RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato quella emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vercelli il 15 ottobre 2019, che aveva dichiarato L.G. colpevole del reato di turbativa d'asta e lo aveva condannato, con le attenuanti generiche e la diminuente per il rito abbreviato, alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 60 di multa, oltre al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile.
La Corte d'appello ricostruiva il contesto fattuale, non oggetto di censura da parte dell'imputato. La vicenda aveva avuto origine dalla denuncia sporta da G.L., creditore del figlio del ricorrente, U., che aveva avviato un procedimento di esecuzione immobiliare nei suoi confronti e aveva proceduto al pignoramento e alla richiesta di messa in vendita dell'abitazione di cui lo stesso era proprietario. In una situazione caratterizzata da plurime iniziative giudiziarie (civili e penali) da parte di L.U., al quarto esperimento di vendita l'immobile era aggiudicato al padre G., per la somma di Euro 25.000 da corrispondere entro il 23 maggio 2018, scadenza che non veniva rispettata con conseguente decadenza. Dopo due istanze rivolte da L.U. al Giudice dell'esecuzione, l'ultimo giorno utile per il pagamento del prezzo L.G. aveva infatti depositato personalmente una lettera in cui affermava di subordinarne il versamento alla corresponsione di un rendiconto delle spese condominiali, che sosteneva di non conoscere per l'esatto importo. Il mancato pagamento determinava tuttavia la decadenza dall'aggiudicazione.
La Corte, condividendo il percorso argomentativo seguito dal Giudice per le indagini preliminari, riteneva che il mancato pagamento integrasse gli estremi del comportamento fraudolento, dovendosi in tale concetto comprendere ogni artificio, inganno o menzogna concretamente idoneo a conseguire l'evento del reato. I giudici di appello rappresentavano come la condotta dell'imputato si fosse inserita in una più ampia serie di manovre dilatorie avviate dal figlio, volte ad ostacolare le legittime iniziative legali poste in essere nei suoi confronti, culminate nella partecipazione all'asta con conseguente aggiudicazione dell'immobile da parte di L.G.. Riteneva altresì che l'aggiudicazione fosse in realtà un ennesimo espediente per ritardare il rilascio dell'immobile, non avendo l'imputato l'intenzione effettiva di corrispondere il prezzo, circostanza desumibile dalle pretestuose richieste di ottenere non dovute integrazioni del verbale di aggiudicazione e delle ripetute istanze per ottenere la quantificazione delle spese condominiali, viceversa ben note al figlio.
La Corte non condivideva i rilievi rappresentati dalla Difesa nei "motivi aggiunti", ritenendo che, pur essendo il mancato pagamento un "avvenimento fisiologico", ciò non escludesse la rilevanza penale della condotta tenuta da L., non potendo essa essere circoscritta ad un mero inadempimento, bensì inserendosi in un contesto di espedienti e artifici volti a precludere il buon esito dell'asta.
Ne' in tal senso rilevava la circostanza documentata nei "motivi nuovi" presentati dal difensore dell'imputato, ossia la successiva aggiudicazione dell'immobile allo stesso L., che ne aveva pagato il prezzo, trattandosi di evento successivo e irrilevante anche ai fini dell'elemento psicologico.
2. Il difensore di L. ha presentato ricorso per cassazione avverso detta sentenza, deducendo il vizio di motivazione, con particolare riferimento alla condotta posta in essere dall'imputato nell'ambito della procedura di gara e all'aggiudicazione dell'immobile, intervenuta successivamente alla sentenza di primo grado. Vi era comunque una disponibilità economica da parte dell'imputato, dimostrata dalla predisposizione di assegni bancari dotati di provvista, di cui la Corte territoriale non ha tenuto conto. Non è da ritenersi dirimente la modalità del pagamento ma la disponibilità effettiva della somma. La volontà dell'imputato di acquistare l'immobile era effettiva, come dimostrato dal successivo comportamento, cioè dall'avvenuta aggiudicazione in capo a L. dell'immobile in data 13 dicembre 2019, né potendosi in tal senso condividere l'affermazione dei giudici di appello che si trattasse di un comportamento volto a precostituirsi una difesa nel giudizio, nel corso del quale era nel frattempo intervenuta la condanna in primo grado. Palese, quindi, è l'insussistenza dell'elemento soggettivo.
Parimenti la sentenza presenta un vizio di motivazione quanto alla mancata indicazione delle spese condominiali. La Corte ha erroneamente ritenuto che l'ammontare delle medesime dovesse essere necessariamente noto all'imputato, dal momento che il figlio ne era a conoscenza. Si tratta di un assunto non dimostrato ed anzi smentito dal fatto che nel secondo esperimento d'asta del 12 dicembre 2019 L. aveva avanzato la medesima domanda, riportata a verbale dal professionista incaricato della vendita. L. era l'unico concorrente a non essere stato informato della circostanza, non potendosi condividere la presunzione di conoscenza affermata dai Giudici del merito. Una volta entrato in possesso del prospetto delle spese condominiali arretrate ha partecipato alla successiva asta, divenendo proprietario dell'immobile.
Con nota in data 22 dicembre 2021 il difensore ha presentato "Conclusioni scritte L. n. 176 del 2020, ex art. 23, comma 8" con le quali ribadisce i motivi proposti, precisando che non è mai stato violato il principio della libera concorrenza. Quanto alle spese condominiali sostiene che l'ignoranza era effettiva e, quand'anche fossero state note al figlio, ciò non esimeva il custode giudiziario dal comunicarne l'importo a tutti i concorrenti, ivi compreso L.. Alcun danno si era verificato per la P.A. e per i creditori inseriti nella procedura esecutiva, posto che il primo esperimento d'asta si era concluso con l'aggiudicazione ad Euro 25.000 e il secondo - effettivo - ad Euro 22.000 con versamento alla procedura dei 3.000 Euro di differenza, cui era seguito il riparto fra i creditori.
3. In data 12 gennaio 2022 il difensore della parte civile G.L. ha depositato conclusioni scritte con le quali, richiamando le argomentazioni della impugnata sentenza, ne ha chiesto la conferma, istando altresì per la liquidazione delle spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Emerge dalla motivazione della decisione impugnata come la Corte distrettuale, nel confermare l'apprezzamento già espresso in punto di fatto dal primo giudice in merito alla rilevanza penale della condotta dell'imputato, abbia disatteso le deduzioni ed i rilievi critici mossi dalla difesa, ribadendone la valutazione di responsabilità.
La Corte d'appello ha descritto analiticamente gli atti di consapevole intromissione dell'imputato in una serie di manovre dilatorie già avviate dal figlio nei confronti del creditore, dirette ad intralciare le legittime iniziative legali poste in essere nei suoi confronti, culminate nella partecipazione all'asta e alla successiva aggiudicazione dell'immobile. Anche questa appariva come una ulteriore manovra dilatoria, non avendo il ricorrente la reale intenzione di corrispondere l'importo per l'acquisto, come emerso a seguito delle reiterate istanze, fra cui quella volta a conoscere la quantificazione delle spese condominiali insolute, il cui pagamento era stato ripetutamente sollecitato al figlio con raccomandate non ritirate per compiuta giacenza.
Muovendo dalle dichiarazioni accusatorie di G., creditore del figlio dell'imputato, dell'Avv. Fusano, professionista incaricata della vendita, dell'Avv. Micone, che aveva sostituito la collega nella conduzione delle operazioni d'asta, i Giudici di merito hanno ricostruito l'evolversi dei fatti, assumendo la rilevanza penale della condotta tenuta da L., considerata di per sé lesiva del buon andamento della Pubblica amministrazione e della libertà di partecipare allo svolgimento della gara e quindi di influenzarne l'esito secondo i principi della libera concorrenza.
3. Tanto premesso in linea di fatto, ritiene il Collegio che la condotta tenuta dall'imputato, pur connotata obiettivamente da una serie di manovre dilatorie peraltro neppure contestate nel capo di imputazione, non rientra nella fattispecie criminosa delineata nell'art. 353 c.p., essendo invece riconducibile all'ipotesi di natura meramente civilistica del mancato versamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario inadempiente, disciplinata dagli artt. 585-587 c.p.c..
Rilevano in tal senso, da un lato, la predisposizione di assegni bancari dotati di adeguata provvista nella fase iniziale e la circostanza, pur verificatasi dopo la pronuncia di primo grado e documentata nei "motivi nuovi", della definitiva aggiudicazione dell'immobile (in data 13 dicembre 2019) a L.. E' altresì incontroverso che questi non fu posto inizialmente a conoscenza dell'effettivo ammontare delle spese condominiali, il cui prospetto gli venne consegnato solo in epoca di poco anteriore alla seconda asta, conclusasi con l'effettiva aggiudicazione allo stesso. Dati di fatto, questi, che evidenziano comunque l'assenza di mezzi fraudolenti o violenti.
4. Va rimarcato che il reato di turbata libertà degli incanti si configura come reato a forma libera (avendo il legislatore inteso ricomprendere tutti i mezzi concretamente idonei a turbare la libertà degli incanti, alterando il regolare funzionamento e la libera partecipazione degli offerenti alla gara) e di pericolo (non occorrendo il conseguimento del risultato perseguito dall'autore, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l'andamento della gara: Sez. 6, n. 10272 del 23/01/2019, Cersosimo, Rv. 275163), per il quale è sufficiente il dolo generico (consistente nella coscienza e volontà di impedire, turbare la gara o allontanare gli offerenti: Sez. 6, n. 653 del 14/10/2016, Cersosimo, Rv. 269526).
E però, a ben vedere, le condotte pure obiettivamente dilatorie e ostruzionistiche tenute da L. restano estranee al perimetro definitorio della fattispecie criminosa di cui all'art. 353 c.p. e perciò all'area di rilevanza penale delle stesse, non essendo stata violata con mezzi violenti o fraudolenti la par condicio dei creditori, né tantomeno la libera concorrenza all'interno della procedura esecutiva immobiliare de qua.
5. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per insussistenza del fatto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022