Tribunale Napoli sez. I, 09/06/2005, n.5720
Il reato di porto di armi o strumenti atti ad offendere (art. 4, co. 2 e 3, L. 110/75) si configura quando il soggetto, senza giustificato motivo, porta al di fuori della propria abitazione strumenti da punta o da taglio, anche se non destinati naturalmente ad offendere (armi improprie). Tali strumenti non rientrano tra le armi proprie (ad esempio, coltelli a scatto) se privi di un meccanismo che consente l'apertura automatica o rapida della lama.
FATTO E DIRITTO
Con decreto di citazione diretta emesso il 19.3.04 P. C. è stato tratto a giudizio per rispondere dell'imputazione formulata dal P.M. ed in epigrafe trascritta.
Al dibattimento, svoltosi alla saltuaria presenza dell'imputato, dopo le richieste istruttorie delle parti è stato escusso G. S., teste di lista del PM, rinunciandosi all'altro teste indicato nella medesima lista. Ritenutane la necessità ai fini della decisione è stata quindi disposta la visione del reperto, giacente presso l'Ufficio Corpi di Reato.
All'esito dell'istruttoria dibattimentale, dichiarata l'utilizzabilità degli atti acquisiti, le parti hanno reso le conclusioni riportate in epigrafe.
Ritiene il giudicante che le risultanze istruttorie consentano di ritenere accertata la responsabilità dell'imputato, dovendosi tuttavia il fatto a lui ascritto più correttamente ricondursi alla fattispecie di cui all'art. 4 L. 110/75.
Ed invero il teste G. S., agente di Polizia, ha riferito che la sera del 25.09.01 notò due giovani che confabulavano tra loro con fare sospetto sicché procedette al loro controllo, potendo così notare che al suo avvicinarsi uno dei due, successivamente identificato per il P. C., tentò di disfarsi, lasciandolo cadere a terra, di un coltello a serramanico di circa cm 22 di lunghezza, che fu poi raccolto e sequestrato (v. relativo verbale in atti).
Non riuscendo tuttavia il teste a ricordare se vi fosse o meno un pulsante che consentisse l'apertura della lama, si è proceduto alla successiva udienza alla visione del reperto, ciò che ha consentito di acclarare che il coltello aveva la lama ripiegata nel manico estraibile unicamente a mezzo di un'azione manuale, non essendo dotato di alcun dispositivo a scatto.
Tali essendo le risultanze, deve senz'altro ritenersi accertata la colpevolezza dell'imputato, essendo egli stato sorpreso mentre portava fuori dalla propria abitazione, o dalle appartenenze di essa, senza giustificato morivo, un coltello, dovendosi tuttavia più correttamente far rientrare il fatto a lui contestato sotto la fattispecie di cui all'art. 4, co. 2 e 3, L. 110/75.
Ed invero tale norma punisce l'azione di colui che senza giustificato motivo porti al di fuori della propria abitazione strumenti da punta e da taglio atti ad offendere la persona, anche se non destinati naturalmente a ciò, strumenti perciò qualificati dalla giurisprudenza come armi bianche "improprie".
Tale deve ritenersi il coltello sequestrato al P. C., la cui attitudine offensiva è insita nella lunghezza della lama e che, per le sue caratteristiche, potrebbe essere chiaramente utilizzato per il fine di offendere, ma che non è tuttavia dotato di alcun meccanismo che consenta l'apertura a scatto della lama, che è ripiegata nel manico.
La relativa detenzione integra perciò, come ritiene la costante giurisprudenza, la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 4 L. 110/75, punendo l'art. 699 cpv c.p., reato contestato all'imputato, la più grave condotta di colui che porti al di fuori della propria abitazione un'arma per cui non è ammessa licenza, dovendosi per tale intendere solo un'arma "propria", ossia qualsiasi strumento naturalmente destinato ad offendere, tra cui, in tema di coltelli, possono farsi rientrare unicamente quelli con apertura a scatto, trattandosi di strumenti da punta e taglio che, proprio grazie al congegno meccanico che permette l'irrigidimento della lama, assumono le caratteristiche di un pugnale o stiletto (cfr., ex multis; Cass. Pen, sez. I, n. 7471/94; n. 4595/92; n. 696/92; n. 3121/87).
Tutto ciò premesso, l'imputato va ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 4 L. 110/75, così dovendosi più correttamente qualificare il fatto ascrittogli, e quindi per tale reato condannato.
Quanto alla pena da irrogare in concreto, valutati gli elementi di cui all'art. 133 c.p., non ritenendosi l'imputato meritevole delle attenuanti generiche, in ragione dei rilevanti e recenti precedenti, di cui uno specifico, di cui egli risulta gravato, appare equo determinarla in mesi tre di arresto e euro 100,00 di ammenda.
Consegue ex lege la condanna al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara l'imputato colpevole del reato di cui all'art. 4, co. 2 e 3, L. 110/75, così diversamente qualificato il fatto a lui ascritto, e lo condanna alla pena di mesi tre di arresto e euro 100,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NAPOLI
SEZIONE I
IL GIUDICE MONOCRATICO
Dr.ssa Marta Di Stefano
Letti gli atti del procedimento n. 67034/RGNR e n. 8613/04 RG. Trib. a carico di P. C., conclusosi con sentenza emessa in data 27.5.05, con la quale il predetto veniva condannato alla pena di mesi tre di arresto e euro 100,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 4, co. 2 e 3, L. 110/75;
rilevato che nel suddetto provvedimento si è omesso di provvedere in ordine alla destinazione del coltello oggetto del sequestro intervenuto in data 25.9.01;
considerato che trattasi di cose la cui detenzione costituisce reato, per la quale a norma degli artt. 240 c.p. e 4, co. 8, L. 110/75 è prevista la confisca obbligatoria
P.Q.M.
ordina la confisca del coltello oggetto del sequestro intervenuto il 25.9.01 nei confronti di P. C. in relazione al procedimento n. 67034/RGNR e n. 8613/04 RG. Trib.;
manda la cancelleria per gli adempimenti di rito.