top of page

Confermata in appello la condanna per sostituzione di persona e falsificazione di documenti

conferma-condanna-appello-sostituzione-persona-falsificazione-documenti

Corte appello Ancona, 19/05/2021, n.980

Il delitto di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) può concorrere con i reati di falsificazione di documenti pubblici (artt. 477 e 482 c.p.) in presenza di una pluralità di condotte. La consumazione del reato di sostituzione di persona è ravvisabile non solo quando vi sia stata la creazione di documenti falsi, ma anche quando si siano stipulati contratti sotto falsa identità. Inoltre, il contributo causale di un compartecipe che fornisce elementi essenziali (es. fotografie per documenti falsi) esclude l’applicabilità dell’attenuante della minima partecipazione (art. 114 c.p.).

Condanna per sostituzione di persona e diffamazione aggravata online: dieci mesi di reclusione

Condanna per sostituzione di persona con frode su finanziamento: reclusione e risarcimento

Confermata in appello la condanna per sostituzione di persona e falsificazione di documenti

Condanna per possesso di documenti falsi e sostituzione di persona: pene cumulative per fatti legati da disegno criminoso unico

Sostituzione di persona e truffa continuata: condanna per millantata qualifica di Capitano della Guardia di Finanza

Condanna per violazione di domicilio e sostituzione di persona: reclusione per sette mesi

Assoluzione per tenuità del fatto in caso di sostituzione di persona per contratto di energia elettrica

Sostituzione di persona e continuazione tra reati: condanne confermate con aumento di pena

Sostituzione di persona tramite indebito utilizzo del timbro associativo: condanna per appropriazione fraudolenta di qualità professionale

Truffa informatica e sostituzione di persona: condanna a 7 mesi di reclusione per frode su sito web falso di hotel

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 274/18 emessa il giorno 27.02.2018 il Tribunale di Ascoli Piceno, in composizione monocratica, condannava (…) alla pena di mesi sei di reclusione (pena sospesa) e (…) alla pena di mesi nove di reclusione, ritenendoli responsabili, il primo ed il secondo (capi a e b) dei reati di cui agli artt. 81 cpv., 110, 477, 482, 494 c.p. per aver formato una falsa carta d'identità a nome di (…) (recante l'indirizzo del (…) e la foto del (…)) che esibivano per richiedere l'attivazione di utenze telefoniche; solo il secondo (capo c) del reato di cui agli artt. 477,482 c.p. per aver contraffatto la carte d'identità della madre (…), apponendo sulla stessa le generalità di (…).

Il Giudice di primo grado valorizzava le testimonianze del maresciallo della Stazione Carabinieri di Ascoli Piceno (…) che aveva svolto le indagini, delle vittime (…) e (…) che disconoscevano la paternità dei documenti contraffatti, nonché delle persone ((…), (…), (…)) coinvolte nella vicenda della attivazione delle utenze telefoniche.

Quanto al trattamento sanzionatorio, le pene venivano stabilite come sopra indicato, riconoscendo al solo (…) le attenuanti generiche ed il beneficio della sospensione condizionale.

Avverso detta sentenza proponevano appello i difensori degli imputati:

per (…) veniva chiesta, in via principale, l'assoluzione difettando la prova della partecipazione dell'imputato ai fatti di cui ai capi a) e b), in subordine la riduzione del trattamento sanzionatorio riqualificando il capo b) nella ipotesi tentata, concedendo l'attenuante di cui all'art. 114 c.p., contenendo la pena nei minimi edittali; per (…) veniva chiesta, in via principale, l'assoluzione difettando la prova dei fatti ovvero della partecipazione degli imputati ai reati di cui ai capi a), b) e c), in subordine l'assorbimento del delitto sub b) in quello di cui al capo a), in ulteriore sub ordine la riduzione del

trattamento sanzionatorio concedendo le attenuanti di cui agli artt. 114 e 62-bis c.p.

All'esito dell'udienza camerale, svolta ai sensi dell'art. 23-bis D.L. 137/2020, conv. con mod. in L. 176/2020, le Parti hanno rassegnato conclusioni come da verbale.

Motivi della decisione
La sentenza appellata deve essere confermata con conseguente condanna degli imputati appellanti al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio.

La vicenda è stata ricostruita, non senza difficoltà, dai testimoni assunti nel corso del dibattimento ed ampiamente citati nella sentenza di primo grado.

Lo spunto investigativo era offerto dalla querela sporta da (…), amministratore unico della "(…) srl", il quale riferiva di essere stato contattato dal call center di (…) che gli chiedeva conferma della attivazione di utenze telefoniche in realtà da lui mai richieste; in seguito analogo contatto proveniva anche dalla ditta "(…) srl" di bissone relativamente ad una utenza telefonica (…): si scopriva quindi che i contratti venivano attivati mediante presentazione di falsi documenti intestati al (…). In particolare il richiedente aveva utilizzato un documento recante le generalità del (…) ma con una diversa fotografia (poi risultata appartenere a (…)) e un diverso indirizzo (poi risultato coincidere con quello di (…)),

Per attivare tali utenze era stato indicato, dal sedicente (…), il numero telefonico (…), risultato appartenere ad (…); per l'attivazione di tale ultima utenza era stata utilizzata la carta d'identità rilasciata a (…), madre del (…), deceduta il 26.10.2011, apponendo sulla stessa i dati anagrafici della (…). Relativamente a tale vicenda, la teste (…) ricordava che si era presentato direttamente (…) (cliente abituale dell'esercizio di telefonia gestito dal marito) il quale, con il medesimo falso documento, attivava quattro schede telefoniche prepagate.

Anche (…) ricordava di essere stata contattata telefonicamente per l'attivazione di utenze a nome della "(…) srl: l'interlocutore, presentatosi ufficialmente come (…), inviava i documenti falsi a suo nome ma la teste, contattato il reale amministratore della società, si sentiva rispondere che era totalmente estraneo ai fatti. Analoga era l'esperienza di (…), pure lui contattato dal sedicente (…) che chiedeva l'attivazione di utenze telefoniche a nome della "(…) srl", società poi rivelatasi del tutto estranea alla contrattazione: anche in questo caso l'interlocutore aveva utilizzato l'utenza (…) per contattare (…).

Tanto (…), quanto (…) riferivano di essere estranei alla vicenda della negoziazione delle schede telefoniche e negavano di aver subito il furto ovvero lo smarrimento dei documenti utilizzati nelle transazioni. Il (…) aggiungeva di aver ricevuto alcune fatture da pagare "a (…) piuttosto che a (…)" riguardanti utenze telefoniche da lui mai utilizzate.

Ricordato il quadro probatorio emerso dalla istruttoria dibattimentale, vanno quindi analizzati i motivi di gravame, iniziando da quello dedotto in via principale da entrambi gli imputati i quali assumevano l'assenza di prove che li collegassero alle falsificazioni dei documenti utilizzati nelle transazioni sopra citate.

La Corte ritiene che il predetto motivo di gravame non possa trovare accoglimento. Il collegamento dei due imputati con i fatti veniva infatti desunto da plurimi e convergenti elementi tra i quali spiccano: la circostanza che (…) avesse partecipato personalmente ad una parte delle contrattazioni (si veda la testimonianza (…)), utilizzando nelle altre contatti telefonici attraverso un'utenza poi risultata attivata mediante un falso documento in origine intestato alla madre nel frattempo deceduta; il fatto che il falso documento del (…) recasse la fotografia del (…) e l'indirizzo del (…); il fatto che (…) e (…) fossero collegati avendo condiviso l'attività presso la ditta "(…)"; il fatto che le modalità della falsa contrattazione si ripetessero in serie con identiche modalità, essendo riferite le varie attivazioni di utenze telefoniche alla "(…) srl".

Corretta appare la configurazione giuridica dei fatti, dovendosi ricordare come integri il reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p. anche la formazione di un atto presentato come la riproduzione fotostatica di un documento originale avente natura di certificato, in realtà inesistente o contraffatto. Nel caso specifico, pur non risultando sottratto il documento originale delle parti offese, venivano formati falsi documenti d'identità recanti le esatte generalità di persone realmente esistenti ((…) e la (…)) sui quali venivano indicati elementi di novità (le foto di (…) e della madre di (…), nonché l'indirizzo di quest'ultimo); i documenti venivano poi utilizzati per attivare utenze telefoniche a nome delle persone le cui generalità erano state falsamente rappresentate ai titolari degli esercizi di gestione della telefonia.

Il ruolo di (…) risultava evidente, essendosi personalmente occupato delle contrattazioni, ma anche (…), dipinto nell'appello quale "utile idiota, utilizzato come scudo giuridico dietro cui nascondersi", aveva fornito la foto tessera necessaria per la formazione del falso documento.

Non sussiste, contrariamente al motivo di gravame sollevato nell'appello di (…), possibilità di ritenere assorbito il delitto sub b) in quello di cui al capo a). Infatti, il delitto di sostituzione di persona può ritenersi assorbito in altra figura criminosa solo quando ci si trovi in presenza di un unico fatto, contemporaneamente riconducibile sia alla previsione di cui all'art. 494 c.p., sia a quella di altra norma posta a tutela della fede pubblica. Nel nostro caso non poteva che parlarsi di concorso materiale di reati in quando ci si trovava in presenza di una pluralità di fatti e quindi di azioni diverse e separate: va quindi escluso il concorso apparente di norme tra il reato di sostituzione di persona e quello di falso in certificazioni amministrative, di cui agli artt. 477 e 482 c. p., poiché le condotte degli imputati riguardavano la falsificazione e l'esibizione di documenti d'identità falsificati al fine di stipulare sotto falsi nomi contratti di attivazione di utenze telefoniche, non dimenticando che l'atto di esibizione era stato preceduto da una distinta attività di falsa presentazione delle qualità del contraente.

Il delitto di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. poteva infine considerarsi consumato e non semplicemente tentato (come dedotto nell'appello dell'imputato (…)) poiché in alcuni casi la contrattazione veniva portata a termine con l'attivazione di utenze a nome di persone del tutto all'oscuro della vicenda.

Quanto alla scelta della sanzione da irrogare osserva la Corte come possa in questa sede farsi integrale rinvio alla sentenza di primo grado, precisa, pur nella sua concisione, nell'indicare gli elementi essenziali per giungere al calcolo definitivo.

Le statuizioni di cui alla sentenza impugnata meritano conferma: il Giudice di primo grado mostrava infatti di aver ben utilizzato i criteri di determinazione della pena previsti dall'art. 133 c.p. commisurando la sanzione concretamente prevista alla gravità del fatto ma graduando la sanzione in ragione del diverso apporto dei due imputati, alla luce della maggiore pericolosità sociale dell'imputato (…), come attestata dai suoi precedenti penali.

La pena irrogata dal primo Giudice appare congrua ed adeguata in relazione agli elementi di cui all'art. 133 c.p., non dimenticando i gravi e numerosi precedenti penali dell'imputato (…) che impedivano la concessione delle attenuanti generiche oltre che del beneficio della sospensione condizionale.

Va rigettato anche il motivo di gravame volto a richiedere l'applicazione, ad entrambi gli imputati, dell'attenuante di cui all'art. 114 c.p. poiché l'esame del materiale probatorio consentiva di valutare il contributo dato dai due compartecipi come decisivo, anche per (…) il quale forniva le proprie fotografie per falsificare i documenti. Il contributo degli imputati quindi non si concretizzava nell'assunzione di un molo di efficacia causale così lieve rispetto all'evento, da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso.

La sentenza appellata deve, pertanto, essere integralmente confermata. Segue la condanna degli appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado.

P.Q.M.
visto l'art. 605 c.p.p.,

conferma la sentenza in data 27/02/2018 del Tribunale di Ascoli Piceno, appellata dagli imputati (…) e (…) che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali.

Così deciso in Ancona il 13 maggio 2021.

Depositata in Cancelleria il 19 maggio 2021.

bottom of page