Corte appello , Taranto , 04/05/2023 , n. 260
Appropriazione indebita ex art. 646 c.p.: Il reato si configura quando il soggetto, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di denaro o di cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. Il possesso si trasforma illegittimamente in dominio attraverso una condotta di interversione.
Remissione tacita di querela: In presenza di una querela inizialmente proposta, il comportamento della persona offesa, come la mancata partecipazione al processo o l'assenza di interesse a proseguire l'azione penale, può integrare una remissione tacita, ai sensi dell’art. 152 c.p. Tale remissione estingue il reato se accettata, anche implicitamente, dall'imputato.
Onere probatorio del dolo specifico: Nel reato di appropriazione indebita, il dolo specifico si concreta nella volontà di trattenere il bene contro la volontà del proprietario per ottenere un profitto ingiusto. È necessaria una prova chiara e inequivocabile del dolo per giungere a una condanna.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione a giudizio, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto in data 18.10.2016, Ca.Gi. veniva chiamato a rispondere dei reati di cui in epigrafe.
A seguito del rinvio disposto in data 07.06.2017, atteso il mancato perfezionamento della notifica del predetto decreto nei confronti dell'imputata, all'udienza del 16.05.2018, il Tribunale, richiamato il tenore del verbale trasmesso dai Carabinieri della Stazione di Taranto Principale in ordine alle vane ricerche compiute nei confronti della Ca., disponeva la sospensione del processo, ex art. 420 quater c.p.p.
A seguito di quattro successivi rinvii, disposti con cadenza pressoché annuale, ex art. 420 quinquies c.p.p., in data 22.05.2019, 27.05.2020, 07.04.2021 e 09.03.2022, all'udienza del 22,02.2023, il Tribunale - rilevato l'intervenuto perfezionamento della notifica del decreto introduttivo nei confronti dell'imputata, unitamente alla nomina da parte di quest'ultima di un difensore di fiducia - disponeva la revoca dell'ordinanza di sospensione del processo e, dichiarata l'assenza della Ca., procedeva alla dichiarazione di apertura del dibattimento ed all'ammissione delle prove, così come richieste dalle parti ed indicate a verbale. All'udienza del 21.06,2023, dato atto del perfezionamento della notifica della citazione testimoniale della persona offesa, unitamente all'avviso di cui all'art. 142, co. 3, lett. d bis), c.p.p., e della sua mancata comparizione in giudizio, la celebrazione del processo veniva differita, in considerazione dell'impedimento a comparire dell'imputata per ragioni di salute, al 12.07.2023, allorchè si procedeva alla concorde acquisizione, ai sensi degli artt. 493, co, 3, e 500, co. 7, c.p.p., del verbale relativo alla querela presentata da Fu. dinanzi ai Carabinieri della Stazione di Talsano, a seguito della quale, stante la rinuncia del P.M. all'esame di quest'ultima e nulla opponendo la difesa a riguardo, si disponeva la revoca dell'ordinanza ammissiva dei mezzi istruttori nella parte relativa a tale ascolto testimoniale, ex art. 495, co. 4 bis, c.p.p.
Sicché, in difetto di dichiarazioni acquisibili e di ulteriori richieste probatorie, si dichiarava la chiusura dell'istruttoria dibattimentale e la piena utilizzabilità degli atti acquisiti al fascicolo del giudizio, al termine della quale le parti rassegnavano le proprie conclusioni nei termini indicati in epigrafe. All'esito della camera di consiglio, il Tribunale pronunciava dispositivo di sentenza, con motivazione contestuale, dandone lettura alle parti presenti.
Motivi della decisione
1. All'imputata risultano contestati i reati di cui agli artt. 646 e 635 c.p., perchè, quale conduttrice dell'abitazione ubicata a (…), si appropriava il mobilio ivi esistente, danneggiando l'appartamento.
Ebbene, il compendio probatorio acquisito all'esito del giudizio non consente di addivenire alla formulazione di un giudizio di condanna nei confronti della Ca.
1.1. Dall'acquisizione della querela della persona offesa è, invero, emerso come, a seguito dell'intervenuto decesso del padre di quest'ultima, usufruttuario vitalizio dell'immobile ubicato
a (…), la Fu. avesse richiesto all'imputata - cui la predetta abitazione era stata ceduta in locazione dal defunto genitore - la corresponsione dei canoni mensili rimasti impagati, nonché come, decorsi alcuni mesi dall'intimazione di pagamento notificata alla inquilina, la Ca. avesse abbandonato l'appartamento condotto, omettendo il versamento di quanto preteso ed impadronendosi degli arredi ivi esistenti.
Nel precisare, infatti, di essersi determinata ad accedere nel domicilio locato solo in data 16.09.2015, in considerazione di quanto riferitole da alcuni vicini circa la rilevata presenza di personale e mezzi da trasloco, la Fu. ha, poi, rappresentato di aver riscontrato, al momento del suo ingresso nell'edificio, non solo l'avvenuta sparizione di alcuni beni custoditi al suo interno (quali una poltrona nera, un divano rosso, cinque sedie in legno, due lumi e l'intero mobilio della camera da letto), ma anche il deterioramento dell'abitazione e delle residue suppellettili rimaste.
1.2. Così ricostruite in breve le risultanze istruttorie, va rilevato come l'evidenza disponibile precluda l'affermazione della penale responsabilità dell'imputata per le ipotesi delittuose ascrittele.
1.2.1. Con riguardo al reato di cui all'art. 646 c.p. è sufficiente rilevare come, in difetto di elementi tali da cui desumere in modo assolutamente certo ed evidente l'insussistenza dei fatti contestati, la commissione dei medesimi ad opera della Ca., nonché la rilevanza penale degli stessi, il reato ascrittole vada dichiarato estinto per intervenuta remissione di querela. Ed invero, l'evidenza richiesta dall'art. 129, co. 2, c.p.p. per il proscioglimento nel merito dell'imputata, impone per sua natura la radicale mancanza di "prove a carico" o la sussistenza di una o più "prove a discarico", tali da possedere un grado di certezza che consenta al giudicante di addivenire ad una pronuncia assolutoria senza un'approfondita analisi delle risultanze istruttorie. L'art. 129, co. 2, c.p.p. (non può, infatti, trovare applicazione in presenza di una mera contraddittorietà o di un'insufficienza probatoria, atteso che in entrambe le ipotesi si devolverebbe al giudice un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze e ciò in netto contrasto con il contenuto della norma, che richiede esclusivamente la rilevabilità de plano degli elementi a discarico dell'imputato (Cass. Pen., Sez. Un., n. 35490/2010).
Nella specie, si ritiene che in considerazione del tenore del compendio probatorio acquisito, non sussistano gli estremi per una pronuncia assolutoria nel merito, avuto precipuo riguardo alla riscontrata sparizione del compendio mobiliare esistente all'interno dell'abitazione condotta in locazione dall'imputata ed alla mancata restituzione, ad opera di quest'ultima, di quanto richiestole dalla proprietaria.
Deve, quindi, rilevarsi, in presenza dell'intervenuta tacita remissione di querela, secondo le previsioni di cui agli artt. 90, co, 1, lett. n bis), c.p.p. e 142, co. 1, lett. d bis), disp att. c.p.p., l'estinzione del reato di cui all'art. 646 c.p. contestato alla Ca., ben potendo desumersi dalla mancata partecipazione al giudizio dell'imputata l'assenza di qualsivoglia interesse a coltivare il processo e dunque, indirettamente, la sussistenza di una volontà incompatibile a rifiutare la remissione della querela, secondo la dichiarazione manifestata dalla persona offesa (in termini, con precipuo riferimento alla celebrazione del processo in contumacia cfr. Cass. n. 30614/2008 riv. 240238; Cass. 4696/2008 riv. 242618; sez. V, n. 7072 del 12.01.2011).
1.2.2. Circa, invece, la fattispecie di cui all'art. 635 c.p., pure ascritta all'imputata, deve evidenziarsi come l'evidenza disponibile non confermi in alcun modo l'assunto accusatorio. Ed invero, la condotta incriminata dalla predetta norma consiste nel distruggere, disperdere, deteriorare o rendere inservibile in tutto o in parte la cosa mobile o immobile altrui, con ciò intendendosi rispettivamente: 1) l'annientamento della cosa nella funzione strumentale all'uso cui è destinata, 2) l'allontanamento della cosa mobile dalla sfera di disponibilità dell'avente diritto, in modo che Io stesso non sia in grado di recuperarla, 3) la modificazione della cosa che ne diminuisca in modo apprezzabile il valore o l'utilizzabilità, 4) l'inutilizzabilità della cosa in rapporto alla sua originaria funzione strumentale.
Dopo la modificazione apportata con il D.lgs. n. 7/2016 le predette condotte, che devono sussistere alternativamente, per essere penalmente rilevanti e punibili in forza del riscritto art. 635 c.p. devono essere commesse, ai sensi del comma 1, con minaccia, violenza alla persona o in occasione della commissione del delitto di interruzione di un pubblico servizio o di un servizio di pubblica necessità previsto dall'art. 331 c.p., ovvero, secondo quanto prevede il comma 2, sulle cose che originariamente erano previste nei numeri 3), 4), 5), 5 bis) della norma previgente. Si tratta, in particolare, degli edifici pubblici o destinati ad uso pubblico - all'interno della cui categoria rientrano quelle strutture deputate ad ospitare un'attività di pubblico interesse espletata direttamente o indirettamente dalla pubblica amministrazione - o all'esercizio di un culto e di immobili compresi nel perimetro dei centri storici ovvero i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento siano in corso o risultino ultimati e, infine, delle altre cose indicate nell'art. 625, co. 1, n. 7), c.p.
Fatta tale premessa, deve, allora, rilevarsi come la condotta posta in essere dall'imputata, risolvendosi nella mera modifica strutturale dell'immobile dalla stessa abitato ed in una manomissione degli arredi al suo interno contenuti, risulti sussumibile nell'ipotesi di danneggiamento c.d. "semplice", riconducibile nell'alveo della previsione del previgente art. 635, co. 1, c.p., di fatto abrogato a seguito della sostituzione normativa operata dall'art, art. 2, lett. I) del citato decreto, venendo, invero, in rilievo un deturpamento, non solo scevro da connotati violenti o intimidatori, ma avente anche ad oggetto beni non ricompresi nella catalogazione contemplata dal secondo comma della predetta norma.
Ne consegue, dunque, l'impossibilità di addivenire, anche in ordine a tale ipotesi delittuosa, alla formulazione di un giudizio di condanna nei confronti dell'imputata, giacché i fatti alla stessa ascritti non sono più previsti dalla legge come reato.
P.Q.M.
Letti gli artt. 152 c.p. e 529 c.p.p.,
dichiara non doversi procedere nei confronti di CA.Gi. in ordine al reato di cui all'art. 646 c.p. alla stessa ascritto, perché estinto per intervenuta remissione di querela. Spese, come per legge, a carico della querelata.
Letto l'art. 530 c.p.p.,
assolve CA.Gi. dal reato di cui all'art. 635 c.p. alla stessa ascritto, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Motivazione contestuale.
Così deciso in Taranto il 12 luglio 2023.
Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2023.