RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 maggio 2016, il Tribunale di Monza, per quel che rileva in questa sede, dichiarava Di.Lu. responsabile, in concorso con Gu.Cr. e Ar.Al., del reato di bancarotta fraudolenta contestato al capo H) della rubrica, per aver causato, attraverso operazioni dolose, il fallimento della Global Service Srl (dichiarato dal Tribunale di Monza con sentenza del 12 luglio 2013), immediata conseguenza, secondo la prospettazione accusatoria dell'accollo (liberatorio) attraverso il quale la Global Service aveva assunto, a titolo di pagamento delle azioni delle società Finest e Cemsa (detenute da Agrofin Spa amministrata di fatto dal Di.Lu. e dalla Gu.Cr.), i debiti esistenti in capo a quest'ultima per una somma complessiva pari ad Euro 2.394.000, senza alcun corrispettivo, a causa della successiva risoluzione per inadempimento dei contratti preliminari.
2. La decisione veniva confermata in appello, ma la sentenza della Corte territoriale veniva annullata, con rinvio (Sez. 5, n. 41018 del 21/09/2021), all'esito del quale il Di.Lu. veniva assolto.
Il Procuratore Generale proponeva nuovo ricorso per cassazione e il giudizio si concludeva, sempre per quel che rileva in questa sede, con un nuovo annullamento (Sez. 1, 35450 del 10 marzo 2023).
Incardinato il nuovo giudizio di rinvio, La Corte d'Appello, questa volta, confermava l'originaria pronuncia di condanna.
3. Propone ricorso per cassazione l'imputato, articolando tre motivi d'impugnazione.
3.1. Il primo deduce la violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata imposta in caso di overturning dell'originaria assoluzione.
La difesa premette che la Corte d'Appello, dopo aver richiamato sommariamente i differenti esiti decisori dei plurimi gradi di giudizio, ha ritenuto di disattendere la complessiva valutazione del compendio probatorio formulata in precedenza, rilevando come la prova cardine a carico del ricorrente fosse costituita dalla chiamata in correità effettuata da Ar.Al. Così facendo, però, sostiene la difesa, avrebbe riformato l'originaria pronuncia assolutoria unicamente sulla base di una differente valutazione degli elementi probatori precedentemente acquisiti, alla luce di un apprezzamento atomistico e non globale della piattaforma probatoria, senza confrontarsi con gli antefatti dell'operazione, disattendendo le indicazioni contenute nella prima sentenza di annullamento ed omettendo, da un canto, di valutare il pacifico ruolo di socio di maggioranza della Agrofin rivestito dal ricorrente all'epoca dei fatti e, dall'altro, di indicare le ragioni per le quali dovrebbe ritenersi certamente comprovata la conoscenza da parte del Di.Lu. della ipotizzata funzione della Global Service e delle possibili implicazioni che l'operazione avrebbe avuto sulla garanzia patrimoniale della società fallita. Tanto più che il ricorrente, nel periodo in cui è stata realizzata l'operazione era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.
5.2. Il secondo deduce vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale sostanziale in relazione all'articolo 2639 del codice civile.
Premette la difesa che l'impianto motivazionale della sentenza impugnata si fonderebbe sull'immotivata attribuzione del ruolo di amministratore di fatto della società Agrofin in capo al ricorrente. Ebbene, alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il ricorso a clausole di stile, quali "l'uomo che aveva il controllo Agrofin" o il riferimento alla "regia del Di.Lu.", non possono certo ritenersi di per sé sole sufficienti a fondare un corretto accertamento in concreto dell'effettivo esercizio dei poteri gestori. L'attività di verifica avrebbe dovuto essere finalizzata ad approfondire se le operazioni fraudolente, e causative del fallimento della Global Service, potessero risultare ascrivibili al medesimo in ragione di un'effettiva gestione dell'Agrofin; profilo del tutto pretermesso dalla Corte territoriale. Tanto più che il ricorrente, per come si è detto, era socio di maggioranza della detta società e lo stesso liquidatore aveva esplicitamente chiarito l'estraneità del Di.Lu. dall'attività gestoria dell'Agrofin.
5.3. Il terzo, in ultimo, deduce vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di una condotta concorsuale ascrivibile all'imputato, quanto, in particolare, alla ritenuta consapevolezza del compimento delle predette operazioni dolose, desunta, dalla Corte territoriale, alla luce di un prospettato interesse del Di.Lu. al compimento delle operazioni. Non è dato comprendere, però, sostiene la difesa, come la sussistenza di un semplice effetto favorevole nei confronti del ricorrente potrebbe da solo fondare l'attribuzione al medesimo del ruolo di istigatore, prescindendo da ogni valutazione in ordine all'esistenza di un apporto causale alla realizzazione del fatto illecito. Tanto più che il Di.Lu. è stato fisicamente impossibilitato a condurre le trattative e, conseguentemente, estromesso dallo svolgimento di qualsiasi attività societaria della Agrofin.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è, complessivamente, infondato.
2. Preliminarmente, occorre dare atto della tardività dell'istanza di trattazione orale, presentata il 20 maggio 2024, per l'udienza dell'11 giugno successivo, quindi oltre il termine di venticinque giorni liberi antecedenti.
3. Ciò premesso, il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
L'overturning ipotizzato dalla difesa utilizza, come metro di paragone, la sentenza di assoluzione pronunziata in appello (all'esito del primo annullamento) che, tuttavia, è stata annullata dalla prima sezione di questa Corte.
Residua la pronuncia (di condanna) resa in primo grado dal Tribunale di Monza, confermata con la sentenza impugnata. Per cui alcun onere di motivazione rafforzata può prospettarsi e in ciò la manifesta infondatezza della censura.
4. Il secondo è indeducibile in quanto eccentrico rispetto alla motivazione offerta nella sentenza impugnata.
Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, la Corte d'Appello ha ritenuto il ricorrente non già amministratore di fatto della Agrofin Spa, ma mero concorrente esterno, "regista" dell'operazione incriminata. Per cui ogni censura in ordine alla sussistenza di indici fattuali idonei a fondare un accertamento delle funzioni gestorie è estranea all'oggetto del giudizio.
5. Il terzo motivo è, invece, infondato.
In linea generale, il reato di cui al secondo comma, n. 2, dell'art. 223 L. fall. è un reato a forma libera ed è integrato da una condotta attiva o omissiva, costituente inosservanza dei doveri imposti ai soggetti indicati dalla legge e strutturato intorno ad una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non da una singola condotta, ma da un fatto di maggiore complessità, integrato da una pluralità di atti funzionalmente coordinati nella loro complessiva ed unitaria causa concreta ed eziologicamente idonei alla causazione de! fallimento (Sez. 5, n. 12945 del 25/02/2020, Rv. 279071; Sez. 5, n. 44103 del 27/06/2016, Rv. 268207).
Non rileva, né è sempre immediatamente percepibile, il compimento di una singola azione dannosa, ma solo, appunto, una pluralità di atti (astrattamente legittimi nella loro dimensione individuale), tra loro funzionalmente concatenati. Ed è solo dalla valutazione sistematica di questi atti che è possibile cogliere la causa concreta dell'operazione posta in essere e, con essa, il pregiudizio subito dalla società.
Parallelamente, sotto il profilo soggettivo, la fattispecie normativa costruisce il reato come un delitto a dolo generico, dove il fallimento è solo l'effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria. Non è necessaria, quindi, una volontà diretta a provocare il dissesto: è sufficiente la consapevolezza di porre in essere un'operazione che, concretandosi in un abuso o in un'infedeltà nell'esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per la salute economico-finanziaria della società, determini l'astratta prevedibilità della decozione (Sez. 5 n. n. 45672 del 1/10/2015, Rv. 265510; conf. Sez. 5 n. 38728 del 3/04/2014, Rv. 262207; Sez. 5, n. 17690/2010 cit.). Una sorta di bancarotta "preterintenzionale", dove ciò che rileva è il collegamento puramente causale con l'evento dipendente da una condotta volontaria intrinsecamente idonea alla causazione dell'evento, accettato nella sua dimensione anche solo potenziale (Sez. 5 n. 38728 del 03/04/2014, Rv. 262207; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Rv. 247315; Sez. 5, n. 2905 del 16/12/1998, Rv. 212613).
Ebbene, la Corte territoriale si è attenuta ai principi esposti, offrendo una motivazione logica e coerente con i dati processuali richiamati. In coerenza con quanto evidenziato con la seconda sentenza di annullamento, ha ritenuto di fondare il giudizio di responsabilità su un dato probatorio ritenuto particolarmente rilevante: la chiamata in correità effettuata da Ar.Al. (che aveva definito il Di.Lu. come "l'uomo che aveva il controllo di Agrofin", dal quale si era recato prima di avviare le trattative con il prof. Strada, liquidatore di Agrofin, per sollecitare l'approvazione dell'operazione e che aveva sempre tenuto al corrente di tutte le fasi delle operazioni incriminate), concretamente riscontrata da plurimi ulteriori elementi probatori:
a) l'invio, per conoscenza, di due lettere relative alle trattative seguite ai due preliminari di compravendita di azioni tra Agrofin e Global Service: quella del 16 marzo 2012 (nella quale venivano confermati gli impegni assunti dalla società acquirente) e quella del 23 marzo successiva, quest'ultima firmata dal Di.Lu. per ricevuta (nella quale viene confermata la volontà di concludere i contratti definitivi con la concessione di garanzie e con la consegna di idonei titoli di credito)
b) la presenza del Di.Lu. alla firma dell'accollo Colfin;
c) il contenuto delle intercettazioni captate tra Ar.Al. e la Gu.Cr. e tra Ar.Al. e suo padre, nelle quali si parla del ruolo strategico attribuito a Di.Lu. nell'operazione.
Dati che non solo riscontrano l'esplicita affermazione del coimputato, ma che danno conto del consapevole coinvolgimento del Di.Lu. nell'operazione di accollo, del fine perseguito (liberare dai debiti l'Agrofin) e della stessa strumentalità della stessa costituzione della Global Service.
Da ciò l'infondatezza del motivo.
6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
7. Nulla può essere liquidato per le spese sostenute dalla parte civile perché essa non ha offerto alcun contributo con la nota conclusiva depositata, essendosi limitata a richiedere il rigetto dei ricorsi e la conferma della decisione impugnata con vittoria di spese, senza contrastare specificamente i motivi d'impugnazione proposti (Sez. U. n. 877 del 14 luglio 2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso l'11 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2024.