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Il mediatore immobiliare che trattiene la caparra prima della conclusione dell’affare commette appropriazione indebita

Appropriazione indebita

Cassazione penale sez. II, 23/01/2024, n.6864

Integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del mediatore in una compravendita immobiliare che trattenga, a titolo di provvigione, prima che l'affare possa dirsi concluso con la stipulazione, necessariamente nella forma scritta, del contratto - anche preliminare - di compravendita, parte della somma di denaro datagli dal potenziale acquirente per la consegna, a titolo di caparra confirmatoria, al potenziale venditore.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Roma confermava la condanna di Di.Fa. per il reato di appropriazione indebita; si contestava allo stesso di essersi appropriato della somma di Euro cinquemila, versata, a titolo di caparra confirmatoria, da Ma.Ch. con assegno tratto su conto intestato a sua madre, Le.As., costituita parte civile. La somma era stata consegnata a Di.Fa. in quanto lo stesso era titolare dell'agenzia immobiliare "Pe." per una proposta d'acquisto condizionata all'erogazione di un mutuo, poi non concesso. Il Di.Fa., nonostante la proposta fosse decaduta a causa del mancato verificarsi della condizione, non restituiva l'assegno. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per· cassazione il difensore che deduceva: 2.1. violazione di legge (artt. 74 e ss. cod. pen.): la parte civile avrebbe dovuto essere esclusa anche dal giudice di appello in quanto il fatto che rapporto contrattuale tra Ma.Ch. e l'imputato non riguardasse la Le.As. era emerso nel corso del processo di primo grado, sicché la richiesta di esclusione, presentata con le conclusioni al termine del processo di primo grado, avrebbe dovuto essere valutata in quanto non preclusa; 2.2. violazione di legge (646 cod. pen.) e vizio di motivazione invero il mandato professionale del ricorrente doveva considerarsi concluso, sicché la somma trattenuta atteneva alla prestazione professionale svolta e fatturata da Di.Fa.; 2.3. vizio di motivazione (art. 99 cod. pen.) in ordine al riconoscimento della rec1d1va, che era fondato sul fatto che il Di.Fa. all'epoca della commissione del reato era, contrariamente al vero, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. CONSIDERATO INI DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1. La prima questione è manifestamente infondata. Il collegio riafferma che le questioni preliminari relative alla costituzione di parte civile devono essere poste, ai sensi dell'art. 491 cod. proc. pen., subito dopo che sia stato compiuto, per la prima volta, l'accertamento della regolare costituzione delle parti e devono essere decise immediatamente, sicché se la prima udienza - compiuto il predetto accertamento - si concluda senza che sia stata sollevata la questione, la proposizione di quest'ultima deve ritenersi preclusa nelle successive udienze, né l'ammissione della costituzione di parte civile può essere in seguito contestata in sede di impugnazione (tra le altre: Sez. 5, n. 57092 del 15/11/2018, Cutuli, Rv. 274450-01; Sez. 5, n. 17667 del 24/03/2011, Cavallaro, Rv. 250187; Sez. 3, n. 15768 del 18/02/2020, O., Rv. 280264 01; Sez. U, n. 12 del 19/05/1999, Pediconi, Rv. 213859-01). Nel caso in esame la questione non è stata tempestivamente proposta ed è stata illegittimamente avanzata in sede di impugnazione. Si rileva, peraltro, che la Le.As. in qualità di "danneggiata" è legittimata a costituirsi parte civ1le (art. 74 cod. proc. pen). 1.2. Il secondo motivo di ricorso non supera la soglia di ammissibilità in quanto si risolve nella richiesta d1 rivalutare la capacità dimostrativa delle prove, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità. In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effettuare alcuna valutazione di "merito" in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate - o indicate - in ossequio al principio di autosufficienza (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965). Nel caso in esame, la Corte di appello trattando analoghe a doglianza proposta con la prima impugnazione rilevava come la somma consegnata dalla parte civile a Di.Fa. aveva una specifica destinazione dato che era espressamente vincolata come caparra confirmatoria in relazione all'acquisto dell'immobile e che nel caso in cui non si fosse avverata la condizione sospensiva dell'erogazione del mutuo la stessa avrebbe dovuto essere restituita pertanto il ricorrente incamerando la somma aveva violato la specifica destinazione di scopo che alla stessa era stata data le parti. La Cassazione ha più volte affermato che risponde del delitto di cui all'art. 646 cod. pen. chi, avendo la disponibilità di somme di denaro con espresso vincolo di destinazione, le destini per scopi differenti da quelli predeterminati (Sez. 2, n. 43634 del 23/09/2021, Indraccolo, Rv. 282351-01; Sez. 2, n. 56935 del 31/10/2018, Messina, Rv. 274257). Con specifico riguardo al caso in esame si è già affermato che integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del mediatore in una compravendita immobiliare che trattenga, a titolo di provvigione, prima che l'affare possa dirsi concluso con la stipulazione, necessariamente nella forma scritta, del contratto - anche preliminare - di compravendita, parte della somma di denaro datagli dal potenziale acquirente per la consegna, a titolo di caparra confirmatoria, al potenziale venditore (Sez. 2, n. 15118 del 02/04/2007, Mazzola, Rv. 236392-01). 1.3. Anche le doglianze rivolte nei confronti della conferma del riconoscimento della recidiva sono manifestamente infondate e non superano la soglia di ammissibilità. Al ricorrente è stata, infatti, riconosciuta la contestata aggravante della recidiva in ragione dell'accresciuta pericolosità dimostrata con la condotta in esame posta in essere dopo le precedenti condanne (pag. 4 della sentenza impugnata,); quanto al fatto, richiamato ad abundantiam, secondo il quale il predetto ha commesso i fatti mentre si trovava sottoposto a misura d1 prevenzione, le deduzioni difensive in ordine alla diversa e più risalente decorrenza della predetta misura non appaiono decisive e, comunque, sono assertive e sfornite di supporto documentale (sull'onere d1 autosufficienza tra le altre: Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019 - dep. 31/07/2019, Talamanca, Rv. 276432). 2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro tremila. 3. La richiesta di liquidazione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile deve essere rigettata dato che le conclusioni scritte sono laconiche e non hanno fornito alcun contributo allo sviluppo del contraddittorio. Sul punto si riafferma che nel giudizio di legittimità celebrato con il rito camerale non partecipato, anche nella vigenza della normativa introdotta per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, quando il ricorso dell'imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile, in difetto di richiesta di trattazione orale, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione (Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, d., Rv. 281960-03). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta spese. Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile. Così deciso in Roma, il giorno 23 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2024.
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