Quando l’evasione fiscale è reato? Guida completa e Faq
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Quando l’evasione fiscale è reato? Guida completa e Faq

Aggiornamento: 2 set

Quando l’evasione fiscale è reato? Guida completa e Faq

Indice:


1. Introduzione: il fenomeno e la sua rilevanza

L’evasione fiscale costituisce una delle patologie strutturali del sistema economico italiano.

Secondo le stime del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il tax gap – cioè la differenza tra gettito teorico e gettito effettivamente incassato – ammonta a oltre 100 miliardi di euro annui, collocando l’Italia tra i Paesi europei con i più elevati livelli di evasione.

Il fenomeno non è soltanto un problema economico (minori entrate e difficoltà di finanziamento della spesa pubblica), ma anche un tema di giustizia sociale: mina il principio costituzionale di cui all’art. 53 Cost., secondo cui “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.

La risposta dell’ordinamento è duplice:

  • amministrativa, attraverso sanzioni pecuniarie e misure di recupero;

  • penale, nei casi più gravi, disciplinati dal d.lgs. 74/2000, che ha tipizzato una serie di delitti tributari, calibrando le soglie di punibilità in funzione della gravità dell’offesa.


2. Che cos’è l’evasione fiscale

2.1. Definizione e differenze da elusione ed erosione

Per evasione fiscale si intende l’insieme delle condotte, attive od omissive, poste in essere in violazione della normativa tributaria con lo scopo di sottrarsi, in tutto o in parte, al pagamento delle imposte dovute.

È opportuno distinguere:

  1. Evasione: condotta illegale, contraria alla legge tributaria. Es.: omettere di dichiarare un reddito.

  2. Elusione: condotta formalmente lecita che sfrutta strumenti giuridici consentiti per ottenere un indebito risparmio d’imposta (es. operazioni prive di sostanza economica). Oggi è disciplinata dall’art. 10-bis della l. 212/2000 (Statuto del contribuente).

  3. Erosione: riduzione della base imponibile determinata dal legislatore, che concede agevolazioni o esenzioni (es. regimi fiscali di favore).


2.2. Evasione fiscale, economia sommersa e “tax gap”

L’evasione fiscale si intreccia con l’economia sommersa e con l’economia non osservata.

L’Istat include nel calcolo del PIL le attività irregolari ma non quelle illecite (es. traffico di stupefacenti).

Il tax gap misura l’ampiezza dell’inadempimento fiscale e si articola in:

  • compliance gap: evasione, elusione e frodi;

  • policy gap: agevolazioni e riduzioni deliberate dal legislatore.


3. Quando l’evasione fiscale non costituisce reato

3.1. Irregolarità minori e sanzioni amministrative

Non tutte le condotte evasive sono penalmente rilevanti.

Molti comportamenti, pur vietati, danno luogo soltanto a sanzioni amministrative, come:

  • il mancato pagamento dell’IMU o del bollo auto;

  • l'omessa emissione di scontrini per importi modesti;

  • la dichiarazione di familiari a carico senza i requisiti;

  • gli affitti non dichiarati di piccola entità.

In tali casi, l’ordinamento prevede sanzioni pecuniarie proporzionali (spesso dal 90% al 180% dell’imposta evasa) e l’applicazione di interessi, ma non si configura un reato.


3.2. Le soglie di punibilità nel sistema penale-tributario

Il d.lgs. 74/2000 individua soglie quantitative ed infatti solo oltre tali limiti la condotta diventa penalmente rilevante. Ciò garantisce il principio di proporzionalità e evita la criminalizzazione di condotte bagatellari.


4. Quando l’evasione fiscale è reato

La disciplina penale dell’evasione fiscale è contenuta nel d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che tipizza i principali delitti tributari.

Si tratta di reati comuni, perseguibili d’ufficio, caratterizzati dal dolo specifico di evadere le imposte.


4.1 Le principali fattispecie penali tributarie

La prima e più grave figura incriminatrice è quella della dichiarazione fraudolenta, disciplinata dagli articoli 2 e 3 del decreto. Qui il legislatore ha voluto colpire i comportamenti di chi altera scientemente la veridicità delle dichiarazioni fiscali.

La frode può realizzarsi in due modi.

  1. Nel caso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, la pena è particolarmente severa: reclusione da quattro a otto anni, con una riduzione (da un anno e sei mesi a sei anni) quando l’imposta evasa non supera i 100.000 euro.

  2. Vi è poi l’ipotesi degli “altri artifici”, come l’uso di scritture contabili false o altri raggiri, che prevede una reclusione da tre a otto anni. In questo caso, però, il reato sussiste solo se vengono superate determinate soglie: l’imposta evasa deve essere superiore a 30.000 euro; oppure gli elementi attivi sottratti all’imposizione devono superare il 5% del dichiarato o comunque un milione e mezzo di euro; o ancora i crediti fittizi indicati devono eccedere i 30.000 euro.

Un gradino più in basso nella scala di gravità troviamo la dichiarazione infedele (art. 4), che riguarda non le frodi sofisticate ma le semplici dichiarazioni non veritiere. Qui non c’è l’uso di artifici fraudolenti, ma comunque il contribuente indica consapevolmente dati falsi o omette redditi. Anche in questo caso sono previste soglie precise: il reato scatta se l’imposta evasa è superiore a 100.000 euro oppure se i redditi sottratti superano il 10% del dichiarato o, in ogni caso, i 2 milioni di euro. La sanzione penale è la reclusione da due a quattro anni e sei mesi.

Diversa è la fattispecie dell’omessa dichiarazione (art. 5). Qui l’illecito consiste semplicemente nel non presentare, entro i termini di legge (oltre i 90 giorni di ritardo), la dichiarazione dei redditi o dell’IVA. Ma anche in questo caso non tutte le omissioni sono penalmente rilevanti: occorre che l’imposta evasa superi i 50.000 euro. La pena prevista è la reclusione da due a sei anni.

Due figure autonome sono poi dedicate all’omesso versamento:

  • per l’IVA (art. 10-ter), la soglia è molto elevata, fissata a 250.000 euro annui; oltre tale limite, la sanzione è la reclusione da sei mesi a due anni;

  • per le ritenute alla fonte (art. 10-bis), il limite è di 150.000 euro annui, con la stessa pena (da sei mesi a due anni).

Tra le ipotesi più gravi vi sono inoltre i reati legati alle fatture false.

L’emissione di fatture per operazioni inesistenti è di per sé sempre reato (art. 8), indipendentemente dall’importo, così come il loro utilizzo in dichiarazione (art. 2). La pena va da un anno e sei mesi a sei anni, che può arrivare fino a otto anni nei casi più rilevanti.

Infine, l’ordinamento punisce anche chi cerca di ostacolare i controlli mediante la distruzione o l’occultamento delle scritture contabili (art. 10): qui la pena prevista è la reclusione da tre a sette anni.


5. Considerazioni conclusive: tra repressione e prevenzione

La disciplina italiana mostra un equilibrio delicato: reprimere le condotte fraudolente senza criminalizzare l’irregolarità minore. Le recenti riforme (fatturazione elettronica, tracciabilità dei pagamenti, indici sintetici di affidabilità) evidenziano una strategia che integra misure preventive con l’inasprimento sanzionatorio.

Il problema resta però culturale: senza una rinnovata consapevolezza civica della funzione redistributiva delle imposte, la mera repressione penale rischia di essere inefficace.


6. FAQ sull’evasione fiscale

1. Qual è la differenza tra evasione ed elusione?

L’evasione viola la legge; con l’elusione viene aggirata formalmente però senza violarla.


2. Esistono soglie sotto le quali l’evasione non è reato?

Sì: ad esempio, nel caso di omessa dichiarazione al di sotto dei 50.000 € non è reato ma solo illecito amministrativo.


3. Se non pago l'IVA commetto reato anche se si tratta di una somma minima?

No, il fatto costituisce reato solo se supera i 250.000 € annui.


4. È possibile evitare il carcere?

Molto dipende dalla gravità della violazione: in molti casi è possibile accedere a pene alternative, ma la reclusione resta comunque contemplata dalla legge.


5. Le società possono essere punite per evasione fiscale?

Sì, seppure in modo indiretto. Il d.lgs. 231/2001 prevede la responsabilità amministrativa degli enti per alcuni reati tributari commessi dai vertici o dai dipendenti, con sanzioni pecuniarie e interdittive (senzioni patrimoniali, esclusione da appalti, divieto di esercizio).


6. Esistono strumenti di collaborazione volontaria per regolarizzarsi?

Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto istituti come la voluntary disclosure e lo scudo fiscale, che consentono ai contribuenti di autodenunciarsi, pagando imposte e sanzioni ridotte, in cambio dell’esclusione della responsabilità penale per alcuni reati tributari.


7. La prescrizione per i reati tributari dopo quanto tempo matura?

La risposta non è univoca, perché il calcolo dei termini di prescrizione dipende da diversi fattori: la data in cui è stato commesso il reato, la normativa vigente in quel momento e le successive riforme che hanno più volte modificato la disciplina. In linea generale, per i reati tributari i termini sono piuttosto lunghi – in alcuni casi otto anni, prorogabili fino a dieci o più con gli atti interruttivi – e con le ultime riforme sulla prescrizione il rischio che un procedimento si estingua per decorso del tempo è diventato sempre più remoto.


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