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Bancarotta fraudolenta per operazioni dolose: l'elemento oggettivo e soggettivo del reato

Bancarotta per operazioni dolose

Cassazione penale sez. V, 20/12/2023, n.5119

L'art. 223, comma 2, n. 2, legge fall., punisce il fatto di colui il quale abbia "cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società".

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che tale norma incriminatrice prevede due autonome fattispecie criminose.

Sotto l'aspetto oggettivo, esse consistono in condotte, non meglio tipizzate, che devono avere determinato o concorso a determinare, sul piano causale, il fallimento.
Con l'avvertenza che, quanto alla seconda fattispecie, le operazioni dolose possono consistere nel compimento di qualunque atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria della impresa e, quindi, anche in una condotta omissiva produttiva di un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l'impresa; ed esse postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall'azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all'esito divisato.
Quanto, poi, al nesso di causalità tra l'operazione dolosa e il fallimento, è stato affermato che esso non può dirsi interrotto né dalla preesistenza alla condotta di una causa in sé efficiente del dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all'art. 41 cod. pen., né dal fatto che l'operazione dolosa abbia cagionato anche solo l'aggravamento di un dissesto già in atto, poiché la nozione di fallimento, collegata al fatto storico della sentenza che lo dichiara, è ben distinta da quella di dissesto, la quale ha natura economica e implica un fenomeno in sé reversibile.

Quanto all'aspetto soggettivo, mentre nell'ipotesi di causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, sicché la fattispecie è a dolo specifico, nel fallimento conseguente a operazioni dolose, esso è solo l'effetto di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il fallimento, sicché tale delitto è a dolo generico: e rispetto al fallimento è necessario che ricorra la prevedibilità del dissesto come effetto della condotta antidoverosa.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 31 maggio 2023, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza n. 1351/2021 emessa in data 9 febbraio 2021 dal Tribunale di Milano con la quale Re.Al. era stato condannato alla pena di 2 anni e 6 mesi di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante contestata, del delitto previsto dagli artt. 223, comma 2, n. 2, legge fall., per avere, in qualità di consigliere e socio unico dello St.Re. Srl, concorso a cagionare il fallimento della società tramite operazioni dolose consistite: nell'avere sottratto somme di pertinenza dei condomini amministrati, accumulando così un debito nei confronti del "supercondominio di via (…)" e degli altri condomini ammessi quali creditori al passivo del fallimento per un importo totale di 287.223,00 euro; nonché per avere, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, sottratto, distrutto e falsificato, in tutto o in parte, i libri o le altre scritture contabili o, comunque, per averli tenuti in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, in Milano, il 6 giugno 2017 (capo A). 1.1. All'esito del giudizio di merito, la Corte di appello di Milano ha ritenuto che sia emersa documentalmente la distrazione di ingenti somme di denaro dal patrimonio dello St.Re. Srl da parte dell'imputato, "una situazione generale di cattiva gestione nell'amministrazione della società", la distrazione di somme di denaro nei confronti del "supercondominio di via (…) a Milano", (pag. 8 della sentenza impugnata), nonché la assoluta incompletezza delle scritture contabili, non avendo l'imputato provveduto, nonostante la richiesta della curatela, a consegnare i libri e le scritture contabili obbligatorie. 2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso Re.Al. a mezzo del difensore di fiducia, avv. Luca Baratella, deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose, con riguardo alla mancata dimostrazione sia dell'esistenza delle condotte dolose, sia del nesso eziologico tra esse e il fallimento della società ai sensi dell'art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. La sussistenza delle operazioni dolose sarebbe stata illogicamente dedotta da un confronto tra i dati dei creditori insinuati al passivo e i dati bancari, senza considerare il "saldo precedente" risultante nell'allegato 27 della relazione del curatore fallimentare (riparto consuntivo esercizio 2012/2013). Al contempo, non sarebbe stato provato il nesso di causalità tra le condotte dolose contestate e il fallimento della società. La stessa Corte di appello darebbe atto che le cause del dissesto erano da ricondurre alla grave malattia che, negli anni 2012-2013, aveva colpito Or.Re., da sempre amministratore di diritto della St.Re. Srl Pertanto, non si potrebbe escludere che tale imprevedibile circostanza abbia determinato una improvvisa diminuzione dei condomìni amministrati dalla società, con inizio della crisi societaria, culminata nel dissesto. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di bancarotta per operazioni dolose, oggetto di specifiche doglianze contenute nel motivo di appello sub A) seconda parte (da pagina 6 a pagina 8 dell'atto di appello), rimaste priva di risposta. Invero, la Corte di appello di Milano si sarebbe limitata a evidenziare il comportamento inerte dell'imputato, che avrebbe determinato un aggravamento del dissesto societario, senza svolgere alcuna considerazione in relazione al principio di diritto secondo cui, al cospetto di operazioni dolose non determinanti un immediato depauperamento della società, la realizzazione delle stesse deve accompagnarsi alla prevedibilità del dissesto come effetto della condotta antidoverosa. Ciò che, a sua volta, presupporrebbe che le operazioni dolose non siano troppo "anticipate nel tempo", essendo necessaria una "prevedibilità del dissesto nel medio periodo" (così Sez. 1, n. 14783 del 9/03/2018, Oste', non massimata). La Corte di appello si sarebbe limitata a evidenziare l'efficacia causale della (supposta) inerzia dell'imputato in relazione all'aggravamento del dissesto societario, senza nulla dire in merito alla prevedibilità del dissesto della società. Tanto più che, nel caso di specie, era trascorso un lungo tempo tra le condotte di appropriazione indebita, avvenute nel 2012-2013, e l'effettivo dissesto della società, avvenuto solo 3-4 anni più tardi. 2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale (capo A, punto 3) con riferimento alle doglianze contenute nel motivo sub B) alle pagg. 8 e 9 dell'atto di appello. La sentenza impugnata, secondo cui dall'istruttoria dibattimentale sarebbe emerso che Re.Al. aveva irregolarmente tenuto le scritture contabili obbligatorie, con la consapevolezza che ciò avrebbe reso impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dello St.Re. Srl, non indicherebbe alcuna circostanza ulteriore rispetto alla semplice mancanza di una parte dei libri e delle scritture contabili, sicché essa sarebbe, rispetto al punto denunciato, totalmente mancante. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 2. Con il primo motivo, la difesa deduce vizio di motivazione riguardo alla sussistenza dell'elemento oggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose. 2.1. L'art. 223, comma 2, n. 2, legge fall., punisce il fatto di colui il quale abbia "cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società". La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che tale norma incriminatrice prevede due autonome fattispecie criminose. Sotto l'aspetto oggettivo, esse consistono in condotte, non meglio tipizzate, che devono avere determinato o concorso a determinare, sul piano causale, il fallimento. Con l'avvertenza che, quanto alla seconda fattispecie, le operazioni dolose possono consistere nel compimento di qualunque atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria della impresa e, quindi, anche in una condotta omissiva produttiva di un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l'impresa (Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Belleri, Rv. 260492 - 01; Sez. 5, n. 12426 del 29/11/2013, dep. 2014, Beretta, Rv. 259997 - 01; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Cassa Di Risparmio Di Rieti Spa, Rv. 247314 - 01); ed esse postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall'azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all'esito divisato (Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, Prandini, Rv. 261684 - 01; Sez. 5, n. 12945 del 25/02/2020, Mora, Rv. 279071 - 01). Quanto, poi, al nesso di causalità tra l'operazione dolosa e il fallimento, è stato affermato che esso non può dirsi interrotto né dalla preesistenza alla condotta di una causa in sé efficiente del dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all'art. 41 cod. pen., né dal fatto che l'operazione dolosa abbia cagionato anche solo l'aggravamento di un dissesto già in atto, poiché la nozione di fallimento, collegata al fatto storico della sentenza che lo dichiara, è ben distinta da quella di dissesto, la quale ha natura economica e implica un fenomeno in sé reversibile (Sez 5, n. 40998 del 20/05/2014, Concu, Rv. 262189; Sez. 5, ri. 8413 del 16/10/2013, dep. 2014, Besurga, Rv. 259051; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Cassa Di Risparmio Di Rieti Spa, Rv. 247316). Quanto all'aspetto soggettivo, mentre nell'ipotesi di causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, sicché la fattispecie è a dolo specifico, nel fallimento conseguente a operazioni dolose, esso è solo l'effetto di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il fallimento, sicché tale delitto è a dolo generico (Sez. 5, n. 2905 del 16/12/1998, dep. 1999, Carrino G, Rv. 212613 - 01; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Cassa Di Risparmio Di Rieti Spa, Rv. 247315 -01): e rispetto al fallimento è necessario che ricorra la prevedibilità del dissesto come effetto della condotta antidoverosa (Sez. 5, n. 45672 del 1/10/2015, Lubrina, Rv. 265510-01). 2.2. Tanto premesso, osserva il Collegio che la sentenza impugnata nell'individuare il meccanismo eziologico che ha portato al fallimento della società, ha giustapposto una serie di accadimenti: dalla malattia del fondatore della società, Or.Re., con il conseguente venir meno di una parte consistente della clientela, a una serie di condotte distrattive da parte dell'imputato e della moglie a favore della loro società Dresscode Srl, peraltro non contestate nel capo di imputazione; dalle condotte di appropriazione di alcune somme del "supercondominio di via (…)" presenti su un conto corrente della società St.Re. Srl, all'inerzia dell'amministratore, che non aveva interrotto l'attività di impresa e non aveva avviato le procedure concorsuali nonostante le palesi difficoltà nella gestione della società (v. pag. 9 della sentenza). Nel compiere tale rassegna, peraltro, non è stato specificato in che modo tali accadimenti abbiano avuto la menzionata efficienza causale rispetto al fallimento, la cui eziologia non è stata ricostruita, se non nei termini, del tutto generici, di una progressiva perdita della capacità della società di produrre reddito, con un incremento della esposizione debitoria che la sentenza non ha peraltro analizzato nel dettaglio. Ma soprattutto, la Corte territoriale ha affermato, in chiara difformità rispetto alla ricordata struttura della fattispecie incriminatrice, la non necessarietà di un rapporto di derivazione causale tra le condotte dolose e il fallimento, richiamando in modo non pertinente principi giurisprudenziali elaborati con riferimento alla affatto differente fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale prevista dall'art. 216, comma 1, n. 1, r.d. n. 267 del 1942. 2.3. Del pari, anche le censure difensive formulate in relazione all'elemento soggettivo della bancarotta per operazioni dolose rivelano tratti di marcata criticità della motivazione. Ad onta dello specifico motivo di impugnazione con il quale era stata dedotta (cfr. da pagina 6 a pagina 8 dell'atto di appello) la mancata dimostrazione che il dissesto fosse prevedibile al momento del compimento delle operazioni dolose, la Corte di appello di Milano ha evidenziato come l'imputato dovesse ritenersi consapevole che il suo comportamento inerte avrebbe determinato un aggravamento del dissesto societario, ma senza svolgere alcuna considerazione in relazione alla prevedibilità che le operazioni dolose contestate, tra le quali non vi è la citata condotta inerte, avrebbero determinato il dissesto della società. Apprezzamento tanto più opportuno in ragione del non breve arco temporale intercorso tra le condotte appropriative, collocabile nel 2012-2:013, e il fallimento della società, avvenuto nel 2017. 3. Venendo, infine, al terzo motivo, con cui la difesa prospetta dei vizi della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale, le censure sono del pari fondate. 3.1. Va permesso che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con il mero dato della scomparsa dei libri contabili (o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari), essendo essi semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l'integrazione dell'elemento oggettivo del reato. Al contrario è necessario che ricorrano circostanze di fatto ulteriori, o quantomeno elementi di natura logica, in grado di farne emergere gli scopi che, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica, devono identificarsi nella finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica, di recare pregiudizio ai creditori della consapevolezza che l'irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio. 3.2. La sentenza di primo grado aveva affermato la sussistenza del dolo generico a partire dalla entità della omissione delle scritture contabili, ritenuta incompatibile con una mera trascuratezza colposa. Con l'atto di appello la difesa aveva fatto rilevare che l'imputato era subentrato nel ruolo di amministratore nel 2012/2013; che le omissioni precedenti non gli erano, quindi, attribuibili e che egli aveva consegnato ciò che era stato messo a sua disposizione al momento dell'assunzione della qualità di amministratore. 3.3. La sentenza di appello, dopo avere ricordato l'obbligo di tenuta delle stesse derivante dal subentrare al padre nel ruolo di amministratore, si è limitata ad affermare che "dall'istruttoria dibattimentale è emerso il dolo generico del reato nella condotta di Re.Al. che, con coscienza e volontà, aveva irregolarmente tenuto le scritture contabili obbligatorie, con la consapevolezza che ciò avrebbe reso impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio della St.Re. Srl". In questo modo, tuttavia, la Corte territoriale non ha fornito adeguata risposta alle censure articolate con l'atto di appello, liquidate con una motivazione soltanto apparente, che non è riuscita a indicare i concreti elementi di fatto, ulteriori rispetto al mero dato della irregolare tenuta delle scritture, che potessero costituire indici dai quali inferire, anche in via logica, l'esistenza dell'elemento soggettivo richiesto. Pertanto, anche sotto tale profilo, si impone una nuova motivazione da parte della Corte di merito. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Così deciso in data 20 dicembre 2023. Depositata in Cancelleria il 5 febbraio 2024.
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