RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce - sezione di Maglie -
che aveva condannato D.V.D. alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile ritenendolo responsabile del delitto di atti persecutori commesso in danno di C.B..
1.1. La Corte d'Appello, premesso che dalle dichiarazioni della parte offesa - parte civile e dei testi emergeva una condotta di molestia, da parte dell'imputato, pressochè ininterrotta dal 2003 al 2010 e consistente in appostamenti sotto l'abitazione della ragazza e sul luogo di lavoro, pedinamenti e approcci con complimenti grevi, che avevano indotto la C. a cambiare lavoro e le avevano causato un perdurante stato di ansia e di paura, replica alle argomentazioni contenute nell'appello precisando che:
- in tema di evento del reato, lo stato ansioso non deve necessariamente consistere in un vero e proprio stato di alterazione psicologica della vittima e la sua esistenza può essere provata anche in base alle dichiarazioni della vittima del reato.
- in ogni caso è stata acquisita agli atti una consulenza tecnica redatta da una psichiatra forense in cui si diagnostica alla C. un disturbo acuto da stress.
- è provato che la condotta dell'imputato abbia costretto la ragazza ad alterare le proprie abitudini di vita, sia per il mutamento del lavoro che per la consistente riduzione della vita di relazione.
- la quantificazione del danno (determinato in via equitativa in 20.000 Euro) è congrua in rapporto ai postumi invalidanti quantificati nel 25% dalla consulenza sopra citata.
2. Propone ricorso il difensore di fiducia del D.V. articolando tre motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali in quanto la Corte non avrebbe dato conto in termini adeguati delle conseguenze della condotta ascritta all'imputato, se, cioè, si sia verificato uno degli eventi previsti dall'art. 612 bis c.p. e neppure della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato.
2.2. Con il secondo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali circa la quantificazione, in via equitativa, dei danni in favore della parte civile.
2.3. Si sollecita infine la dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta remissione di querela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il 23 luglio 2015 avanti alla Polizia Giudiziaria è intervenuta remissione di querela, da parte della persona offesa, personalmente, con accettazione dell'imputato; va quindi rilevata in questa sede l'estinzione del reato:
Sez. U, Sentenza n. 24246 del 25/02/2004 Rv. 227681:
La remissione di querela, intervenuta in pendenza del ricorso per cassazione e ritualmente accettata, determina l'estinzione del reato che prevale su eventuali cause di inammissibilità e va rilevata e dichiarata dal giudice di legittimità, purchè il ricorso sia stato tempestivamente proposto.
Sez. 2, Sentenza n. 37688 del 08/07/2014 Ud. Rv. 259989:
La remissione di querela, intervenuta nel corso del giudizio di cassazione, determina l'estinzione del reato per tale causa, anche in presenza di eventuali cause di inammissibilità del ricorso, travolgendo le statuizioni civili collegate ai reati estinti.
1.1. Tale conclusione è del tutto in linea con la fattispecie contestata, non aggravata e non connessa con reati procedibili d'ufficio, e con quanto previsto dall'art. 612 bis c.p., comma 4 secondo cui la remissione di querela può essere soltanto processuale. Si deve infatti ritenere che sia idonea ad estinguere il reato di atti persecutori anche la remissione di querela effettuata davanti a un ufficiale di polizia giudiziaria, e non solo quella ricevuta dall'autorità giudiziaria, atteso che l'art. 612-bis c.p., comma 4, laddove fa riferimento alla remissione "processuale", evoca la disciplina risultante dal combinato disposto dagli art. 152 c.p. e art. 340 c.p.p.. (Sez. 5, n. 2301 del 28/11/2014 dep. 2015 Rv.
261599).
3. Dal momento che si procede in ordine al reato di cui all'art. 612 bis c.p., debbono essere omesse, in caso di diffusione del provvedimento, le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per remissione della querela; condanna il querelato al pagamento delle spese del procedimento.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2016.
Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2016