RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce, per quanto di rilevanza nella presente sede processuale, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lecce in data 10/12/2020 - con cui D.M. era stato condannato a pena di giustizia per i reati di cui all' art. 572 c.p., 61 n. 11-quinquies, art. 612-bis, comma 1 e 2, 61 n. 1, ritenuta la continuazione - assolveva l'imputato dal reato di maltrattamenti, perché il fatto non sussiste e, esclusa la circostanza aggravante di,cui all'art. 61 c.p., n. 1 rideterminava la pena.
2. In data 09/06/2022 D.M. ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avv.to Scala Daniele, deducendo due motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
2.1 violazione di legge, in riferimento all'art. 612-bis c.p., ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b), in quanto la persona offesa aveva ritrattato quasi del tutto le sue dichiarazioni e aveva affermato di non essersi mai sentita minacciata dall'imputato, che non aveva mai smesso di frequentare nel periodo in cui sono contestate le condotte di atti persecutori, con evidente insussistenza del reato, rispetto al quale risulta anche intervenuta remissione di querela;
2.2 violazione di legge, in riferimento all'art. 612-bis c.p., comma 4, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b), in quanto la persona offesa aveva rimesso la querela, non potendosi ritenere la stessa irretrattabile, in quanto non sussistono le minacce gravi e reiterate: la pistola utilizzata in un caso, come affermato dalla persona offesa, era una semplice scacciacani, l'uso del coltello, in un altro caso, era stato giustificato dall'intervento del padre della persona offesa, che si era armato di un crick, avendo, peraltro, la persona offesa specificato che l'imputato non rappresentava un pericolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di D.M. è inammissibile.
La motivazione della sentenza impugnata appare del tutto coerente con la valutazione di inattendibilità della persona offesa, le cui dichiarazioni sono state ritenute non utilizzabili dalla Corte di merito come illustrato a pag. 7 della motivazione; altrettanto chiaramente la sentenza impugnata, con motivazione del tutto congrua ed insindacabile in tale sede processuale, ha proceduto ad analizzare il testimoniale, ritenendo tale apporto probatorio del tutto univoco in riferimento alla ricostruzione della condotta di atti persecutori.
Con tale snodo motivazionale il ricorso non si confronta affatto, essendo il primo motivo fondato sulle dichiarazioni della persona offesa che, come visto, sono state espunte dall'orizzonte valutativo della Corte territoriale.
Per le stesse ragioni va ritenuto manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso, che reitera doglianze fondate sulle dichiarazioni della persona offesa, offrendo una ricostruzione della condotta dell'imputato - altrimenti valutabile alla luce di altre prove testimoniali - del tutto alternativa e, come tale, inammissibile in sede di legittimità.
Le minacce poste in essere dall'imputato risultano, senza alcun dubbio, non solo reiterate ma anche gravi: la sentenza impugnata ha ricordato, tra le altre condotte, l'aver mostrato alla N., una pistola, l'aver tentato di speronare la vettura a bordo della quale la predetta viaggiava, il presentarsi ad un incontro munito di un coltello; da ciò emerge, evidente, come la querela sia irrevocabile, ai sensi dell'art. 612-bis c.p., comma 4.
Seppure la pistola utilizzata fosse stata una scacciacani - circostanza non emersa dalla motivazione della sentenza -, nondimeno deve darsi continuità all'indirizzo ermeneutico secondo il quale qualsiasi oggetto che abbia all'apparenza le caratteristiche intrinseche di un'arma può provocare nel soggetto passivo un effetto intimidatorio più intenso (Sez. 5, n. 6608 del 16/05/1973, Molfino, Rv. 125102); quanto all'episodio dello speronamento con l'auto, la difesa non si confronta affatto con la motivazione della sentenza, così come l'episodio dell'uso del coltello viene semplicemente rivisitato dalla difesa, con argomentazione del tutto alternativa alla ricostruzione offerta in sentenza.
Il ricorso, quindi, risulta connotato da genericità e fondato su di una alternativa ricostruzione delle vicende processuali.
Del tutto in conferente risulta l'atto di remissione di querela allegato alla memoria difensiva, che riguarda fatti ulteriori e diversi, essendo stato redatto presso la Tenenza c.c. di Copertino in data 11/08/2022, in relazione a fatti di danneggiamento e violenza privata oggetto della querela sporta in data 04/08/2022, laddove la condotta oggetto del presente procedimento è quella di atti persecutori dal 2015 con permanenza, risultando l'ultimo episodio commesso in data 08/01/2020. Ne risulta, quindi, come la detta remissione di querela afferisca a vicende diverse e successive, ciò senza contare la irretrattabilità della querela, nel caso in esame, per le anzidette ragioni.
Dall'inammissibilità del ricorso discende la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione di diffusione del presente provvedimento andranno omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 01 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2023