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Appropriazione indebita: sussiste in caso di appropriazione di un bene di cui si abbia il possesso per trasferimento in modo lecito da chi lo deteneva illecitamente

Appropriazione indebita

Cassazione penale sez. II, 09/09/2019, n.47127

Configura il delitto di cui all'art. 646 c.p. l'appropriazione di un bene di cui si abbia il possesso per trasferimento in modo lecito da chi lo deteneva illecitamente.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO Con sentenza del 13 marzo 2019 la Corte d'appello di Salerno ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore il 13 novembre 2017, con cui T.L. è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di appropriazione indebita di somme, che avrebbe dovuto versare alla società Stanley Bet, con cui aveva stipulato un contratto di ricevitoria. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione della sentenza impugnata, non avendo la Corte d'appello considerato che le somme provenienti dalla raccolta di scommesse sportive, che costituirebbero oggetto di indebita appropriazione da parte del ricorrente, sarebbero state conseguite illecitamente, difettando la concessione di Stato e la licenza di polizia. Pertanto, essendo illecito il titolo con cui quelle somme sarebbero state conseguite, dovrebbe ritenersi insussistente il delitto de quo per mancanza dell'elemento oggettivo. All'odierna udienza pubblica è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito; all'esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1 La Corte d'appello ha affermato che non era stato contestato che le somme, incassate dall'imputato per la raccolta delle scommesse, non erano state consegnate alla società Stanley Bet, con cui l'imputato aveva stipulato un contratto di ricevitoria. La medesima Corte, quanto ai rilievi censori dell'appellante in ordine all'attività illecita di raccolta delle scommesse, da cui conseguirebbe l'inconfigurabilità del delitto di appropriazione indebita, ha richiamato le pronunce dei giudici amministrativi e di quelli Europei nonchè le pronunce di questa Corte relative all'attività svolta dalla Stanley Bet, secondo le quali "non è configurabile il reato di raccolta di scommesse in assenza di licenza di pubblica sicurezza da parte del soggetto che operi in Italia per conto di operatore straniero, privo di concessione in conseguenza della mancata partecipazione al bando di gara, a causa della non conformità, nell'interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, del regime concessorio interno agli artt. 49 e 56 TFUE" (cfr. Sez. 3, n. 27864 del 3.5.2016, Rv 267468). Così argomentando la Corte territoriale ha già dato corretta risposta alle doglianze formulate dal ricorrente, dovendosi puntualizzare in questa sede che, contrariamente a quanto asserito nel ricorso, il Collegio del merito non ha fatto riferimento al notorio, al fine di ritenere che la società estera era priva delle necessarie autorizzazioni in quanto illegittimamente esclusa dalle gare, indette per l'assegnazione delle concessioni di raccolta delle scommesse. Di contro, il Collegio d'appello ha fondato siffatta conclusione sulle pronunce giurisdizionali, richiamate nella decisione impugnata, che avevano accertato l'illegittima esclusione e rispetto alle quali il ricorrente non ha fornito alcun elemento contrario. Ne discende che la decisione del giudice di merito, che ha ritenuto integrati tutti gli elementi costitutivi del delitto contestato all'imputato, è immune da vizi. 1.2 Fermi restando i superiori rilievi, di per sè decisivi, giova rimarcare che la tesi del ricorrente è errata. Secondo il ricorrente, infatti, le somme provenienti dalle scommesse sportive sarebbero state conseguite attraverso la commissione di un reato da parte della Stanley Bet e ciò renderebbe inconfigurabile il delitto di appropriazione indebita. Deve però rilevarsi che l'art. 646 c.p., punisce l'appropriazione indebita del denaro e della cosa mobile altrui di cui il soggetto abbia "a qualsiasi titolo" il possesso. Sono indifferenti, quindi, le ragioni o lo scopo per cui l'agente ha avuto il possesso della cosa, purchè il potere di fatto sia stato anche conseguito in modo lecito. Se invece il possesso deriva da una condotta illecita, come ad es. l'estorsione, l'agente sarà punito per la condotta criminosa in forza della quale ha conseguito il possesso della cosa ed il successivo momento appropriativo resterà in essa assorbito. Al contrario, se il possesso viene trasferito in modo lecito da chi deteneva la cosa illecitamente (ad es. un ladro), si configura l'appropriazione indebita. Basti pensare al caso di colui che si rifiuti di restituire la cosa rubata al ladro, che gliel'aveva consegnata in deposito temporaneo. In tale ipotesi l'agente risponderà comunque di appropriazione indebita. Alla luce di tali coordinate deve allora ritenersi che il ricorrente ha commesso il delitto di appropriazione indebita, pur se, in ipotesi astratta, la società Stanley Bet avesse conseguito le somme di denaro, oggetto delle scommesse sportive, illecitamente. 2. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè - apparendo evidente che il medesimo ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa - al versamento della sanzione pecuniaria, indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 settembre 2019. Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019
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