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Detenzione di segni distintivi contraffatti: configurazione del reato e prova della consapevolezza (Corte appello Napoli - Sesta sezione)

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Corte appello Napoli sez. VI, 11/09/2024, (ud. 02/07/2024, dep. 11/09/2024), n.8093

Il reato previsto dall’art. 497-ter c.p. si configura con la semplice detenzione di oggetti che simulano i segni distintivi in uso ai corpi di polizia, indipendentemente dalla loro collocazione in luoghi pubblici o privati. La consapevolezza dell’imputato circa la natura illecita degli oggetti può essere desunta da circostanze univoche, come il contesto e gli strumenti rinvenuti nella sua disponibilità.

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La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza emessa il 11-14.11.2022 dal Tribunale di Napoli Nord, in composizione monocratica, Be.Le., all'esito di un giudizio celebrato con rito abbreviato, è stato dichiarato penalmente responsabile del reato ex art. 497-ter c.p., di cui all'imputazione, e, applicata la diminuente per la scelta del rito, è stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delie spese processuali. Confisca e distruzione di quanto in sequestro.

Il convincimento del Tribunale in ordine al giudizio di colpevolezza espresso nei confronti dell'imputato è stato assunto, allo stato degli atti, sulla base del verbale di arresto e dei successi accertamenti effettuati, confluiti nei verbali di identificazione personale e di sequestro dell'autovettura. In particolare, risulta che, in data 19.6.2021, a seguito di numerose segnalazioni da parte di residenti, gli operanti di P.G. intimarono l'Alt ad un'autovettura Mercedes, di colore bordeaux, che presentava luci blu fisse molto simili a quelle dei corpi di Polizia; dopo un breve inseguimento l'auto venne fermata e venne constatata, all'interno, la presenza di due persone, tra cui l'odierno imputato, che si trovava seduto sul sedile anteriore, accanto al conducente. Si procedette, quindi, ad una perquisizione personale e veicolare, all'esito della quale venne accertato che, all'interno del veicolo, erano presenti vari strumenti atti allo scasso, reperiti proprio nella disponibilità del Le., e che, inoltre, nell'abitacolo era stato installato un sistema elettrico che alimentava un dispositivo sonoro, riproducente una sirena della polizia, e un dispositivo luminoso, dotato di luci blu lampeggianti riproduttive di quelle in uso ai Corpi di Polizia. L'imputato ha negato gli addebiti, sostenendo che tutto il materiale era di proprietà del guidatore.

Avverso la sentenza ha interposto appello il difensore dell'imputato, con ricorso tempestivamente depositato, articolando i seguenti specifici motivi:

1) Con il primo motivo ha chiesto l'assoluzione, anche ai sensi dell'art. 530 cpv. c.p.p., evidenziando che non vi è prova che l'imputato fosse consapevole del contenuto dell'autoveicolo, posto che egli si trovava a bordo del mezzo solo perché aveva chiesto un passaggio a casa;

2) con il secondo motivo ha chiesto il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la riduzione della pena e la concessione della sospensione condizionale.

All'odierna udienza il processo è stato deciso in camera di consiglio, senza partecipazione dei difensori, in conformità a quanto previsto dall'art. 23 bis della I. 176/2020, non essendo stata presentata, in precedenza, istanza di discussione orale e di partecipazione da parte dell'imputato.

Ciò premesso, l'appello è infondato e va rigettato.

In particolare, va preliminarmente osservato che, quanto al merito della decisione di condanna dell'imputato, questa Corte ritiene integralmente condivisibili la analitica ricostruzione dei fatti e la motivazione posta a fondamento della decisione di primo grado, in aderenza alle risultanze processuali, legittimamente acquisite e pertanto pienamente utilizzabili, da parte del giudice di primo grado, ad esse riportandosi (così come ormai ritenuto legittimo dalla giurisprudenza della Suprema Corte, vedi tra le altre Cass. Sez. I sent. n. 46350 del 2/10-3/12-2003 e da ultimo Cass. sez. Ili sent. n.27300 del 14-5/17-6-2004 che sottolinea come la motivazione della sentenza di secondo grado "deve essere concisa e riguardare gli aspetti 'nuovi' o contradditori o effettivamente mal valutati").

Ciò posto, le censure svolte nel gravame sono state sostanzialmente già esaminate e risolte, nel senso della loro infondatezza, dal primo giudice. E, qualora siano dedotte questioni già esaminate e risolte, il giudice dell'impugnazione può motivare per relationem (Cass. pen sez. V 15 febbraio 2000, n. 3751). Tale motivazione è consentita con riferimento alla pronuncia di primo grado, laddove le censure formulate contro quest'ultima non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, poiché il giudice di appello non è tenuto a riesaminare dettagliatamente questioni sulle quali si sia già soffermato il primo giudice con argomentazioni ritenute esatte ed esenti da vizi logici (Cass. sez. V 22 aprile 1999 n. 7572).

Per tale motivo la Corte fa proprie, sul punto, le argomentazioni spese nella sentenza impugnata, che possono ritenersi in questa sede integralmente richiamate. Ritiene solo il collegio di aggiungere che, posto che l'art. 497-ter c.p., n. 1), incrimina la mera detenzione, illecita, dei segni distintivi in uso ai Corpi di polizia o, come nel caso di specie, di oggetti che ne simulino la funzione, a prescindere alla loro collocazione in un luogo pubblico o privato (Sez. 5, n. 26537 del 12/03/2014, Chiodi, Rv. 260222), l'imputato non ha fornito la prova, su di sé gravante, circa il fatto addotto a propria giustificazione, ossia l'essere stato inconsapevole della natura illecita degli oggetti indicati in imputazione.

Peraltro, all'interno dell'autovettura incriminata sono stati rinvenuti strumenti atti allo scasso che erano nella disponibilità proprio dell'odierno imputato; tale circostanza, unita alla presenza del Le. all'interno di un veicolo che contraffaceva, in modo grossolano, le luci blu della polizia, rende palese la piena consapevolezza dell'azione criminosa, da parte di costui.

Con riguardo ai motivi quoad penam, in ordine alla richiesta di concessione delle attenuanti generiche, va richiamato il consolidato principio di diritto per cui, nel motivare il diniego del beneficio ex art. 62-bis c.p., non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (per tutte, Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, Lule, Rv. 259899).

Nel caso di specie non sono emersi elementi valutabili in maniera favorevole all'imputato che, anzi, non si è dimostrato meritevole di un'attenuazione della pena, né in ragione delle oggettive circostanze del fatto, né per il comportamento processuale, del tutto non collaborativo.

Anche la pena inflitta in primo grado deve ritenersi congrua, avendo riguardo alla gravità del contegno tenuto dall'imputato, alle conseguenze che ne sono scaturite, all'importanza del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice e ai parametri enunciati dall'art. 133 c.p.

È inammissibile la richiesta di concessione della sospensione condizionale, in quanto già concessa dal primo giudice.

Dal rigetto dell'appello deriva la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del presente grado.

Stante il rilevante carico di ruolo che grava sull'ufficio, il termine per il deposito della motivazione è stato riservato in novanta giorni, non interamente fruiti.

P.Q.M.
Visti gli artt. 599 c.p.p. - 23-bis D.L. n. 137/2020,

conferma la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli Nord, in composizione monocratica, in data 11.11.2022, appellata dall'imputato Le.Be., che condanna alle spese del presente grado.

Motivazione in giorni novanta.

Così deciso in Napoli il 2 luglio 2024.

Depositato in Cancelleria l'11 settembre 2024.

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