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Possesso ingiustificato di strumenti di scasso: obbligo di prova sull’uso lecito e immediato (Giudice Cristiana Sirabella)

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Tribunale Napoli sez. I, 15/01/2018, (ud. 15/01/2018, dep. 15/01/2018), n.495

Ai fini della configurabilità del reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli (art. 707 c.p.), è sufficiente che l'agente abbia immediata disponibilità degli strumenti atti allo scasso, senza necessità di una contiguità fisica costante. L’onere della prova per giustificare il possesso ricade sul soggetto agente, che deve dimostrare l’uso lecito e attuale degli strumenti.

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La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto di citazione a giudizio, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, depositato il 3.04.15, Q.L. e R.A. venivano tratti a giudizio innanzi a questo Giudice per rispondere del reato di cui nella rubrica del presente provvedimento.

All'udienza del 7.03.16, assenti gli imputati, il Giudice, verificata l'assenza di questioni preliminari, dichiarava aperto il dibattimento ed invitava le parti a formulare le rispettive richieste di prova: il PM chiedeva di provare i fatti in contestazione attraverso l'escussione dei testi di lista, l'esame degli imputati e l'acquisizione del verbale di perquisizione e sequestro del 28.01.14; i Difensori degli imputati si riservavano il controesame dei testi del Pm e l'esame degli imputati.

Ammesse le prove, il GM rinviava il processo a causa dell'assenza dei testi del PM.

All'udienza del 15.01.18, presente il Q.L. (e revocata la declaratoria di assenza nei suoi confronti), mutata la persona fisica del Giudicante, rinnovata l'istruttoria dibattimentale con il consenso all'utilizzabilità degli atti, il Giudice procedeva ad escutere il teste ass. L.S., in servizio presso il Commissariato di PS Napoli-Posillipo. Si procedeva, poi, all'esame dell'imputato, reso edotto delle sue facoltà, ex art. 64 c.p.p. che, all'esito rendeva dichiarazioni spontanee.

A seguito di tali attività, il Giudice, ritenuta sufficientemente istruita l'istruttoria dibattimentale, previa declaratoria di utilizzabilità dei mézzi di prova, dichiarava chiuso il dibattimento, invitava le parti a formulare le rispettive conclusioni e decideva come da sentenza con contestuale motivazione letta in pubblica udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Alla luce delle risultanze emerse dall'istruttoria dibattimentale, questo giudicante ritiene pienamente raggiunta la prova della penale responsabilità di Q.L. e R.A. in relazione al reato loro ascritto in epigrafe.

Invero, il teste escusso, ass. L. - con una deposizione priva di contraddizioni e coerente con le risultanze degli atti irripetibili acquisiti al fascicolo dibattimentale e della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare anche in considerazione della qualifica di P.U. da questi ricoperta - riferiva che a partire dall'agosto 2013 erano giunte presso il Comando numerose denunce e segnalazioni di furti di attrezzi da lavoro che indicavano quali possibili autori del reato due uomini a bordo di una vecchia fiat punto blu al cui interno vi era un elmetto da lavoro di colore giallo.

In data 28.01.14 gli agenti di PG nel percorrere in Napoli la Via P. incrociavano una vettura Fiat punto blu (vecchio modello) tg. (omissis) a bordo della quale viaggiavano due uomini precisando che nell'abitacolo era presente l'elmetto di protezione da lavoro.

Gli operanti, insospettiti decidevano di effettuare un controllo e procedevano a fermare l'autovettura identificando (con C.I.) il conducente in Q.L. ed il passeggero in R.A., non residenti nella zona di Posillipo ed entrambi gravati da numerosissimi precedenti contro il patrimonio.

Si procedeva, quindi a perquisizione personale che dava esito negativo per entrambi i soggetti ed a perquisizione veicolare che dava, invece, esito positivo rinvenendo gli operanti all'interno dell'abitacolo, due grossi cacciavite ed una tenaglia; e nel cofano posteriore della vettura una cassetta per gli attrezzi.

Il teste riferiva che il Q.L. ed R.A., che non indossavano una tuta da lavoro, non erano in grado di giustificare in alcun modo il possesso degli attrezzi rinvenuti che venivano, pertanto, sottoposti a sequestro.

Gli stessi risultavano essere stati fermati insieme ed identificati in più volte ed in particolare che i prevenuti risultavano essere stati fermati e denunciati per il medesimo titolo di reato (art. 707 c.p., possesso di chiavi e grimaldelli) il giorno precedente in San Nicola la Strada (CE) da personale dei Carabinieri (come da atti poi prodotti dal PM). L'imputato Q.L. dichiarava di lavorare a nero come idraulico e come muratore e riferiva che la mattina del 28.01.14; era in compagnia dell'amico R.A. a cui aveva chiesto aiuto per effettuare un intervento idraulico, così da far guadagnare qualcosa anche a costui.

L'imputato dichiarava in udienza di aver giustificato agli operanti il possesso degli attrezzi riferendo che gli stessi servissero per effettuare lavori di riparazione idraulica e che, tuttavia, gli agenti procedevano ugualmente nei loro confronti.

L'imputato dichiarava, altresì, di essere in possesso di biglietti da visita (da cui emergesse il mestiere esercitato) che, tuttavia, non forniva né al momento del controllo agli operanti, né esibiva in sede di indagini o in sede di esame nel corso dell'udienza.

Anche dopo numerose sollecitazioni, il Q.L. non era in grado di riferire né in merito al soggetto presso cui doveva effettuare l'intervento di riparazione, né era in grado di fornire in modo preciso l'indirizzo presso cui era diretto in quella giornata, riferendo, genericamente di dover "riparare una fontana" a Posillipo.

Tali essendo le risultanze dell'istruttoria dibattimentale, lo scrivente ritiene, senz'altro provata la penale responsabilità di Q.L. e R.A. in relazione al reato loro ascritto in rubrica in quanto risultano integrati gli elementi costitutivi della fattispecie astratta.

Al riguardo, quanto all'elemento materiale, Q.L. e R.A., già precedentemente condannati per reati contro il patrimonio, venivano sorpresi a bordo di una vettura Fiat punto di colore blu (vecchio modello) già segnalata - al cui interno veniva rinvenuto un elmetto da lavoro di colore giallo, come segnalato) ove all'interno dell'abitacolo, a pronta disposizione degli stessi, venivano rinvenuti due grossi cacciavite ed una tenaglia, ed all'interno del cofano posteriore veniva rinvenuta una cassetta dotata di numerosi attrezzi, dei quali i prevenuti non erano in grado di giustificare il possesso.

In tal senso, la Corte di Cassazione ha chiarito che "Colui che si trova nella condizione soggettiva prevista dall'art. 707 cp, è tenuto a provare, per esimersi dalla relativa sanzione, non già di essersi legittimamente procurato l'arnese da scasso, bensì di destinarlo ad un uso lecito attualmente, ossia in quel momento in cui ne è colto in possesso... " (Cass. sez. 6 n. 478 del 29.01.72). Nel caso di specie, gli imputati venivano colti nella disponibilità di due grossi cacciavite e di una tenaglia (oltre che di una cassetta contenete attrezzi di vario tipo).

Ed al riguardo, i giudici della Suprema Corte si sono espressi nel senso di ritenere che "ai fini della configurabilità del reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli, non è necessario un rapporto attuale e costante di contiguità fisica degli oggetti, ma è sufficiente che li detenga in un luogo ove possa accedere liberamente in qualunque momento, posto che l'espressione "è colto in possesso" usata dalla norma va intesa come immediata disponibilità degli strumenti atti allo scasso da parte del soggetto agente" (Cass. Sez. II 19.08.2011).

Al riguardo, alla luce della qualifica soggettiva degli agenti gravati da numerosissimi precedenti per reati contro il patrimonio, ed alla luce delle circostanze oggettive della condotta (modalità ed assenza di giustificazione valida) appare del tutto inverosimile la versione fornita in sede di esame dall'imputato Q.L. che, essendo stato già fermato il giorno precedente da personale dei carabinieri idi San Nicola la Strada (CE) in compagnia del R.A. e denunciati per il medesimo titolo di reato, in data 28.01.14 venivano nuovamente sorpresi da personale di PG al quale non erano in grado di giustificare il possesso degli attrezzi, non esibendo un biglietto da visita (che non veniva neppure esibito in udienza), non fornendo alcun elemento agli operanti in merito all'indirizzo e/o al nominativo presso cui questi fossero diretti per effettuare l'intervento di riparazione; ritenendo, pertanto, questo Giudicante che la versione fornita in sede di esame dall'imputato - completamente differente da quella resa, dal teste di PG - risulta, piuttosto, un maldestro (oltre che tardivo) tentativo di giustificare il possesso di attrezzi atti allo scasso, ritenendo la dichiarazione frutto della fantasia del prevenuto. Risulta, inoltre, integrato anche l'elemento soggettivo costituito dalla coscienza e volontà di porre in essere il comportamento criminoso, atteso che gli imputati non fornivano alcuna spiegazione circa il possesso degli attrezzi atto allo scassò, pur essendo questi a conoscenza di aver riportato precedenti condanne per reati contro il patrimonio, così come riferito in sede di esame dal Q.L..

Al solo fine di adeguare la pena in concreto irrogata all'effettivo disvalore del fatto, ritiene lo scrivente che possono riconoscersi agli imputati le circostanze attenuanti generiche. Valutati tutti i criteri di cui all'art. 133 cp appare equo irrogare a Q.L. e R.A. la pena di mesi sei di arresto ciascuno, pena così determinata: pena base mesi nove di arresto, non ritenendo di poter applicare agli imputati il minimo edittale, in considerazione dei numerosissimi precedenti penali che gli stessi annoverano, ridotta alla pena di mesi sei di arresto l ciascuno in considerazione del riconoscimento ad entrambi delle circostanze attenuanti generiche.

Consegue per legge, ai sensi dell'art. 535 cpp, la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali.

Non ricorrono i presupposti per l'applicazione dei benefici di legge in favore di Q.L. e R.A., stante il penale ostativo in tal senso per entrambi. I Si dispone, inoltre, la confisca di quanto caduto in sequestro.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 cpp, dichiara Q.L. e R.A. colpevoli del reato a lui ascritto e, ritenute per entrambi le attenuanti generiche, li condanna alla pena di mesi sei di arresto ciascuno, oltre il pagamento delle spese processuali. Ordina la confisca di quanto caduto in sequestro.

Napoli, 15.01.2018

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