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Appropriazione indebita

Appropriazione indebita: non sussiste in caso di furto da parte del dipendente di società di trasporti che si impossessi del carburante eccedente quello necessario per il viaggio

Cassazione penale sez. V, 21/06/2021, n.37419

Integra il delitto di furto – e non quello di appropriazione indebita – la condotta del dipendente di una società di trasporti che si impossessi del carburante eccedente quello necessario per il viaggio prelevandolo dall'automezzo affidatogli, non avendo questi alcun autonomo potere dispositivo o di gestione dei beni in dotazione nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato.

Per approfondire l'argomento, leggi il nostro articolo sul reato di appropriazione indebita.

Note

Norme di riferimento

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2 dicembre 2020 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa in data 11.1.2018 dal Tribunale di Milano nei confronti di M.P. per il delitto di cui agli artt. 624 e 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 11 e art. 110 c.p., ha rideterminato la pena in anni due, mesi nove e giorni sei di reclusione ed Euro 1200,00 di multa, confermando nel resto.

2. Avverso la predetta sentenza si propone ricorso per cassazione nell'interesse di M., per i seguenti motivi.

2.1. Con il primo motivo si lamenta l'erronea applicazione della legge penale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, nonché vizio di motivazione.

La Corte di appello è incorsa nella dedotta violazione in quanto la fattispecie penale sotto cui sussumere il fatto di reato avrebbe dovuto essere quella di appropriazione indebita e non quella di furto; l'imputato era un dipendente della società R. trasporti ed era impiegato come trasportatore; avendo quindi la disponibilità intesa come materiale detenzione del mezzo affidatogli e del relativo carburante necessario per percorrere le tratte lavorative, egli aveva il legittimo possesso del bene; quel possesso che la giurisprudenza richiede affinché si configuri il reato di appropriazione indebita.

La Corte territoriale ha affermato che invece la detenzione qualificata riguarderebbe unicamente il quantitativo di gasolio necessario per svolgere il percorso assegnatogli ma a parere del ricorrente tale considerazione non può essere considerata corretta, non essendo possibile stabilire se la quantità sottratta sarebbe proprio quella eccedente rispetto alla quantitativo che legittimamente avrebbe potuto utilizzarsi per eseguire il percorso assegnato. Infatti il caso di specie non è assimilabile a quello della sottrazione della merce trasportata poiché in tale ipotesi il vettore non ha alcuna autonoma disponibilità della cosa sottratta ma una mera detenzione materiale in nome di altri.

Ne' si può affermare, come ha fatto il collegio dell'appello, che la corretta qualificazione discenda dalla ravvisata sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 11.

2.2. Con il secondo motivo si lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche, affermando che la sentenza impugnata non ha considerato che le attenuanti generiche erano state già concesse con la pronuncia di condanna per il reato posto in continuazione con quello di cui al presente procedimento in considerazione del comportamento assunto dal M. in occasione dell'arresto in flagranza.

3. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:

il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;

il difensore della parte civile ha concluso come da atto scritto in atti, corredato da nota spese;

il difensore dell'imputato ha concluso insistendo nell'accoglimento dei motivi proposti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.

1.1. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.

La Corte territoriale aveva già chiaramente confutato, nel provvedimento impugnato, sulla base della compiuta ricostruzione del fatto, la tesi oggi riproposta, che invoca la qualificazione della condotta come appropriazione indebita e non furto, evidenziando gli aspetti che connotano la fattispecie in esame, in particolare come il gasolio oggetto di sottrazione non potesse ritenersi oggetto di detenzione qualificata da parte del ricorrente.

L'impostazione seguita dai giudici di appello è corretta.

Ed invero, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui in tema di reati contro il patrimonio, ove l'agente abbia la detenzione della cosa, in mancanza di un autonomo potere dispositivo del bene, è configurabile il reato di furto e non quello di appropriazione indebita (Sez. 4, Sentenza n. 54014 del 25/10/2018 Ud. (dep. 03/12/2018) Rv. 274749 - 01, nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che aveva qualificato come furto l'impossessamento di diversi elementi di un immobile - quali le porte, i radiatori e un armadio a muro - oggetto di vendita all'incanto, operato dai precedenti proprietari nel periodo in cui, dopo la vendita, erano stati autorizzati dall'acquirente a ritardarne il rilascio).

Ed ancora, con riferimento a fattispecie assimilabile a quella in esame, si è affermato che integra il delitto di furto (art. 624 c.p.) - e non quello di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) - la condotta del dipendente di un vettore che si impossessi della cosa mobile affidatagli per il trasporto, in quanto, pur detenendola materialmente "nomine alieno", non ha alcuna disponibilità autonoma della cosa stessa (cfr. tra tante, Sez. 5, Sentenza n. 31993 del 05/03/2018 Ud. (dep. 12/07/2018) Rv. 273639 - 01).

Risponde, altresì, del reato di furto aggravato, e non di appropriazione indebita, la dipendente di una società, incaricata di provvedere ai pagamenti in nome della stessa, che si impossessi di somme di denaro sottraendole dal conto corrente aziendale (Sez. 4, Sentenza n. 8128 del 31/01/2019, Rv. 275215 - 01, nella fattispecie, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva escluso che l'imputata avesse la disponibilità del denaro sottratto solo perché disponeva della "password" per operare sul conto corrente della società, rilevando che la facoltà dell'imputata di effettuare pagamenti non le conferiva una signoria autonoma sui conti correnti, trattandosi di facoltà vincolata alle istruzioni e alle direttive impartitele dai vertici societari, e che la provvista depositata sui conti correnti era sempre rimasta nella piena disponibilità dell'ente titolare).

In altri termini, quando sussiste un semplice rapporto materiale con la cosa, determinato da un affidamento condizionato e conseguente ad un preciso rapporto di lavoro, soggetto ad una specifica regolamentazione, che non attribuisca all'agente alcun potere di autonoma disponibilità sulla cosa stessa, si ricade nell'ipotesi di furto e non di appropriazione indebita (cfr. Sez. 2, n. 7079 del 17/3/1998, Farfarillo, Rv. 178616; nonché Sez. 5 n. 33105/20 non massimata).

Anche nel caso di specie, il ricorrente, dipendente della società per la quale effettuava il trasposto, non aveva alcuna disponibilità autonoma del carburante in eccesso, rispetto alle necessità del viaggio, del quale ebbe ad appropriarsi, di talché la sottrazione di esso non è qualificabile come appropriazione indebita bensì come furto.

Corretta ed argomentata appare quindi la qualificazione del reato operata dai giudici del gravame del merito, che non hanno ravvisato il possesso e la disponibilità del gasolio in esubero della società in capo al ricorrente, che non aveva la gestione del carburante della società ma unicamente l'incarico di provvedere al trasporto mediante l'automezzo della società nell'ambito del rapporto di lavoro dipendente che lo legava alla medesima, tanto che lo stesso adottava una serie di stratagemmi al fine di perpetrare il furto.

1.2. Anche il secondo motivo è privo di pregio, avendo la sentenza impugnata dato conto delle ragioni per le quali non potessero riconoscersi le attenuanti generiche, evidenziando in particolare l'assenza di particolari elementi di meritevolezza, peraltro neppure dedotti dalla difesa.

Le circostanze attenuanti generiche hanno, invero, lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato - nel caso di specie peraltro comunque ridotta dalla corte territoriale - in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere del reo, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Sez. 2 -, Sentenza n. 9299 del 07/11/2018 Ud. (dep. 04/03/2019) Rv. 275640 - 01), laddove il ricorrente si limita a fare riferimento unicamente a generiche circostanze, afferenti, peraltro, il comportamento dell'imputato nell'altro procedimento penale in cui è stato giudicato il reato posto in continuazione con i 49 episodi di furto accertati nel presente procedimento.

2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 606 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso, al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate; consegue altresì la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano in complessivi Euro 3500,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000, in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 3500,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

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