Il caso di studio riguarda un processo per bancarotta fraudolenta distrattiva instaurato contro un imprenditore di Pescara, conclusosi con una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto.
Indice:
IL CASO
Capo di imputazione: reato di cui agli artt. 110 del c.p. 216 n. 2, 223 e 219, del R.D.
16.3.1942 n. 267, perché, in concorso tra loro, in qualità di amministratori della "Co. s.r.l.", con sede legale in (omissis), via (omissis), dichiarata fallita con sentenza n. 22/16 del 3.5.2016 (pubbl. il 11.5.16) del Tribunale di Pescara, il CH. Pa. An. dal 31/5/97 al 30/7/2009, il SO. Sa. dal 30/7/2009 al 23/02/11 e il CH. Um. Br. dal 23/02/11 alla data del fallimento, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori e di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, tenevano le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, tra l'altro sottraendo il libro inventari, il libro cespiti, il libro giornale dal 1997 al 2016, registri IVA e tutti i libri sociali prescritti dalla legge.
Con l'aggravante di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità.
Con la recidiva reiterata per il CH. Um. Br. e con la recidiva per il SO.Sa.
Commesso in (omissis), fino al 3.5.2016 (data della sentenza dichiarativa
di fallimento, pubbl. il 11.5.2016
Decisione: Imprenditore assolto per non aver commesso il fatto.
Il Collegio ha affermato che l'integrazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale richiede il dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, in quanto la locuzione "in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari" connota la condotta e non la volontà dell'agente, sicché è da escludere che essa configuri il dolo specifico
IL TESTO DELLA SENTENZA
Tribunale di Pescara, 13/06/2022, n.729
Svolgimento del processo
Con decreto del 31.10.2019 il GUP del Tribunale di Pescara disponeva il rinvio a giudizio nei confronti degli imputati, chiamati a rispondere della fattispecie di bancarotta documentale di cui agli artt. 216223229 l. Fall., contestata in relazione alla qualità di legale rappresentante della 'Co. srl' sedente in (omissis), dichiarata fallita in data 3.5.16 in cui si erano succeduti: Ch. Pa. An. dal 31.5.97 al 30.7.09, il So. dal 30.7.09 al 23.2.11, Ch. Um. Br. dal 23.2.11 alla data del fallimento (3.11/5/2016).
Emessi i provvedimenti di ammissione delle prove, erano sentiti, su richiesta del Pm, il dott. Ca., curatore del fallimento e la dott.ssa Fo., quest'ultima consulente del PM, nonché i testi della difesa di Ch. Pa. An. ed i testi addotti dall'avv. Ab.
All'udienza del 13.12.21 Ch. Um. Br. rendeva dichiarazioni spontanee; indi, respinta la richiesta avanzata ai sensi dell'art 507 cpp nell'interesse dello stesso imputato volta ad ottenere l'acquisizione dei verbali di consegna della documentazione societaria asseritamente consegnata alla Guardia di Finanza di Popoli, veniva svolta la discussione.
In difetto di repliche, all'udienza del 15/3/2022, era pronunciato il dispositivo letto in pubblica udienza.
Motivi della decisione
Queste in sintesi le risultanze della prova orale e documentale.
Il curatore dott. Ca., ha esposto le difficoltà incontrate nell'espletamento dell'incarico per mancanza di ogni documentazione. La ricostruzione delle cariche (come riportate nel capo d'imputazione) era stata consentita dall'esame delle visure. L'ultimo amministratore, Ch. Br. - in carica fino al fallimento dal 2011 e che peraltro nel 2010 aveva anche assunto il totale delle partecipazioni - aveva interloquito col curatore chiarendo che la società era inoperativa da qualche tempo. Il medesimo non era stato in grado di produrre nulla peraltro adducendo la circostanza del sequestro operato dalla Guardia di Finanza negli anni precedenti, in ogni caso ammettendo che negli ultimi anni non era stata tenuta alcuna documentazione. Dalle visure emerse che la società non aveva depositato i bilanci a partire da quello relativo all'anno d'imposta 2012. Le due sedi societarie risultarono chiuse e non operative né risultò nulla all'attivo. L'unica ricostruzione possibile fu quella consentita dall'accertamento dello stato passivo. In mancanza di formali verbali di consegna, il curatore non è stato in grado di dire quale fosse la situazione debitoria della società al momento del subentro dell'ultimo amministratore. In ogni caso, su domanda della difesa il teste ha specificato che dall'ultimo bilancio depositato non risultava che la società avesse beni mobili o immobili.
La deposizione del curatore va integrata con la relazione ex art 33 nella quale il dott. Ca. evidenziava che, in mancanza di consegna della documentazione contabile e societaria, non era possibile ricostruire il volume d'affari della società né verificare se la contabilità fosse stata tenuta in modo corretto.
La dott.ssa Fo., consulente del Pm, ha svolto una prospettazione della situazione del tutto in linea con quella del curatore. In sostanza la medesima ha rimarcato la mancanza di ogni documentazione in particolare segnalando la mancanza del libro giornale e del libro degli inventari dal '97 al 2016, la mancanza dei bilanci di esercizio dal 2012 al 2015. Ha inoltre specificato che il registro delle fatture di acquisto e di vendita iva relativi agli anni 2009, 2010 e 2011 erano stati acquisiti dalla Guardia di Finanza ai fini di una verifica volta alla ricostruzione di alcune fatturazioni. L'unica somma recuperata dalla curatela risultava quella di circa 60.000, riconosciuta in sede giudiziale a seguito di un contenzioso civile. Sempre la consulente del Pm ha evidenziato che gli ultimi tre bilanci che la società depositava venivano tutti e tre presentati nel 2012.
Quest'ultima circostanza è stata confermata dal teste della difesa Am., commercialista che fu consulente della società, incaricato da Ch. Pa., fino al 2011. Questi ha precisato che la contabilità era tenuta all'interno della società limitandosi lo stesso a redigere la parte fiscale e civilistica relativa ai bilanci. L'Am. non ebbe modo di conoscere l'amministratore che subentrò a Ch. Pa.. Ha tuttavia anche precisato di aver depositato gli ultimi tre bilanci su incarico del Ch. Br. ed in base alla documentazione da questi consegnata. A domanda della difesa ha anche riferito di aver personalmente dettato alla impiegata della Co. addetta alla contabilità, Za. Ur., una ricevuta di consegna che congruamente il Ch. Pa. doveva farsi rilasciare dal nuovo amministratore.
La teste Go. Mo. che lavorò per la Co. fino al 2002 e sarebbe tornata a lavorare nell'azienda quando - a suo dire - questa era diventata Te. Ke., riferisce di un'area della sede societaria dove erano stati messi tutti i libri contabili (pare ciò in concomitanza del subingresso del nuovo amministratore). In sostanza quando la teste cominciò a lavorare per la nuova società, sempre amministrata da Ch. Pa., ciò avveniva nella medesima sede, ma per conto della Te. Ke.. La teste riferisce di aver lavorato per Ch. Pa. fino al 2012. Collaborava anche con la Za., con la quale ebbe a preparare i documenti della società (in presumibile fase di passaggio alla nuova amministrazione).
La teste Za., moglie separata del Ch. Pa., a sua volta riferisce di aver lavorato per la Co. fino al 2009. Ricorda che le problematiche finanziarie della società insorgevano negli anni 2006 2007, originando da un grosso contenzioso sulle celle frigorifero. A seguito del protesto di titoli, data l'impossibilità per la Co. di continuare i rapporti con le banche, ed al fine di poter pagare il leasing (del capannone), si operò il trasferimento da Co. srl alla nuova società. Con la costituzione della nuova società il marito si dimetteva da amministratore della Co., subentrandogli il turco So.. A dire della teste fin quando la società fu sotto l'amministrazione di Ch. Pa. tutta la contabilità fu tenuta regolarmente. Quando fu fatto il cambio di sede della Te. presso un nuovo indirizzo, tutta la documentazione cartacea della Co. srl sarebbe stata imballata e ci sarebbe stata la consegna. La teste aggiunge che nel 2014 l'amministratore della Co. Br. Ch. le chiedeva la cortesia di stampare nuovamente registri e quant'altro; cosa che ella fece ed anche oggi sarebbe in grado di fare con una mera ristampa.
Di poco conto le dichiarazioni dei testi della difesa di Ch. Um. Br., in quanto il titolare dell'Azienda Ar. (teste che ha avuto rapporti commerciali con la Co.) assume di aver avuto rapporti esclusivamente con la persona di Ch. Pa.. La cosa appare di scarso interesse dal momento che solo nel 2009 subentrava il nuovo amministratore. Sulla stessa linea le dichiarazioni del teste Fi. che avrebbe avuto rapporti con le società di Ch. Pa. fino a circa dieci anni prima della sua deposizione.
Ebbene, le dichiarazioni testimoniali soprattutto per quanto riguarda le dichiarazioni del commercialista adombrano dei dubbi sull'ascrivibilità del reato al Ch. Pa. An., potendosi nutrire dei dubbi sulla sua responsabilità in merito alla sparizione della documentazione o comunque alla sua tenuta. Ciò sebbene sia mancata la prova documentale del verbale di consegna che in particolare Ch. Pa. An. avrebbe avuto tutto l'interesse a conservare.
Diversamente per il Ch. Um. Br., ultimo amministratore, vi è da dire che elementi inequivoci di responsabilità emergono a suo carico in ordine al reato contestato. Invero sotto il profilo oggettivo vi è il dato inconfutabile della mancanza assoluta di qualsivoglia documentazione verificata dal curatore (e dal consulente del Pm), oltre al mancato deposito dei bilanci per gli anni successivi al 2012.
Come già riferito, in sede di spontanee dichiarazioni l'imputato sollecitava l'acquisizione presso la Guardia di finanza della documentazione versata alla stessa dal Ch..
Ebbene, la richiesta è stata rigettata dal momento che l'acquisizione della documentazione de qua non sarebbe utile al fine di esonerare da responsabilità l'imputato; responsabilità messa in rilievo proprio dalla condotta già tenuta dal Ch. nei rapporti con la Guardia di Finanza.
Si fa riferimento alle risultanze anzitutto del processo verbale di verifica del 15/7/2015 redatto dalla guardia di Finanza a carico della Co. srl rappresentata da Ch. Um. Br., in cui si dava atto della mancata produzione in sede di verifica fiscale ai fini Iva , IDD, e degli altri tributi, per il periodo dall'1/1/09 al 31/1/2013, della documentazione richiesta. Già in quella sede l'interessato si dichiarava non in grado di produrre alcuna documentazione adducendo di non averla rinvenuta a seguito di ricerche presso i locali della società ed asserendo che in occasione di una verifica dell'anno precedente aveva già esibito alcuni registri iva relativi agli anni 2009, 2010, 2011.
Inoltre, nel processo verbale di constatazione sempre della guardia di Finanza a carico della stessa parte redatto in data 8 agosto 2015, si evidenziava che la Co. Srl risultava aver intrattenuto rapporti commerciali con altre società operanti nello stesso settore merceologico già sottoposte ad accertamento fiscale, ed era emerso che la stessa fosse evasore totale. La guardia di Finanza dava atto di non aver potuto effettuare i controlli sulla documentazione contabile della Co. per mancanza di esibizione di alcuna documentazione fiscale e che neppure erano state presentate le dichiarazioni dei redditi per il 2012 ed il 2013 . La Guardia di Finanza ricostruiva in relazione ai rapporti con la Te. Ke. il coinvolgimento della società Co. nella persona di Ch. Um. Br. in vicende di fatturazioni per operazioni inesistenti. Peraltro in data 3 luglio 2014 il Ch. risultava aver esibito e consegnato in copia in occasione di un controllo incrociato, registri Iva e fatture di vendita e prospetti liquidazione periodica iva per gli anni 2009 e 2010, nonché registri Iva e fatture di vendita relative all'anno 2010, mentre nulla produceva in sede di accertamento all'amministrazione finanziaria così, impedendo di ricostruire l'effettivo volume di affari. Ora, va rammentato in punto di diritto che l'art. 216, co. 1, n. 2, L. Fall. contempla la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, punendo il fatto di chi abbia sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li abbia tenuti in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
Rientrano nell'oggetto materiale sia le scritture contabili obbligatorie, ex art. 2214 c.c., sia le scritture contabili facoltative che siano idonee alla ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
Va rammentato che secondo giurisprudenza conclamata sussiste il reato di bancarotta documentale a carico di un imprenditore qualora risulti provata la tenuta altamente irregolare dei libri contabili, l'emissione di fatture per operazioni del tutto inesistenti, il frequente ricorso a storni e giroconti che rendano difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e dei movimenti bancari della società.
In merito all'elemento psicologico del reato, questo è diversificato a seconda che si tratti di sottrazione, distruzione e falsificazione o di tenuta caotica dei libri e delle scritture contabili; nel primo caso si richiede il dolo specifico, rappresentato dal fine di ingiusto profitto o di pregiudizio per i creditori, nel secondo è sufficiente il dolo generico, consistente nella consapevolezza e volontà di tenere le scritture in modo da impedire agli organi del fallimento di recuperare i beni sottratti.
Il giudice nomofilattico ha anche statuito che l'integrazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale richiede il dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, in quanto la locuzione "in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari" connota la condotta e non la volontà dell'agente, sicché è da escludere che essa configuri il dolo specifico
Tenuto presente quanto sopra appare evidente cha a carico dell'ultimo amministratore si ravvisa una condotta che contiene tutti gli elementi della fattispecie contestata. Si sottolinea in proposito che la contestazione mossa configura alternativamente entrambe le ipotesi della tenuta della contabilità volta a non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari ovvero la sottrazione delle scritture.
Certamente il reato è sussistente e ve ne è prova, per quanto già osservato e la condotta risulta sorretta dall'elemento intenzionale alla luce della complessiva condotta del Ch. Br..
Per quanto si è già detto non vi è prova certa, al contrario, della responsabilità del Ch. Pa.. Neppure vi è prova della responsabilità dell'amministratore intermedio, posto che l'accusa non si è premunita di approfondirne la posizione.
Dunque va emessa pronuncia assolutoria dei suddetti mentre il Ch. Um., giudicato colpevole, viene condannato alla pena, che appare congrua, del minimo edittale di anni tre di reclusione, esclusa l'aggravante contestata, poiché la fattispecie non si connota per la particolare entità del danno correlata alla condotta.
Condanna alle spese e pene accessorie seguono per legge.
P.Q.M.
Letto l'art 530-2°cpp
Assolve
So. Sa. e Ch. Pa. An. dall'imputazione ascritta per non aver commesso il fatto.
Letti gli artt 533.535 cpp
Dichiara
Ch. Um. Br. colpevole dei fatti ascritti e, per l'effetto, lo condanna alla pena di anni tre di reclusione e al pagamento delle spese processuali, disponendo altresì la sanzione accessoria della inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e dell'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la stessa durata.
Motivazione entro 90 giorni.
Così deciso in Pescara, il 15 marzo 2022
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2022