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Stalking: sul rapporto con il reato di maltrattamenti in famiglia

Stalking, Maltrattamenti

Cassazione penale sez. V, 04/05/2016, n.41665

In tema di rapporti fra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori (art. 612-bis, cod. pen.), il rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall'art. 612-bis, comma primo, cod. pen. rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie; è, invece, configurabile l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen.) in presenza di comportamenti che, sorti nell'ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualità temporale. Ne deriva che è configurabile il solo delitto di maltrattamenti in famiglia allorché le condotte criminose siano poste in essere in costanza di separazione legale.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1 - Con sentenza del 9 giugno 2015 la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale di Parma del 10 maggio 2011 che aveva ritenuto Ca.Sa. colpevole dei delitti ascrittigli dal capo A (in esso assorbite le condotte descritte ai capi da B ad F) al capo L (escluso il capo I separatamente giudicato) e condannato alla pena di anni 2 e mesi 3 di reclusione. Veniva inoltre condannato a risarcire i danni, da liquidarsi in separata sede, assegnando una provvisionale di Euro 15.000,00 alla parte civile, l'ex coniuge, anche in rappresentanza dei figli minori. I delitti in questione erano i seguenti: - al capo A, il delitto previsto dall'art. 612 bis c.p., commi 1, 2 e 3, per avere consumato atti persecutori ai danni della moglie K.T. e del figlio minore C.C., consistiti in minacce, ingiurie, molestie e percosse, fino al (OMISSIS) (la norma è stata introdotta nell'ordinamento con D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, pubblicato sulla G.U. del 24 febbraio 2009, conv. in L. 23 aprile 2009, n. 38); - al capo G, il delitto previsto dall'art. 612 c.p., per avere minacciato il figlio C. di "accorciargli le gambe", il (OMISSIS); - al capo H, il delitto previsto dall'art. 610 c.p., per avere costretto la moglie ad arrestare la marcia del veicolo che stava conducendo, sbarrandole la strada, il (OMISSIS); - al capo L, il delitto previsto dall'art. 572 c.p., per avere maltrattato la moglie ed i due figli minori, C. e B., con minacce, molestie, ingiurie, sempre fino al (OMISSIS). Il compendio probatorio si reggeva sulle dichiarazioni della moglie del Ca. e del figlio, C., confermate dalle escussioni del nuovo compagno della moglie, tale D.T., dell'assistente sociale M. e dello psicologo Be., dalla registrazione delle conversazioni intercorse fra l'imputato ed il figlio B., dai verbali relativi agli interventi di polizia. Tutti elementi che la Corte territoriale riconsiderava, alla luce delle censure mosse dall'imputato nell'atto di appello, e di cui, all'esito di tale verifica, ribadiva l'attendibilità. Corretta era anche, secondo la Corte, la qualificazione giuridica delle condotte. 2 - Avverso la predetta sentenza propone ricorso l'imputato a mezzo del suo difensore. 2 - 1 - Con il primo motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 612 bis e 572 c.p., per essere stata ritenuta la sussistenza di entrambi, dovendosi al contrario ricordare che l'art. 612 bis c.p. si applica qualora non si ritenga consumato altro reato. Erroneamente la Corte aveva argomentato, in risposta ai motivi di appello, che sussistevano entrambi i reati, precisando che gli atti persecutori erano stati consumati solo in danno della moglie ormai separata mentre i maltrattamenti in famiglia erano proseguiti a danno dei figli minori, visto che, nelle due imputazioni, non si era operata alcuna distinzione a seconda delle persone offese e dei periodi di tempo in cui si erano consumate le condotte, indicando, indifferentemente, la moglie ed i figli come persone offese e la stessa data di cessazione dei reati. Così peraltro confermando la censura, a suo tempo mossa, in ordine alla genericità dei capi di imputazione. 2 - 2 - Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 598 e 605 c.p.p., art. 529 c.p.p., comma 2, art. 531 c.p.p., comma 2, per non essere stato prosciolto l'imputato dai delitti perseguibili a querela, essendo dubbia la presentazione della stessa e, quindi, la loro procedibilità, e sussistendo il dubbio anche sulla sua remissione e, quindi, sulla conseguente causa estintiva. E' certo, infatti, che, nel fascicolo del dibattimento, non vi sono le querele presentate dalla moglie e dal figlio dell'imputato. E che la moglie dell'imputato abbia affermato di avere rimesso la querela. Se le querele non sono state sporte o se le stesse sono state rimesse, o anche se sussiste il dubbio su tali circostanze, si deve dichiarare l'improcedibilità dei delitti di atti persecutori, qualora gli stessi siano diversamente qualificati, e del delitto di minaccia, consumato dall'imputato a danno del figlio C.. 2 - 3 - Con il terzo motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare dell'art. 610 c.p., ed il difetto di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza del delitto di violenza privata, contestata al capo H. L'aver posto in essere una manovra per bloccare l'autovettura sulla quale marciava la moglie non costituiva quella minaccia che consentiva di ritenere la configurabilità del delitto di violenza privata. L'imputato si era solo avvicinato al finestrino con il suo motorino e non aveva impedito alla donna di proseguire per la sua strada. CONSIDERATO IN DIRITTO Il solo primo motivo è fondato nei limiti e per le ragioni che si enunceranno ed il suo accoglimento comporta la necessità di rivedere l'intero trattamento sanzionatorio, demandato al giudice di rinvio. 1 - Il primo motivo, come si è detto, è fondato. La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto la sussistenza del delitto previsto dall'art. 612 bis c.p. per quelle condotte consumate dall'imputato a danno della moglie ormai separata e la configurabilità del solo art. 572 c.p. per le condotte consumate a danno della stessa, in data anteriore alla separazione (avvenuta negli anni (OMISSIS), in epoca non meglio precisata) ed in danno dei figli C. e B., per tutto il periodo in contestazione. Pur non disponendo il conseguente assorbimento (per gli atti persecutori commessi a danno dei figli nel delitto di maltrattamenti) che resta però implicitamente dichiarato. 1 - 1 - La Corte territoriale, però, sul punto (sulla sussistenza del delitto di atti persecutori a danno del coniuge separato; avendo già escluso la configurabilità del medesimo delitto a danno del figlio C.) non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto da tempo affermato da questa Corte (ex plurimis: Sez. 6, n. 24575 del 24/11/2011, Frasca, Rv. 252906) secondo il quale il rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall'art. 612 bis c.p., comma 1, rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie mentre si configura l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall'art. 612 bis c.p., comma 2) in presenza di comportamenti che, sorti nell'ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualità temporale. La medesima pronuncia precisa che ciò (il succedersi degli atti persecutori a precedenti condotte concretanti il delitto di maltrattamenti) può valere solo in caso di divorzio o di relazione affettiva definitivamente cessata con la persona offesa, ravvisandosi, invece, il solo reato di maltrattamenti in caso di condotta posta in essere in costanza di una separazione legale o di fatto, per la perdurante sussistenza di un vincolo familiare, derivante dalla necessità di adempiere gli obblighi di cooperazione nel mantenimento, nell'educazione, nell'istruzione e nell'assistenza morale dei figli minori e di osservare l'obbligo di reciproco rispetto che incombe anche sui coniugi non conviventi (nel medesimo senso anche la più recente Sez. 6, n. 33882 del 08/07/2014, Rv. 262078). In applicazione di tali principi è allora evidente che il ricorrente, solo separato legalmente dalla moglie, ha, nei suoi confronti, consumato il solo delitto di maltrattamenti in famiglia. Così che questa Corte riqualifica le condotte indicate al capo A, già rubricate come atti persecutori, nella fattispecie concreta descritta al capo L, il delitto di maltrattamenti, anche in riferimento al coniuge del ricorrente. 1 - 2 - Va inoltre dichiarata assorbita nel delitto di maltrattamenti anche la condotta di minaccia semplice, consumata dal ricorrente a danno del figlio C., posto che la stessa, realizzata nel medesimo lasso di tempo in cui si è consumato il delitto di maltrattamenti, anche a danno di C., non si configura come condotta autonoma rispetto ai comportamenti, anche minacciosi, che avevano concretato il più complessivo addebito. 2 - Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Ad esito dell'assorbimento dei delitti di atti persecutori e del delitto di minaccia semplice, rispettivamente contestati ai capi A e G della rubrica, non residuano ipotesi di reato perseguibile a querela e diventa quindi del tutto ultroneo indagare se le querele fossero state effettivamente sporte e le stesse fossero state rimesse dai querelanti. 3 - Il terzo motivo è anch'esso infondato posto che i giudici del merito, con giudizio di fatto non censurabile da questa Corte perchè esente da vizi logici, hanno accertato che la manovra compiuta dall'imputato con il motorino ha impedito alla moglie di proseguire la marcia con la sua autovettura e pertanto, come da costante orientamento di questa Corte, sussiste il delitto di violenza privata (da ultimo: Sez. 5, n. 44016 del 17/11/2010, Gullo, Rv. 249146). 4 - In conclusione, riqualificate le condotte descritte ai capi A e B come riconducibili al delitto sub L, la sentenza impugnata va annullata limitatamente al complessivo trattamento sanzionatorio (da fissarsi per i soli capi residui, L ed H) con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. In considerazione del titolo dei reati, si dispone che, in caso di diffusione della sentenza, siano omesse le generalità ed i dati identificativi. P.Q.M. Riqualificati i reati di atti persecutori (capo A) e di minaccia (capo G) in quello di maltrattamenti in famiglia, annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna per la rideterminazione della pena in ordine al reato di maltrattamenti in famiglia e di violenza privata. Rigetta nel resto il ricorso. Dispone che, in caso di diffusione del provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. Così deciso in Roma, il 4 maggio 2016. Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2016
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