Corte appello , Taranto , 30/11/2023 , n. 254
Per emettere una sentenza di condanna in assenza di riscontri esterni, le dichiarazioni della persona offesa devono essere valutate con estrema prudenza e rigorosa analisi, specie quando presentano profili di inverosimiglianza o contraddizioni, in modo da garantire che il giudizio di responsabilità sia fondato su prove certe, oltre ogni ragionevole dubbio.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione emesso in data 4 maggio 2017 FE.An. veniva tratta a giudizio innanzi a questo Tribunale per rispondere del reato ascrittogli in imputazione e in epigrafe riportato.
All'udienza del 7 marzo 2018 il Tribunale rinviava il processo all'udienza del 15 ottobre 2018 disponendo la rinnovazione della notifica del decreto all'imputato.
All'udienza del 15 ottobre 2018 il Tribunale, rilevato che l'adempimento disposto era stato eseguito ed era andato a buon fine, disponeva procedersi in assenza dell'imputato ex art. 420 bis c.p. e, dato atto del deposito della dichiarazione di costituzione di parte civile nell'interesse della persona offesa (LE.Do.), dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva le richieste di prova formulate dalle parti in quanto non manifestamente irrilevanti ai fini del decidere e conformi alle previsioni di legge, rinviando il processo all'udienza del 13 maggio 2019 per l'inizio dell'attività istruttoria.
All'udienza del 13 maggio 2019 il Tribunale rinviava il processo all'udienza del 16 dicembre 2019 come da verbale a cui si rimanda.
All'udienza del 16 dicembre 2019 il Tribunale, acquisita la documentazione prodotta dal Pubblico Ministero, disponeva procedersi ad istruttoria mediante l'esame del teste presente (LE.Do.) e rinviava il processo all'udienza del 14 settembre 2020 per il prosieguo.
All'udienza del 14 settembre 2020 il Tribunale disponeva un rinvio all'udienza del 28 settembre 2020 in base alle disposizioni della normativa emergenziale (legge n. 70 del 25 giugno 2020), oltreché in ossequio alle prescrizioni relative al contenimento dell'attività giudiziaria impartite - con il decreto del Presidente del Tribunale di Taranto n. 55 del 2020 - per fronteggiare il perdurare dell'emergenza epidemiologica.
All'udienza del 28 settembre 2020 il Tribunale disponeva procedersi ad istruttoria mediante l'esame dell'imputato e l'escussione del teste presente (ZE.Ma.). Il difensore dell'imputato rinunciava all'esame dei testi LO.Fr. e ME.Va. e il Tribunale, nulla opponendo le altre parti, revocava la relativa ordinanza ammissiva, rinviando il processo all'udienza del 19 aprile 2021 per il prosieguo.
All'udienza del 19 aprile 2021 il Tribunale rinviava il processo all'udienza del 25 ottobre 2021 in ragione dell'assenza dei testi.
All'udienza del 25 ottobre 2021 il presente processo perveniva per la prima volta innanzi a codesto giudicante il quale dava atto che occorreva procedere a rinnovazione dibattimentale. Le parti si riportavano alle richieste di prova in precedenza formulate e prestavano concordemente il consenso alla rinnovazione dell'istruttoria espletata mediante lettura, ai sensi dell'art. 511 c.p.p., delle dichiarazioni rese dai testi escussi e degli atti assunti nel corso del dibattimento. Codesto giudicante disponeva, pertanto, procedersi ad istruttoria mediante l'esame del teste presente (SC.Eu.). II difensore della costituita parte civile chiedeva, altresì, escutersi ai sensi dell'art. 507 c.p.p. il teste BE.Gi. e codesto giudicante, nulla avendo rilevato le altre parti, accoglieva la richiesta formulata attesa l'indispensabilità dell'audizione del predetto teste ai fini della decisione e rinviava il processo per il prosieguo all'udienza dell'11 aprile 2022.
All'udienza dell'11 aprile 2022 codesto giudicante rinviava il processo all'udienza del 17 ottobre 2022 in ragione dell'assenza dei testi.
All'udienza del 17 ottobre 2022 codesto giudicante, acquisita la documentazione prodotta dal difensore della costituita parte civile, disponeva procedersi ad istruttoria mediante l'escussione del teste la cui audizione era stata richiesta ai sensi dell'art. 507 c.p.p. (BE.Gi.). Il difensore dell'imputato chiedeva, altresì, escutersi ai sensi dell'art. 195 c.p.p. il teste LE.Ma. e codesto giudicante, accolta la richiesta, rinviava il processo per il prosieguo all'udienza del 24 aprile 2023.
All'udienza del 24 aprile 2023 codesto giudicante disponeva procedersi ad istruttoria mediante l'escussione del teste la cui audizione era stata richiesta ai sensi dell'art. 195 c.p.p. (LE.Ma.) e, su istanza congiunta delle parti, rinviava il processo all'udienza del 20 novembre 2023 per la discussione (con sospensione dei termini di prescrizione dal 24 aprile 2023 al 20 novembre 2023).
All'udienza del 20 novembre 2023 codesto giudicante dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili tutti gli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento, invitando le parti a concludere. Sulla base delle conclusioni delle parti in epigrafe riportate codesto giudicante, all'esito della camera di consiglio, pronunciava la sentenza di cui all'allegato dispositivo, riservando il deposito delle motivazioni nel termine di ottanta giorni.
Motivi della decisione
Alla stregua del compendio probatorio acquisito nel corso dell'espletato dibattimento, la vicenda oggetto del presente procedimento può essere ricostruita nei termini che seguono.
La persona offesa, LE.Do., premetteva di essere titolare di una delegazione ACI nel comune di Manduria e di occuparsi di pratiche auto e di tasse di circolazione. La persona offesa dichiarava di aver sporto denuncia-querela, in data 21 settembre 2015, nei confronti dell'odierno prevenuto che aveva avuto modo di conoscere tramite un amico in comune (SC.Eu.). In proposito, il LE. rammentava che il FE. si era rivolto alla sua agenzia, in due-tre occasioni, per pratiche di acquisto e di vendita di autovetture.
Nel prosieguo della deposizione testimoniale, il querelante riferiva di essersi rivolto all'imputato per una riparazione della vettura di sua proprietà (…) che era stata danneggiata a seguito di un sinistro stradale verificatosi nel mese di marzo 2015. L'incidente era, nello specifico, avvenuto in un'ampia area privata, all'interno di un parcheggio di automobili e di veicoli industriali ubicato a Manduria, sulla circonvallazione Taranto-Lecce. Tale area era gestita dalla società (…) s.r.l. In proposito, il querelante precisava che la sua autovettura si trovava all'interno di tale parcheggio in quanto doveva essere venduta e, proprio per tale ragione, era stata affidata alla società (…) s.r.l. Invero, il LE. aveva anche stipulato -seppur oralmente - un contratto con la società (…) s.r.l. per concedere la vettura in conto vendita. A seguito del sinistro stradale il veicolo incidentato era rimasto parcato all'interno del parcheggio in questione per consentire di effettuare le perizie e i dovuti riscontri. Il veicolo - a parte i danni alla carrozzeria - era nuovo ed era marciante.
La persona offesa proseguiva rammentando che, per la riparazione della vettura, si era rivolta nel mese di giugno, al FE.
Il prevenuto aveva effettuato un preventivo per la riparazione della carrozzeria di circa 8.000,00 euro. Il veicolo era stato recuperato in data 23 giugno 2015 dall'area privata, ubicata a Manduria, sulla circonvallazione Taranto-Lecce, dal prevenuto con un carroattrezzi. Il giorno in cui l'imputato aveva recuperato l'automobile (…) il LE. era presente. E, nondimeno, la persona offesa non aveva seguito il FE. e non aveva accertato dove il prevenuto avesse parcato il veicolo Volkswagen Tiguan. Trascorsi due giorni il LE. aveva consegnato all'imputato - presso la carrozzeria del predetto - un assegno circolare di euro 1.448,14, a titolo di acconto per la riparazione. Il costo complessivo per la riparazione era pari a 8.000,00 euro; la somma di 1.448,14 euro rappresentava, pertanto, l'importo dell'IVA della fattura. L'assegno rilasciato al prevenuto risultava datato 22 giugno 2015 (pur essendo stato consegnato qualche giorno dopo rispetto al 23 giugno 2025), in quanto il LE. lo aveva predisposto nelle giornate precedenti.
In occasione della consegna dell'assegno la persona offesa non aveva fatto caso se la sua vettura (…) fosse o meno presente all'interno dell'officina del FE.
Il querelante aveva, pertanto, consegnato l'assegno al prevenuto che gli aveva, a sua volta, rilasciato regolare fattura per un importo complessivo di 8.000,00 euro corrispondente alla somma pattuita per la ripara/ione. A fronte del rilascio di tale fattura per un importo di 8.000,00 euro, il LE. non si era in alcun modo meravigliato in virtù del rapporto di fiducia che sussisteva con il prevenuto.
La persona offesa, nel corso di varie mattinate, si recava più volte presso l'officina per accertarsi dello stato dei lavori di riparazione, limitandosi a chiedere informazioni al FE.
Il prevenuto rassicurava il querelante che i lavori stavano proseguendo. In proposito il LE. confermava - su contestazione del Pubblico Ministero - che allorquando si era recato presso l'officina, il FE. gli aveva proposto oralmente anche di acquistare la vettura e di versargli una somma concordata di circa 8.000,00 euro. E, tuttavia, tale vendita - concordata meramente a voce - non si era mai concretizzata.
La persona offesa, preoccupata dalla mancata consegna della sua automobile, aveva inviato in data 16 luglio 2015 un telegramma all'imputato diffidandolo a restituire la vettura. Il FE. rispondeva evidenziando che il veicolo era stato consegnato nella medesima giornata in cui l'automobile era stata recuperata dall'area privata di Manduria. A seguito della ricezione del telegramma, il LE. si era recato presso la carrozzeria del prevenuto, contestando la mancata consegna della vettura e richiedendo la restituzione delle targhe e delle chiavi del veicolo (…). In proposito, il LE. dichiarava di non voler più la sua automobile, ma di pretendere quantomeno la restituzione delle targhe. La persona offesa aveva ricevuto le chiavi - chiuse in una busta - che, tuttavia, non risultavano essere quelle della sua vettura. Era stato lo stesso FE. a consegnare le chiavi al LE., recandosi presso l'agenzia del predetto. Il querelante si era avveduto che le chiavi ricevute dall'imputato non erano quelle della sua automobile (…) solo dopo essere ritornato a casa. E, tuttavia, la persona offesa non aveva più chiesto alcuna spiegazione al FE., né aveva effettuato alcuna rimostranza in ordine alla consegna di chiavi diverse. Il LE. aveva, pertanto, deciso di sporgere denuncia-querela e precisava di non aver più corrisposto al prevenuto l'importo complessivo di 8.000,00 euro. La dazione di tale somma non era stata, peraltro, neanche richiesta alla persona offesa dal FE.
Il LE. non aveva ricevuto la restituzione dell'acconto, né tantomeno dell'automobile (cfr. pagine 3 e ss. della trascrizione delle dichiarazioni rese da LE.Do. all'udienza del 16 dicembre 2019).
Il teste ZE.Ma. premetteva di conoscere sia il prevenuto, che la persona offesa e di essere a conoscenza che la vettura (…) del LE. era originariamente presso l'officina dell'imputato. In una serata di giugno del 2015, il FE. aveva chiesto a ZE.Ma. dove fosse via (…), a Lizzano. Il prevenuto, dopo aver ricevuto dal teste le opportune indicazioni stradali, aveva chiesto al predetto di andare insieme a Lizzano per restituire il veicolo (…) alla persona offesa. ZE.Ma. era, pertanto, salito su un carroattrezzi di colore bianco di proprietà del FE., insieme all'imputato e ad un operarlo del predetto (ME.Va.). I tre uomini si erano recati insieme presso la villa del LE.
L'automobile (…) era stata spinta ed era stata parcheggiata davanti alla villa della persona offesa. Invero, il veicolo non era marciarne. Il teste precisava che sul posto non vi era il LE. e che il prevenuto non aveva smontato le targhe dell'automobile (…). Il LE. non aveva mai fatto presente a ZE.Ma. di aver avuto problemi con l'imputato (cfr. pagine 17 e ss. della trascrizione delle dichiarazioni rese da ZE.Ma. all'udienza del 28 settembre 2020).
Il teste SC.Eu. premetteva di conoscere la persona offesa per motivi lavorativi. Invero, lo SC. aveva un'attività di soccorso stradale a Manduria. Il teste rammentava che, nel giugno 2015, era stato contattato dalla persona offesa in ordine ad una vettura incidentata (…). Il LE., in particolare, chiedeva allo SC. se conoscesse un carrozziere per poter riparare la vettura. Il teste si era, pertanto, rivolto ad un carrozziere di Pulsano, ovverosia all'odierno imputato. Il LE. ed il FE. - messi in contatto tra loro dallo SC. - si erano, pertanto, accordati per il ritiro della vettura (…) e per la successiva riparazione. Lo SC. aveva aspettato l'imputato al bar per poi accompagnarlo a Manduria sulla via di Sava, ove era ubicato un rivenditore di automobili. In tale occasione il FE. era giunto a bordo di una macchina con un'altra persona. Il teste proseguiva riferendo che la vettura (…) si trovava all'interno del rivenditore di automobili ubicato a Manduria sulla via di (…) ed era stata prelevata e portata in carrozzeria da qualcuno che si era probabilmente messo alla guida di siffatto veicolo. Lo SC. precisava di non aver assistito alla contrattazione tra il LE. ed il FE. e di essere andato via quasi subito. Il teste rammentava di aver ricevuto, in una circostanza, le lamentele del LE. in ordine alla mancata restituzione della automobile (…). La persona offesa aveva anche confidato allo SC. di aver emesso un assegno in favore dell'imputato (cfr. pagine 5 e ss. della trascrizione delle dichiarazioni rese da SC. Eupremio all'udienza del 25 ottobre 2021).
Il teste BE.Gi. riferiva che la perizia sulla vettura (…) di proprietà della persona offesa era stata effettuata da un collaboratore del suo studio, ossia da LE.Ma.
L'automobile in questione era stata visionata, una sola volta, dal suddetto collaboratore nello stesso luogo ove si era verificato il sinistro, ossia in un grande parcheggio ubicato sulla circonvallazione di Manduria. La vettura risultava danneggiata nella parte laterale posteriore destra. All'atto dell'unico sopralluogo effettuato da LE.Ma. non era presente né il proprietario del veicolo, né il titolare del luogo ove la vettura era parcata. La macchina era aperta e all'interno vi era la parte frontale del libretto di circolazione. Il BE. riteneva che la vettura (…) fosse probabilmente marciante, in quanto i danni non avevano interessato l'avantreno, né la parte anteriore (cfr. pagine 3 e ss. della trascrizione delle dichiarazioni rese da BE.Gi. all'udienza del 17 ottobre 2022).
Il teste LE.Ma. premetteva, in sede di deposizione dibattimentale, di essere il collaboratore di BE.Gi. nel cui studio espletava la propria attività lavorativa. Il teste riferiva, di aver visto l'automobile (…), su cui doveva effettuarsi una perizia, parcata presso un deposito a Manduria, Tale deposito corrispondeva, peraltro, al luogo del sinistro. In proposito, il teste precisava che l'incidente stradale si era verificato proprio ove la vettura era parcata: nello specifico, un autocarro di grandi dimensioni, mentre stava effettuando una manovra, aveva urtato il suddetto veicolo. L'automobile aveva riportato danni nella parte della carrozzeria e nella parte alta del parafango; nella parte bassa del veicolo vi erano anche delle ammaccature e un infisso posteriore laterale era infranto. L'incarico di effettuare la perizia era stato conferito al LE. probabilmente dalla compagnia (…) e il luogo ove si trovava l'automobile era stato indicato al predetto probabilmente dall'avvocato BA.
Al momento del sopralluogo non era presente nessuno, né tantomeno il proprietario della vettura. Il teste precisava che la vettura non poteva essere messa in moto. Invero, il LE. - come agiva usualmente - aveva controllato il chilometraggio della vettura e, nondimeno, il quadro era spento. Il teste precisava di aver visionato e controllato la vettura Volkswagen Tiguan solo in una circostanza (cfr. pagine 3 e ss. della trascrizione delle dichiarazioni rese da LE.Ma. all'udienza del 24 aprile 2023).
L'imputato, in sede di esame, premetteva di aver conosciuto la persona offesa tramite un conoscente (SC.Eu.) che lo aveva contattato per andare a vedere una macchina (…) che era ammaccata dal lato sinistro. Tra aprile-maggio 2015 il FE. si era, pertanto, recato con un carroattrezzi a Manduria, nei pressi di un piazzale, ubicato nelle vicinanze della circonvallazione, ove era parcata la vettura in questione. Tale piazzale era, difatti, un ampio parcheggio di macchine e di camion. Nella predetta occasione il FE. aveva avuto modo di conoscere per la prima volta il LE. che dichiarava di essere il proprietario della vettura. L'imputato caricava, dunque, il veicolo sul carroattrezzi e lo trasportava all'interno della sua officina, ubicata a Pulsano, in via (…). Il prevenuto avrebbe dovuto provvedere a riparare la parte anteriore sinistra del mezzo, ovverosia della carrozzeria. L'automobile non partiva, in quanto il motore era fuso. Le parti avevano, peraltro, concordato il costo complessivo della riparazione che era pari a circa 6.000,00-7.000,00 euro a cui doveva sommari l'IVA.
Il FE. aveva iniziato ad effettuare i lavori di riparazione solo dopo il controllo eseguito da un perito, il quale non aveva potuto accertare neanche i chilometri in quanto la macchina era in cheek. Durante la riparazione il LE. versava, di volta in volta, degli acconti in contanti (per importi pari a 2.000,00, 1.500,00 euro), per poi corrispondere un assegno finale.
Nel giugno 2015 il prevenuto aveva consegnato l'automobile - a seguito di accordi stabiliti telefonicamente con la persona offesa - a Lizzano, in via (…), all'angolo con via (…), nelle vicinanze di una scuola guida e di un meccanico. La presenza di un'officina meccanica aveva, peraltro, confortato il FE. che aveva supposto che la persona offesa avesse trovato un nuovo motore da installare sulla vettura. Il veicolo era stato parcheggiato sul marciapiede, in quanto le ruote non si muovevano. L'imputato aveva posto le chiavi all'interno del parasole e, una volta avvisato telefonicamente il LE., era andato via. Al momento della consegna erano presenti due persone, l'operaio ZE.Ma. e l'amico ME.Va.
Invero, il prevenuto si era avvalso di tali soggetti per scaricare la vettura che era in cheek up. Per una maggiore sicurezza, l'imputato aveva inviato anche un telegramma relativo all'avvenuta restituzione della automobile (…). Ciò in quanto, il FE. aveva iniziato a nutrire sospetti sull'intera vicenda. Invero, inizialmente la persona offesa aveva sostenuto di essere rimasta coinvolta in un incidente stradale da sola, uscendo fuori strada. Successivamente presso l'officina dell'imputato si era presentato un perito su incarico di un'assicurazione. Il prevenuto aveva, pertanto, deciso di mandare dalla sua officina un telegramma per tutelarsi.
A seguito dell'avvenuta consegna, in data 23 giugno 2023, il FE. aveva ricevuto l'assegno di 1.400,00 euro circa da parte della persona offesa, a titolo di IVA. In proposito, il prevenuto precisava di aver ottenuto l'intera somma pattuita con il querelante. L'imputato negava di aver restituito al LE. solo le targhe e le chiavi, ribadendo di aver consegnato la vettura. Il FE. ribadiva ulteriormente che l'automobile (…) non riusciva a muoversi, in quanto era in cheek up, cosicché il perito non era stato in grado di appurare neanche i chilometri. Invero, il quadro non ai accendeva ed il motore risultava inceppato. Il perito aveva anche fatto intendere al FE. che il risarcimento dei danni da sinistro non sarebbe mai stato corrisposto. Il prevenuto precisava, infine, di non essere intervenuto sul motore del veicolo, essendosi occupato solo della carrozzeria (cfr. pagine 3 e ss. della trascrizione delle dichiarazioni rese dall'imputato all'udienza del 28 settembre 2020).
Per una ricostruzione coerente e completa del quadro istruttorio deve, infine, richiamarsi la documentazione prodotta al fascicolo per il dibattimento dal Pubblico Ministero e dal difensore della costituita parte civile. Occorre, in particolare, fare riferimento al certificato di proprietà della vettura (…), all'assegno circolare di 1.448,14 euro versato a favore dell'imputato, al telegramma del 16 luglio 2015 con cui il LE. chiedeva al prevenuto la restituzione della suddetta automobile e al telegramma del 17 luglio 2015 con cui il FE. comunicava di aver già consegnato il veicolo in data 23 giugno 2015 (cfr. documentazione prodotta dal Pubblico Ministero all'udienza del 15 ottobre 2018). Devesi, peraltro, richiamare la perizia del geometra BE.Gi. in ordine alla vettura (…) in cui vengono quantificati i danni cagionati dal sinistro stradale per un importo pari a euro 2.184,51. Dalla dichiarazione resa dal LE. alla compagnia (…) S.p.a. emerge, inoltre, che la persona offesa aveva lasciato il veicolo (…) presso il parcheggio in gestione della società (…) s.r.l., affinché venisse esposta per l'acquisto. Nel corso di una manovra in retromarcia effettuata, all'interno del parcheggio, dal conducente di un autoarticolato, il semirimorchio di tale mezzo aveva urtato la vettura (…), danneggiandone la parte posteriore (cfr. documentazione prodotta dal difensore della costituita parte civile all'udienza del 17 ottobre 2022).
Orbene, tanto premesso con riguardo al materiale probatorio acquisito, ritiene il Tribunale, che alla luce delle risultanze dibattimentali sopra compendiate, il quadro istruttorio non consenta di ritenere provato al di là di ogni ragionevole dubbio il reato di appropriazione indebita contestato all'odierno imputato.
Invero, nel caso di specie, le parti processuali hanno fornito due versioni dei fatti tra loro diverse e diametralmente contrapposte, tanto da non consentire di addivenire con ragionevole certezza ad una effettiva ricostruzione della dinamica della vicenda. In particolare, la persona offesa, LE.Do., costituitasi parte civile, ha riferito di essersi rivolto al prevenuto per la riparazione del suo veicolo (…), rimasto coinvolto in un incidente stradale, e di aver versato all'imputato un assegno di importo pari a 1.448,14 euro a titolo di acconto. E, nondimeno, la persona offesa - pur a fronte di reiterate richieste - non aveva ottenuto la restituzione della sua automobile, né dell'importo versato. Di contro, il FE. - alla stregua di dichiarazioni che trovano anche in parte riscontro nel propalato fornito dagli altri testi escussi (ZE.Ma. e LE.Ma.) - ha riferito di aver provveduto a riparare il veicolo (…), per poi riconsegnarlo alla persona offesa.
Orbene, non sfugge certamente al Tribunale il consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione in forza del quale le dichiarazioni della persona offesa possono essere assunte, anche da sole, come prova dei fatti in contestazione, purché vengano sottoposte ad una rigorosa indagine circa la loro attendibilità, non polendosi esse equiparare puramente e semplicemente alle dichiarazioni del testimone, astrattamente immune dal sospetto di interesse all'esito della causa. La deposizione della persona offesa, come ogni deposizione, è, dunque, soggetta a una valutazione di attendibilità intrinseca ed estrinseca del teste. E, tuttavia, una volta che il giudice l'abbia motivatamente ritenuta veritiera, essa processualmente costituisce prova diretta del fatto e non mero indizio, senza che abbisogni neppure di riscontri esterni, quando non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità. Ne deriva che, nel rispetto delle suddette condizioni, anche la deposizione della persona offesa dal reato, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può essere anche da sola assunta come fonte di prova della colpevolezza del reo (cosi Cassazione penale, sez. IV, 23 novembre 2007, n. 43394; cfr. anche Cassazione penale, sez. Ili, 28 ottobre 2009, n. 9159 secondo cui "non vige nel nostro ordinamento il principio "nemo idoneus testis in re sua", con la conseguenza che la deposizione della persona offesa dal reato può essere da sola assunta come fonte di prova della responsabilità dell'imputato, anche se, essendo la parte offesa portatrice di un interesse configgente con quello dell'imputato stesso, le sue dichiarazioni vanno valutate con particolare rigore al fine di verificarne l'attendibilità intrinseca ed estrinseca"). I riscontri esterni, seppur non certamente necessari, appaiono nondimeno opportuni soprattutto ove la persona offesa sia - come nel caso di specie - costituita parte civile (Cassazione penale, sez. III, 14 giugno 2012, n. 40845 secondo cui la deposizione della persona offesa "può costituire da sola fonte di prova ed essere assunta dal giudice a fondamento del proprio convincimento, al pari di qualunque altra deposizione, senza necessità che sussistano riscontri esterni, non essendo ad essa applicabile il canone di valutazione della prova previsto dall'art. 192 commi 2 e 3 c.p.p. Tuttavia, atteso l'interesse accusatorio connaturato alla testimonianza della persona offesa, portatrice di interessi configgenti con quelli dell'imputato, le dichiarazioni della persona offesa devono essere valutate con estremo rigore, specie quando non emergano dati obiettivi a loro conforto o in addirittura si versi in presenza di elementi di contrasto, ciò al fine di apprezzarne la reale portata probatoria; e dunque devono essere sottoposta ad un vaglio di attendibilità soggettiva ed oggettiva sicuramente più attento e rigoroso rispetto alla generica valutazione cui vengono sottoposte le dichiarazioni di un qualunque testimone").
Orbene, nella vicenda in esame, la profonda divergenza tra le versioni dei fatti fornite dalle parti processuali e i plurimi profili di inverosimiglianza che connotano la ricostruzione della vicenda offerta dalla persona offesa inducono il Tribunale a valutare con particolare prudenza la deposizione dell'odierna parte civile ed a ritenere non sufficientemente dimostrata la circostanza che il LE. non abbia ottenuto la restituzione del veicolo (…) da parte dell'imputato. Inverosimile appare, infatti, sotto diversi profili la vicenda denunciata dalla persona offesa, non appartenendo all'ordinario modus comportamentale che un soggetto non si preoccupi, innanzitutto, di accertare - al momento della corresponsione di un assegno di 1.448,14 euro - se la propria vettura sia effettivamente presente presso l'officina del carrozziere a cui è stato affidato l'incarico di procedere alla riparazione del mezzo incidentato. Parimenti peculiare è l'atteggiamento serbato dalla persona offesa - siccome dalla stessa descritto in sede di deposizione dibattimentale - a fronte della presunta mancata restituzione dell'automobile di sua proprietà. Invero, il LE., resosi conto dell'omessa consegna della vettura, piuttosto che rivendicare la restituzione del mezzo e adire le vie legali, si è recato presso l'officina del FE. al fine di richiedere esclusivamente le targhe e le chiavi del veicolo. Ulteriore circostanza inverosimile è che la persona offesa abbia accettato - senza alcuna perplessità e senza richiedere alcuna spiegazione in merito - una fattura di importo pari ad 8.000,00 euro, a fronte di un assegno corrisposto di 1.448,14 euro. Tanto vieppiù in considerazione del fatto che la persona offesa e il prevenuto non erano legati da precedenti e risalenti rapporti di fiducia né sul piano lavorativo, né tantomeno sotto il profilo amicale.
La ricostruzione dei fatti fornita dalla persona offesa - oltre ad essere caratterizzata da plurimi profili di inverosimiglianza - risulta anche parzialmente incompatibile con le risultanze del compendio probatorio acquisito. Invero, il teste ZE.Ma. ha confermato di aver accompagnato il FE. a restituire il veicolo (…) e ha negato che il prevenuto abbia smontato le targhe dell'automobile. L'imputato e il teste ZE.Ma. avevano dovuto parcheggiare la vettura, spingendola sul marciapiede, in quanto non era marciante. II perito LE.Ma. ha, peraltro, evidenziato - conformemente a quanto dichiarato dal prevenuto e dal teste ZE. - che la macchina della persona offesa non poteva essere in alcun modo messa in moto, di talchè non era stato possibile neanche acquisire il dato dei chilometri.
Le contraddizioni e i profili di inverosimiglianza ravvisabili nella versione dei fatti fornita dalla persona offesa in sede di deposizione dibattimentale appaiono, senz'altro, idonei ad inficiare la credibilità del propalato offerto da LE.Do.
Occorre, peraltro, precisare che le incongruenze sopra evidenziate attengono a circostanze che non possono reputarsi affatto ancillari o marginali, riguardando elementi centrali ed essenziali della vicenda in esame. La ricostruzione degli eventi esposta dalla persona offesa non può, pertanto, ritenersi idonea a fondare un giudizio di responsabilità a carico dell'imputato in ordine al delitto a lui ascritto.
Ne consegue che, non essendo stata raggiunta la prova certa, al di là di ogni ragionevole dubbio, della responsabilità dell'imputato, il predetto deve essere mandato assolto dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.
A causa del numero di processi in definizione all'udienza del 20 novembre 2023 e del carico di lavoro dell'Ufficio non è stato possibile procedere alla redazione contestuale della motivazione della sentenza, stimandosi adeguato il termine indicato in dispositivo per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
letto l'art. 530, cpv. c.p.p.,
assolve FE.An. dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.
Letto l'art. 544, comma 3 c.p.p., indica in giorni 80 il termine per il deposito dei motivi della decisione.
Così deciso in Taranto il 20 novembre 2023.
Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2024.