RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza del 23 settembre 2021 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha rigettato l'opposizione ex art. 263 c.p.p., comma 5, proposta nell'interesse di F.M. al decreto del Pubblico ministero di rigetto dell'istanza di restituzione di derivati della canapa in sequestro.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato.
2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio di violazione degli artt. 187 e ss. c.p.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 5; il Giudice per le indagini preliminari avrebbe mantenuto il sequestro probatorio pur in assenza di elementi di prova a sostegno dell'accusa che oggetto del sequestro siano sostanze stupefacenti.
Si richiamano le conclusioni della relazione della Polizia Scientifica; sussisterebbe il vizio di violazione di legge perché da un lato l'ordinanza impugnata affermerebbe il dovere dell'accusa di dimostrare l'idoneità drogante del prodotto in sequestro dall'altro non valuterebbe l'esistenza di un principio di prova contrario all'accusa formulata, costituito dall'elaborato peritale disposto su richiesta del Pubblico ministero. Il Pubblico ministero non avrebbe fornito alcuna prova della capacità drogante dei campioni esaminati.
Il Giudice per le indagini preliminari avrebbe rimesso in termini il Pubblico ministero sulla possibilità di eseguire analisi chimiche sulla sostanza in sequestro, mentre avrebbe dovuto prendere atto dell'assenza di prova a sostegno dell'accusa.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio della motivazione dell'ordinanza nella parte in cui il Giudice per le indagini preliminari ha confermato il rigetto della richiesta di dissequestro in assenza di elementi di prova a sostegno dell'accusa che oggetto del sequestro siano sostanze stupefacenti.
La motivazione dell'ordinanza impugnata sarebbe contraddittoria perché avrebbe omesso di prendere atto che gli esiti tossicologici sono favorevoli all'indagato ed avrebbe affermato la legittimità della permanenza del sequestro probatorio per eseguire una ulteriore consulenza tecnica per accertare l'idoneità della sostanza a produrre un effetto drogante.
Affermata l'inesistenza della presunzione di illiceità della canapa, l'accertamento sul thc sarebbe sufficiente ai fini della decisione; la letteratura tossicologica avrebbe individuato una percentuale del 0,5% la soglia al di sotto della quale non si produrrebbero effetti psicoattivi.
La perizia costituirebbe un doppione dell'accertamento già effettuato.
Il Giudice per le indagini preliminari avrebbe di fatto legittimato l'inerzia investigativa del Pubblico ministero.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Dall'ordinanza impugnata risulta che il fatto ascritto all'indagato è la commercializzazione di cannabis sativa, oltre al rinvenimento di un quantitativo di thc con valori maggiori di percentuale di principio attivo.
1.1. Il Giudice per le indagini preliminari ha correttamente richiamato ed applicato il principio espresso da Sez. U, n. 30475 del 30/05/2019, Castignani, Rv. 275956 - 01, per cui, in tema di stupefacenti, la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, integrano il reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dalla L. 2 dicembre 2016, n. 242, art. 4, commi 5 e 7, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività.
In motivazione, la Corte ha precisato che la L. 2 dicembre 2016, n. 242, qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, per le finalità tassativamente indicate dall'art. 2 della predetta legge.
In applicazione dei principi delle Sezioni Unite, la giurisprudenza (cfr. Sez. 6, n. 1245 del 17/11/2020, dep. 2021, Balestra, Rv. 280554 - 01) ha affermato che, in tema di stupefacenti, è legittima l'adozione di un provvedimento di sequestro (nella specie preventivo) di cannabis light a fronte di una percentuale di THC in misura inferiore al valore dello 0,5%, essendo devoluto alle successive fasi di merito l'accertamento in concreto della effettiva efficacia drogante della sostanza, intesa quale attitudine a provocare o meno effetti psicogeni.
1.2. Dall'ordinanza risulta che l'accertamento sulla sostanza stupefacente è stato valutato dal Giudice per le indagini preliminari; che proprio all'esito di tale accertamento, da cui risulta l'esistenza di percentuali di principio attivo, il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto legittimo il mantenimento in sequestro dei beni per accertare, con riferimento alle percentuali più basse l'effettiva efficacia drogante della sostanza, intesa quale attitudine a provocare o meno effetti psicogeni.
1.3. Tale decisione è immune da vizi logici e corretta in diritto.
La giurisprudenza ha affermato, con riferimento al riesame del sequestro probatorio, che il Tribunale è chiamato a verificare la sussistenza dell'astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell'accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti acquisibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria (Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019, dep. 2020, Pirlo, Rv. 278542 - 01; in motivazione, la Corte ha precisato che il tribunale non è tenuto a verificare l'esistenza dell'elemento soggettivo del reato, al cui accertamento, invece, può essere preordinato il sequestro).
Un principio analogo a quello della sentenza Balestra può affermarsi quanto alla valutazione del Giudice per le indagini preliminari, in sede di opposizione ex art. 263 c.p.p., comma 5, ove sopravvengano nuovi elementi di valutazione del fumus.
1.4. Deve pertanto affermarsi che il sequestro probatorio, una volta accertata la percentuale di THC, possa essere mantenuto al fine di anticipare alla fase delle indagini preliminari l'accertamento in concreto della effettiva efficacia drogante dei prodotti in sequestro, e cioè della loro attitudine a provocare o meno, se assunti dall'uomo, effetti psicogeni; e ciò a maggior ragione quando le percentuali di principio attivo siano particolarmente basse, come in parte è nel caso in esame.
2. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2022