Tribunale Gorizia, 26/05/2023, n.588
Nel reato di appropriazione indebita, la condotta è indebita solo se l’agente agisce consapevolmente senza averne diritto e con l’intenzione di ottenere un profitto ingiusto, configurando una forma di antigiuridicità speciale; l’assenza di dolo specifico, determinata dalla convinzione di esercitare un diritto, esclude la responsabilità penale.
Svolgimento del processo
Gu.Do., siccome imputato del reato di cui in epigrafe, con decreto ex art.552 c.p.p. del 30 gennaio 2019 era citato innanzi all'intestato Tribunale per l'udienza dibattimentale del 4 novembre 2019.
All'udienza tenutasi nella data dinanzi indicata, dichiarata l'assenza dell'imputato, l'avv. (…), (in sostituzione dell'avv. Ma.), munito di apposita delega, depositava atto di costituzione della persona offesa (…), nella persona del presidente p.t., quale parte civile nei confronti dell'imputato; era successivamente aperto il dibattimento ed erano ammesse le prove richieste dalle parti.
La successiva udienza, calendarizzata il 26 ottobre 2020, era differita con apposito provvedimento notificato alle parti al 25 maggio 2021, data in cui erano sentiti i testi (…) e il Pm depositava documentazione come da indice. All'udienza del 17 gennaio 2022, previa lettura del decreto del Presidente del Tribunale n. 15/21 del 99.2021, il processo era rinviato.
All'udienza del 6 giugno 2022 erano sentiti i testi Br. ed altri (…).
All'udienza del 13 febbraio 2023 il tribunale dava atto del mutamento del magistrato giudicante e le parti dichiaravano di non avere ulteriori istanze istruttorie; erano sentiti i testi Pl.Ro. ed altri (…) e l'imputato rendeva spontanee dichiarazioni.
All'udienza del 27 marzo 2023 il difensore di parte civile dimetteva documenti come da indice e il PM, vista l'entità della documentazione prodotta, chiedeva breve rinvio per poter esaminare la stessa.
All'udienza del 17 aprile 2023 il Giudice dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale e le parti discutevano il processo.
All'udienza del 22 maggio 2023 il PM rinunciava alle repliche. Veniva, quindi, pronunziata la presente sentenza mediante lettura del dispositivo in udienza alla presenza delle parti processuali con riserva di trenta giorni per il deposito delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
Motivi della decisione
L'odierno processo nasce a seguito della querela sporta da La.Di.
Nel quale è costituita parte civile:
(…), sedente in (…), in persona del Presidente p.t., con l'avv. (…) del foro di Gorizia;
Questi, eletto presidente dell'associazione (…) il 2.2.2017, nei primi giorni di marzo si recava presso l'istituto bancario per eseguire delle verifiche sul conto corrente della società e si avvedeva che pochi giorni prima, il 31 gennaio 2017, risultava un addebito per un assegno di euro 6.740,00; apprendeva dunque dal personale della banca che detto assegno (…) era stato emesso dall'imputato e incassato dallo stesso sul proprio conto corrente personale. Aggiungeva che l'imputato aveva cessato la propria carica di presidente il 30 dicembre 2016 e tuttavia non erano state ancora operate le consegne; dunque, egli aveva ancora la delega ad operare sul conto corrente della società. Chiariva inoltre che l'imputato, nel corso dei direttivi tenutisi nei mesi successivi, era stato interrogato in merito al prelievo ed aveva giustificato l'operazione sostenendo di aver eseguito personalmente dei pagamenti per conto della società negli anni 2007-2009 e tuttavia, richiesto di fornire documentazione comprovante dette spese, egli si era limitato a leggere delle voci da un'agendina personale.
Aggiungeva il dichiarante, inoltre, che nel corso dell'assemblea del 2 febbraio 2017 il Gu. aveva affermato che al 31.12.2016 la società contava un capitale di 17 mila euro e che non vi erano debiti né crediti verso terzi (cfr. documento 6 prodotto dalla difesa all'udienza del 27.3.2023).
Il teste (…), all'epoca in servizio presso la Guardia di Finanza di Gorizia, dichiarava di aver accertato che l'assegno era stato disposto dal Gu. sul conto societario e da questi incassato sul proprio conto personale, aggiungendo - a specifica domanda della difesa - che le indagini svolte sul conto di (…) avevano riguardato solo l'anno 2016 e non gli anni precedenti.
I testi Br. ed altri (…), confermavano quanto dichiarato dal La., avendo in sostanza partecipato alle stesse assemblee nel corso delle quali l'imputato aveva giustificato detto prelievo con delle spese da lui sostenute tra il 2007 e il 2009, pur senza giustificarle documentalmente.
I testi della difesa Ri. ed altri (…), tutti membri del direttivo dell'associazione sportiva, nel corso del rispettivo esame testimoniale riferivano che in passato, nei momenti di difficoltà economica della società, quando le casse erano sprovviste di denaro, l'imputato era intervenuto personalmente a pagare alcune spese; aggiungevano inoltre che l'imputato non aveva mai chiesto la restituzione delle somme versate, dichiarando concordemente che la gestione dell'associazione, per il tempo in cui ne avevano fatto parte, era stata una gestione familiare, mossa dall'intento proseguire l'attività della stessa, con conseguente scarsa attenzione alle questioni formali, motivo per cui gli anticipi dell'imputato non avevano trovato una precisa contabilizzazione nei bilanci della società.
Sul punto rilevano le dichiarazioni della teste Sc.Ma., la quale nell'ambito dell'associazione aveva svolto anche il ruolo di cassiera: la stessa affermava di essersi occupata anche personalmente dei pagamenti, specificando "pagavo fino a che avevo, cioè quello che riusciva a pagare e dopodiché interveniva il signor Do." (cfr. pag. 22 di 36 del verbale di trascrizioni fonografiche dell'udienza del 13.2.2023). L'imputato ha reso spontanee dichiarazioni, affermando di essere stato Presidente della citata associazione dal 1977 al 2016, salvo alcuni periodi di "vacanza" per lo svolgimento di attività di consigliere comunale, incompatibile con detta presidenza. Chiariva che l'Associazione per la propria attività percepiva dal Comune d Gradisca un contributo annuale - inizialmente di 11.000 euro, aumentato negli ultimi anni a 15.000 euro - e che spesso il Comune non aveva rispettato i termini di accredito sul conto corrente, cosicché egli era intervenuto personalmente a fronteggiare le spese quando le casse societarie erano sprovviste, così come era avvenuto tutte le volte in cui la società non aveva disponibilità economiche sufficienti. Nel corso delle sue dichiarazioni l'imputato analizzava le voci appuntatesi su un'agendina personale e la documentazione in suo possesso, relative ad anticipi eseguiti negli anni (rinnovo affiliazione per il pattinaggio nel 2007 per euro 303,00; pagamento della bolletta del gas per euro 1.900,00; chiusura del conto corrente a Fogliano per euro 1.300,00; bonifico eseguito al Comitato Provinciale (…) di euro 801,00; bonifico alla società (…) di euro 704,00; versamento eseguito nei confronti della predetta società per il pagamento del metano per euro 1.200,00 ed altri ulteriori piccoli pagamenti; cfr. pag. 34 di 36 delle trascrizioni fonografiche dell'udienza del 13.2.2023). Dichiarava infine di non aver segnato in bilancio gli anticipi eseguiti per l'associazione e di non aver operato prima dei fatti oggetto di giudizio alcuna restituzione per evitare che tanto creasse nuove difficoltà all'associazione medesima con ulteriore necessità di un suo intervento economico; aveva dunque deciso di rimborsarsi la somma corrispondente agli anticipi di cui aveva conservato traccia, una volta avuta contezza che non sarebbe stato rieletto. Agli atti è altresì presente copiosa documentazione prodotta dalla difesa dell'imputato e dalla parte civile.
Quanto alla documentazione prodotta dall'imputato, essa, come sopra anticipato, consta di una serie di operazioni bancarie, eseguite sul conto personale dell'imputato, molte delle quali in contanti, con sopra apposti appunti dell'imputato con l'indicazione della destinazione della somma prelevata a beneficio della società, oltre che alcune copie di bonifici bancari tratte dal conto dell'imputato e a favore della società. Si aggiungono poi ulteriori documenti attinenti a spese eseguite nei riguardi della società e meglio specificati dall'imputato nel corso del suo esame (cfr. documenti da 0 a 12 prodotti dalla difesa all'udienza del 13.2.2023).
La documentazione della parte civile afferisce invece ad annualità più recenti, sostanzialmente al 2012 e al 2017 e rappresenta in sostanza gli ingressi nelle casse societarie e le spese ordinarie della stessa.
Questi gli elementi traibili dal compendio istruttorio rilevante in vista della decisione. Premessa l'insussistenza di dubbio alcuno circa la riferibilità della condotta all'odierno imputato - che ha in sostanza ammesso di aver proceduto al prelievo della somma di cui al capo di imputazione e di averla accreditata sul proprio conto corrente personale - le prove a suo carico consistono, in buona sostanza, nella documentazione contabile relativa all'assegno emesso dall'imputato in proprio favore e nell'asserita assenza di documenti a comprova degli anticipi dallo stesso asseriti.
E' bene sin da subito evidenziare come tutti i testi della Pubblica Accusa escussi hanno riferito in merito a quanto accaduto nel corso delle assemblee del direttivo e al momento dell'insediamento della nuova composizione dello stesso. Invero, gli stessi non hanno offerto alcun elemento ricostruttivo relativo a quanto accaduto negli anni precedenti. Anche il teste Bi.Da., all'epoca in servizio presso la Guardia di Finanza di Gorizia, ha specificato che le indagini finanziarie svolte sul conto societario avevano riguardato solo l'anno 2016 e non anche gli anni precedenti.
Le prove d'accusa devono necessariamente essere poste a confronto con le spontanee dichiarazioni dell'imputato e con quanto emerso dall'audizione dei testi della difesa. Ed invero, come sopra evidenziato, l'imputato ha offerto una giustificazione rispetto al bonifico emesso in proprio favore una volta presa contezza della circostanza che non sarebbe stato rieletto Presidente dell'associazione. Trattasi, peraltro, delle medesime argomentazioni che lo stesso ebbe ad avanzare nel corso del consiglio direttivo in cui venne sollevata la questione dell'indebito prelievo.
Tali dichiarazioni, oltre ad essere circostanziale - nei limiti della documentazione reperita ad oltre dieci anni di distanza e da appositi appunti che lo stesso teneva su di una propria agenda - risultano attendibili, in quanto riscontrate dalla deposizione dei testi della difesa, tutti membri dell'associazione e del direttivo anche negli anni nei quali l'imputato ha collocato i prestiti elargiti nei confronti della società.
La teste Ri. ha invero sostenuto che non sempre la società aveva un numero di atleti (e dunque conseguentemente entrate) sufficienti per gestire le spese e che quando il denaro non bastava a coprire le spese relative all'attività dell'associazione allora interveniva direttamente l'imputato, unico che aveva una tale disponibilità economica; tanto avveniva ad esempio in alcuni periodi dell'anno, come l'estate, quando le iscrizioni calavano, chiarendo - a specifica domanda se vi fosse qualcun altro soggetto del direttivo a coprire dette spese - "che io sappia no, perché noi avevamo i ragazzi, noi si correva, magari si pagava il pranzo all'allenatore però come spese no, ha sempre coperto Do., sempre" (cfr. pag. 6 di 36 delle trascrizioni fonografiche dell'udienza del 13.2.2023). Specificava la teste, anche a domanda della scrivente, che di tali anticipi e tali difficoltà non vi erano tracce nella documentazione della società, chiarendo che la gestione della società era una gestione di tipo familiare e che il Gu. non aveva mai proceduto a rimborsarsi delle spese eseguite per non mettere in difficoltà l'associazione e di averlo fatto "quando è uscito perché l'hanno buttato fuori, cioè prima non ci ha pensato neanche. Ma tra l'altro, se posso dire un'altra cosa: cioè lui correva a destra e a manca e non si è mai fatto un rimborso, cioè anche con la macchina non si è mai fatto rimborsi (cfr. pag. 13 di 36 delle trascrizioni fonografiche dell'udienza del 13.2.2023).
Di medesimo tenore le dichiarazioni della teste (…), di particolare rilievo in considerazione della circostanza che la donna aveva svolto attività di cassiere all'interno della società - occupandosi quindi di riscuotere le rette dai genitori degli atleti - che dichiarava che quando la stessa non aveva a disposizione le somme per pagare gli allenatori, avvisava di tanto l'imputato che vi provvedeva.
L'assunto della esistenza di un credito da parte dell'imputato in forza di anticipi eseguiti a favore della società non risulta svilita dall'argomentazione della parte civile in forza della quale il Gu., nel consiglio direttivo del 3.2.2017 ebbe a fare una dichiarazione confessoria nel momento in cui affermò che al 31 dicembre 2016 l'associazione era in bonis e non vi erano crediti o debiti verso alcuno.
A parere del difensore della parte civile, invero, quella sarebbe stata la sede in cui il Gu. avrebbe potuto e soprattutto dovuto evidenziare l'esistenza di un proprio credito nei riguardi dell'associazione, posto che pochi giorni dopo avrebbe operato sul conto della società emettendo un bonifico a suo favore. Pur persuasiva, tale argomentazione deve confrontarsi con le dichiarazioni della teste (…), che ha chiarito il contesto in cui detta affermazione si era inserita. A mente della teste, nel corso dell'assemblea ordinaria del 3 febbraio 2017 era stato contestato all'imputato che il bilancio non risaltava redatto in maniera consona (più nello specifico lo stesso non esponeva chiaramente la situazione patrimoniale) e l'imputato aveva risposto a tale censura, chiarendo che non vi erano né crediti né debiti verso terzi soggetti. Orbene, posto che per le ragioni dall'imputato avanzate e confermate altresì dai testi escussi, non vi era traccia nei bilanci degli anticipi da lui eseguiti, è ben possibile che la frase profferita frase dell'imputato - peraltro riportata nell'ambito di un verbale riassuntivo - avesse il senso di obiettare alle censure mosse sulle modalità di redazione del bilancio sostenendo la veridicità delle voci dallo stesso risultanti e dunque l'inesistenza di crediti verso terzi, come proprio evincibile da quel documento.
Parimenti, le doglianze di parte civile volte a censurare il modus operandi dell'imputato e della compagine associativa negli anni meno recenti, posto che gli anticipi economici dell'imputato avrebbero dovuto avere una precisa voce in bilancio ed essere deliberati dal consiglio direttivo, pur ragionevoli, non hanno rilevo nel processo de quo, in cui non si discorre di regolarità contabili o responsabilità gestionali.
Si aggiunga inoltre che anche la documentazione prodotta dalla parte civile è riferita ad anni più recenti rispetto a quelli cui vengono ricondotti i prestiti elargiti dall'imputato all'associazione.
Ciò detto, la condotta tipica del reato di cui all'art. 646 c.p. consiste nell'appropriarsi dell'altrui denaro o cosa mobile di cui si abbia già, a qualsiasi titolo, il possesso. Ciò significa che l'agente deve attuare, sulla cosa mobile altrui che possiede legittimamente, degli atti che corrispondano a dei poteri superiori a quelli a lui concessi dal titolo del suo possesso, i quali possono spettare soltanto al proprietario. Tale appropriazione deve essere tuttavia illegittima, dunque realizzata dall'agente senza averne diritto con la conseguenza che deve escludersi la configurabilità del delitto qualora il soggetto attivo agisca esercitando un suo diritto, nonché nel caso in cui sussista il consenso dell'avente diritto.
A tal proposito si è efficacemente affermato che l'ingiustizia del profitto, qualificante l'appropriazione come indebita, investirebbe tutto il reato e non solo l'elemento psicologico, onde la mancanza di siffatto requisito escluderebbe l'illiceità del fatto prima ancora che il dolo (De Marsico, 203; Pisapia, 802). Siffatta soluzione sarebbe ancor più lineare qualificando il termine indebita e/o l'ingiustizia del profitto come un'ipotesi di antigiuridicità (o illiceità) speciale, vale a dire come un elemento (normativo) del fatto tipico che richiama una norma, diversa da quella incriminatrice, quale parametro di illiceità del fatto medesimo. Tesi sostenibile se si parte dalla premessa che l'appropriazione è un fatto di per sé lecito che diventa penalmente illecito solo se rivolta a conseguire un ingiusto profitto. Ciò significa che vi è un collegamento diretto tra l'aggettivo della rubrica e l'ingiustizia del testo, nel senso che l'appropriazione sarà indebita (secondo Pa., Appropriazione, 235, più che ricorrere al dolo specifico sarebbe stato meglio disegnare il fatto tipico come quello di colui che si appropria "indebitamente" della cosa) quando sarà finalizzata a conseguire un profitto ingiusto. Ingiustizia che, è ovvio, può essere definita tale solo in base a parametri di qualificazione giuridici esterni all'art. 646.
Si ritiene che nel caso di specie l'espletata istruttoria non abbia provato oltre ogni ragionevole dubbio che l'appropriazione fosse indebita, essendo viceversa emerso - per le ragioni sopra addotte, che l'imputato ebbe ad eseguire anticipi nel corso degli anni a beneficio dell'associazione, per consentire alla stessa di proseguire la propria attività, dunque egli più che appropriarsi indebitamente di denaro dell'associazione, distraendolo dallo scopo, al momento dell'uscita dall'Associazione ebbe a trattenere le spese anticipate. In tal senso, se è vera l'obiezione avanzata dalla difesa della parte civile in sede di discussione e in forza della quale la documentazione dimessa dall'imputato non è di per sé prova di quanto asserito dallo stesso, trattandosi di documentazione attestante per lo più il prelievo di alcune somme da parte dell'imputato con appunti apposti dallo stesso circa la destinazione di tali danari, detta documentazione va letta unitamente alle dichiarazioni dei testi della difesa, che hanno acclarato la veridicità delle dichiarazioni dell'imputato. Del resto, come sopra evidenziato, la documentazione dimessa dalla parte civile e dal Pubblico Ministero, essendo riferita agli anni più recenti, non è sufficiente a vulnerare la tesi difensiva.
Ad abundantiam, si osserva che in ogni caso difetta in capo all'imputato l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice, ossia la coscienza e volontà di appropriarsi del denaro o della cosa mobile altrui, sapendo di agire senza averne diritto, ed allo scopo di trarre per sé o per altri una qualsiasi illegittima utilità.
E', viceversa, emerso che l'imputato eseguì il prelievo degli oltre 6 mila euro con la volontà di rimborsare le somme da lui stesso anticipate, una volta acquisita la consapevolezza che non sarebbe stato rieletto Presidente. Dell'esistenza di detti anticipi - non occorre ripetersi - vi è riscontro estrinseco nelle affermazioni dei testi della difesa.
Ed allora, posto che il profitto deve essere ingiusto, il dolo è escluso avendo l'imputato agito con la sincera convinzione di perseguire una pretesa tutelata dall'ordinamento.
P.Q.M.
Visto l'art. 530 co. 2 c.p.p.,
ASSOLVE
Gu.Do. dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste.
Motivazione riservata in giorni 30.
Così deciso in Gorizia il 22 maggio 2023.
Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2023.