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Turbativa d'asta: nel caso di procedimento di scelta del contraente si configura se ai fini della scelta è prevista una gara anche informale

Turbativa d'asta

Cassazione penale sez. V, 26/10/2022, n.45709

Il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente di cui all'art. 353-bis c.p. è configurabile quando, ai fini della scelta del contraente, sia prevista una "gara", seppure informale, cioè un segmento valutativo concorrenziale, mentre non è configurabile nelle ipotesi in cui il procedimento di scelta sia svincolato da ogni schema concorsuale, ovvero quando la decisione di procedere all'affidamento diretto sia essa stessa il risultato di condotte perturbatrici volte a evitare la gara.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Per quanto qui interessa, con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia di condanna di primo grado nei confronti degli imputati R.A.G., P.P.P., M.F., L.C., R.G., M.N., A.F., C.A. e P.P., ha dichiarato estinti per intervenuta prescrizione i reati di cui agli artt. 353,353-bis e 479 c.p., agli stessi rispettivamente ascritti ai capi 10), 13), 16), 19), 25), 27), 34), 36), 39), 43), 45), 58), 59) della rubrica; con la medesima sentenza sono state confermate, ai sensi dell'art. 578 c.p.p., le statuizioni civili a favore di IL spa, CAL spa e Regione Lombardia. 1.1. Il processo riguarda le procedure di affidamento di incarichi (in prevalenza consulenze legali di natura stragiudiziale) da parte di Infrastrutture Lombarde S.p.A. (di seguito ILSPA) e CAL s.p.a.. (di seguito CAL). ILSPA è una società per azioni a capitale interamente regionale che funge da centrale di committenza. CAL ha la forma giuridica di una società per azioni ed è partecipata in modo paritetico da Anas spa e da Regione Lombardia. 1.2. I principali imputati - chiamati a rispondere, sotto il profilo della residua responsabilità civile, di tutti i reati sopra indicati - sono R.A.G., P.P.P.. Il primo, all'epoca dei fatti, è stato il direttore generale di ILSPA e amministratore delegato di CAL. Il secondo è stato il responsabile dell'ufficio gare e contratti di ILSPA. Gli altri imputati sono professionisti. In particolare: - a carico di L.C. sono stati riconosciuti sussistenti, sebbene estinti per prescrizione, il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.) contestato ai capi 10) e 13), nonché quello di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), alla stessa ascritto ai capi 25) e 27); - a carico di M.F. i reati di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (capi 16 e 19) e turbata libertà degli incanti (capo 25); - a carico di R.G. il reato di cui all'art. 353-bis c.p. (capi 34 e 36); - a carico di M.N. il reato di falso in atto pubblico in relazione alla determina a contrarre del (Omissis) (capo 39); - a carico di A.F. il reato di cui all'art. 353-bis c.p. (capo 43); costei è stata assolta sin dal primo grado, tra gli altri, anche dal delitto di falso ideologico in atto pubblico di cui al capo 45) che rimane ascritto, pertanto, ai soli R. e P. in relazione alla determina a contrarre del 12 gennaio 2012; - a carico di C.A. e P.P. il reato di cui all'art. 353-bis c.p. (capi 58 e 59). 2. Avverso la sentenza ricorrono R.A.G., P.P.P., L.C., R.G., M.N., A.F., C.A. e P.P., tramite i rispettivi difensori. Non ricorre, invece, M.F.. I motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, vengono proposti dagli imputati non solo avverso il capo afferente alla responsabilità civile, ma anche rispetto alla statuizione di estinzione dei reati, facendo valere l'insussistenza della condotta tipica o la non configurabilità di un concorso. 3. R.A.G. articola dodici motivi. 3.1. Con i primi quattro contesta la ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo del delitto previsto dall'art. 353-bis c.p. in relazione al conferimento di incarichi legali di natura stragiudiziale (capi 10, 13, 16, 19, 34, 36, 43). 3.1.1. Il primo motivo attiene al requisito della prevedibilità della rilevanza penale del fatto rispetto alla evoluzione giurisprudenziale. Sostiene il ricorrente che i fatti in contestazione riguardano ipotesi di affidamento diretto di incarichi a professionisti in casi in cui, secondo i giudici di merito, l'ente pubblico avrebbe dovuto indire una "gara" in ossequio al D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 20 e 27 (codice dei contratti pubblici vigente all'epoca dei fatti). Il tenore letterale della norma incriminatrice non autorizzerebbe a ricomprendere nel proprio alveo precettivo anche tali tipologie di condotte, mentre l'estensione della fattispecie tipica sarebbe frutto di una interpretazione giurisprudenziale elaborata in epoca successiva ai fatti oggetto di processo. Di talché la rilevanza penale di simili comportamenti non sarebbe stata prevedibile. 3.1.2. Il secondo motivo declina la prevedibilità collegandola alla incertezza, sussistente all'epoca dei fatti (2008-2012), della disciplina amministrativa applicabile nei casi di affidamento degli incarichi di consulenza legale stragiudiziale. Anche il preteso intervento chiarificatore del Consiglio di Stato (sentenza n. 2730 del 11 maggio 2012 comunque successiva ai fatti oggetto di processo) non avrebbe sciolto i dubbi, tanto che ad opposte soluzioni erano pervenute pronunce della Corte di cassazione e della Corte dei Conti (Corte cass. Sez. lav. sentenza n. 16092 del 2013; Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l'Abruzzo, deliberazione del 25 marzo 2013). 3.1.3. Il terzo motivo si appunta sui caratteri della fattispecie tipica. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il delitto di cui all'art. 353-bis c.p. presuppone una gara ad evidenza pubblica; condizione insussistente nel caso di specie poiché le procedure oggetto di contestazione sarebbero prive di carattere concorrenziale e si risolverebbero in una mera "comparazione" o "esame contestuale" dei professionisti inseriti nell'elenco formato dalle stazioni appaltanti. 3.1.4. Il quarto motivo critica il percorso motivazionale seguito dal giudice di merito per giungere alla prova del fatto- reato. Il Tribunale aveva accertato che la procedura era stata "sostanzialmente" rispettosa dei principi stabiliti dal codice dei contratti pubblici per i servizi c.d. esclusi e aveva ritenuto integrato il reato di cui all'art. 353-bis c.p. solo nelle ipotesi in cui le determine a contrarre presentavano un inadeguato percorso motivazionale a giustificazione della scelta del professionista incaricato. Il ragionamento era stato censurato in sede di gravame, poiché assegnava valore a una circostanza (il vizio di motivazione dell'atto amministrativo) del tutto estranea alla fattispecie tipica. La Corte di appello ha superato l'obiezione sul rilievo che l'assenza di congrua motivazione costituisce indizio grave e unico della turbativa. Ciò, però, violerebbe il disposto dell'art. 192 c.p.p., comma 2, che, nel richiede la "concordanza", postula la necessità di una pluralità di indizi con conseguente insufficienza di un indizio "unico". Si aggiunge che la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato come eventuali illegittimità riscontrabili nel percorso negoziale intrapreso - pur rilevanti sul piano amministrativo, tanto da poter invalidare l'accordo stipulato - non sono idonee ad integrare gli estremi del reato in questione (Sez. 6 n. 32237 del 2014). 3.2. Con il quinto motivo ci si duole, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), della ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di cui all'art. 353-bis c.p. (10, 13, 16, 19, 34, 36, 43). Si contesta l'assenza o comunque il travisamento della prova circa l'effettiva rappresentazione e volizione in capo al R. di tutti gli elementi del fatto tipico oggetto di addebito. 3.3. Con il sesto si denuncia la violazione di legge per inosservanza dell'art. 353 c.p. nella parte della sentenza in cui si è ritenuto integrato il delitto in rassegna pur in assenza di procedure di gara rilevanti ai sensi della fattispecie incriminatrice (capi 25 e 27). Si sostiene, anche sulla scorta di quanto osservato dai consulenti tecnici, che ILSPA e CAL avevano fatto ricorso a procedure ad hoc unicamente nei casi oggetto delle contestazioni ai capi 25 e 27 inserendo specifiche previsioni mutuate dal codice dei contratti pubblici, senza tuttavia assoggettarsi alla relativa disciplina. Lo scopo sarebbe stato non quello di avviare una gara pubblica ex D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 20 e 27, ma solo quello di effettuare una verifica sulla competitività economica (in relazione ai tariffari allora vigenti) delle prestazioni offerte dai legali come dimostra la circostanza che le lettere di invito avevano riservato all'ente la facoltà di negoziare ulteriormente al ribasso il corrispettivo del servizio offerto dal professionista, elemento incompatibile con una procedura a evidenza pubblica. I giudici di merito hanno ricondotto la procedura a quella di una gara pubblica valorizzando il richiamo agli artt. 20 e 27 del codice degli apparti che, però, secondo giurisprudenza pacifica, costituisce un dato neutro (Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2015, n. 2008). 3.4. Il settimo motivo attiene ai reati di falso in atto pubblico (capi 39 e 45). In sede di appello la difesa aveva sollevato questioni giuridiche su: natura di atto pubblico della determina a contrarre; erronea ricostruzione dei profili di falsità degli atti; assenza di dolo in capo all'imputato R.. La Corte di appello non ha offerto risposte, poiché, quando si occupa del relativo motivo di gravame (il nono), si limita a rinviare al paragrafo dedicato ai reati di falso, paragrafo che però non affronta i temi posti dall'appellante. 3.5. Con l'ottavo e il nono motivo si contesta, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), la configurabilità del delitto di cui all'art. 353-bis c.p. con riguardo all'affidamento degli incarichi di assistenza informatica (capi 58 e 59). 3.5.1. L'ottavo motivo attiene alla individuazione dell'indice di fraudolenza della procedura di affidamento. I giudici di merito fanno leva sul frazionamento artificioso degli incarichi (volto ad eludere la procedura ad evidenza pubblica), che desumono dalla unicità del referente (l'ing. C.). Obietta il ricorrente che l'elemento valorizzato sarebbe del tutto neutro, dato che la pacifica giurisprudenza amministrativa esclude l'artificiosità di un frazionamento quando, come nel caso in oggetto: è evidente l'eterogeneità dei compiti affidati al gestore; le prestazioni richieste sono diverse; ogni singola frazione ha una "funzionalità compiuta"; le prestazioni sono destinati a soddisfare esigenze divergenti tra loro. 3.5.2. Il nono motivo evidenza l'assenza di motivazione sul requisito tipico de "l'accordo collusivo". 3.6. Con il decimo motivo si eccepisce il difetto di legittimazione di ILSPA a costituirsi parte civile. ILSPA è una società costituita dal socio unico Regione Lombardia secondo il modello c.d. in-house providing, sicché, in forza degli arresti della giurisprudenza civile, difetterebbe di una propria alterità soggettiva e distinta titolarità patrimoniale rispetto all'ente pubblico costituente; ergo non sarebbe ammissibile una autonoma costituzione in giudizio di ILSPA in aggiunta a quella di Regione Lombardia, che condurrebbe peraltro a una illegittima duplicazione delle pretese risarcitorie. 3.7. Con l'undicesimo e il dodicesimo motivo si contesta: - il riconoscimento di un danno patrimoniale, dato che già il Tribunale aveva escluso la sussistenza, anche solo potenziale, di un pregiudizio economico derivante dalle condotte di turbativa accertate in sentenza; - la configurabilità di un danno non patrimoniale, posto che il riscontrato "danno all'immagine" non sarebbe derivato in via immediata e diretta dalle condotte di turbativa; - l'eccessivo ammontare delle provvisionali complessivamente liquidate (Euro 40.500,00 a favore di Regione Lombardia, Euro 54.000,00 a favore di ILSPA, Euro 44.000,00 a favore di CAL). 4. P.P.P. propone due motivi. 4.1. Con il primo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione sulla attribuzione all'imputato della qualifica di pubblico ufficiale. Come riferito dai testimoni T., F. e D., al di là della qualifica formale di "responsabile o coordinatore dell'ufficio gare", P. era adibito a mansioni di carattere esecutivo, senza potere decisionale. Si sostiene che: "la mera esecuzione di direttive altrui non può determinare, in automatico, l'attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale, cruciale per l'individuazione del soggetto attivo dei reati di cui agli artt. 353 e 353-bis c.p. (nonché, per vero, delle ulteriori fattispecie di falso per cui è stata pronunciata sentenza di condanna in primo grado ed è stata dichiarata la prescrizione in appello)". Il responsabile dell'ufficio gare non decide il procedimento di selezione, non lo esegue e non effettua alcuna valutazione oggettiva o comparativa finalizzata alla scelta del contraente; non può incidere sul contenuto del contratto che viene deciso da altri organi. Proprio in ragione del ruolo ricoperto da P., il Pubblico ministero ha richiesto e ottenuto l'archiviazione nel procedimento penale c.d. Piastra (n. 19661 del 2014 RGNR). Anche nel procedimento in oggetto, come in quello appena citato, la comparazione dei curricula sarebbe stata espressione di una valutazione tecnica sottratta all'ambito decisionale dell'imputato. 4.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di elemento soggettivo dei reati in contestazione (artt. 353,353-bis e 479 c.p.). 4.2.1. La doglianza insiste su: l'assenza di potere decisionale (già coltivata con il primo motivo); l'incertezza normativa e giurisprudenziale all'epoca esistente circa la disciplina applicabile alle procedure di affidamento degli incarichi per i servizi legali; la inidoneità probatoria delle tre conversazioni utilizzate dal giudice di merito a sostegno del coinvolgimento del ricorrente. 4.2.2. In relazione alla condanna per i delitti di falso non verrebbe individuato il contributo causale del P.. Mentre, quanto ai delitti di turbativa, la mera condotta di predisposizione materiale dei documenti non si porrebbe in rapporto di causalità con la realizzazione del fatto-reato. 5. L.C. sviluppa dieci motivi. 5.1. Con i primi tre evidenzia l'impossibilità di inquadrare nell'art. 353-bis c.p. il conferimento di incarichi legali di natura stragiudiziale (capi 10, 13). 5.1.1. La prima censura attiene alla insussistenza del reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente nei casi in cui, come nella specie, difetti una competizione tra aspiranti che si svolga sulla base della previa indicazione e pubblicizzazione dei criteri di selezione e di presentazione delle offerte. Si richiama la sentenza Sez. 6 n. 6603 del 2020 che, in una vicenda analoga, ha escluso la configurabilità del delitto punito dall'art. 353-bis c.p. facendo leva sul fatto che i reati di turbativa presuppongono una "gara" e che una "gara" non può ravvisarsi quando la pubblica amministrazione proceda all'individuazione del contraente sulla base di una procedura selettiva interna basata sulla comparazione dei curricula. 5.1.2. Il secondo motivo si appunta sulla inidoneità dimostrativa del vizio di motivazione dell'atto amministrativo, coltivando argomenti affini a quelli esposti con il quarto motivo del ricorso R.. 5.1.3. La terza doglianza concerne il medesimo punto e fa leva sulla contraddittorietà della motivazione che, da un lato, ha portato alla assoluzione degli imputati M. e De Sio per il capo 22) e, dall'altro lato, a fronte di atti amministrativi sostanzialmente identici, ha condotto alla condanna della L.. 5.2. Con il quarto e il quinto motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 353-bis c.p.. 5.2.1. La Corte di appello ha ricavato il dolo travisando il significato probatorio degli elementi a tal fine valorizzati: - la decisione asseritamente chiarificatrice assunta dal Consiglio di Stato in data 11 maggio 2012 è stata pronunciata dopo la formalizzazione dei contratti oggetto di addebito ai capi 10) e 13) - conclusi nei mesi di ottobre e novembre 2010; - il team giuridico di ILSPA del 2007 non ha riconosciuto affatto la necessità di ricorso alla procedura delineata dal D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 20 e 27; al contrario ha concluso che le esigenze fiduciarie, di riservatezza e di urgenza/immediatezza della prestazione, fossero incompatibili con una modalità di consultazione "a cinque"; - la nota sull'affidamento dei servizi legali nel rispetto dei principi di evidenza pubblica, re D. dallo studio L., non conferma che già dal maggio 2007 si avesse la consapevolezza del dovere di invitare almeno cinque concorrenti prima di affidare un incarico di assistenza legale, dato che quel documento è datato 10 maggio 2011, quindi è successivo ai fatti contestati ai capi 10) e 13); - le determine di affidamento degli incarichi di cui ai capi 10) e 13) non richiamano il D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 20 e 27. La Corte di appello sarebbe incorsa, inoltre, in un travisamento per omissione, non avendo considerato: i contributi degli esperti in diritto amministrativo; la diffusione della prassi di ricorrere a un affidamento diretto degli incarichi di assistenza legale da parte di numerosi enti pubblici e delle stesse ILSPA e Calspa in altre occasioni estranee al processo; l'incontro del 11 dicembre 2008 in Regione Lombardia all'esito del quale è stata confermata la legittimità dei conferimenti effettuati sino a quel momento e sono stati condivisi alcuni "meccanismi correttivi onde meglio ottemperare le prescrizioni normative". 5.2.2. La Corte di appello farebbe discendere, automaticamente e senza alcun approfondimento motivazionale, la consapevolezza e volontà di alterare il procedimento amministrativo, dalla mera (affermata) violazione della procedura di selezione. 5.3. Con il sesto motivo si lamenta la violazione dell'art. 129 c.p.p., comma 2 e art. 530 c.p.p., comma 2, in relazione al delitto di turbata libertà degli incanti contestato al capo 25). La Corte di appello ha ritenuto che, a fronte del contenuto di quattro conversazioni telefoniche, "non ricorre certo la prova evidente della innocenza dell'imputata" (pag. 204) e per tale ragione ha ritenuto prevalente la causa di estinzione del reato, confermando però le statuizioni civili. Osserva la ricorrente che, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite Tettamanti (sentenza n. 35490 del 2009), l'assenza di prova evidente costituisce utile parametro di giudizio nel rapporto tra assoluzione e rilievo di cause estintive solo quando non vi sia la parte civile; al contrario, in presenza della costituzione di parte civile, il giudice di appello che, all'esito della valutazione del compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, si determinasse nel senso di una insufficiente prova di responsabilità, è comunque tenuto a pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito, nonostante il decorso del termine prescrizionale. 5.4. Con il settimo e l'ottavo motivo si denuncia il vizio di motivazione in ordine al delitto di turbata libertà degli incanti di cui al capo 27). 5.4.1. L'affermazione di responsabilità dell'imputata riposerebbe su quattro risultanze istruttorie, cui la Corte di appello assegna un significato incontestabilmente diverso da quello reale: le dichiarazioni dell'avv. Bellasio; il contenuto del file denominato "contratto L. expo REV", salvato il 21 giugno 2011; lo svolgimento di precedenti incarichi per conto di Expo; l'affermazione dell'imputato R. di aver deciso lui l'affidamento dell'incarico all'avv. L.. La ricorrente analizza questi elementi per poi osservare come nessuno di essi, se realmente inteso, possa dimostrare la conclusione di un accordo illecito volto ad alterare la gara. 5.4.2. Inoltre la Corte di appello avrebbe fatto malgoverno della regola di giudizio sancita dall'art. 192 c.p.p., comma 2, fondando l'affermazione di responsabilità dell'imputata in assenza di una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti sulla "condotta collusiva". 5.5. Con il nono e il decimo motivo si impugna il capo relativo alle statuizioni civili contestando, con argomenti analoghi a quelli spesi nel ricorso R.: la legittimazione di ILSPA a costituirsi parte civile; la sussistenza di danni patrimoniali e non patrimoniali causalmente legati alle condotte ascritte all'imputata. 6. R.G. propone due motivi, con i quali, denunciando i vizi di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), contesta la ricorrenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato di cui all'art. 353-bis c.p. a lei ascritto ai capi 34) e 36) della rubrica. 6.1. Con il primo motivo deduce l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 353-bis c.p., nonché del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 27 con riguardo alla pretesa integrazione della fattispecie delittuosa contestata nell'ambito di una procedura di affidamento diretto, a carattere non concorrenziale, legittimamente adottata da ILSPA. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata incorre in un "imponente" errore di fondo che ne compromette le fondamenta: aver ritenuto applicabile l'art. 353-bis c.p. alla procedura di affidamento diretto che la stazione appaltante ha adottato per aggiudicare all'avv. R. i servizi di consulenza legale stragiudiziale. Il ragionamento della difesa si svolge attraverso il percorso argomentativo di seguito sinteticamente esposto. La procedura delineata dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 27 e dall'art. 5 dell'avviso per la formazione di un elenco di professionisti (lex specialis adottata da ILSPA) non può essere considerata un modello selettivo di tipo competitivo o concorrenziale sì da essere inquadrata nella nozione di "gara" agli effetti delle fattispecie incriminatrici disegnate dagli artt. 353 e 353-bis c.p.; invero l'art. 27 si limita a prevedere un mero obbligo procedurale (invito rivolto ad almeno cinque professionisti) senza predeterminare alcun criterio legale vincolante ai fini dell'aggiudicazione dell'appalto di servizi così da lasciare la scelta alla discrezionalità dell'ente. Secondo la giurisprudenza di legittimità, l'alveo applicativo degli artt. 353 e 353-bis c.p. postula l'esistenza di una "gara" vale a dire "una reale e libera competizione tra persone che vi partecipano che, consapevole delle offerte di terzi, propongono le proprie condizioni quale contropartita di ciò che serve alla pubblica amministrazione e da tale elemento discende la consapevole contesa che dà contenuto alla gara" (Cass. pen. sez VI, 13.03.2014, n. 32237); non è ravvisabile una gara in assenza della predeterminazione di precisi criteri di selezione, quando la scelta del contraente è sostanzialmente rimessa alla valutazione fiduciaria della pubblica amministrazione (Cass. pen. sez VI, 13.03.2014, n. 32237); neppure sono sufficienti per qualificare una procedura selettiva come "gara" la ricezione di più offerte economiche da parte di una pluralità di potenziali contraenti (Cass. pen. sez VI, 24.05.2018, n. 38509) o l'applicazione della c.d. "disciplina di principio" (economicità, efficacia, trasparenza, proporzionalità, parità di trattamento) che permea la materia dei contratti pubblici (Cass. pen. sez VI, 20.06.2019, n. 32400). Cade in errore il giudice di merito nel ritenere che la necessità di una gara caratterizzi soltanto l'art. 353 c.p. e non anche l'art. 353-bis c.p.. In realtà le due norme incriminatrici condividono la medesima prospettiva di tutela, sicché anche l'art. 353-bis c.p. non può prescindere da un legame funzionale con una fase procedimentale prodromica a una gara. La diversa interpretazione seguita da Tribunale e Corte di appello crea una tensione con il principio di legalità e genera una invasione nella sfera della discrezionalità amministrativa, contraddicendo le opzioni di fondo del legislatore che ha inteso garantire alla pubblica amministrazione un'ampia libertà di scelta nell'approvvigionamento di determinate risorse. In questo senso si è espressa Cass. pen. sez VI, 05.11.2020, n. 6603 che ha escluso la configurabilità del reato, per assenza di una "gara", allorché: la procedura adottata dall'ente appaltante si risolva nel mero raffronto tra curricula; nessuno dei concorrenti sia consapevole di partecipare a una procedura comparativa. 6.2. Il secondo motivo si incentra sulla pretesa sussistenza di una "collusione" e sull'accertamento del dolo generico e del dolo specifico richiesto dalla previsione incriminatrice. 6.2.1. Il Tribunale ha ritenuto provata la commissione del reato assegnando valore dirimente alla modulazione della motivazione nella individuazione del contraente: il reato di cui all'art. 353-bis c.p. è stato escluso in tutti i casi di motivazione idonea a giustificare la scelta del professionista; mentre è stato riconosciuto ogniqualvolta la motivazione dovesse ritenersi inadeguata. Il rilevato vizio di motivazione è stato considerato di per sé idoneo a realizzare una condotta collusiva. Osserva la ricorrente che in tal modo si giunge alla conclusione, inaccettabile, di identificare l'elemento costitutivo della "collusione" con un vizio di legittimità dell'atto amministrativo. Questo rilievo, pur sottoposto alla Corte di appello, non ha ricevuto soddisfacente risposta, tanto che, anche dopo il giudizio di secondo grado, continua a rimanere oscuro "il fatto storico" in cui dovrebbe riflettersi la tipicità del reato contestato. La ricorrente illustra come gli specifici atti di conferimento incarico in suo favore (c.d. atto integrativo n. 2 - capo 34 - e affidamento del contratto del 2 luglio 2012 -capo 36) siano rispondenti ai principi di congruità e sufficienza della motivazione elaborati dalla giurisprudenza amministrativa. Evidenzia, quindi, che il giudice penale ha introdotto un onere motivazionale che, oltre ad essere eterogeneo rispetto a quello generalmente applicato in sede amministrativa, non trova alcun riscontro nella fattispecie tipica, così di fatto compiendo una incursione non consentita nel campo di azione dell'autorità amministrativa. 6.2.2. Analoghi vizi presenta l'apparato motivazionale che sorregge la consapevolezza dell'avv. R. circa la illegittimità della procedura seguita da ILSPA per l'affidamento dei relativi incarichi legali. Nel costrutto argomentativo offerto dai giudici di merito, detta consapevolezza costituisce il perno su cui si fonda la dimostrazione della collusione, del dolo generico e del dolo specifico. Tuttavia la prova della consapevolezza viene ricavata in maniera illogica e contraddittoria valorizzando, nella sostanza, solo la qualifica professionale dell'imputata, ignorando tutti gli elementi favorevoli che la difesa aveva richiamato in sede di gravame e che caratterizzavano la posizione dell'avv. R. rispetto a quella di altri professionisti coimputati: la mancata partecipazione dell'avv. R. alle riunioni e agli incontri in regione Lombardia circa le procedure da seguire; la mancata predisposizione della documentazione amministrativa e contrattuale interamente rimessa all'ufficio contratti; l'assenza di anomalie nei contratti sottoscritti con l'ente e la perfetta congruità rispetto all'oggetto e allo scopo; l'assenza di margini di intervento da parte dell'avv. R. rispetto alle forme e modalità di perfezionamento dei contratti. Alla fine, il concorso della ricorrente viene costruito in termini di "adesione ex post" e "mancata opposizione", figure che neppure lambiscono le soglie della tipicità concorsuale, perché prive di spessore sotto il profilo condizionalistico e della causalità per agevolazione. 7. M.N. svolge nove motivi, tuti afferenti al reato di falso ideologico in atto pubblico di cui al capo 39). 7.1. Con i primi due motivi denuncia violazione di legge sostanziale e processuale in punto di elemento oggettivo del reato. 7.1.1. Il giudice di merito ha giudicato sussistente la falsità della determina a contrarre del (Omissis) nella parte relativa all'ammontare del compenso riconosciuto all'avv. M.: l'importo di Euro 67.814,41 indicato nella DAC non rappresentava l'effettivo corrispettivo per l'attività prestata dal professionista in relazione all'incarico indicato (assistenza nella procedura per la (Omissis)), poiché Euro 17.814,41 costituivano parte del compenso spettante per il "contenzioso SIS" allo studio P. e A. (di cui M. era socio). Sostiene il ricorrente che, alla luce della sentenza delle Sezioni Unite n. 46982 del 2007, si tratterebbe di falso innocuo data l'assenza di effetti antigiuridici patiti da ILSPA e da Regione Lombardia: - non vi è stata alcuna indebita assegnazione di incarico a favore dell'avv. M.; - ILSPA non ha effettuato alcun maggior esborso, poiché la somma complessivamente erogata è di 130.000,00 che rappresenta il corrispettivo effettivamente spettante all'avv. M.; - non sono maturati indebiti benefici fiscali; - non si è realizzata una alterazione della "rappresentazione contabile-bilancistica" dell'ente; - non si è prodotto alcun pregiudizio alla futura realizzazione dell'autostrada regionale (Omissis); - lo studio P. e A. non ha conseguito maggiori incassi. 7.2. La censura, già formulata con l'atto di appello, è rimasta senza risposta, così dando luogo alla violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3. 7.3. Con il terzo, il quarto e il quinto motivo si contesta, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e), la possibilità di ancorare la responsabilità concorsuale al mero "silenzio" serbato dal ricorrente a fronte della soluzione prospettata da P.P.P. con la e-mail del 20 aprile 2012 (imputare parte del compenso pattuito per SIS all'incarico di assistenza per la procedura VIA (Omissis)). Con le medesime doglianze si evidenzia la contraddittorietà della motivazione che ritiene provato il "dolo eventuale" e che pone a carico del professionista l'obbligo giuridico di opporsi alla proposta, ritenuta illecita, dell'ente pubblico. 7.4. Con il sesto, il settimo, l'ottavo e il nono motivo, si attacca il capo relativo alla responsabilità civile. Osserva il ricorrente che la Corte di appello non ha chiarito in cosa siano consistiti i danni patrimoniali e non patrimoniali scaturiti dalla condotta di falso. La motivazione, tutta imperniata sui reati di turbativa, lascia il punto privo di adeguata e congrua risposta. Si evidenzia, infine, che la Corte di appello ha condannato l'imputato, in solido con gli altri, alla rifusione delle spese sostenute anche da CAL spa, quando però questa società non si è costituita parte civile nei confronti dell'avv. M.. 8. A.F. presenta otto motivi concernenti il reato di cui all'art. 353-bis c.p. a lei ascritto al capo 43) limitatamente al conferimento dell'incarico di consulenza legale dell'importo di 30.000 Euro per l'analisi urbanistica e la valorizzazione di nove immobili di proprietà dell'Asl di (Omissis). 8.1. Con il primo denuncia assenza di motivazione su tutti i motivi di appello. 8.2. Con il secondo sostiene che la vicenda in rassegna non sarebbe regolata dalle norme sui contratti pubblici, ma ricadrebbe nella disciplina del contratto d'opera professionale disciplinato dall'art. 2230 c.c. 8.3. Con il terzo motivo deduce la contraddittorietà di una decisione che, da un lato, ha riconosciuto l'insussistenza del reato di turbativa contestato alla A. per un incarico di consulenza nei settori della hard facility e soft facility del valore di 95 mila Euro, mentre, dall'altro lato, ha dichiarato la medesima imputata responsabile per un altro incarico, conferito nel medesimo settore, dietro corrispettivo di 30 mila Euro, sul presupposto della inidoneità della professionista a svolgerlo. 8.4. Con il quarto motivo si evidenzia che per un affidamento diretto del valore inferiore a 40 mila Euro (quale quello in discussione) ILSPA avrebbe potuto procedere in via diretta legittimamente e senza necessità di giustificare la scelta compiuta. 8.5. Con il quinto si sostiene che il dettato dell'art. 17 del nuovo codice degli appalti (D.Lgs. n. 50 del 2016) rafforzerebbe il convincimento, espresso dai consulenti tecnici, per cui le prestazioni richieste ai legali non necessitino di un affidamento tramite procedura ad evidenza pubblica, rientrando le stesse nel novero degli "incarichi esclusi". 8.6. Con il sesto motivo si segnala l'assenza di "accordi collusivi" e di dolo specifico. Le conversazioni intercettate riguardano la normale dialettica precontrattuale posteriore alla già avvenuta selezione. Non risulta alcuna intenzione della A. di condizionare la scelta del contraente. 8.7. Il settimo motivo richiama l'ordinanza in data 6 novembre 2020, con cui la Corte di appello di Lecce ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 578 c.p.p. "nella parte in cui stabilisce che, quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, decide sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti civili". 8.8. L'ottavo motivo attiene alle statuizioni civili e contesta: la legittimazione attiva alla richiesta di risarcimento; la sussistenza di un danno risarcibile; l'assenza di motivazione sulle doglianze presentate al riguardo dalla A.. E' lo stesso giudice di merito a riconoscere il carattere profittevole della prestazione fornita dalla ricorrente, salvo poi cadere in contraddizione liquidando un danno. Del resto la Corte di cassazione, pronunciandosi sui ricorsi in materia di misure cautelari reali, aveva escluso la configurabilità di un danno, giungendo ad annullare senza rinvio il provvedimento di sequestro preventivo. 9. C.A. e P.P., con il medesimo atto a firma del comune difensore, coltivano due motivi volti a contrastare la ritenuta sussistenza dei reati di cui agli artt. 353-bis c.p. loro ascritti al capo 58 (tre incarichi di assistenza informatica conferiti da ILSPA) e al capo 59 (tre incarichi di assistenza informatica conferiti da CAL). I motivi sono sostanzialmente analoghi all'ottavo e al nono del ricorso proposto da R. sui medesimi capi di imputazione (cfr. sopra paragrafo 3.5.); con essi si rivendica: - la legittimità del "frazionamento" attesa la diversità degli incarichi oggetto dei distinti contratti (il primo contratto, affidato all'ing. C., riguarda un servizio di gestione e coordinamento generale delle attività di manutenzione, sviluppo e manutenzione completa; il secondo, affidato all'ing. B., concerne il servizio di manutenzione e sorveglianza completa del servizio informativo aziendale; il terzo, affidato alla INDS srl, inerisce al servizio di analisi e sviluppo applicativi SW nell'ambito delle attività di manutenzione e sorveglianza completa; - l'assenza di un "accordo collusivo", essendo carente la motivazione che ricava la prova del fatto: da due intercettazioni telefoniche che, però, riguardano soggetti diversi da C. e P.; dalle dichiarazioni rese da P. nella fase delle indagini preliminari, acquisite ex art. 513 c.p.p. alla cui utilizzabilità erga alios le difese non hanno prestato consenso. 10. Il processo è stato trattato in pubblica udienza su richiesta delle difese. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Sono fondati i ricorsi di L.C., M.N., R.G., A.F., C.A., P.P.. M.F. (imputato non ricorrente) si giova dell'impugnazione proposta dai concorrenti nei reati allo stesso ascritti. I ricorsi di R.A.G. e P.P.P. sono fondati limitatamente ai motivi concernenti i reati di cui agli artt. 353 e 353-bis c.p.; mentre vanno rigettati quanto ai reati di falso ideologico in atto pubblico. 2. Come anticipato nel "ritenuto in fatto", vengono in rilievo alcune procedure di affidamento di incarichi (prevalentemente consulenze legali di natura stragiudiziale) da parte di Infrastrutture Lombarde S.p.A. (di seguito ILSPA) e CAL s.p.a.. (di seguito CAL). ILSPA è una società per azioni a capitale interamente regionale che funge da centrale di committenza in relazione alla progettazione, all'affidamento e all'aggiudicazione di lavori concernenti infrastrutture e opere di interesse regionale. CAL ha la forma giuridica di una società per azioni ed è partecipata in modo paritetico da Anas spa e da Regione Lombardia; ad essa sono stati trasferiti poteri e funzioni di soggetto concedente ed aggiudicatore, attribuiti originariamente ad Anas per la realizzazione dell'autostrada (Omissis), dell'autostrada (Omissis) e delle (Omissis). R.A., all'epoca dei fatti, è stato direttore generale di ILSPA e amministratore delegato di CAL (non di rado anche RUP, direttore dei lavori, Presidente delle Commissioni di gara pubblica) e, in tale veste, ha sottoscritto tutti gli atti oggetto di contestazione. P.P. è stato il responsabile dell'ufficio gare e contratti di ILSPA. Accanto a costoro vi sono le figure dei professionisti, ritenuti concorrenti nei vari reati: gli avvocati L.C., M.F., R.G., M.N., A.F.; un esperto di servizi informatici, C.A., e la moglie di quest'ultimo, P.P. legale rappresentante di una delle società beneficiarie degli appalti in contestazione. Molte delle questioni poste sono comuni e possono essere trattate congiuntamente. Esse ruotano attorno a quattro tematiche: il reato di cui all'art. 353 c.p.; il reato di cui all'art. 353-bis c.p.; le fattispecie di falso; le statuizioni civili. 3. Il reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.). I ricorsi sono fondati. 3.1. Il delitto in esame (capi 25 e 27) è stato addebitato agli imputati R., P., L.. Per il capo 25) è stata riconosciuta la responsabilità, a titolo di concorso, anche di M.F. (non ricorrente). Nel capo 25) si ascrive a R., P., L. e M., in concorso tra loro, il reato di cui all'art. 353 c.p. per avere turbato, in favore di L. e M., il regolare andamento della procedure negoziate indette da CAL spa per l'affidamento dei "servizi legali ex D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 20, di assistenza e supporto a Concessioni Autostradali Lombarde S.p.A. in relazione allo svolgimento delle attività tecnico-amministrative inerenti la realizzazione e la gestione dell'autostrada diretta (Omissis) ((Omissis)), dell'autostrada (Omissis) ((Omissis)) e della (Omissis) ((Omissis))". Secondo la ricostruzione dei giudici di merito gli imputati si sono preventivamente accordati per individuare gli aggiudicatari di ciascuno dei quattro lotti e per fissare il contenuto della determina a contrarre in relazione all'oggetto ed agli importi da porre a base di gara, alle lettere d'invito e all'entità delle offerte migliorative. Il capo 27, ascritto a R., P., L. e M., concerne la turbativa della gara, indetta da ILSPA, per "l'affidamento di servizi legali in relazione allo svolgimento delle attività tecnico-amministrative di Infrastrutture Lombarde S.p.A. nel supporto e assistenza ad Expo 2015 S.p.A. ed al Responsabile Unico del Procedimento". I giudici di merito hanno accertato che gli imputati si sono accordati affinché l'avv. L.C., aggiudicataria della gara, predisponesse, anche tramite la sua collaboratrice, tutti gli atti della procedura stessa, tra cui i contenuti della determina a contrarre su oggetto e importo contrattuale da porre a base di gara, fissando inoltre l'entità delle offerte migliorative di ciascun partecipante. Le procedure si sono rifatte agli artt. 20 e 27 codice dei contratti pubblici in vigore al momento dei fatti (D.Lgs. n. 163 del 2006). L'art. 20 stabilisce che tra i c.d. "contratti esclusi" rientrano gli appalti di servizi elencati nell'allegato II B, che, al punto 21, indica i "servizi legali" (servizi giuridici, servizi di consulenza giuridica e di rappresentanza legale (...)). L'art. 27 fissa i "principi relativi ai contratti esclusi": "L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L'affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto". 3.2. L'art. 353 c.p. punisce "Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti". Il delitto presuppone l'esistenza di una procedura di gara, evocata in maniera diretta dal testo della norma incriminatrice. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il reato è configurabile non solo in presenza di "pubblici incanti" o "di licitazioni private" (definizioni ormai superate dalla normativa sui contratti pubblici) quando cioè vi sia diretta applicazione delle norme in materia di aggiudicazione di appalti - ma in ogni situazione nella quale la Pubblica amministrazione proceda all'individuazione del contraente mediante una gara, quale che sia il nomen iuris conferito alla procedura (cfr. Sez. 6, n. 13124 del 28/01/2008, Mancianti, Rv. 239314, tra le prime pronunce successive al D.Lgs. n. 163 del 2006). Si tratta di opzione ermeneutica che non dà luogo a una applicazione analogica della fattispecie criminosa di cui all'art. 353 c.p., bensì ne concreta una interpretazione estensiva sul criterio dell'eadem ratio: garantire il regolare svolgimento sia dei pubblici incanti sia delle gare informali o di consultazione, le quali finiscono con il realizzare, sostanzialmente, delle licitazioni private (così in motivazione Sez. 6, n. 29581 del 24/05/2011, Tatò). L'interpretazione estensiva dell'art. 353 c.p. postula "qualificanti forme procedimentali", nel senso che, in loro difetto, nonostante l'interpello di più soggetti, quando non è prestabilito alcun meccanismo selettivo delle offerte e non viene in rilievo alcuna forma di competizione e di concorrenza tra gli offerenti si rimane al di fuori dello schema concettuale della "gara" e si è in presenza di una semplice comparazione di offerte, che la pubblica amministrazione è libera di valutare come meglio crede, sia pure attraverso un contestuale esame delle stesse. La possibilità di turbare la gara, dunque, esiste solo laddove c'e' la possibilità di influenzare negativamente il regolare funzionamento di questo meccanismo; se esso manca dovrà necessariamente escludersi una sua turbativa (Sez. 6, n. 32237 del 13/03/2014, Novi, Rv. 260426). La giurisprudenza è andata via via specificando, in positivo e in negativo, i caratteri della "gara" rilevante ex art. 353 c.p. nel senso che: - una gara presuppone una competizione tra aspiranti, che si svolga sulla base della previa indicazione e pubblicizzazione dei criteri di selezione e di presentazione delle offerte (cfr. Sez. 6 n. 6603 del 05/11/2020, dep. 2021, Maroni, Rv. 280836 - 01; Sez. 6, n. 2795 del 06/12/2018, Caruso, n. m.; Sez. 6, n. 30730 del 28/03/2018, C., n. m. sul punto); - occorre che l'avviso informale di gara o il bando o, comunque, l'atto equipollente pongano i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto e i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte (Sez. 6, n. 8044 del 21/01/2016, Cereda, Rv. 266118); - tutti i potenziali contraenti devono sapere di essere tra loro in competizione (Sez. 6 n. 6603 del 05/11/2020, dep. 2021, Maroni); - non presenta i caratteri di una gara la procedura attraverso cui la pubblica amministrazione individui il contraente sulla base di un procedimento selettivo interno, basato sulla comparazione dei curricula di soggetti in possesso di competenze coerenti con l'oggetto dell'incarico (Sez. 6, Maroni, cit.); - non può parlarsi di gara nel caso in cui, dopo aver invitato gli aspiranti alla presentazione delle offerte, l'amministrazione resti comunque libera di scegliere il proprio contraente secondo criteri di convenienza e di opportunità propri della contrattazione tra privati (Sez. 6, n. 13124 del 28/01/2008, Mancianti, Rv. 239314), prescindendo da qualunque parametro di individuazione meccanica dell'altra parte negoziale (Sez. 6, n. 9385 del 13/04/2017, dep. 2018, Giugliano, Rv. 272227); - esula dall'alveo applicativo dell'art. 353 c.p. il caso in cui l'amministrazione, dopo aver avviato un procedimento di gara, si orienta formalmente per la conclusione di un accordo sostitutivo del provvedimento finale (Sez. 6, n. 32237 del 13/03/2014, Novi, Rv. 260426, in motivazione la Corte ha precisato che eventuali illegittimità riscontrabili nel percorso negoziale intrapreso, pur rilevanti sul piano amministrativo, tanto da poter invalidare l'accordo stipulato, non sono idonee ad integrare gli estremi del reato in questione). Si è specificato, inoltre, che, in tema di procedura semplificata, né il richiamo ai principi generali di economicità, libera concorrenza, pubblicità, rotazione, ecc., né l'esistenza di un criterio di scelta assumono rilievo nel caratterizzare come "gara" la procedura (così Sez. 6, n. 32400 del 20/06/2019, Di Maio, n. m.). 3.3. Nei casi in rassegna la ricostruzione dei fatti, compiuta dai giudici di merito, non permette di capire se le procedure di assegnazione degli incarichi oggetto di contestazione ai capi 25) e 27) siano riconducibili alla nozione di "gara" nel senso sopra indicato. La questione, posta dalle difese già in sede di gravame, viene risolta dalla Corte di appello in senso positivo, facendo leva su: - l'esplicito riferimento al D.Lgs. n. 163 del 2022, artt. 20 e 27; - la lettera di invito inviata a cinque concorrenti; - la natura di organismi di diritto pubblico di ILSPA e CAL. Si tratta, però, di dati insufficienti al fine di qualificare una procedura come "gara" ex art. 353 c.p.. Sia il richiamo al D.Lgs. n. 163 del 2022, artt. 20 e 27, sia l'invio di un invito a cinque professionisti, sia la natura di organismi di diritto pubblico degli enti sono elementi privi di decisività, poiché compatibili (come detto) anche con una procedura non inquadrabile nel concetto di gara. La sentenza non coglie l'essenza della "gara", non si sofferma, cioè, sulla analisi delle condizioni che, secondo quanto esposto al paragrafo 3.2., contraddistinguono una "gara" rispetto a un procedimento selettivo basato sulla comparazione dei curricula. 3.4. Va osservato che i reati di cui ai capi 25) e 27) sono già stati dichiarati estinti per prescrizione e che residuano solo le statuizioni civili. Alla luce delle considerazioni che precedono, non si dispone di elementi che impongano, ex art. 129 c.p.p., comma 2, il proscioglimento nel merito degli imputati. Al riguardo, occorre osservare che, secondo il consolidato orientamento di legittimità, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice può pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato o la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo incontestabile, così che la valutazione da compiere appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento", e come tale sia scevra da qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti). Nella fattispecie, il rilevato vizio argomentativo non rende evidente l'insussistenza del reato addebitato; ne consegue che nel presente giudizio di legittimità (contrariamente a quanto avviene in sede di appello, Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273): - agli effetti penali rimane ferma la declaratoria di estinzione dei reati; - l'annullamento colpisce solo l'affermazione di responsabilità agli effetti civili, con investitura del giudice civile competente per valore in grado di appello ex art. 622 c.p.p. (cfr. Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 256087). Questo esito assorbe tutti i residui motivi coltivati da R., P. e L. in ordine ai capi in rassegna; l'annullamento, per le ragioni indicate, dei capi afferenti alla responsabilità civile si estende anche a M.F., coimputato non impugnante, in forza della previsione dettata dall'art. 587 c.p.p., comma 1. 4. Il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.). I ricorsi sono fondati. 4.1. Il delitto in rassegna viene contestato ai capi 10), 13), 16), 19), 34), 36), 43), 58), 59). Segnatamente è stata dichiarata la responsabilità di: - R.A.G. e P.P.P. per tutti i capi; - L.C. capi 10) e 13); - R.G. capi 34) e 36); - A.F. capo 43); - C.A. e P.P. capi 58) e 59); - M.F. - coimputato non ricorrente - capi 16) e 19). Si tratta in sintesi: - di procedure di affidamento diretto di incarichi da parte di ILSPA e Cal a professionisti in materia di servizi legali (capi 10, 13, 16, 19, 34, 36, 43), in cui la sussistenza del reato viene ravvisata ne fatto che, sulla base di una "collusione", l'affidamento diretto è stato conferito in violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 20 e 27; - di procedure di affidamento diretto di incarichi in materia di servizi informatici (capi 58 e 59). 4.2. L'art. 353-bis c.p. punisce "chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione". 4.2.1. Questa disposizione normativa è stata introdotta dal legislatore nel 2010 (L. 13 agosto 2010, n. 136) con l'obiettivo di sterilizzare le condotte finalizzate a turbare le fasi preliminari di una gara. La ratio della norma viene ravvisata nella esigenza di anticipare la tutela penale rispetto al momento di effettiva indizione formale della gara; la norma, si sostiene, mira a prevenire la preparazione e l'approvazione di bandi personalizzati e calibrati proprio sulle caratteristiche di determinati operatori e a preservare il principio di libertà di concorrenza e la salvaguardia degli interessi della pubblica amministrazione (così in motivazione tra le ultime Sez. 6, n. 17876 del 11/01/2022, Mele). Si vuole evitare che vengano predisposti bandi tali da "predefinire" in qualche modo il futuro contraente, attraverso l'indicazione di requisiti talmente stringenti da ridurre artificiosamente la platea dei potenziali concorrenti (c.d. bandi-fotografia). 4.2.2. Il contenuto dei ricorsi e le caratteristiche dei fatti in contestazione impongono di stabilire, in via prioritaria, se il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contrante sia configurabile o meno in presenza di un affidamento diretto (in tesi) illegittimamente disposto per effetto della condotta perturbatrice volta ad impedire la gara. Un orientamento meno recente (cui aderiscono Tribunale e Corte di appello) fornisce risposta positiva. Si sostiene, cioè, che l'art. 353-bis c.p. nel richiamare ogni "altro atto equipollente" intende riferirsi ad ogni atto che abbia l'effetto di avviare la procedura di scelta del contraente, venendo così in considerazione anche la deliberazione a contrarre qualora la stessa, per effetto della illecita turbativa, non preveda l'espletamento di alcuna gara, bensì l'affidamento diretto a un determinato soggetto (Sez. 6, n. 13431 del 16/02/2017, Imperadore, Rv. 269384; Sez. 6, n. 43800 del 23.10.2012, n. m., Sez. 6, n. 1 del 02.12.2014, dep. 2015, Rv. 262917; Sez. 6, n. 1016, del 22/10/2019, dep. 2020, Del Duca, n. m.; Sez. 6, n. 10016 del 13/02/2019, Fernandez, n. m.; Sez. 6 n. 10111 del 13/02/2019, Fuscaldo, n. m.). La ricostruzione offerta da queste pronunce, attraverso la evocazione della eadem ratio, valorizza la necessità, da una parte, di colmare un vuoto di tutela e, dall'altra, di attribuire rilevanza penale a condotte "sostanzialmente" sovrapponibili a quelle disciplinate dalla norma incriminatrice attraverso una interpretazione extratestuale - qualificata come "estensiva" - della stessa. In senso contrario si pongono i più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità (Sez. 6, n. 5536 del 28/10/2021, dep. 2022, Zappini, Rv. 282902; Sez. 6, n. 25550 del 07/04/2022, Marsiglia, n. m.; Sez. 6, n. 17876 del 11/01/2022, Mele, Rv. 283155) secondo cui il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente è configurabile quando sia prevista una "gara", sia pure informale, cioè un segmento valutativo concorrenziale; mentre va escluso nelle ipotesi in cui il procedimento di scelta sia svincolato da ogni schema concorsuale ovvero quando la decisione di procedere all'affidamento diretto sia essa stessa il risultato di condotte perturbatrici volte ad evitare la gara. Questo collegio aderisce alla seconda opzione interpretativa, perché più aderente ai connotati della fattispecie tipica come disegnati dalla norma incriminatrice. Al riguardo si condividono le osservazioni svolte dalle sentenze Zappini e Mele sopra citate. La condotta perturbatrice punita dall'art. 353-bis c.p. deve riguardare un procedimento amministrativo funzionale a una "gara" e deve volgere, sul piano finalistico, a inquinare il contenuto di un atto funzionalmente tipico, cioè di un atto esplicativo del modo con cui si devono selezionare i concorrenti per individuarne il migliore; un atto che pone le regole, le modalità di accesso, i criteri di selezione, che disciplini il modo attraverso il quale effettuare una comparazione tra più soggetti. Il turbamento del procedimento amministrativo si manifesta con il disturbo, l'alterazione, il condizionamento, lo sviamento del normale iter di questo in ragione della finalità di inquinamento del futuro contenuto del bando o di un atto a questo equipollente; uno sviamento volto a strumentalizzare la fissazione delle regole di partecipazione per condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione. Ne discende che la condotta di turbamento, per assumere rilievo ai fini della sussistenza del reato previsto dall'art. 353-bis c.p., deve innestarsi e intervenire in un procedimento amministrativo che contempli una procedura selettiva, la pubblicazione di un bando o di un atto che abbia la stessa funzione, in sintonia con la nozione di "gara" tracciata dalla giurisprudenza ai fini dell'art. 353 c.p. (e sopra ripercorsa al paragrafo 3.2). La norma incriminatrice nel menzionare un "atto equipollente" al bando di gara intende riferirsi al contenuto di un atto che assolva la medesima funzione del bando. Rispetto alla chiara lettera della legge, non sono condivisibili torsioni interpretative volte a forzare il dato testuale per attribuirgli un significato ulteriore, distinto e più ampio, rispetto a quello desumibile dalla sua immediata lettura. A diversamente opinare si finirebbe per estendere l'ambito della norma incriminatrice e la tipicità della fattispecie con un procedimento analogico in malam partem. In conclusione: "La condotta perturbatrice non finalizzata ad inquinare il contenuto del bando - o di un atto ad esso equipollente -, ma volta ad impedire la gara attraverso l'affidamento illegittimo diretto dei lavori, è esterna rispetto al perimetro testuale della norma" (così in motivazione Sez. 6, n. 5536 del 28/10/2021, dep. 2022, Zappini, e Sez. 6, n. 17876 del 11/01/2022, Mele, citate). 4.3. In tutti i casi oggetto del presente procedimento, ILSPA e CAL hanno scelto la via dell'affidamento diretto. Tali situazioni non ricadono nell'alveo di tipicità dell'art. 353-bis c.p.. Ne consegue che, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2, va rilevata l'insussistenza del fatto, con annullamento della declaratoria di prescrizione e revoca delle statuizioni civili. In forza dell'art. 587 c.p.p., comma 1, beneficia della decisione anche il coimputato non ricorrente M.F.. 4.4. Rimangono assorbiti tutti i residui motivi inerenti ai capi in esame. 5. I reati di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) I ricorsi di R. e P. sono infondati; il ricorso di M.N. va accolto sul punto della responsabilità concorsuale. 5.1. Si tratta delle condotte oggetto dei capi 39) e 45) dell'imputazione. Capo 39) - R., P. e M. sono stati riconosciuti colpevoli del reato di cui all'art. 479 c.p. per aver falsificato il contenuto della determina a contrarre di ILSPA recante la data del (Omissis). Il fatto, ricostruito dai giudici di merito, è pacifico: in data prossima al 20 aprile 2011, la citata determina a contrarre, formata quasi tre anni prima, è stata alterata modificando da Euro 50.000,00 a Euro 67,814,41 l'ammontare del corrispettivo riconosciuto allo studio professionale P. - A., di cui è socio il coimputato M.N., per l'assistenza legale nella procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale (c.d. VIA) relativa all'autostrada regionale Cremona Mantova. Capo 45) - Si contesta la falsità ideologica della determina a contrarre emanata da ILSPA il 12 gennaio 2012, laddove la stessa predica l'idoneità professionale (in realtà insussistente secondo i risultati dell'attività di intercettazione) di A.F. a svolgere l'incarico di consulenza alla medesima assegnato in relazione alla valorizzazione del patrimonio immobiliare della Asl (Omissis). La responsabilità è stata circoscritta ai due pubblici ufficiali, R.A.G. e P.P.P.; mentre la professionista, A.F., è stata assolta sin dal primo grado "per non aver commesso il fatto". 5.2. R. impugna i capi 39) e 45), affidando le critiche al medesimo motivo (il settimo) con il quale contesta, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, la effettiva sussistenza dei reati avuto riguardo a: natura di atto pubblico della determina a contrarre; erronea ricostruzione dei profili di falsità degli atti; assenza di dolo. Su detti punti, già devoluti con il gravame, la Corte di appello non avrebbe fornito alcuna risposta. P. coltiva solo due motivi (indistintamente riferiti a tutti i capi di imputazione) che si appuntano su: qualifica di pubblico ufficiale, assenza di potere decisionale, mancata individuazione del contributo concorsuale dell'imputato, difetto di prova del concorso. Le censure non meritano adesione. 5.2.1. Va premesso che: - il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacché ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di doglianza; - nella disamina dei denunciati vizi argomentativi, la decisione di appello non può essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado dal momento che la motivazione delle due pronunce si dispiega secondo l'articolazione di sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti, così da formare un unico costrutto motivazionale. 5.2.2. Le falsità oggetto di addebito riguardano due determine a contrarre materialmente sottoscritte da R. e predisposte da P., con le quali ILSPA manifesta la propria decisione di assegnare determinati incarichi professionali. E' indubbio che rivestano la qualifica di pubblici ufficiali sia R., quale direttore generale di ILSPA e responsabile del procedimento, sia P., quale responsabile dell'ufficio gare e contratti di ILSPA; entrambi hanno esplicato l'attività in rassegna secondo norme di diritto pubblico e hanno formato - o contribuito a formare - e hanno manifestato la volontà di un ente a partecipazione pubblica totalitaria, esercitando poteri autoritativi, o deliberativi o certificativi connessi alla gestione dei contratti pubblici. L'assunto di P. circa lo svolgimento, da parte sua, di compiti esecutivi rimane una affermazione generica e apodittica, priva di reale confronto con l'impianto della sentenza impugnata, dalla quale emerge un pieno coinvolgimento dell'imputato nella elaborazione e preparazione dei contenuti degli atti pubblici in contestazione, anche in ragione della funzione esercitata (non certo di carattere meramente esecutivo). Le determine a contrarre di cui ai capi 39) e 45) sono state correttamente qualificate come atti pubblici, in quanto attestano, nell'ambito di un procedimento amministrativo, attività direttamente compiute dal pubblico ufficiale e comprovano atti o fatti da lui direttamente rilevati. La natura di "atto interno" della determina non ne esclude la valenza pubblicistica; difatti nella elaborazione ermeneutica di legittimità ricorre il principio secondo cui: "Ai fini della configurazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituiscono atti pubblici non solo quelli destinati ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, ma anche gli atti cosiddetti interni, cioè, sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, sia quelli che si collocano nel contesto di un complesso "iter" - conforme o meno allo schema tipico - ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi" (cfr. tra le ultime Sez. 5 n. 38455 del 10/05/2019, Carta, Rv. 277092, che ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito che aveva ravvisato il falso ideologico in atto pubblico nella condotta del ricorrente che, in qualità di sindaco, nel contesto di una procedura di affidamento di un determinato servizio, aveva disposto la sostituzione del preventivo di spesa depositato da un'impresa con altro preventivo non protocollato, da allegare alla determina sottoscritta dal dirigente competente e dotata del visto di copertura finanziaria, ma non ancora pubblicata). Le contestazioni sui profili di falsità, i contributi partecipativi e il dolo sono inammissibili nella parte in cui prospettano una diversa lettura del materiale probatorio e infondati alla luce delle ragioni poste a base della decisione nei termini di seguito specificati. 5.2.3. Capo 39). Nel mese di aprile 2011 R. e P. concordano di modificare i contenuti della determina a contrarre deliberata da ILSPA il (Omissis); in particolare portano da Euro 50.000,00 a Euro 67,814,41 l'ammontare del corrispettivo riconosciuto allo studio professionale P. e A. (di cui M. era socio) per l'assistenza legale nella procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale (c.d. VIA) relativa all'autostrada regionale (Omissis). L'interpolazione mirava a conciliare le esigenze di bilancio con la necessità di assicurare all'avvocato M. il pagamento dei compensi per le prestazioni professionali svolte nei "due contenziosi Codelfa" e nel "contenzioso di secondo grado SIS". La individuazione del profilo di falsità è sorretta da adeguata e congrua motivazione. Osservano i giudici di merito che la determina così "alterata" presenta un contenuto ideologicamente falso laddove documenta, in difformità dal vero, la pertinenza del compenso di Euro 67,814,41 all'esecuzione della prestazione di attività di consulenza stragiudiziale per la VIA, mentre nel suo contenuto genuino il compenso pattuito era pari ad Euro 50.000. Si legge in sentenza che la falsità cade "sull'entità dei compensi pattuiti rispetto alla prestazione contrattuale indicata vale a dire l'assistenza legale nella procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale relativamente all'autostrada regionale (Omissis): l'importo di Euro 67,814,41 non era, infatti, da porsi in una reale relazione sinallagmatica con l'attività prevista in quel contratto, in quanto la maggior somma di Euro 17.814,41 risultava artatamente inserita nel 2012 al fine di garantire il pagamento di somme dovute, ad altro titolo, a favore di M.N." (pagg. 380 e 381 sentenza di primo grado). Del pari immune da vizi logici, è l'argomento speso sulla responsabilità dei due pubblici ufficiali. La "doppia conforme" di condanna pone in evidenza il ruolo attivo assunto in "tale illecita operazione" da P.P.P.: costui, come emerge dalla e-mail del 20 aprile 2012 e dell'allegato informatico n. 51, "non solo aveva richiesto a M. l'originaria DAC e a M.N. il contratto iniziale relativo alla VIA, ma aveva, altresì, espressamente proposto di "rifirmare" nuovi documenti, identici ai precedenti nel nome ma aventi contenuti ideologicamente falsi". Le decisioni di primo e secondo grado concordano, senza cadute di logicità, sulla dimostrata consapevolezza di tale falsità anche in capo ad R.A., firmatario dell'atto falso: costui sapeva quale fosse l'ammontare del compenso spettante a M.N. in quanto si era impegnato personalmente nella definizione degli importi relativi. Osservano i giudici di merito che: - "la decisione di "spalmare" il compenso dovuto a M.N. importava l'attuazione di operazioni complesse, non lineari ed involgenti l'indebita riesumazione di un contratto già chiuso" rende ragionevole presumere che R., in virtù del ruolo ricoperto, sia stato informato dell'operazione da parte di P. (pag. 381 sentenza di primo grado); - "tale complessa ed illecita operazione nasceva da problemi correlati alla revisione dei bilanci di ILSP A da parte di una società esterna: e', dunque, del tutto plausibile che, per le funzioni di direzione generale della società, R. fosse stato informato, anche solo da M.M., responsabile finanza e controllo di ILSPA, delle possibili ricadute esterne dalla rituale scrittura a bilancio dei compensi a M., e quindi della necessità di attuare soluzioni alternative" (pag. 381 sentenza di primo grado); - soccorre infine "un dato storico del tutto dirimente: la data apposta sulla DAC era quella del (Omissis), dunque di quasi quattro anni anteriore al momento della sua materiale sottoscrizione; non può, quindi, legittimamente sostenersi che R., nell'atto di siglare tale atto, non avesse avuto alcuna materiale contezza della palese anomalia della sua datazione" (pag. 381 sentenza di primo grado). 5.2.4. Capo 45). Anche in relazione a tale capo di imputazione, il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito si sottrae a censure sia sul profilo di falsità sia sugli apporti partecipativi consapevolmente offerti da R. e P.. Il costrutto motivazionale si snoda attraverso i seguenti passaggi. Con la determina a contrarre datata 12 gennaio 2012 si documenta la decisione di ILSPA di assegnare a A.F. l'incarico di consulenza relativo alla valorizzazione del patrimonio immobiliare della Asl (Omissis); la scelta viene giustificata attestando le approfondite conoscenze maturate dalla professionista in quel settore. L'attestazione è falsa, poiché, come hanno dimostrato le operazioni di intercettazione, l' A. stessa riferì di non possedere le competenze necessarie all'espletamento dell'incarico, al che fu P. a suggerire alla professionista di "subappaltare" il servizio assegnatole. La falsità ideologica cade "proprio sui criteri seguiti dalla società nel processo selettivo della professionista". La redazione dell'atto falso è ascrivibile tanto a R.A., firmatario della determina, quanto a P.P.P. che lo ha congeniato. 5.2.5. Gli argomenti svolti conducono a rigettare i ricorsi di R. e P. sui capi 39) e 45) sia agli effetti penali sia agli effetti civili. 5.3. Il ricorso di M.N. è fondato nei limiti di seguito precisati. 5.3.1. E' manifestamente infondata la tesi che prospetta l'innocuità del falso. Il falso c.d. innocuo va annoverato nella categoria del reato impossibile per "inesistenza dell'oggetto" (art. 49 c.p., comma 2) e ricorre nel falso "inutile", nel falso, cioè, che cade su un atto, o su una parte di esso assolutamente privo di valenza probatoria" (Sez. 5, n. 2809 del 17/10/2013, dep 2014, Vetriglia, Rv. 258946, che richiama Sez. 5, n. 11498 del 05/07/1990, Casarola, Rv. 185132; conf. Sez. 5, n. 28599 del 07/04/2017, Bautista, Rv. 270245 - 01). La giurisprudenza ritiene configurabile il falso innocuo (o inutile o superfluo) quando la condotta, pur incidendo sul significato letterale di un atto (falso ideologico) o di un documento (falso materiale), non incide sul suo significato di comunicazione, così come esso si manifesta nel contesto, anche normativo, della formazione e dell'uso, effettivo o potenziale, dell'oggetto (Sez. 5, n. 38720 del 19/06/2008, Rocca, Rv. 241936). In sostanza, la punibilità del falso è esclusa, per inidoneità dell'azione, tutte le volte in cui l'alterazione appaia del tutto irrilevante ai fini dell'interpretazione dell'atto, perché non ne modifica il senso (Sez. 5, n. 2809/2014, cit.; cfr. pureSez. 5, n. 38720 del 19/06/2008, Rocca, Rv. 241936) o, in altri termini, quando l'infedele attestazione (nel falso ideologico) o l'alterazione (nel falso materiale) non esplicano effetti sulla funzione documentale dell'atto stesso di attestazione dei dati in esso indicati (Sez. 5 n. 5896 del 29/10/2020, dep.2021, Brisciano, Rv. 280453; Sez. 5, n. 35076 del 21/04/2010, Immordino, Rv. 248395). L'irrilevanza che connota il falso innocuo concerne non eventuali ricadute pratiche negative - in ipotesi scongiurate per effetto di altre evenienze - ma il senso dell'atto in sé, considerato nella sua funzione attestativi. Nella specie il profilo di falsità enucleato dai giudici di merito (cfr. sopra paragrafo 5.2.3) rende evidente che l'infedele attestazione verte proprio sul significato dell'atto (la previsione di un determinato corrispettivo per lo svolgimento di uno specifico incarico) e sul suo valore probatorio sì da esplicare effetti sulla funzione documentale dello stesso e dunque sulla idoneità dell'atto ad ingannare la fede pubblica (Sez. 5, n. 47601 del 26/05/2014, Lamberti, Rv. 261812); mentre non rileva la circostanza che quel maggior compenso fosse comunque dovuto ad altro titolo. 5.3.2. Meritano accoglimento, invece, le censure che si appuntano sul contributo partecipativo offerto dal concorrente esterno, M.N., al compimento del reato di falso ideologico commesso dai pubblici ufficiali. La decisione espone le seguenti ragioni. "sono condivisibili le motivazioni del Tribunale, incentrate sulla conoscenza da parte di M. di tutto l'iter, intrapreso e confluito nell'alterazione attraverso il meccanismo sopra illustrato. Egli aveva ricevuto la mail in data 20.4.2012, con la quale veniva informato dell'annullamento della DAC precedente, allo scopo di poter diversamente imputare i pagamenti in suo favore. La procedura comportava l'artificiosa modifica della DAC 30.10.2008, al fine di far risultare corretta la formazione del contratto di assistenza per (Omissis) sulla base dell'importo di Euro 67.841,41. Contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, la partecipazione all'illecito si ravvisa sotto il profilo del concorso morale, riferibile a chi, conoscendo l'illegittimità della procedura, che passava attraverso una vera e propria falsificazione di elementi costitutivi dell'atto pubblico (conoscenza tanto più apprezzabile, in ragione della qualità professionale e delle competenze specialistiche del soggetto)" (pag. 233 sentenza impugnata). Si tratta di motivazione poco perspicua (e' rimasta monca la seconda proposizione che avrebbe dovuto illustrare il ritenuto "concorso morale") che, in ogni caso, non si pone in linea con le regole stringenti delineate dalla Corte di cassazione: "il contributo causale del concorrente morale può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa (istigazione o determinazione all'esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso) e che è compito del giudice di merito motivare sulla prova dell'esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con l'attività posta in essere dagli altri concorrenti" (cfr. per tutte Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226101 - 01). 5.3.3. Gli ulteriori motivi proposti da Nico M. sono assorbiti. Il rilevato vizio di motivazione non rende constatabile ictu oculi l'innocenza dell'imputato; ergo, in sintonia con i principi delineati sopra al paragrafo 3.4.: - agli effetti penali rimane ferma la declaratoria di prescrizione del reato; - l'annullamento colpisce solo l'affermazione di responsabilità di M. agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. 6. Le statuizioni civili. 6.1. I motivi concernenti le statuizioni civili sono, per la gran parte delle posizioni e dei capi di imputazione, assorbiti dall'accoglimento dei ricorsi sotto altri profili. Conservano valenza, in questa sede, le censure sollevate da R. in relazione ai reati di falso (capi 39 e 45) rispetto ai quali il suo ricorso è stato rigettato anche agli effetti civili. In particolare R. è stato condannato (in solido con P. che non coltiva motivi sui capi della responsabilità civile) al risarcimento di tutti i danni derivati dai reati di cui ai capi 39) e 45) da liquidarsi in separata sede, con assegnazione delle seguenti provvisionali in favore delle parti civili: - a favore di ILSPA Euro 4.000,00 per capo 39) e Euro 4.000,00 per capo 45); - a favore di Regione Lombardia Euro 2.000,00 per capo 39) e Euro 2.000,00 per capo 45); 6.2. E' infondato il decimo motivo di ricorso, con il quale R. eccepisce il difetto di legittimazione di ILSPA a costituirsi parte civile. 6.2.1. Il ricorrente sostiene che: - ILSPA è una società costituita dal socio unico Regione Lombardia secondo il modello c.d. in-house providing; - in forza degli arresti della giurisprudenza civile, la società per azioni difetterebbe di una propria alterità soggettiva e distinta titolarità patrimoniale rispetto all'ente pubblico costituente; - non è ammissibile una autonoma costituzione in giudizio di ILSPA in aggiunta a quella di Regione Lombardia. L'assunto non è condivisibile. Gli arresti della giurisprudenza civile richiamati in ricorso pongono in luce la peculiarità delle società in house providing non per negarne la soggettività giuridica, ma solo per riconoscere la responsabilità contabile e la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti degli organi di vertice di dette società (cfr. da ultimo Sez. U civ. n. 20632 del 28/06/2022, Rv. 665079 - 01). In realtà nessuna pronuncia ha mai negato personalità e soggettività giuridica autonoma alle società in house. In tema di reddito d'impresa, la società in house providing vien considerata, anche sotto il profilo fiscale, centro autonomo di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive rispetto all'ente locale che su di essa esercita il cd. "controllo analogo", con conseguente sussistenza di autonomo titolo giuridico per dedurre i costi e detrarre l'IVA in relazione a contratti dalla stessa stipulati (così Sez. 5 civ., n. 21658 del 29/07/2021, Rv. 661900 - 01). In ambito di diritto del lavoro, la sussistenza di un contratto di appalto cd. in house non comporta di per sé l'unicità di titolarità dell'organizzazione produttiva comune alla società-organismo di diritto pubblico e società da essa partecipata al cento per cento, in quanto il rapporto tra i due enti resta di assoluta autonomia; ne deriva che le vicende dei rapporti di lavoro del personale delle società cd. "in house providing" sono regolate secondo la disciplina del lavoro privato e a tale regolamentazione deve aversi riguardo per valutare sia gli aspetti funzionali ed estintivi che quelli genetici degli stessi. (Sez. L, n. 7222 del 22/03/2018, Rv. 647609 - 01). 6.2.2. Su altro versante sorge, invece, la necessità di evitare duplicazioni di voci risarcitorie; che, peraltro, si pone in termini non dissimili nel caso di partecipazione laddove viene cagionato un pregiudizio al socio e alla sua quota, da un lato, alla società partecipata, dall'altro. Si tratta, però, di questione attinente al merito della richiesta risarcitoria, non alla legittimazione ad avanzarla. Nella specie, quest'ultimo aspetto non è sfuggito al giudice di merito che, nell'investire il giudice civile della liquidazione del danno, lo incarica espressamente di "tenere conto della regolamentazione dei rapporti patrimoniali interni tra Regione Lombardia, ILSP A e CAL, in modo da evitare l'eventualità di una duplicazione risarcitoria" (pag. 743 sentenza di primo grado) 6.3. Sono infondati anche l'undicesimo e il dodicesimo motivo. Il Tribunale ha offerto ampia motivazione (recepita dalla Corte di appello) circa la sussistenza di un danno potenziale, riferibile anche ai delitti di falso, che giustifica una condanna generica (cfr. paragrafo 10, pagg. 743 e ss sentenza di primo grado). Mentre non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (cfr. tra le altre Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Tuccio, Rv. 277773). 7. Consegue che: - la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di R.A.G., P.P.P., L.C., R.G., A.F., C.A., P.P. e, per l'effetto estensivo, nei confronti di M.F., in relazione ai reati di cui all'art. 353-bis c.p. contestati ai capi 10, 13, 16, 19, 34, 36, 43, 58 e 59, perché il fatto non sussiste, con conseguente revoca delle relative statuizioni civili; - la medesima sentenza deve essere annullata con rinvio ai soli effetti civili nei confronti di R.A.G., P.P.P., L.C. e, per l'effetto estensivo, nei confronti di M.F., limitatamente ai reati di cui all'art. 353 c.p. contestati ai capi 25 e 27, e nei confronti di M.N. relativamente al reato di cui all'art. 479 c.p. contestato al capo 39. - in relazione a queste ultime posizioni e ai citati capi i ricorsi devono essere rigettati agli effetti penali; - i ricorsi di R.A.G. e P.P.P. vanno rigettati, ad ogni effetto, quanto ai capi 39 e 45. La regolamentazione delle spese tra le parti privati va rimessa al giudice civile. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di R.A.G., P.P.P., L.C., R.G., A.F., C.A., P.P. e, per l'effetto estensivo, nei confronti di M.F., limitatamente ai reati di cui all'art. 353-bis c.p. contestati ai capi 10, 13, 16, 19, 34, 36, 43, 58 e 59, perché il fatto non sussiste, e revoca le relative statuizioni civili. Annulla la stessa sentenza agli effetti civili nei confronti di R.A.G., P.P.P., L.C. e, per l'effetto estensivo, nei confronti di M.F., limitatamente ai reati di cui all'art. 353 c.p. contestati ai capi 25 e 27, e nei confronti di M.N. relativamente al reato di cui all'art. 479 c.p. contestato al capo 39, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Rigetta i ricorsi di R.A.G., P.P.P. e L.C. agli effetti penali relativamente ai capi 25 e 27. Rigetta nel resto i ricorsi di R.A.G. e P.P.P.. Spese di parte civile al definitivo. Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2022. Depositato in Cancelleria, il 1 dicembre 2022
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