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Reati contro il patrimonio

Autoriciclaggio

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Avv. Salvatore del Giudice - Avvocato penalista Napoli

Autoriciclaggio

Il reato di autoriciclaggio, introdotto in Italia nel 2014 con la legge 15 dicembre 2014, n. 186, rappresenta una risposta decisa all'evoluzione delle pratiche finanziarie illecite e alla crescente sofisticazione dei mezzi utilizzati per "ripulire" i proventi di attività delittuose. Secondo i dati della Guardia di Finanza, solo nel 2023 sono state aperte circa 2.500 indagini relative a reati di riciclaggio e autoriciclaggio, con un aumento significativo rispetto agli anni precedenti.

Questo dato dimostra quanto il fenomeno sia diffuso, soprattutto in settori come il traffico di droga, la corruzione, l'evasione fiscale e la criminalità organizzata, che spesso si servono di complessi meccanismi finanziari per reintrodurre i capitali illeciti nell’economia legale.


Cos'è l'autoriciclaggio?

L'autoriciclaggio è disciplinato dall'art. 648-ter.1 del codice penale e si realizza quando un soggetto, dopo aver commesso o concorso in un delitto, utilizza i proventi derivanti da quel reato per compiere operazioni volte a ostacolare l'identificazione della loro provenienza illecita.

In altre parole, il colpevole non solo trae profitto da un crimine, ma cerca anche di nasconderne le tracce attraverso investimenti o trasferimenti finanziari.

A differenza del riciclaggio, nel quale il cd. reato presupposto viene addebitato ad un terzo, nell'autoriciclaggio il soggetto che ha compiuto il reato originario è anche colui che cerca di "ripulire" i proventi illeciti.

Un esempio classico di autoriciclaggio è il caso di un imprenditore che, dopo aver evaso ingenti somme di tasse, utilizza i fondi nascosti per acquistare immobili o partecipare a speculazioni finanziarie all'estero, rendendo difficile il collegamento tra quei capitali e l'illecito originale.

La pena per l'autoriciclaggio

Le sanzioni per il reato di autoriciclaggio sono molto severe: la norma prevede una reclusione che varia da 2 a 8 anni, oltre a una multa che può oscillare tra i 5.000 e i 25.000 euro. Queste pene variano a seconda della gravità delle operazioni compiute e delle circostanze aggravanti, come il coinvolgimento di gruppi organizzati o l'uso di sistemi finanziari complessi per mascherare il denaro.


Elemento oggettivo del reato di autoriciclaggio

Elemento centrale dell'autoriciclaggio è la condotta che consiste nell'impiego, sostituzione o trasferimento di denaro o beni provenienti da un reato, all'interno di attività economiche, finanziarie o speculative, allo scopo di ostacolare concretamente l’identificazione della loro origine illecita.

È importante sottolineare che il reato presupposto, ossia il crimine da cui derivano i fondi utilizzati, può essere doloso o colposo, includendo reati di varia natura come l'evasione fiscale, la corruzione, il traffico di stupefacenti o altri crimini.

Ed invero, dal 2021, la norma è stata estesa includendo anche i reati colposi e le contravvenzioni con pene superiori a un anno di reclusione, ampliando così l'ambito di applicazione del reato.

Ai fini dell'integrazione del reato, non occorre che l'agente ponga in essere una condotta di impiego, sostituzione o trasferimento del denaro, beni o altre utilità che comporti un assoluto impedimento all'identificazione della provenienza delittuosa degli stessi, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività, concretamente idonea anche solo a ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza (Sez. 2, n. 36121 del 24/05/2019, Draebing, Rv. 276974-01).

Due sono i criteri fondamentali che delineano l’elemento oggettivo del reato di autoriciclaggio:

  1. I beni derivanti dal reato presupposto devono essere destinati a operazioni di carattere economico, finanziario o speculativo;

  2. Le operazioni devono essere tali da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza illecita.

Secondo la giurisprudenza, la condotta di autoriciclaggio si realizza non solo quando è impossibile identificare la provenienza delittuosa dei beni, ma anche quando l'azione ostacola concretamente questa identificazione. La Cassazione ha chiarito che, ai fini della punibilità, non è necessario che l'ostacolo sia insormontabile: è sufficiente che vi sia una concreta difficoltà nell'individuazione della provenienza delittuosa.

Le attività speculative, secondo la Corte di Cassazione, comprendono anche il gioco d’azzardo e le scommesse, in quanto queste operazioni comportano un rischio calcolato simile a quello delle attività speculative classiche .

Nel novero delle attività speculative contemplate dalla norma di cui all'art. 648-ter.1 c.p., si devono ritenere rientrare anche, secondo il prevalente orientamento della Corte di cassazione - che il Collegio, condividendolo, intende ribadire - il gioco d'azzardo e le scommesse, in cui i proventi illeciti vengano reinvestiti, così da mascherarne la provenienza delittuosa, atteso che l'alea che è tipica di tali giochi è assimilabile a quella delle "attività speculative" giacché implica l'accettazione di un rischio calcolabile correlato all'impiego delle risorse (Sez. 2, n. 11325 del 18/01/2023, Sambrotta, Rv. 284290-01; Sez. 2, n. 13795 del 07/03/2019, Sanna, Rv. 275528-01. In senso contrario: Sez. 2, n. 9751 del 13/12/2018, dep. 2019, Bresciani, Rv. 276499-01).

Una delle modalità più utilizzate dagli autori di questo reato è il ricorso ai "paradisi fiscali", dove i capitali vengono trasferiti attraverso una rete di conti bancari esteri intestati a società fittizie. In questo modo, il denaro viene "pulito" tramite operazioni legali all'apparenza, ma difficili da collegare al reato originario.


Elemento soggettivo del reato

Dal punto di vista soggettivo, il reato di autoriciclaggio richiede la presenza di dolo specifico. Ciò significa che l'autore del reato deve agire con l'intenzione consapevole di impedire o comunque ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro o dei beni utilizzati. La semplice volontà di destinare i capitali illeciti a impieghi economici non è sufficiente: l'intento deve essere quello di ostacolare la tracciabilità del denaro.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il dolo del reato può essere integrato anche dal dolo eventuale in ordine alla provenienza illecita del denaro, non è sufficiente infatti che l'imputato abbia agito sulla base di un mero sospetto, ovvero di disattenzione, di noncuranza o di mero disinteresse verso la provenienza illegale delle somme ricevute e trasferite". (cfr. Cassazione penale sez. II, 17 giugno 2011, n. 25960)

Un noto caso ha coinvolto un funzionario pubblico che, dopo aver accettato tangenti per l’assegnazione di appalti, ha trasferito tali somme a conti bancari intestati a familiari, successivamente utilizzati per acquistare azioni e partecipazioni societarie. Questa serie di operazioni ha ostacolato la tracciabilità del denaro, celando la sua origine illecita.

Il bene protetto

Il legislatore ha voluto dare autonomo rilievo alla fase dell'impiego delle risorse di provenienza da delitto, con la loro re-immissione nel mercato e nei settori della finanza, dell'industria e del commercio in quanto trattasi di un fenomeno che comporta elevati pericoli per la stabilità del mercato che ben può essere turbato dalla immissione di risorse di provenienza illecita, tanto è vero che parte della dottrina coerentemente ha rilevato che, nonostante l'inserimento della norma tra i delitti contro il patrimonio, il vero interesse protetto è quello economico.


Consumazione del reato

Il reato di autoriciclaggio si consuma quando si perfeziona l'operazione di dissimulazione o impiego del denaro derivante dal delitto presupposto. È essenziale che il reato presupposto sia già compiuto: non è possibile infatti configurare un tentativo di autoriciclaggio prima che il delitto da cui derivano i proventi illeciti sia completato.

Il reato presupposto si deve perfezionare prima della condotta dissimulatoria, che deve quindi essere successiva a tale perfezionamento e, pertanto, non può coincidere con quella che costituisce elemento materiale del predetto reato, atteso che ciò determinerebbe una sua non ammissibile duplice rilevanza (Sez. 2, n. 7074 del 27/01/2021, De Campo, Rv. 280619-01, relativa a una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure l'esclusione del delitto di autoriciclaggio nella condotta dell'amministratore che aveva trasferito somme dai conti di due condominii amministrati a conti esteri di società speculative, osservando che tali attività integravano l'elemento materiale del delitto di appropriazione indebita). L'autoriciclaggio non si può quindi consumare, neanche nella forma tentata, prima che si perfezioni il reato presupposto (Sez. 5, n. 138 del 20/09/2021, Coppeta, Rv. 282730-01; Sez. 5, n. 331 del 12/11/2020, dep. 2021, Ginatta, Rv. 28016901).

Un esempio pratico può chiarire meglio questo concetto: se una persona utilizza i proventi di una frode fiscale per investire in immobili o attività finanziarie, il reato di autoriciclaggio si configura solo dopo che la frode fiscale è stata realizzata. Se il denaro viene trasferito o impiegato prima che la frode sia pienamente consumata, il reato di autoriciclaggio non può ritenersi configurato.


Differenza tra riciclaggio e ricettazione

L'art. 648 bis c.p. si pone in rapporto di specialità con l'art. 648 c.p., distinguendosi solo sotto il profilo soggettivo per il fatto che, mentre la ricettazione richiede, oltre alla consapevolezza della provenienza da delitto necessaria anche per il riciclaggio, solo una generica finalità di profitto, quest'ultimo delitto richiede la specifica finalità di far perdere le tracce dell'origine illecita.

A tale proposito, occorre rimarcare come, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, il discrimen fra il reato di riciclaggio di cui all'art. 648 bis c.p. e quello di ricettazione di cui all'art. 648 c.p. consista nella sussistenza di operazioni finalizzate ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene, attraverso un'attività che, con riferimento al caso delle autovetture, impedisca il collegamento delle stesse con il proprietario che ne è stato spogliato.

Tale decodificazione del connotato peculiare del delitto di cui all'art. 648 bis c.p., postula che la diagnosi differenziale rispetto al delitto di ricettazione non possa effettuarsi sulla base del delitto presupposto e che le differenze strutturali fra i due reati debbano essere ricercate prima che nell'elemento soggettivo (dolo specifico di procurare un profitto a sé o ad altri nella ricettazione e dolo generico nel riciclaggio), proprio nell'elemento materiale e, in particolare, nella idoneità della condotta ad ostacolare la identificazione della provenienza del bene (cfr. Cass. Pen. sez. II sent. 38581/2007 Rv. 237989; sez. II sent. n. 13448/2005, Rv. 231053).

Secondo una nota sentenza della Suprema Corte, il delitto di riciclaggio si distingue da quello di ricettazione in relazione all'elemento materiale, che si caratterizza nel primo per l'idoneità della condotta ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene, e in relazione all'elemento soggettivo, che consiste nel primo nel dolo generico, mentre nella ricettazione fa riferimento al dolo specifico dello scopo di lucro. (La S.C. ha ritenuto la sussistenza del delitto di ricettazione anziché quello di riciclaggio, in una fattispecie nella quale agli imputati era contestato di avere formato ed usato documenti di identità falsi recanti le generalità dei beneficiari di assegni ricettati, poiché la condotta non era idonea ad impedire l'individuazione del reato presupposto - dal momento che la provenienza furtiva dell'assegno era comunque ricavabile del numero di serie dello stesso - ma era finalizzata soltanto alla riscossione di titoli - Cassazione penale , sez. II , 09/05/2012 , n. 35828).

Ed ancora, in tema di distinzione tra il delitto di riciclaggio e quello di ricettazione, l'elemento essenziale ai fini della qualificazione giuridica del fatto nel reato di cui all'art. 648-bis c.p. è la idoneità della condotta ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del bene, in presenza della quale, il concreto intento di lucro, può valere a rafforzare, ma non ad escludere, il dolo generico del riciclaggio (Cassazione penale , sez. II , 21/11/2014 , n. 10746).


Non punibilità

La norma incriminatrice prevede delle circostanze in cui l'autoriciclaggio non è punibile. In particolare, il quarto comma dell’art. 648-ter.1 c.p. esclude la punibilità nel caso in cui il denaro o i beni vengano utilizzati per scopi personali, senza che venga compiuta alcuna operazione volta a ostacolare la tracciabilità della loro provenienza.

In altre parole, se l'autore del reato utilizza i proventi illeciti per esigenze personali e non per reinvestirli in attività economiche o speculative, non si può configurare il reato di autoriciclaggio.

Se una persona, dopo aver commesso un reato di evasione fiscale, utilizza il denaro solo per acquisti personali, senza trasferirlo in altre operazioni economiche o finanziarie, non sarà punibile per autoriciclaggio.

La Corte di Cassazione ha interpretato questa disposizione affermando che l’esclusione della punibilità è applicabile solo se i beni vengono utilizzati direttamente, senza operazioni intermedie che possano dissimularne l'origine .


Sequestro e confisca

Il sequestro preventivo è una delle misure cautelari previste in casi di autoriciclaggio. Se sussistono indizi sufficienti che indicano il rischio che i beni vengano ulteriormente trasferiti o occultati, le autorità giudiziarie possono disporre il sequestro dei beni derivanti dal reato presupposto o delle somme che hanno subito operazioni di dissimulazione.

In tema di sequestro preventivo, ricorre il fumus del delitto di autoriciclaggio nell'ipotesi di versamento di denaro, provento del delitto di appropriazione indebita, presso un istituto bancario per estinguere debiti ed ipoteche immobiliari, atteso che tale condotta realizza la sostituzione del profitto del reato presupposto, che assume diversa destinazione e transita nella disponibilità di altro soggetto giuridico, consentendo, inoltre, all'imputato di godere dei beni liberi da vincoli reali. (In motivazione la Corte ha evidenziato che è irrilevante che l'operazione sia tracciabile, ricorrendo comunque un ostacolo all'individuazione del compendio delittuoso Cassazione penale , sez. II , 08/09/2021 , n. 35260).

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