuto rilascio ai sostituiti di imposta della relativa certificazione emessa dal sostituto, non può essere costituita, a maggior ragione dopo la pronuncia suddetta della Corte Costituzionale, dal solo contenuto della dichiarazione di cui al modello 770, essendo necessario dimostrare l'avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto di imposta (Sez. 3, Sentenza n. 10509 del 16/12/2016, dep. 03/03/2017, Pisu, Rv. 269141), non valendo quale surrogazione sotto il profilo probatorio in sede giudiziale l'avvenuta presentazione da parte del sostituto del modello 770. Ciò sulla constatazione, condivisa dalla pressoché univoca interpretazione giurisprudenziale, che la precedente formulazione del citato D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis non soltanto racchiudesse nel proprio parametro di tipicità solo l'omesso versamento di ritenute risultanti dalla predetta certificazione, ma richiedesse anche, sotto il profilo probatorio, la necessità di una prova del suo rilascio ai sostituiti (Sez. 3, Sentenza n. 25987 del 13/07/2020, Ravasi, Rv. 279743). Tanto premesso, le devolute censure con le quali si lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto integrati gli elementi materiali del reato contestato alla C., sebbene non fosse stata dimostrata con la dovuta certezza la circostanza avente ad oggetto l'avvenuto effettivo rilascio ai sostituiti di imposta delle certificazioni attestanti l'ammontare delle somme trattenute, deve ritenersi fondato. Il ragionamento seguito dal giudice di prime cure, che la Corte di appello si limita ad avallare affermando che la prova dell'avvenuto rilascio delle certificazioni era stata acquisita agli atti, si compendia nell'acquisizione dei Modelli 770 sottoscritti dalla prevenuta allegati alla comunicazione dell'Agenzia delle Entrate, configurante la dimostrazione della loro presentazione all'Erario, e dei CUD acquisiti in copia su un CD depositato in atti, ritenuti suscettibili di restituire processualmente la prova oltre ogni ragionevole dubbio del rilascio delle certificazioni di imposta ai sostituiti. Gli indicati argomenti non appaiono, tuttavia, tali da giustificare, con la dovuta certezza, la sussistenza dell'elemento costitutivo in questione del reato contestato. Al riguardo, è stato invero precisato che, proprio perché trattasi di elemento costitutivo, è onere dell'accusa fornire la prova dell'avvenuto rilascio delle certificazioni ai sostituiti, derivandone che mentre la presentazione del modello 770 può costituire indizio sufficiente o prova dell'avvenuto versamento delle retribuzioni e della effettuazione delle ritenute, in quanto con tale modello il datore di lavoro dichiara di averle appunto effettuate, altrettanto non può dirsi quanto alla prova di avere anche rilasciato - termine da intendersi nell'accezione di "consegnato" - le certificazioni ai sostituiti prima del termine previsto per presentare la dichiarazione, dal momento che tale modello non contiene anche la dichiarazione di avere tempestivamente emesso le certificazioni (così, in motivazione, Sez. 3, n. 6203 del 29/10/2014, dep. 2015, Rispoli, Rv. 262365). Ad incrinare ulteriormente il ragionamento indiziario vi è poi l'annotazione relativa all'esistenza di Cud privi della sottoscrizione di ricevuta da parte dei dipendenti. Sebbene la stessa giurisprudenza civile (Sez. 5, n. 14138 del 07/06/2017, Rv. 644424) appaia incline a ravvisare una sorta di equipollenza tra certificazioni del sostituto d'imposta ed altri mezzi ritenuti, in tesi ed in difetto, idonei alla prova dell'operata ritenuta, onde evitare un duplice prelievo a carico del sostituito, ciò non può dirsi con riferimento ai CUD redatti da un commercialista in assenza della dimostrazione che gli stessi siano stati consegnati ai diretti interessati, cioè ai sostituiti (in termini cfr. Sez.3, sentenza n. 16434 del 20.11.2019, non mass.). Sarebbe stato necessario, al fine di dimostrare l'avvenuta rimessa delle certificazioni ai diretti destinatari, e dunque l'esternazione rispetto alla stretta sfera di influenza del redattore di esse e la loro materiale dazione ai rispettivi interessati, integrare la prova attraverso l'acquisizione delle dichiarazioni dei redditi dei sostituiti, ovverosia dei Modelli 730 ovvero del Modello Redditi Persone Fisiche dei dipendenti così da assicurare l'imprescindibile controllo incrociato tra le dichiarazioni dei redditi dei sostituiti e il Modello 770 redatto dal sostituto di imposta. Si impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano, restando gli ulteriori profili di censura assorbiti P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Così deciso in Roma, il 13 settembre 2022. Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2023
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