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Reati contro la PA

Turbativa d'asta: è un reato di pericolo concreto

Turbativa d'asta: è un reato di pericolo concreto

Cassazione penale sez. VI, 01/03/2023, n.12333

Il delitto di cui all'art. 353 c.p. è reato di pericolo concreto che si configura quando le condotte di tipo collusivo, violento o decettivo si siano manifestate in una minaccia concreta per la libera concorrenza, determinando un rischio di alterazione del corso degli incanti. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato la decisione del riesame reale che aveva ritenuto sussistente il fumus del delitto, ascritto in concorso alla cancelliera addetta alla sezione fallimentare del tribunale ed alla aggiudicataria di un immobile, valorizzando la condizione di "privilegio informativo" della prima, la quale aveva potuto conoscere dell'avvio della fase esecutiva della procedura concorsuale con un vantaggio temporale suscettibile di alterare la par condicio della gara).

Norme di riferimento

Art. 216 legge fallimentare -Bancarotta Fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Firenze, in sede di riesame; confermava il sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze di due lotti (lotto 1 e lotto 2) di un complesso immobiliare (denominato "(Omissis)") oggetto di procedura fallimentare. Il sequestro è stato disposto nell'ambito di un procedimento penale a carico, tra gli altri, di V.C., funzionario giudiziario presso il Tribunale civile di Siena (con funzioni presso la cancelleria fallimentare sino al 01/09/2020), nei cui confronti è ipotizzata la realizzazione di due episodi di turbativa d'asta (art. 353 c.p.) (capo a e capo a2) e del delitto di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.) (capo b), nonché a carico di F.S., figlia di V.C. e in concorso con questa, nei confronti della quale è ipotizzata la realizzazione di un episodio di turbativa d'asta (capo a2), per aver partecipato alla procedura quale soggetto fittiziamente interposto. 2. Avverso l'ordinanza ha presentato V.C., per il 1:ramite del suo difensore avvocato Eriberto Rosso, articolando i seguenti quattro motivi di ricorso. 2.1. Erronea applicazione della legge sostanziale, in relazione all'art. 1471 c.c.. L'indagata, all'epoca dei fatti, non era più assegnata alla sezione fallimentare e pertanto non avrebbe dovuto essere ritenuta incompatibile ex art. 1471 c.c., anche sulla scorta dell'interpretazione che di tale norma è stata data in sede di legittimità (Sez. 3, n. 4149 del 13/02/2019, Rv. 652745). Inoltre, l'ordinanza è incorsa nel travisamento di un fatto verificatosi prima di quelli contestati e dai giudici addotto per suffragare l'ipotesi accusatoria. I giudici hanno infatti affermato che V. era venuta a conoscenza della procedura per aver ricevuto un'istanza di sospensione da parte di G.A., laddove l'istanza in oggetto era stata presentata da G., il fallito, proprietario dell'immobile. Neppure ha considerato che quell'asta andò deserta e la mancata partecipazione di V. all'esperimento di vendita ne dimostrava la mancanza di interesse, in quel momento, per l'immobile. 2.2. Erronea applicazione della legge penale sostanziale, in relazione all'art. 353 c.p.. La disposizione prevede un reato di pericolo che non si sarebbe inverato nel caso di specie, dal momento che le informazioni l'accesso alle quali è stato contestato alla ricorrente potevano essere acquisite da chiunque, e non esclusivamente da V. in ragione della meramente asserita posizione di privilegio ricoperta. 2.3. Erronea applicazione della legge penale sostanziale, in relazione all'art. 615-ter c.p.. Si ribadisce quanto affermato anche dal Tribunale, e cioè che la contestazione in oggetto non ha avuto rilievo ai fini della misura cautelare in esame, essendo gli ipotizzati accessi abusivi successivi alla procedura. Ciò premesso, nemmeno di "accessi" si tratterebbe, posto che le condotte dell'indagata hanno consentito soltanto la visione della schermata del computer al fine di verificare se fossero intervenuti depositi di atti relativi a procedure che nulla hanno a che vedere con quelle oggetto del presente procedimento. 2.4. Erronea applicazione della legge penale sostanziale, in relazione all'art. 322 c.p.p.. L'interesse concreto ed attuale della ricorrente, non proprietaria del bene sequestrato, deriva dal fatto di aver contribuito per larga parte alla formazione della provvista di denaro con cui la figlia ha effettuato l'acquisto, posto che il mutuo chiesto da quest'ultima era stato deliberato ma non erogato, avendo il Giudice ordinato il versamento del prezzo dell'immobile nel termine di trenta giorni. Tale interesse discende anche dal fatto che V. aveva aggiunto una fideiussione a garanzia del mutuo, sicché soltanto il venir meno del sequestro consentirebbe la definizione delle procedure di regolare assegnazione. 3. Avverso l'ordinanza presenta ricorso altresì F.S., per il tramite del suo difensore, avvocato Diddi Alessandro, che articola i seguenti quattro motivi. 3.1. Violazione della legge sostanziale per avere l'ordinanza impugnata erroneamente applicato l'art. 1471 c.c., quale presupposto del reato di cui all'art. 353 c.p.. Dinanzi al Tribunale del riesame era stato eccepito come non fosse configurabile in capo a V. alcuna incompatibilità, ai sensi dell'art. 1471 c.c., posto che, al momento della partecipazione alla gara, ella non rivestiva, da oltre un anno, il ruolo di funzionario della cancelleria fallimentare e che, comunque, lo svolgimento delle procedure di gara avveniva su base telematica, essendo oramai totalmente automatizzato. Nella medesima sede era stata anche rilevata l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza: la partecipazione di F. non assurge, infatti, a "mezzo fraudolento", in mancanza di artifizi o raggiri; che l'utilizzo di F. non fosse un "mezzo fraudolento" risulta anche dal fatto che alla procedura partecipò personalmente altresì V., allo scopo di aggiudicarsi il lotto n. 2 dell'immobile; la tesi accusatoria trascura che all'acquisto da parte di F. contribuirono, attraverso cospicua donazione (versarono sul conto corrente della ragazza 175.000 Euro), pure la nonna e lo zio della stessa, allo scopo di sostenere F., ventisettenne ed universitaria, nell'acquisto della sua prima casa; che la stessa avesse personale interesse all'acquisto della casa in cui sarebbe andata a vivere è dimostrato altresì dalla produzione documentale depositata. Quanto al periculum in mora, era stato dedotto vizio totale di motivazione dell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari. Il requisito in oggetto comunque non sussiste, perché qualunque questione afferente alla proprietà del lotto n. 1 doveva essere valutata dinanzi al giudice civile, dal momento che l'acquisto, per essere posto nel nulla, deve essere dichiarato preventivamente nullo a norma del citato art. 1471 c.c. Nessun pericolo di dispersione del bene era dunque ipotizzabile. Peraltro, si legge nel provvedimento impugnato che, essendo V. all'epoca dell'apertura del fallimento in servizio presso la cancelleria fallimentare del Tribunale di Siena, "la stessa ha potuto certamente prendere visione del fascicolo telematico ed acquisire una serie di informazioni che l'avrebbero posta in una situazione di privilegio". L'operatività dell'art. 1471 c.c. presuppone tuttavia un nesso causale tra il "ministero" svolto dal pubblico ufficiale e il divieto di partecipare alla procedura, come evidenziato in Sez. 3 civ. 13/02/2019, n. 4149, già citata. Tale nesso, nel caso di specie, non sussisteva, avendo l'indagata cessato le sue funzioni da oltre un anno. Ancora, V. non ha in alcun modo interferito sulla procedura, le uniche condotte ascrittele essendo: la presa di visione del fascicolo telematico; l'acquisizione di informazioni relative all'immobile oggetto della futura vendita all'asta; la conoscenza della presenza di altro potenziale acquirente. Tali informazioni sono, tuttavia, tutte pubbliche e come tali acquisibili da qualunque altro interessato. 3.2. Vizio di motivazione sul fumus commissi delicti. Si eccepisce la buona fede di madre e figlia, non essendoci stata alcuna interposizione fittizia. A tal fine la ricorrente ribadisce che alla gara pubblica del 30 giugno 2021 partecipava (oltre a F.) personalmente V., allo scopo di aggiudicarsi un immobile diverso da quello di interesse della figlia, sicché non si comprende per quale ragione V., pensando di poter legittimamente partecipare ad una procedura, non abbia partecipato anche all'altra. L'interposizione fittizia non configura, d'altronde, i "mezzi fraudolenti" richiesti dall'art. 353 c.p., la giurisprudenza di legittimità richiedendo la realizzazione di "artifizi, inganni o mendaci" (Sez. 6, n. 57251 del 09/11/2017, Vigato, Rv. 271726). Ne' la malafede di V. può inferirsi dal fatto che abbia coinvolto G. nella procedura, tale fatto riguardando il capo di imputazione a2) e cioè la gara successiva a quella in cui F. si aggiudicava il lotto n. 1 (concerne, cioè, la gara in cui V. si aggiudicava il lotto n. 2). 3.3. Vizio di motivazione per aver l'ordinanza omesso di motivare in merito alla provvista economica usata per l'acquisto dell'immobile oggetto di sequestro. L'ordinanza non replica alle deduzioni per cui un notevole contributo economico all'acquisto dell'immobile era pervenuto altresì dalla nonna e dallo zio di F.; non risponde all'eccezione volta a rilevare come la certezza della previsione futura circa gli accordi economici tra F. e il proprio fidanzato, che già convivono da oltre cinque anni, fosse manifestamente apodittica in quanto fa parte di accordi economici che rientrano in una sfera strettamente privata; non replica all'osservazione per cui l'aiuto economico di un genitore al proprio giovane figlio non significa interposizione fittizia; non fornisce adeguata spiegazione del compendio probatorio dal quale si desume la presenza di un interesse reale di F. all'acquisto del bene; afferma illogicamente, per contro, che tale interesse era comprensibile alla luce del fatto che entrambe le donne vi avrebbero vissuto, introducendo un fatto mai emerso nel corso dell'indagine, in contrasto con la circostanza che F. conviveva con il fidanzato da oltre cinque anni e che l'unico immobile di cui potevano stare discorrendo era quello assegnato alla stessa, essendo all'epoca già stata revocata l'assegnazione dell'altro lotto a V.. 4. La ricorrente V. presenta altresì, per il tramite degli avvocati Sorge Alfredo e Rossi Eriberto, tre motivi aggiunti. Con il primo motivo si insiste sull'erronea applicazione della legge diversa da quella penale, e cioè dell'art. 1471 c.c., di cui non è possibile proporre una interpretazione analogica, come hanno invece fatto i Giudici che, allo scopo di ritenere operante la preclusione speciale a partecipare all'asta, hanno valorizzato il momento dell'apertura del fallimento in luogo di quello della consegna delle buste contenti l'offerta, momento in cui si manifestò, anche giuridicamente, l'interesse alla partecipazione all'incanto. Con il secondo motivo si deduce errata applicazione della fattispecie penale di cui all'art. 353 c.p., avendo i giudici fatto coincidere il turbamento della procedura con la posizione informativa privilegiata rivestita da V., esemplificata attraverso un unico episodio, in cui V., all'epoca dei fatti ancora in servizio, apprendeva della presenza di un potenziale offerente ( G.), ma da cui non si evince la messa in pericolo del bene tutelato dalla fattispecie, richiesta invece dalla giurisprudenza di legittimità. Con il terzo motivo si eccepisce errata applicazione dell'art. 615-ter c.p., richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo cui non necessariamente commette il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico il soggetto il quale, avendo titolo per accedere al sistema, se ne avvalga per acquisire informazioni per finalità estranee a quelle di ufficio. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.1. Il ricorso di V.C. è inammissibile. 1.2. Nel ricorso si ritiene la sussistenza di un interesse a ricorrere in capo a V., perché la stessa avrebbe concorso a formare la provvista economica necessaria ed offerto garanzia a sostegno del mutuo accesso dalla figlia per l'acquisto dell'immobile. Non qualunque interesse rileva, tuttavia, ai fini della legittimazione dell'indagato a proporre riesame contro il decreto di sequestro preventivo ai sensi dell'art. 322 c.p.p.. Ancora di recente, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di ribadire, argomentando dall'interazione tra gli artt. 322,322-bis e 325 c.p.p., da un lato, e l'art. 568 c.p.p., comma 4, e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a), dall'altro lato, che l'indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purché vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame, aggiungendo che tale interesse deve corrispondere al risultato tipizzato dall'ordinamento per lo specifico schema procedimentale, sicché va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 5, n. 35015 del 09/10/2020, Astolfi, Rv. 280005. In precedenza, Sez. 3, n. 47313 del 17/05/21317, Ruan, Rv. 271231; Sez. 2, n. 50315 del 16/09/2015, Mokchane, Rv. 265463). Tanto non si verificherebbe nel caso in oggetto, in cui il bene appartiene formalmente a F. e quindi a F. andrebbe restituito. I motivi dedotti da V.C. non possono essere, pertanto, valutati. 1.3. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell'art. 616 c.p.p.. 2.1. Fondato è invece il ricorso di F.S., nei limiti e per le ragioni di seguito sinteticamente esposte. 2.2. Premesso che molte deduzioni difensive" seppur presentate sub specie di vizio di motivazione, appaiono tuttavia versate in fatto e presuppongono un apprezzamento della vicenda di merito alternativo a quello compiuto dai giudici del Tribunale del riesame che, dunque, sfugge al sindacato di questa Corte, sempre in via preliminare va anche osservato che, in modo corretto, i giudici del Tribunale hanno valutato la sussistenza del periculum in mora, nulla precludendo il rischio che F. alieni l'immobile, alla luce del mancato acquisto, da parte della madre, V.C." del lotto adiacente. 2.3. Considerazioni più approfondite merita il profilo, invero preliminare, del fumus commissi delitti. In proposito va innanzitutto precisato che le posizioni di F. e V. sono inestricabilmente intrecciate, essendo ipotizzata a carico della figlia una responsabilità a titolo di concorso nel delitto della madre. Ciò detto, la ricorrente molto insiste sull'inoperatività, nei confronti di V., della preclusione dell'art. 1471 c.c. ratione temporis, posto che questa rivestiva la qualifica di funzionario della cancelleria fallimentare del Tribunale di Siena sino al 01/09/2020, e quindi ancora al momento dell'apertura della procedura fallimentare ma non più quando iniziò quella esecutiva. A tal fine richiama altresì una pronuncia della Cassazione civile (Sez. 3 civ. n. 4149 del 13/02/2019, Rv. 652745), che ha escluso l'operatività indiscriminata della preclusione in capo a tutti i magistrati in servizio nell'ufficio giudiziario sotto la cui autorità si procede all'esecuzione forzata. A monte, nega inoltre ci sia stata alcuna interposizione fittizia, come dimostrato dal reale interesse di F. all'acquisto del bene, desumibile da plurimi elementi anche logici, tra cui spicca la contemporanea partecipazione della stessa V. alla procedura per l'acquisto dell'altro lotto del medesimo immobile. 2.4. Muovendo dal secondo aspetto, che F. fosse soggetto - consapevolmente interposto dalla madre per l'acquisto del lotto in cui la seconda avrebbe dovuto vivere, è elemento fattuale la cui dimostrazione è inferita dai giudici di merito da una serie di elementi convergenti quali, oltre al diretto espletamento di varie attività prodromiche alla ristrutturazione dell'immobile, i chiari contenuti delle captazioni telefoniche della stessa V. e le sue dichiarazioni, indirettamente riferite da tale D.Q., cugino di G.F. (la persona incaricata delle future ristrutturazioni e, secondo l'ipotesi dei giudici, interposta nella seconda asta per l'acquisto del lotto 2 da V.), nelle quali la ricorrente affermava chiaramente che nell'immobile del lotto 1 sarebbe andata a vivere con il compagno V.. La motivazione dei giudici appare, sotto questo profilo, completa e tutt'altro che illogica: come tale, non sindacabile da questa Corte. Tanto precisato, la condotta di interporre altri nell'acquisto del bene, sebbene in astratto suscettibile di integrare uno dei "mezzi fraudolenti" di cui all'art. 353 c.p., per assumere rilevanza penale ai fini di tale fattispecie (e per incardinare la correlata responsabilità a titolo di concorso della persona interposta), deve pur sempre aver determinato la "turbativa" richiesta dalla tipicità del fatto. Sul contenuto di tale "turbativa" ci si soffermerà di seguito. Per ora, basti osservare che essa, nel caso di specie, non risulta dimostrata. 2.5. Considerazioni analoghe a quelle appena svolte a proposito dell'intermediazione di F. valgono con riferimento al divieto di comprare alla gara pubblica di cui all'art. 1471 c.c. sussistente nei confronti di V.. In proposito, è utile premettere che proprio la giurisprudenza richiamata dai ricorrenti (Sez. 3 civ. n. 4149 del 13/02/2019, cit.) chiarisce, invero, come il divieto civilistico sia preposto alla tutela anche solo dell'immagine di imparzialità, correttezza ed equidistanza della pubblica amministrazione. E che, argomentando da tale finalità, la medesima pronuncia riconosce alla disposizione un ampio ambito applicativo quanto i soggetti (magistrati, cancellieri, custodi ecc.) e al momento a partire dal quale opera il divieto. Sotto il primo aspetto, la pronuncia precisa che la preclusione "opera pure per i cancellieri e per gli ufficiali giudiziari ed in particolare, nel caso di ufficio unico di esecuzione, il divieto si estende a tutti gli ufficiali giudiziari dell'ufficio medesimo, perché l'attività del funzionario o dell'ufficiale pubblico non è mai personale, potendo essere esercitata da uno qualsiasi dei funzionari o pubblici ufficiali addetti all'ufficio". Sotto il secondo aspetto, specifica che si deve "considerare la procedura dal suo inizio, cioè dal pignoramento e fino alla sua definizione (normalmente, il decreto di trasferimento, salvo che possa rilevare - nell'eventualità di peculiare incidenza prospettica o prognostica sulle modalità di vendita - anche la fase successiva della distribuzione)". Ancora, la sentenza insiste sul fatto che l'art. 1471 c.c. si riferisce ai "soggetti che istituzionalmente - e quindi necessariamente - concorrono o possono normalmente concorrere allo sviluppo della procedura: ad esempio, in ogni tipo di espropriazione che culmini con un trasferimento coattivo del diritto staggito, il cancelliere o l'impiegato della cancelleria direttamente coinvolto e, ovviamente, il giudice dell'esecuzione" e aggiunge che "il divieto attinge (...) tutti costoro in uno ai loro, poco importa se potenziali od effettivi, sostituti occasionali o istituzionali, i quali cioè loro sono subentrati, subentrano o potrebbero loro subentrare per uno o più atti della procedura stessa per previsione di legge o di regolamento o - per il personale di cancelleria - di organigramma amministrativo oppure ancora - quanto ai magistrati - delle tabelle di organizzazione degli uffici". Insomma, la giurisprudenza civile riconosce al divieto di cui all'art. 1471 c.c. un ambito di operatività vasto, che interessa la posizione di V. e che, con la terminologia penalistica, potrebbe essere riferito ad "pericolo astratto". Tanto puntualizzato, la disposizione in esame non integra, però la legge penale e tantomeno - come sembrerebbe assumere il ricorso - la esaurisce, avendo le due disposizioni aree applicative e funzioni diverse. L'art. 353 c.p. descrive infatti un reato comune, in cui l'essere l'agente "preposto" alla procedura costituisce una mera aggravante, peraltro, nel caso di specie, non contestata. 2.6. Soprattutto, l'art. 353 c.p. descrive un reato sì di pericolo, ma "concreto". Da tempo la giurisprudenza di questa Corte ha infatti precisato che il delitto di turbativa di asta si configura non solo nel caso di danno effettivo, ma anche nel caso di danno mediato e potenziale, non occorrendo l'effettivo conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell'illecito, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l'andamento della gara (Sez. 6, n. 12821 del 11/03/2013, Adami, Rv. 254906, che ha ritenuto configurato il reato in un caso in cui lo scambio di informazioni tra più imprese prima dello svolgimento della gara, avvenuto al fine di predeterminarne l'esito, sebbene avesse inciso in misura modesta sul calcolo delle medie per l'individuazione dell'aggiudicatario e fosse inidoneo a dare garanzie assolute sul risultato, aveva concretamente alterato il confronto delle offerte ed influenzato la regolarità della competizione. In senso analogo, quantomeno, Sez. 6, n. 2897D del 24/04/2013, Sonn, Rv. 255625; Sez. 6, n. 41365 del 27/09/2013, Murgolo, Rv. 256276). Vero è però pure che, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 353 c.p., occorre che tale idoneità, nella quale consiste appunto la "turbativa", si sia in qualche modo manifestata, nel senso che le condotte poste in essere dall'agente devono essersi tradotte in una concreta minaccia per la libera concorrenza. Occorre, più precisamente, che le condotte specificamente descritte in fattispecie - siano esse di tipo collusivo, violento o decettivo - abbiano in qualche modo cagionato la verificazione del citato evento di pericolo, determinando, cioè, un rischio di alterazione di quello che, diversamente, sarebbe stato il corso degli incanti. Una siffatta interpretazione, che garantisce il necessario e costituzionalmente conforme contenuto di offensività (e quindi di determinatezza) della fattispecie penale, si pone in linea con il più recente orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di turbata libertà degli incanti, non integrano i mezzi fraudolenti previsti dalla norma incriminatrice, le condotte anteriori all'allestimento della gara tese ad eludere cause ostative alla partecipazione alla procedura di evidenza pubblica, le quali non sono ex se idonee ad esporre a pericolo il bene dell'effettività della libera concorrenza, se non in termini meramente potenziali (Sez. 6, n. 24772 del 24/02/2022, Ieffi, Rv. 283606, con la quale è stata annullata la condanna per il reato di cui all'art. 353 c.p., inflitta in relazione alla condotta dissimulatoria, realizzata anche mediante falsi documentali, di cause di esclusione dalla procedura di evidenza pubblica ai sensi del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 80, da parte di un operatore economico resosi aggiudicatario di un rilevante appalto). Di conseguenza, la circostanza che V. rientrasse nella preclusione prevista dalla disposizione civilistica, in quanto addetta alla cancellaria della sezione fallimentare quando iniziò la procedura fallimentare che condusse all'esecuzione, non integra, per ciò solo, la fattispecie penale in termini di automatismo. D'altra parte, va riconosciuto che i giudici del riesame, nel provvedimento impugnato, non delineano una coincidenza tra divieto civile e fattispecie penale, utilizzando piuttosto l'argomento dell'art. 1471 c.c. ad adiuvandum, se non semplicemente de relato. I giudici del riesame insistono piuttosto (oltre sulla ritenuta interposizione fittizia della figlia F.S., di cui si è già detto) sulla condizione di privilegio informativo in cui si trovava V., la quale, avendo preso visione dei fascicoli in quanto cancelliera presso la sezione fallimentare del Tribunale di Siena, si potrebbe presumere fosse nelle condizioni di apprendere per tempo dell'avvio della procedura fallimentare e che, dunque, essendo nelle condizioni di rappresentarsi anticipatamente anche il successivo inizio di quella esecutiva, potrebbe aver conseguito quantomeno un vantaggio temporale suscettibile di alterare la par condicio della gara. Non precisano tuttavia espressamente se e come ciò sia realmente accaduto. Escluso, in altre parole, che il mero privilegio informativo integri, da solo, la turbativa (richiedendosi a tal fine un quid pluris) e ricordato che - come pure rilevato dalla ricorrente - le gare, almeno da un certo momento in poi, sono pubbliche e come tali conoscibili da chiunque, i giudici del riesame non esplicitano in che modo le condotte di V. e di F. siano state idonee ad alterare il normale gioco della concorrenza. 2.7. Per completezza, va aggiunto che anche gli altri elementi rappresentati nell'ordinanza integrano un "sospetto" riguardo alla realizzazione di comportamenti illeciti da parte delle indagate, ma non materializzano il fumus commissi delicti che deve sostenere la cautela reale. Non integrano il fumus della turbativa le anomalie denunciate da Galgani nella procedura di asta informatica (che aveva dapprima indicato lui come migliore offerente e, dopo poco tempo, incomprensibilmente comunicato che l'immobile era stato assegnato ad altri), poiché esse, ove confermate, si sarebbero comunque verificate nell'acquisto del diverso lotto 2, e cioè quello originariamente andato a V., con assegnazione poi irreversibilmente revocata. Non lo concreta la presenza di un soggetto (identificato in V., il compagno di V.) intento ad evidenziare con insistenza i difetti dell'immobile e le spese ingenti da sostenere ai soggetti interessati all'acquisto dell'immobile, specificando l'ordinanza che tali persone hanno tuttavia riferito di non aver ricevuto pressioni o condizionamenti. L'ordinanza spiega, inoltre, come precedenti esperimenti di asta fossero andati deserti peraltro quando V. era ancora addetta alla sezione fallimentare - senza però ipotizzare l'esistenza di un legame tra tali dati e condotte (artificiose, collusive o violente) della stessa. Analogamente, nessuna deduzione derivano i giudici dal fatto che V. avesse, in data 13.1.2020, ricevuto un'istanza di sospensione di un esperimento di vendita del 17.1.2020, ma che abbia portato tale dato all'attenzione del giudice delegato soltanto tre giorni dopo. 3. In punto di diritto, e in conclusione, è opportuno ricordare che il fumus commissi delitti per l'adozione di un sequestro preventivo, pur non dovendo integrare i gravi indizi di colpevolezza di cui all'art. 273 c.p.p., deve comunque concretarsi in concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, che consentano di ricondurre l'evento punito dalla norma penale alla condotta dell'indagato (Sez. 5, n. 3722 del 11/12/2019, dep. 2020, Gheri, Rv. 278152) ovvero - con altra ma convergente formula - che occorre procedere ad una verifica puntuale e coerente delle risultanze processuali, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta, all'esito della quale possa sussumere la fattispecie concreta in quella legale e valutare la plausibilità di un giudizio prognostico in merito alla probabile condanna dell'imputato (Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, Macchione, Rv. 265433). Resta infatti sempre valido, anche con riferimento al sequestro preventivo, l'ormai risalente insegnamento offerto da questa Corte nella sua più autorevole composizione (a proposito del sequestro probatorio), secondo cui il tribunale deve stabilire l'astratta configurabilità del reato ipotizzato, nel senso che "l'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro" (Sez. U, n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi, Rv. 206657). 4. Alla luce delle considerazioni svolte, si rende necessario l'annullamento dell'ordinanza impugnata con riguardo al sequestro preventivo disposto nei confronti dell'immobile di F.S., con rinvio al Tribunale di Firenze affinché questo indichi da quali elementi, oltre che dal vantaggio conoscitivo di V. e dalla interposizione nell'acquisto per suo conto, di sua figlia F., si evinca il fumus commissi delicti e, in particolare, in che cosa sia consistita, nel caso di specie, la turbativa suscettibile di alterare il normale corso della procedura di asta, ai sensi dell'art. 353 c.p.. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata nei confronti di F.S. e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Firenze competente ai sensi dell'art. 324 c.p.p., comma 5. Dichiara inammissibile il ricorso di V.C. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 1 marzo 2023. Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2023
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