RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Trieste, in data 21 febbraio 2017, ha riformato in melius, limitatamente al trattamento sanzionatorio, la sentenza del Tribunale di Udine del 26 giugno 2014 con la quale B.S. è stato condannato per il reato di cui all'art. 612-bis c.p., riducendo la pena irrogata all'imputato in quella di mesi dieci di reclusione, con conferma delle restanti statuizioni, ivi compresa la condanna al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili.
2. Avverso l'indicata sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, avv. Roberto Pascolat, con il quale si deducono i motivi di seguito riassunti, nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.1. Con il primo motivo si lamenta l'inosservanza della legge penale ex art. 606 c.p.p., lett. b) e con il secondo motivo di ricorso il difetto di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione alla sussistenza del reato contestato.
Il ricorrente deduce che l'imputato non ha mai posto in essere appostamenti, chiamato le persone offese al telefono, compiuto atti di continuo assillo. Peraltro i vari episodi sono commessi ai danni di un numero ristretto di condomini, che hanno in atto vertenza nei confronti della famiglia B. e determinati ad allontanare il predetto dal condominio. Per contro l'imputato, secondo la ricostruzione offerta nel ricorso, sarebbe stato provocato ed offeso vista l'iniziativa di alcuni condomini di presentare un esposto nei suoi confronti, presso il locale centro di salute mentale, a seguito del quale non erano risultate patologie psichiche; questi, quindi, ha posto in essere condotte provocate, non finalizzate a perseguitare alcuno e, dunque, prive del dolo del delitto contestato. Inoltre assume il ricorrente che la struttura del condominio non agevola la privacy perchè i rumori si propagano e ciò giustificherebbe le condotte denunciate e che, comunque, non sono stati compiuti atti di violenza nei confronti di cose o di persone e le querele sporte in questo senso hanno condotto ad assoluzione, con sentenze delle quali si è chiesta l'acquisizione (anche nel giudizio di legittimità: folio 8 del ricorso). In particolare risulta emessa sentenza, in data 18 luglio 2016, dal Tribunale di Udine non ancora irrevocabile, di assoluzione dell'imputato, della quale si è chiesta l'acquisizione in appello, con la quale le condotte del B. erano state considerate insolenti, fastidiose e stancanti, ma non idonee ad integrare lo stato d'ansia grave, necessario per configurare il delitto di atti persecutori. Nè appare provata la modifica delle abitudini di vita avendo, la scelta di cambiare abitazione da parte della condomina A. evidente finalità di migliorare le proprie condizioni di vita, avendo questa scelto una abitazione monofamiliare, dunque, non risultando determinata dalla condotta dell'imputato.
2.2. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta l'inosservanza della legge penale ex art. 606 c.p.p., lett. b) e con il quarto motivo si denuncia il difetto di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione all'elemento soggettivo del reato.
Manca, secondo il ricorrente, una motivazione adeguata circa l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice che è senz'altro il dolo generico ma deve contenere un quid pluris, rispetto all'elemento soggettivo che sorregge le singole minacce, ingiurie e molestie, riguardante la consapevolezza della idoneità della condotta a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice. L'imputato, invece, agisce ritenendo di rispondere a delle provocazioni e reagisce agli attacchi ingiusti altrui.
2.3. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la mancata assunzione di prova decisiva, in relazione a prove documentali come da ordinanza della Corte di appello 21 febbraio 2017. Si tratta della sentenza irrevocabile di assoluzione per ingiurie e percosse nei confronti della querelante Ba., teste nel presente procedimento, decisiva, secondo il ricorrente, in quanto incidente sulla credibilità della dichiarante. I documenti non acquisiti sono indicati analiticamente a pag. 18 del ricorso e comprendono anche stralci di verbali dibattimentali di altri procedimenti, reputati decisivi, secondo il ricorrente, per dimostrare l'esistenza di un pregiudizio negativo nei confronti del B., anche da parte di alcune delle odierne parti lese ( Ba., b.).
2.4. Con il sesto motivo di impugnazione si denuncia l'inosservanza di norme processuali a pena di nullità, inammissibilità e decadenza, inosservanza ed erronea applicazione legge penale. In particolare si evidenzia che la querela è tardiva posto che i fatti vanno da (OMISSIS) ed, invece, la querela, datata il 15 marzo 2010, è stata depositata il successivo 30 marzo.
Sicchè gli unici fatti valutabili sarebbero, a parere del ricorrente, quelli commessi nel mese di (OMISSIS). Le altre querele in atti, peraltro, riguarderebbero fatti diversi e sono poste a base del diverso procedimento citato a pag. 7 della sentenza impugnata. Gli episodi che precedono di sei mesi la querela sarebbero, invece, sporadici e mere reazioni scomposte a comportamenti altrui, quello del 2008 è già giudicato, così come gli altri descritti alle pagine da 7 a 10 della sentenza impugnata.
2.5. Con il settimo motivo dell'impugnazione si contesta l'erronea applicazione della legge penale o, comunque, il difetto di motivazione sulla mancata concessione delle generiche, tenuto conto del complessivo clima conflittuale nel condominio di cui non si è tenuto conto, nonchè del fatto che l'imputato da anni vive solo con madre e padre, non disturba più i condomini nè è violento nei loro confronti e, comunque, non ha risarcito il danno solo in quanto non quantificabile, tanto che il giudice penale ha rinviato, per la determinazione del suo ammontare, a quello civile.
2.6. Infine con l'ultimo motivo di ricorso, si lamenta la violazione di legge quanto alle statuizioni civili, deducendo che i limiti di reddito minimo quali requisiti di ammissione delle parti civili al patrocinio a spese dello Stato, andavano calcolati perchè il caso in esame non rientra tra quelli per i quali è escluso, per legge, tenere conto dei limiti di reddito, ai fini dell'ammissione della parte al gratuito patrocinio.
3. Risultano depositati motivi aggiunti il 22 dicembre 2017, con i quali la difesa invoca la prescrizione dei reati, reputati non aventi natura persecutoria unitaria, ma considerati quali singoli episodi illeciti, commessi dal (OMISSIS). Si chiede, dunque, la declaratoria di estinzione per prescrizione, considerando il periodo di sospensione del corso della prescrizione, dovuto a rinvio del processo per impedimento dell'imputato per motivi di salute, non superiore a 60 giorni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno rigettati in quanto infondati.
Viene, in sostanza, criticata la valutazione degli elementi di fatto operata dai giudici di merito, prospettando formalmente un difetto di motivazione e la violazione di legge, in sostanza invocando un'inammissibile rivalutazione degli indicati elementi probatori, anche con riferimento al movente della condotta illecita accertata. Ciò a fronte di una motivazione esauriente con la quale il giudice di primo grado rende conto della valutazione svolta in ordine ai descritti elementi di prova, esame richiamato legittimamente, anche per relationem quanto alla motivazione, dal giudice di appello. Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità è preclusa in questa sede ogni rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi il giudice della legittimità limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito (Sez. 5, n. 2509 del 10/11/2017, Giacomini; Sez. 5, n. 1803 del 13/06/2016, Dragone, Rv. 38304; Sez. 2, n. 8076 del 21/11/2012, dep. 2013, Consolo, Rv. 254535). Quindi, non possono avere rilevanza censure volte ad offrire una lettura alternativa delle medesime risultanze probatorie, già adeguatamente valutate nel provvedimento impugnato.
Inoltre si osserva che viene invocata dal punto di vista della condotta materiale, la rilevanza di una pronuncia assolutoria, peraltro non irrevocabile, relativa, tuttavia, anche secondo la prospettazione difensiva, ad episodi diversi da quelli oggetto del presente procedimento, nel quale la ritenuta insussistenza del delitto di atti persecutori, accertata aliunde, non può incidere sulla ricostruzione offerta dai giudici di merito nel presente procedimento. Del resto il primo giudice ha ampiamente motivato (cfr. folio 5 e sgg. della sentenza di primo grado) circa l'evoluzione nel tempo del comportamento del B., in origine limitato ad ingiurie ed offese nei confronti dei condomini, poi dal 2008, concretizzatosi in una condotta sempre più aggressiva, continua, incessante, secondo un'evoluzione anche delle minacce, divenute più gravi ed incisive, con richiamo, nelle frasi pronunciate, anche a fatti di sangue verificatisi proprio in rapporti tra condomini (come al noto episodio della cd. strage di Erba).
In relazione alla deduzione secondo la quale la struttura del condominio, non agevolando la privacy perchè i rumori si propagano, giustificherebbe le condotte denunciate, quando alle minacce dell'imputato profferite all'indirizzo dei condomini dall'interno della propria abitazione, si osserva che si tratta di censura già devoluta al giudice del gravame, che ha trovato adeguata motivazione nella sentenza di secondo grado, con la quale il ricorso non si confronta in alcuna parte, limitandosi a riproporre la medesima lagnanza devoluta con il gravame.
Si osserva, poi, che la circostanza che le denunce provengano da un ristretto numero di condomini è ampiamente giustificata nelle sentenze di merito, ove si evidenzia che il comportamento del B. era più incisivo nei confronti dei vicini più prossimi al suo appartamento, per i quali, peraltro, era più facile percepire le minacce ed ingiurie che l'imputato profferiva dall'interno della propria abitazione. Infine, quanto alla mancata prova del mutamento delle abitudini di vita, relativamente alla scelta di cambiare abitazione da parte della condomina A., quella prospettata dal ricorrente è una ricostruzione alternativa, rispetto a quella logica, priva di contraddizioni e immune da vizi, fatta propria dai giudici di merito, che non può essere rivista in sede di legittimità. Le sentenze di merito, infatti, valorizzano con motivazione ampia e non contraddittoria, che l'intera famiglia dell' A. si era determinata a vendere l'appartamento proprio perchè esasperata dai continui comportamenti dell'imputato. Inoltre si osserva che il primo giudice ha esaustivamente motivato sul mutamento delle abitudini di vita, ma anche sul grave stato di ansia provocato sui vicini dalle condotte del ricorrente, dalle ingiurie, minacce collettive, dalle azioni violente, quali battere contro le pareti dei vicini, contro la porta di ingresso, o come le aggressioni fisiche (nei confronti della Ba.), che avevano fatto sentire le parti lese controllate e, comunque, avevano indotto nelle stesse turbamento ed uno grave stato di ansia. La sentenza di primo grado, poi, spiega come il comportamento dell'imputato fosse evoluto in modo tale da irretire i vicini dall'accedere alle cantine, da determinare che queste abbandonassero attività che avevano provocato le condotte violente del B. (come smettere di suonare il piano o usare un servizio di casa, per la T.), oppure che cambiassero abitazione, come era avvenuto per l' A. ed il coniuge C.. Di qui l'insussistenza del lamentato difetto di motivazione.
2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono infondati. La motivazione offerta dai giudici di merito circa l'elemento soggettivo è specifica anche in relazione alla sussistenza del dolo del delitto contestato. Risulta, infatti, ampiamente evidenziato dal giudice di primo grado, con argomentazioni richiamate in sede di gravame, che l'imputato, era mosso dalla consapevolezza di produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, tenuto conto della sistematicità delle condotte, delle frasi pronunciate indicative della sua intenzione di condizionare i comportamenti dei condomini, di indurli per timore, a cedere alle sue pretese, quando all'interruzione dei comportamenti che il B. non riusciva a sopportare. Sicchè appare del tutto irrilevante, ai fini della diversa prospettazione difensiva, il movente indicato nel ricorso, cioè la volontà di reagire a quelli che l'imputato reputava attacchi ingiusti ricevuti dai vicini. In proposito si evidenzia, peraltro, che i giudici di merito hanno descritto dettagliatamente le minacce ed ingiurie rivolte alle parti lese, che non facevano riferimento ad iniziative adottate dai vicini nei suoi confronti, ma si concentravano prevalentemente su presunti fastidi che questi riceveva da rumori provenienti dai loro appartamenti o per attività ivi svolte (come suonare il pianoforte, usare il bagno a determinate ore).
3. Quanto alla mancata assunzione di prove decisive, in relazione al rigetto della richiesta acquisizione di prove documentali, di cui all'ordinanza della Corte di appello 21 febbraio 2017, si tratta di deduzione infondata in quanto priva del requisito di specificità.
Si rileva che nel giudizio di appello, come è noto, la rinnovazione ex art. 603 c.p.p. ha carattere eccezionale, stante la presunzione che l'indagine sia stata esauriente con le acquisizioni probatorie del dibattimento di primo grado. Sicchè il potere del giudice del gravame di disporre la rinnovazione è subordinato alla condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 dep. 2016, Ricci, Rv. 266820; Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, Panigoni; Sez. 2, n. 41808 del 27/09/2013, Mongiardo, Rv. 256968). Atteso che l'esercizio di un simile potere è affidato al prudente apprezzamento del giudice di appello restando incensurabile nel giudizio di legittimità, se adeguatamente motivato, deve sottolinearsi che la motivazione dell'ordinanza impugnata evidenzia, in modo univoco, le ragioni per le quali non è stata accolta la richiesta di rinnovazione parziale, avendo giustificato l'esaustività degli elementi probatori disponibili (Sez. 1, n. 17309 del 19/03/2008, Calisti).
La contestazione appare, dunque, infondata posto che non sono indicate le ragioni per le quali le prove documentali richieste, alcune delle quali soltanto enunciate nell'elenco riportato a pag. 18 del ricorso (come gli stralci di trascrizione di verbali stenotipici), avrebbe avuto decisiva valenza. In ogni caso per le pronunce assolutorie per fatti precedenti, va evidenziato che è stato ampiamente spiegato dai giudici di merito che le condotte del B. avevano avuto un'incalzante excalation nel tempo, risultando più aggressive e gravi le condotte più recenti, culminate anche in violenza fisica verso persone o cose. Nè è specificata la ragione per la quale ogni singolo documento tra quelli elencati, a fronte della complessiva ricostruzione, ampia, esaustiva e logica della vicenda operata dalla Corte territoriale, possa disarticolare l'intero ragionamento che, per la Corte d'appello, conduce a confermare la sussistenza del delitto ritenuta dal giudice di primo grado.
4. Quanto alla dedotta tardività della querela il motivo è manifestamente infondato, tenuto conto dell'indirizzo della Corte di legittimità da condividersi senz'altro (Sez. 5, n. 48268 del 27/05/2016, D., Rv. 268163, con argomenti che vengono ripercorsi in questa sede) secondo il quale il carattere del delitto di atti persecutori, quale reato abituale a reiterazione necessaria delle condotte, rileva anche ai fini della procedibilità, con la conseguenza che, nell'ipotesi in cui il presupposto della reiterazione venga integrato da condotte poste in essere oltre i sei mesi previsti dalla norma rispetto alla prima o alle precedenti condotte, la querela estende la sua efficacia anche a tali pregresse condotte, indipendentemente dal decorso del termine di sei mesi per la sua proposizione, previsto dall'art. 612-bis c.p., comma 4. Sicchè anche a fronte di una querela sporta nel mese di marzo del 2010, il delitto risulta perseguibile anche per fatti commessi in epoca anteriore ai sei mesi da quella data, essendo questi parte integrante della condotta abituale contestata al ricorrente.
5. Il settimo motivo è manifestamente infondato, tenuto conto che le ragioni per le quali sono state negate le generiche sono ampiamente riportate dal primo giudice e richiamate per relationem dal giudice del gravame, circa la durata nel tempo della condotta. La Corte di appello, inoltre, con apprezzamento di fatto immune da illogicità e, dunque, incensurabile in sede di legittimità, ha motivato il diniego delle generiche anche in ragione del numero delle parti lese, con motivazione adeguata, non risultando necessario che siano presi in esame, dal giudice di merito, ciascuno dei elementi indicati dalla difesa, essendo sufficiente indicare gli indici di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826).
6. Infine l'ultimo motivo di ricorso, è manifestamente infondato in quanto non specifico, non risultando precisati i redditi delle parti lese che si assumono superiori ai limiti di legge, nè sufficientemente illustrato l'interesse ad impugnare il provvedimento di ammissione da parte dell'imputato e, comunque, tenuto conto del titolo di reato contestato. Ed invero, è consentito non tenere conto dei limiti minimi di reddito, ai fini dell'ammissione al gratuito patrocinio, ai sensi dell'art. 76 del testo unico in materia di spese di giustizia (D.P.R. n. 115 del 2002), che prevede che la vittima di una serie di gravi delitti contro la persona, fra i quali il reato di cui all'art. 612-bis c.p. possa essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal medesimo decreto (Sez. 4, n. 13497 del 15/02/2017, Mattioli, Rv. 269534 in tema di ammissione al patrocino a spese dello Stato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-ter, la persona offesa da uno dei reati ivi elencati può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dallo stesso articolo).
7. Quanto al motivo aggiunto con il quale il ricorrente invoca l'intervenuta prescrizione del reato, si osserva che lo stesso è manifestamente infondato tenuto conto del principio di diritto di recente affermato da questa Corte e che si condivide (Sez. 5, n. 35588 del 03/04/2017, P., Rv. 271208), secondo il quale ai fini della prescrizione del delitto di stalking, che è reato abituale, il termine decorre dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico, coincidendo il momento della consumazione delittuosa con la cessazione dell'abitualità.
Orbene nella specie la condotta abituale risulta contestata come perdurante e, quindi, fino alla sentenza di primo grado (26 giugno 2014) mancando nelle pronunce di merito l'indicazione del dies ad quem della cessazione della situazione illegittima.
In ogni caso, anche considerando che l'ultimo episodio denunciato si colloca in data 31 gennaio del 2010, tenendo conto della pena edittale prevista per il reato per il quale si procede, dell'esistenza di cause interruttive del corso della prescrizione tempestive (sentenza di primo grado) e delle cause si sospensione del corso della prescrizione maturate in primo grado (rinvio per adesione dei difensori all'astensione di categoria per mesi quattro e giorni diciannove, dal 22 novembre 2012 al 11 aprile 2013, rinvio per impedimento a comparire dell'imputato per motivi di salute per giorni quattordici, ed altro rinvio per adesione dei difensori all'astensione di categoria dalla prima udienza, sino al 24 maggio 2012), il termine di prescrizione, determinato ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 157 e 160 c.p., di anni sette e mesi sei, al quale vanno aggiunte le indicate sospensioni, ad oggi non è spirato.
8. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e dalle spese del presente giudizio sostenute dalle parti civili costituite, che si liquidano come da dispositivo, oltre accessori di legge.
Il titolo di reato comporta l'oscuramento dei dati a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 per legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, come oggi rappresentate, liquidate in Euro 3.000,00 oltre accessori di legge, da liquidarsi a carico dell'erario.
Dispone in caso di diffusione del presente provvedimento di omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2018.
Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2018