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Omicidio stradale: se non è aggravato pronunciata, il giudice dell'esecuzione può sospendere la patente

Omicidio stradale

Cassazione penale sez. I, 11/05/2021, n.35457

In caso di condanna irrevocabile per il delitto di omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o gravissime, non aggravato dallo stato di ebbrezza alcoolica o dall'uso di sostanze stupefacenti, pronunciata prima della sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 2021 - che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 30, comma 4, l. 11 marzo 1953, n. 87 in quanto interpretato nel senso della sua inapplicabilità alla sanzione della revoca della patente di guida disposta con sentenza irrevocabile ai sensi dell'art. 222, comma 2, cod. strada - il giudice dell'esecuzione può sostituire detta sanzione con quella della sospensione della patente di guida, stante la sua natura sostanzialmente punitiva.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. L.G. ricorre avverso l'ordinanza del 5 marzo 2020 del G.i.p. del Tribunale di Pavia che, quale giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta di rideterminazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente, disposta dal G.i.p. del Tribunale di Pavia con sentenza ex art. 444 c.p.p. il 29 maggio 2018, divenuta definitiva, in ordine al reato di omicidio stradale, ai sensi dell'art. 589 bis c.p., comma 1. Il giudice dell'esecuzione ha evidenziato che con la pronuncia n. 88 del 2019 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 222, comma 2, quarto periodo, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, per i reati di omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o gravissime, di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p., il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa, ai sensi del secondo e del terzo periodo del medesimo comma del citato articolo del C.d.S., allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dagli artt. 589 bis c.p., comma 2 e art. 590 bis c.p., comma 3; che la giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 1804 del 14/11/19 (dep. 2020), Gentile, Rv. 278182) ha chiarito che la revoca della patente non costituisce un effetto penale della condanna; che, pertanto, l'eventuale applicazione della sospensione della patente di guida, in luogo della revoca, non rappresenta una questione inerente il titolo esecutivo, con la conseguenza che difetta la competenza del giudice dell'esecuzione a pronunciarsi sulla richiesta di rideterminazione di detta sanzione accessoria. 2. Il ricorrente articola tre motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata, perché il giudice dell'esecuzione, omettendo di fornire sul punto una valida motivazione, avrebbe affermato in maniera contraddittoria che la revoca della patente di guida, pur avendo natura afflittiva, non costituisce un effetto penale della condanna. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso, lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, e inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento all'art. 2 c.p., comma 4 e art. 133 c.p., art. 676 c.p.p., art. 136 Cost., comma 1, L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30 artt. 6 e 7 CEDU, perché il suddetto G.i.p., omettendo di applicare i principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza nazionale e sovranazionale, avrebbe omesso di considerare che, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 88 del 2019, la sostituzione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida in luogo di quella della revoca costituisca competenza del giudice dell'esecuzione, analogamente a quanto statuito in tema di applicazione automatica ed illegittima di sanzioni accessorie nei reati fallimentari. Il ricorrente, infatti, evidenzia che la sanzione amministrativa accessoria esplichi i suoi effetti anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza. 2.3. Con l'ultimo motivo, denuncia violazione degli artt. 3,111 e 136 Cost., perché il giudice di merito avrebbe posto in essere un'irragionevole disparità di trattamento tra chi, come il ricorrente stesso, era stato destinatario di una sanzione amministrativa accessoria disposta con sentenza definitiva prima della citata sentenza della Corte costituzionale e chi, invece, ha potuto usufruire del successivo, e più favorevole, quadro normativo. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato. Giova premettere che, con la sentenza n. 88 del 2019, la Corte costituzionale ha ritenuto che il meccanismo di applicazione automatica della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, nei casi di condanna o di patteggiamento della pena per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime, previsto dall'art. 222 C.d.S., comma 2, ricorressero o meno le circostanze aggravanti previste dagli artt. 589 bis e 590 bis c.p. (che qualificano negativamente i fatti sul piano della colpevolezza e in rapporto alle quali sono previste pene distinte e graduate), vulnerasse i principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità. Il giudice delle leggi, quindi, ha evidenziato che tale automatismo possa ritenersi giustificato solo quando la condotta è aggravata dallo stato di ebbrezza alcoolica o dall'uso di sostanze stupefacenti, mentre nelle altre fattispecie di reato meno gravi il giudice deve avere la possibilità di decidere autonomamente, sulla base delle circostanze del caso concreto, se disporre la sospensione o la revoca della patente di guida. L'art. 222 C.d.S., comma 2, pertanto, è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna o patteggiamento della pena per i citati reati, allorché non ricorra alcuna delle suddette circostanze aggravanti, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa. Giova premettere altresì che la L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30 avente a oggetto le norme sulla Costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, disciplina due regole in tema di effetti nel tempo delle pronunce di accoglimento del giudice delle leggi: la prima, di ordine generale, è quella posta dal comma 3, secondo il quale le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, e la seconda è quella disciplinata dal comma 4, con il quale il legislatore ha posto una specifica e distinta regola con riguardo alla materia penale, stabilendo che, "quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali". Tale disposizione è stata recepita all'interno del codice di rito, il quale all'art. 673 prevede che, nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice (così come in quello della sua abrogazione), il giudice dell'esecuzione revoca la sentenza di condanna, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato, e adotta i provvedimenti conseguenti. In forza del quadro normativo sopra evidenziato, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che la revoca della patente di guida correlata alla condanna per i delitti di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p. ha natura di sanzione amministrativa accessoria, attesa la sua finalità precipuamente preventiva e la limitatezza dell'arco di tempo in cui al destinatario è inibito il conseguimento di un nuovo titolo abilitativo alla guida; pertanto, anche nel caso di condotte suscettibili, a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 88 del 2019, di dar luogo, in sede di cognizione, alla più mite sanzione della sospensione, non rientra tra i poteri del giudice dell'esecuzione modificare la statuizione della sentenza di condanna passata in giudicato relativa alla suddetta revoca, esulando questa dall'ambito di applicazione della L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 4 (Sez. 1, n. 1804 del 14/11/2019, dep. 2020, Gentile, Rv. 278182). La Corte costituzionale, tuttavia, con successiva sentenza n. 68 del 27 gennaio 2021, depositata il 16.4.2021 ha evidenziato che non è possibile negare che la revoca della patente, disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna o di patteggiamento della pena per i reati ex artt. 589 bis e 590 bis c.p., ha connotazioni sostanzialmente punitive, sia pure non disgiunte da finalità di tutela degli interessi coinvolti dalla circolazione dei veicoli a motore, secondo uno schema tipico delle misure sanzionatorie consistenti nell'interdizione di una determinata attività. In quest'ottica, il giudice delle leggi ha dichiarato che la L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, comma 4, - per come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità - si pone in contrasto con l'art. 3 Cost. Il giudice delle leggi, infatti, già con la sentenza n. 63 del 2019 aveva esteso alle sanzioni amministrative c.d. punitive il principio di retroattività della lex mitior, ritenendo tale operazione conforme alla logica sottesa alla giurisprudenza costituzionale sviluppatasi, sulla base dell'art. 3 Cost., in ordine alle sanzioni propriamente penali, la quale impone, in linea di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l'entrata in vigore della norma che ha disposto l'abolitio criminis o la modifica mitigatrice. A maggior ragione, quindi, va escluso - come per le sanzioni penali - che taluno debba continuare a scontare una sanzione amministrativa c.d. punitiva inflittagli in base a una norma dichiarata costituzionalmente illegittima e dunque, non già oggetto di semplice ripensamento da parte del legislatore, ma affetta addirittura da un vizio genetico, il cui accertamento impone, senza possibili eccezioni, di lasciare immune da sanzioni, o di sanzionare in modo più lieve, chiunque dopo di esso commetta il medesimo fatto. Il giudice delle leggi, in modo coerente con i principi affermati nella citata sentenza n. 68 del 2021, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, comma 4, in quanto interpretato nel senso che la disposizione non si applica in relazione alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, disposta con sentenza irrevocabile ex art. 222 C.d.S., comma 2, (D.Lgs. n. 30 aprile 1992 n. 285). 2. In forza di quando sopra, si deve concludere che, alla luce delle sentenze n. 88 del 2019 e n. 68 del 2021 della Corte costituzionale, deve essere annullato con rinvio il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione, in sede di richiesta ex art. 673 c.p.p., ritiene di non poter disporre la pena accessoria della sospensione della patente di guida, in sostituzione a quella della sua revoca, ai sensi dell'art. 222 C.d.S., comma 2, in caso di condanna o patteggiamento della pena per i reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi o gravissime, allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti di cui all'art. 589 bis c.p., comma 2 e art. 590 bis c.p., comma 2. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia. Così deciso in Roma, il 11 maggio 2021. Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021
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