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Turbativa d'Asta: Tentativo di Proposta di Offerta di Comodo - Art. 353 c.p.

Turbativa d'Asta: Tentativo di Proposta di Offerta di Comodo - Art. 353 c.p.

Cassazione penale , sez. VI , 14/06/2018 , n. 34948

Integra il tentativo del reato di turbativa d'asta, ai sensi degli artt. 56 e 353 cod.pen. , la condotta di colui che proponga ad un concorrente, senza che questi accetti, di formulare un'offerta di comodo, offrendo in cambio di fare altrettanto in un'altra gara di imminente indizione alla quale il concorrente è interessato, in modo da garantire ad entrambi di risultare aggiudicatari in ciascuna delle due gare.

Norme di riferimento

Art. 216 legge fallimentare -Bancarotta Fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Accogliendo l'appello del P.G., la Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza di assoluzione, emessa il 16 giugno 2015 dal Tribunale di Mantova nei confronti di T.P., dichiarava l'imputato colpevole del reato di cui agli artt. 56-353 cod. pen. e lo condannava alla pena di mesi 3 di reclusione e 100 Euro di multa con i doppi benefici, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile G.M., liquidato in via equitativa in mille Euro. Secondo la ricostruzione contenuta in sentenza, il T., amministratore delegato della Ovdamatic srl, operante nel settore della distribuzione automatica di cibi e bevande anche presso enti pubblici, in cui operava anche la Ideal Service srl di G.A., nel 2011 si occupava del servizio di distribuzione presso gli uffici comunali di (OMISSIS), mentre la Ideal Service srl presso gli uffici giudiziari; dopo la pubblicazione in data 11 febbraio 2011 del bando di gara per l'affidamento dei servizi di ristoro all'interno degli uffici comunali con invito rivolto alle due ditte e ad un'altra società cooperativa, il 23 febbraio 2011 il T. aveva telefonato a G.M., figlio del legale rappresentante della Ideal Service srl, che si occupava della gestione e della partecipazione alle gare, per proporgli di effettuare un'offerta intelligente, presentando una mera offerta di appoggio, come avrebbe fatto anch'egli in occasione del bando, di imminente pubblicazione, per il servizio di ristoro all'interno degli uffici giudiziari, in modo tale da garantire a ciascuno di continuare ad espletare il servizio nei locali in cui avevano già i propri distributori con risparmio di spese. La proposta era stata rifiutata dal G., che aveva respinto l'accordo propostogli, aveva partecipato alla gara, che era stata aggiudicata alla Ideal Service srl, che si era aggiudicata anche la gara per il servizio all'interno degli uffici giudiziari. Il Tribunale aveva ritenuto non integrato il tentativo, in quanto la mera proposta dell'imputato non aveva i requisiti della minaccia o della violenza, non integrava un'offerta o una promessa e non rientrava neppure in una condotta collusiva, occorrendo un collegamento tra le imprese partecipanti alla gara o un accordo clandestino diretto ad alterare la gara, non realizzatosi nella fattispecie per il rifiuto del G.. Riteneva il Tribunale che la mera proposta non potesse considerarsi atto idoneo, diretto in modo non equivoco a turbare la gara, ma solo un atto preparatorio, in quanto solo in caso di accordo e di evento non verificatosi per cause indipendenti dalla volontà delle parti si sarebbe potuto ritenere integrato il reato: non avendo l'imputato fatto ricorso ad altri mezzi fraudolenti, ma solo proposto, in modo esplicito, senza inganni o artifici, di partecipare in modo collusivo alla gara, la mancata accettazione della proposta non era idonea ad integrare il tentativo. Diversamente, la Corte di appello ha ritenuto che la condotta dell'imputato fosse idonea ad integrare il tentativo, avuto riguardo al contenuto della promessa, completa in ogni dettaglio ed avente ad oggetto un'utilità patrimoniale. In particolare, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che l'offerta di appoggio a quella del G. per il bando relativo agli uffici giudiziari avrebbe garantito l'aggiudicazione della gara all'imputato ed entrambe le società si sarebbero aggiudicate le gare senza effettivo concorso e con risparmio di spesa e, pertanto, la proposta era idonea ad avvantaggiare il G., che ne avrebbe tratto vantaggio in caso di accettazione dell'offerta, e le offerte sarebbero state formulate in modo tale da far aggiudicare la gara al concorrente interessato. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore del T., che ne chiede l'annullamento per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Deduce che la Corte territoriale ha accolto l'appello del P.G., ma non ha fondato la decisione sui temi proposti dall'accusa nell'atto di appello, in quanto ha individuato tra le varie condotte integranti il reato, la condotta collusiva, mentre il PG riteneva che la condotta si fosse esplicata in altre modalità previste dall'art. 353 cod. pen. In particolare, il PG sosteneva che il Tribunale di Mantova avesse correttamente ritenuto non realizzato il tentativo di turbata libertà degli incanti tramite collusione, ma aveva errato nel non verificare se la condotta del T. fosse inquadrabile in una delle altre possibili modalità previste dalla norma. A differenza del Tribunale, che aveva ritenuto la condotta del T. meramente preparatoria e quindi, inidonea ad integrare il tentativo punibile, la Corte di appello ha invece ritenuto che il tentativo di collusione non si concretizzò per il rifiuto del G., ma che il T. aveva posto in essere una condotta idonea ad integrare il tentativo, il che contrasta con il contenuto della telefonata tra il T. ed il G., in quanto: 1) nel corso della telefonata non viene pattuita alcuna cifra o somma da offrire nella successiva gara; 2) il vantaggio di cui parla la Corte di appello, riferibile al risparmio di spesa per entrambi gli interlocutori, che in caso di aggiudicazione avrebbero continuato a fornire prestazioni nei luoghi in cui vi erano già i loro distributori, è effetto successivo di un eventuale accordo e non elemento costitutivo del presunto accordo. Si deduce che solo l'individuazione specifica di cifre e di un accordo specifico sulle concrete modalità con cui attuare l'offerta di appoggio avrebbero potuto integrare una condotta concreta, idonea a superare la soglia dell'atto prodromico; 3) la sentenza della Suprema Corte citata in sentenza riguarda una fattispecie in cui tra i due soggetti vi era stato un accordo chiaro e preciso, mentre recenti sentenze del giudice di legittimità attribuiscono rilievo non al mero contatto tra due imprese, ma ad un accordo specifico sui contenuti delle offerte, singole e autonome, oggettivamente inesistente nel caso di specie, in quanto il T. era in assoluta buona fede quando telefonò al collega G. solo per proporgli un accordo per un'ATI. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato. Il ricorrente reputa erroneamente che la Corte di appello abbia ravvisato nei fatti la collusione, esclusa dal primo giudice e non indicata dal PG appellante, mentre invece, i giudici di secondo grado hanno ritenuto, conformemente alle censure dell'appellante, che nella fattispecie non vi fosse collusione bensì un'offerta precisa e la promessa di un vantaggio economico, non sotto forma di danaro, ma di risultato economico, idonea ad integrare il tentativo punibile per la chiara idoneità della proposta ad alterare il risultato di gara. Risulta ben chiarito in sentenza il contenuto preciso della proposta del T., consistente nella richiesta al G. di presentare un'offerta solo formale, di appoggio, per partecipare alla gara relativa all'installazione dei distributori negli uffici comunali, in modo da garantire al proponente l'aggiudicazione; contestualmente, l'imputato aveva promesso al G. di tenere un comportamento analogo nella partecipazione alla gara prevista per il servizio da erogare all'interno degli uffici giudiziari, in modo da assicurare al G. l'aggiudicazione. La proposta aveva quindi, ad oggetto uno scambio di favori ed un contenuto preciso e specifico, essendo diretta a sollecitare la presentazione di una mera offerta di "appoggio", quindi, solo formale, idonea a creare un'apparente regolarità della gara, ma sostanzialmente in grado di azzerare la concorrenza tra i partecipanti per garantire il risultato in favore del proponente, che contemporaneamente si impegnava a fare altrettanto, in modo da garantire analogo risultato al G. nell'altra gara, così da realizzare una spartizione concordata ed un vantaggio economico reciproco con contestuale risparmio di spesa, in quanto ciascuna ditta avrebbe continuato a fornire il servizio negli uffici pubblici in cui aveva già installati i propri distributori. Può convenirsi che il risparmio di spesa era effetto secondario dell'aggiudicazione della gara, ma ciò che rileva ai fini della configurabilità del reato e che è stato valorizzato dai giudici di appello è il contenuto economico della proposta, che prevedeva un innegabile vantaggio patrimoniale, ritenuto equiparabile alla promessa o all'offerta di danaro non accettata, e, tenuto conto della natura del reato contestato, è stato correttamente ritenuto idoneo ad integrare il tentativo, in quanto la proposta era diretta ad alterare lo svolgimento ed il risultato delle due gare. La valutazione è in linea con i principi affermati da questa Corte, secondo i quali il reato di turbata libertà degli incanti è reato di pericolo che si configura non solo nel caso di danno effettivo, ma anche nel caso di danno mediato e potenziale, non occorrendo l'effettivo conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell'illecito, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l'andamento della gara (Sez. 6, n. 12821 del 11/03/2013, Adami e altri, Rv. 254906). Peraltro, come ritenuto dai giudici di appello, il tentativo è stato ritenuto configurabile nel caso di offerta di denaro al fine non equivoco di indurre altri a non partecipare ad un'asta, allorchè l'offerta venga respinta o non si verifichi l'astensione dall'asta (Sez. 6, n. 44497 del 03/12/2010, Rabbia, Rv. 248965; Sez. 5, n. 9671 del 14/07/2014, dep. 2015, Russo, Rv. 262873): situazione, come già detto, ritenuta equiparabile al caso in esame in ragione del vantaggio economico proposto al G. e da questi rifiutato. 2. Destituita di fondamento è la lettura alternativa del colloquio proposta dalla difesa del ricorrente, già disattesa dai entrambi i giudici di merito, che hanno concordemente escluso che l'imputato intendesse proporre al G. la formazione di un'associazione temporanea di imprese, risultando tale ipotesi smentita dal chiaro contenuto della proposta, che contemplava unicamente offerte singole ed autonome delle società degli interlocutori in entrambe le gare, senza alcun riferimento ad un'offerta unica, in rappresentanza delle due società. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018. Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2018
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