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La diretta vigilanza del bene esclude l’aggravante del danneggiamento di bene esposto alla pubblica fede

Danneggiamento

Cassazione penale sez. II, 12/04/2023, n.27050

Non integra il delitto di danneggiamento aggravato ex art. 635, comma 2, n. 1, c.p., in relazione all'ipotesi di cui all'art. 625, comma 1, n. 7, c.p., la condotta di chi infrange la vetrina di un esercizio commerciale, al cui interno si trova il personale addetto che ha la diretta percezione di cosa avviene all'esterno, posto che la diretta e continua vigilanza da parte del possessore del bene non consente di ritenere che esso sia esposto alla pubblica fede.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Il difensore di M.S. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina del 5/07/2021, che aveva confermato la condanna a carico di M. per il reato di danneggiamento, "perché deteriorava l'area ristorazione dell'impianto (Omissis) colpendo con un pugno una delle vetrate esterne che veniva infranta" (così il capo di imputazione). 1.1 Al riguardo il difensore eccepisce l'inosservanza della legge penale con riferimento alla mancata integrazione degli elementi costitutivi della circostanza aggravante di cui all'art. 625 c.p., n. 7 e la motivazione illogica o apparente con riferimento alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della esposizione alla pubblica fede: rileva che la vigilanza tramite sistema di video sorveglianza comportava un controllo continuo e costante dei beni esposti, che erano presenti sul posto le persone offese (il personale addetto al bar) e personale di Polizia giudiziaria, il che escludeva che si potesse parlare di mancanza di custodia, dalla quale dipendeva l'applicabilità della circostanza contestata. CONSIDERATO IN DIRITTO 2.Il ricorso è fondato. 2.1 Si deve infatti ricordare che la "ratio" della maggiore tutela accordata alle cose esposte per necessità, per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede va individuata nella minorata possibilità di difesa connessa alla particolare situazione dei beni, in quanto posti al di fuori della sfera di diretta vigilanza del proprietario e, quindi, affidati interamente all'altrui senso di onestà e rispetto (vedi Sez. 2, 51438 del 20/10/2017, PG in proc. Cioffi, Rv. 271332); con la previsione della aggravante di cui all'art. 635 c.p., comma 2 (nella parte in cui richiama l'art. 625 c.p., n. 7) il legislatore, quindi, ha voluto assicurare maggiore tutela a tutti gli oggetti che per la loro particolare destinazione e funzionalità siano esposti all'intervento dei terzi non proprietari, quando ciò avvenga in assenza degli stessi e cioè senza che sia configurabile una relazione immediata di possesso e custodia che assicuri già da sé la protezione del bene ad opera del proprietario medesimo. Tale aggravante non è quindi configurabile qualora la cosa sia custodita personalmente dal proprietario del bene in quanto deve presumersi, salvo prova contraria, che il proprietario, esercitando la custodia in modo diretto e continuo, sia in grado, usando tutti gli accorgimenti e la diligenza del caso, di impedire l'evento dannoso (vedi Sez. 2, n. 37889 del 22/09/2010, Rv. 248875). Anche con la recente riforma della disciplina del danneggiamento introdotta con il D.Lgs. n. 150 del 2022 (cd. "riforma Carabia") si è voluto limitare la punibilità delle condotte di aggressione al patrimonio mobiliare ed immobiliare altrui, prevedendo la punibilità a querela di parte con riferimento a quelle che avvengano nei confronti di beni nella diretta custodia e nel possesso del loro proprietario, che può esercitare un effettivo controllo, e quindi una protezione più efficace degli stessi. Nel caso in esame, risulta che l'imputato ha danneggiato la vetrata esterna di un bar, all'interno del quale si trovava il personale addetto all'esercizio commerciale, che aveva quindi sotto la sua diretta percezione ciò che avveniva all'esterno del locale; pertanto, l'esercizio concreto della potestà di custodia da parte del possessore comporta che non possa essere ritenuta sussistente l'aggravante di cui all'art. 635 c.p., comma 2 con la conseguenza che il reato è improcedibile per mancanza della querela. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché, esclusa la circostanza aggravante di cui all'art. 635 c.p.p., comma 2, e art. 625 c.p., comma 1, n. 7, il reato è improcedibile per sopravvenuto difetto di querela. Così deciso in Roma, il 12 aprile 2023. Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2023
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