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Detenzione di stupefacenti e responsabilità penale: criteri probatori e aggravanti escluse (Collegio - Cristiano presidente)

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Tribunale Napoli sez. IV, 23/04/2010, (ud. 01/04/2010, dep. 23/04/2010)

La detenzione di sostanze stupefacenti finalizzata allo spaccio, organizzata attraverso l'utilizzo di luoghi specificamente attrezzati, integra pienamente il reato di cui all'art. 73 del DPR 309/90. L'identificazione della disponibilità e del controllo del luogo dove è rinvenuta la droga costituisce elemento sufficiente a dimostrare la responsabilità penale, anche in assenza di un diretto riscontro visivo dello spaccio da parte dell’imputato.

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La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto dispositivo del giudizio immediato emesso dal Gip, M.S. veniva citato a giudizio per i fatti in epigrafe.

Alla presenza dell'imputato, detenuto in carcere per questi fatti, all'udienza del 21.1.2010 veniva aperto il dibattimento.

Sulle relative richieste delle parti venivano ammesse le seguenti prove: esame per testi ed imputato, acquisizione ed utilizzazione di mod. 730 dell'anno 2006 per M.O., fogli manoscritti, del verbale di arresto, dei verbale di perquisizione e sequestro a carico di R. G. e di quello a carico di M.S. e B.C, del narcotest e della relazione tecnica sulla sostanza caduta in sequestro per il PM; acquisizione di documentazione, ammissione della teste della lista a discarico per la difesa.

Essendosi acquisita la relazione tecnica sulla sostanza sequestrata veniva revocato il corrispondente teste indicato dal PM. Venivano così esaminati i testi D.P.M. e L.G. e, quest'oggi, I.S., l'imputato e S.C.. Acquisita ulteriore documentazione, allegata anche dalla difesa, veniva respinta la richiesta ex art. 507 c.p.p. avanzata dalla difesa come da verbale cui si rinvia.

Dichiarata così chiusa l'istruttoria dibattimentale e l'utilizzabilità delle prove e dei documenti raccolti, sulle successive conclusioni delle parti come da epigrafe, il Tribunale pronunciava il dispositivo riservandosi il deposito dei motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Dall'istruttoria dibattimentale svolta deve ritenersi pienamente provata la responsabilità dell'imputato per i fatti a lui ascritti: la detenzione finalizzata alla cessione a terzi, unitamente ai coimputati separatamente giudicati R. e F., delle diverse confezioni di sostanza stupefacente - hashish e marijuana- sequestrata dai CC. il giorno 13.7.2009.

Di esse piena prova è offerta dalle precise e chiare dichiarazioni rese dai testi dei CC. D.P., L. e I..

Il primo ha ricordato l'articolato servizio disposto per quella giornata nei pressi dell'abitazione del M.S., in Melito alla via L.: un'edificio di 5 piani, nel cui androne avente il portone chiuso dall'interno, attraverso un finestrone munito di feritoia, era stata organizzata la vendita della droga con la copertura di almeno due vedette.

Infatti durante il preliminare servizio di osservazione, iniziato alle ore 14,00, il teste ha ricordato la presenza di due soggetti sugli opposti lati dell'edificio: R.G., che si muoveva su di uno scooter per perlustrare il lato dell'edificio che dava sulla strada principale; F.F., che a piedi presidiava l'opposto ingresso dell'edificio. Infatti una volta che gli operanti erano intervenuti, congiuntamente con due pattuglie sugli opposti lati, R. si era avvicinato con lo scooter ed aveva lanciato l'allarme "stanno le guardie con la macchina" alla volta del finestrone dietro il quale avveniva lo spaccio; tanto mentre proprio nei pressi del finestrone vi era uno degli acquirenti, insieme al R. fermato ed identificato.

Dall'opposto lato invece era stato fermato anche il F., subito dopo che, a sua volta, aveva lanciato l'allarme al complice all'interno dell'edificio. Era infatti quest'ultimo ad effettuare materialmente attraverso il finestrone gli scambi con gli acquirenti. Ma gli operanti, poiché il finestrone era pitturato di nero, essendo poi stata lanciato l'allarme dalle due vedette, non avevano potuto neanche vedere in alcun modo tale soggetto. Del resto il portone era chiuso dall'interno con un chiavistello che, solo dopo qualche minuto e con l'uso di un "piede di porco", erano riusciti a scardinare. Così proprio sotto il finestrone avevano trovato una sedia con degli spiccioli, delle bustine di cellophan del tipo utilizzato per confezionare le dosi ed alcuni fogli di "bloc-notes" recanti annotazioni relativi alla contabilità dell'attività. Tali annotazioni erano dello stesso tipo di quelle che avrebbero più tardi rinvenuto e sequestrato nell'abitazione del M., in un cartone in cui vi era anche la somma di E.70 Euro. Il teste ha quindi riconosciuto nei fogli fotocopiati mostratigli dal fascicolo quelli rinvenuti nell'androne ed a casa dell'imputato.

Ancora, ha ricordato di essersi immediatamente precipitato, per primo, per le scale, diretto al 5° piano dove vi era l'abitazione di M.S., ivi ristretto agli AA.DD. per lo stesso reato. Alcuni colleghi erano rimasti di sotto per verificare che non venisse lanciato alcunchè. Mentre giungeva all'ultimo piano il teste aveva sentito qualcuno scendere dalla scala in ferro del sottotetto e l'aveva visto introdursi nell'abitazione del M.: quella sulla sinistra della rampa di scale. Al riguardo D.P. ha precisato di aver visto lateralmente e da sinistra, solo le gambe, sicuramente maschili, ed i bermuda, bianchi, di questa persona: infatti si era chiuso la porta dell'abitazione alle proprie spalle. Al riguardo il teste ha assistito all'esibizione, sollecitata da parte della difesa, dei vistosi tatuaggi presenti sulla parte esterna della gamba destra dell'imputato, come rilevati dal Presidente. Egli però ha escluso di aver potuto all'epoca notare dalla propria posizione, la gamba destra del soggetto in bermuda che si era chiuso in casa: ne aveva potuto veder solo la sinistra. E su di essa, come fatto rilevare sempre dal Presidente, non vi era alcunchè.

D.P. ha ricordato quindi che la successiva perquisizione li aveva portati al sequestro di quanto trovato nel sottotetto dell'edificio: la sostanza stupefacente e la documentazione mod. 730 del 2005, CUD 2006 e codice fiscale di M.O. padre, ricarica scheda telefonica intestata a S.C., moglie dell'imputato -. La presenza di tale documentazione, insieme alla altre masserizie colà rinvenute li avevano indotti a ritenerlo pertinenza della casa di M.S.. In particolare il teste ha precisato che il sottotetto, collegato al pianerottolo di casa M. da una botola e da una scala in ferro, era molto ampio: comune anche ad altre scale dell'edificio, privo di muri perimetrali e con la falda spiovente della copertura dall'altezza di m. 1,80 a quella di m. 1. Tuttavia l'altra botola che avevano controllato, a circa 30-40 metri dalla loro, era chiusa con il lucchetto dall'interno dell'edificio. Invece solo una. ben circoscritta porzione dell'intero sottotetto, proprio nei pressi della botola con la scala che dava sul pianerottolo e sull'abitazione dell'imputato, risultava utilizzato: a ridosso del vano ascensore, vi era una specie di gabbiotto di circa 15 mq. adibito a "ripostiglio", spazio per hobby e deposito dall'imputato e dai suoi familiari. Vi erano infatti una scrivania, una luce, un frigorifero, una radio, delle bibite, giocattoli e scarpe vecchie oltre alla documentazione prima indicata che faceva capo al padre ed alla moglie dell'imputato. Inoltre, per terra, a breve distanza l'una dall'altra, a partire dalla botola ed in direzione del gabbiotto, quasi a contrassegnarne il percorso come "Pollicino", avevano trovato disseminate 4 stecchette di hashish. Le altre 120 confezioni di droga, tra hashish e marijuana, che avevano sequestrato sempre nel sottotetto all'interno del gabbiotto, erano contenute in 4 buste chiuse con nodo. Dai colleghi che avevano perquisito la sottostante abitazione, dotata di almeno 4 stanze nelle quali viveva il nucleo familiare dell'imputato - moglie e figlioletto - con quello suo di origine - padre e madre - il teste aveva poi appreso del rinvenimento, in una scatola in un armadio, degli appunti e della somma di E. 70,00. Il teste ha comunque riferito che nella casa, oltre all'imputato ed al B.C. che sedeva al computer al momento del suo ingresso, vi era anche la moglie del M., S.C.: probabilmente proprio la persona che gli aveva aperto la porta di casa. Infine, alle domande della difesa, ha risposto che nella zona numerosi erano stati gli arresti per droga, essendo frequente l'adibizione di quegli edifici a piazze di spaccio: proprio in quello di fronte aveva in passato effettuato analogo intervento.

L'altro teste L.G., sempre dei CC. ha ripercorso l'intera operazione in modo del tutto conforme al collega, specificando meglio la "artigianale" modifica del finestrone della scala 23 adibito allo scambio della droga e del danaro.

Dopo aver ricordato a sua volta il ruolo delle vedette R. e F., L. ha precisato che il citofono della scala 43 non esisteva più perché sradicato: all'esterno del portone vi era un solo pulsante collegato con la casa del M., ivi detenuto agli AA.DD., Anche questo teste ha riferito che, dopo avervi inutilmente bussato, avendone percepito il suono, avevano dovuto scardinare il portone. Così avevano trovato la sedia con alcune buste di cellophan, degli spiccioli e degli appunti. Salito dopo il collega D.P. a casa del M., L. ha ricordato inoltre la presenza all'ultimo piano, sul pianerottolo del 5° piano, innanzi alla porta di casa dell'imputato, della scala di accesso alla botola - scala del tipo a molla che era abbassata ed era stata lasciata aperta -; in casa invece vi erano, oltre all'imputato, la moglie, dei bambini e B.C.. Nella camera da letto di M.S., non quella dei genitori - come ha precisato il teste di aver desunto dal vestiario di bambino -, in una cartella nell'armadio aveva rinvenuto altri appunti del tutto simili a quelli dell'androne e la somma di E. 70,00. Nel sottotetto invece, dove già era salito D.P., avevano trovato le confezioni di droga cadute in sequestro, le masserizie e la documentazione facente capo all'imputato ed ai suoi familiari. Il teste ha precisato che nel sottotetto vi era pure un'altra botola, che dava sull'altra scala; tuttavia esso non era pavimentato e non era facilmente percorribile, anche per la presenza di sbarre incrociate.

L'ultimo teste del PM, I.G., ha a sua volta ripercorso l'operazione, con il preliminare servizio di osservazione e la presenza di R. e F. di vedetta che avevano lanciato l'allarme all'inizio del loro intervento. Il teste ha pure ricordato la figura di B.C. da lui scorto sempre all'inizio del loro intervento: si era affacciato su di loro dalla finestra della cucina, immediatamente ritirandosi. Anche I. ha confermato che già conosceva quella all'ultimo piano come la casa di M. e che il pulsante esterno del citofono era stato da loro inutilmente azionato. Tanto da aver dovuto scardinare il portone. Tale operazione era durata circa cinque o dieci minuti, favorita dall'iniziale speronamento di esso con la loro auto. I. pure ha ricordato che D.P. si era immediatamente precipitato di sopra a casa del M.. A suo dire erano trascorsi circa un paio di minuti tra l'ingresso nel portone e quello nell'abitazione di M. da parte del collega D.P.. Durante tale lasso di tempo egli era rimasto all'esterno a vigilare che non vi fossero lanci dall'abitazione.

Per altro verso la teste a discarico S.C, moglie dell'imputato, ha ricordato le circostanze dell'arresto del marito: questi si era svegliato per avere udito il citofono e si era affacciato al balcone. Era stata ella, da sola, come richiestole dal marito, a scendere ed aprire ai CC. il portone, chiuso col lucchetto. Quindi insieme ai CC, in ascensore, era risalita e ritornata in casa, dove il marito era rimasto insieme ai bambini e dove era rimasto pure B.C, che era ancora al computer. La donna ha poi rivelato che l'altro appartamento all'ultimo piano, quello di fronte al loro, era disabitato. Invece il sottotetto era stato da loro adoperato come ripostiglio, anche se non vi accedevano spesso; inoltre la botola era chiusa da un lucchetto ma senza chiave.

Il PM ha integrato gli atti del fascicolo con i verbali di arresto e quelli sequestro della droga, degli "appunti", del danaro, del modello CUD anno 2006 e della documentazione telefonica relativa alla S.C..

Dalle successive analisi svolte sulle sostanze cadute in sequestro era risultato trattarsi di: hashish suddiviso in 125 stecchette per gr. 338,325 netti con principio attivo al 6,43%, e gr. 21,77 pari a 871,1 secondo la vigente tabella ministeriale n. 95 del 24.4.2006; marijuana in 17 dosi per gr. 26,21 netti con principio attivo pari al 13,45% e gr. 3,52 e 23,5 dosi (vedi relazione...tecnica, acquisita ed utilizzata nel consenso delle parti).

Per altro verso, del tutto inattendibile deve ritenersi l'imputato nelle dichiarazioni rese nell'esame dibattimentale.

Infatti egli ha affermato innanzitutto di essersi affacciato dopo aver udito il citofono e di avere perciò, inviato giù la moglie ad aprire ai CC.. Dopo la contestazione del PM, ha però precisato di averla inviata giù insieme al fratello più piccolo, poiché questi "ci mise un po' a andare ed i CC. bussarono un paio di volte". Inoltre nulla sapeva degli appunti rinvenuti in casa sua, così come della droga trovata nel sottotetto dai CC durante le perquisizioni. Inoltre ha riferito che B.C. era sempre rimasto al computer in casa senza mai muoversi.

Quanto poi alla sostanza rinvenuta nel sottotetto, M.S. ha protestato la sua assoluta estraneità ad essa, pur avendo ammesso che tale spazio era da loro stato utilizzato come deposito, previa autorizzazione da parte degli altri condomini.

Affermazioni che, complessivamente, lascerebbero ritenere una piena collaborazione, da parte sua e dei suoi familiari, al controllo da parte dei CC; tanto però in stridente contrasto, con le opposte e precise dichiarazioni rese dai testi del PM.

Questo sia su particolari quali lo "scardinamento" del portone, l'affacciarsi del B. prima del loro intervento; sia su altri, certamente decisivi, particolari, quali quelli osservati da D.P.: il precipitoso rientro in casa di un soggetto proveniente proprio dalla scala "mobile" - quindi dal sottotetto dove sarebbe stata trovata la gran parte della droga sequestrata -; soggetto che, altrettanto certamente, si era richiuso alle proprie spalle, contro D.P. che stava sopraggiungendo, la porta di casa. Tale soggetto ad avviso del Tribunale non può che identificarsi nell'odierno imputato.

Infatti gli unici maschi adulti presenti in casa all'arrivo dei CC. erano M. S. e B. C, entrambi indossanti bermuda.

Tuttavia la presenza di B. dietro la finestra di casa prima, il suo impegno al computer al momento dell'ingresso in casa dei CC. dopo, portano ad escludere che sia stato egli il soggetto rientrato precipitosamente in casa proprio al momento dell'arrivo di D.P..

Del resto, a corroborare tale valutazione, concorrono altri indizi: la disponibilità, in via esclusiva, di quella porzione di sottotetto proprio in capo alla famiglia dell'imputato; la presenza dei manoscritti, costituenti indubbiamente la contabilità dell'attività illecita, sia nell'androne del palazzo dove avveniva materialmente l'attività di spaccio, sia nell'armadio della camera da letto dell'imputato, e la loro sostanziale identità di funzione, se non anche della mano che li aveva redatti.

Tali valutazione non viene sminuita dalle censure della difesa, secondo la quale l'odierno procedimento avrebbe dovuto celebrarsi non già nei confronti dell'imputato quanto piuttosto, del padre: effettivo detentore, quale conduttore - vedi contratto di locazione in atti -, dell'appartamento ed utilizzatore del sottotetto dell'edifici.

Secondo il Tribunale deve ritenersi del tutto irrilevante la indagine tecnica invocata dalla difesa sulla identità della grafia sugli appunti sequestrati e la "archiviazione" della posizione del coimputato B.C. Così come la circostanza che il sottotetto fosse comune ed accessibile anche ad altre scale dell'edificio - quelle nn. 41 e 42, come documentato dalla difesa -. Infatti a far plasticamente ricondurre, ed in termini inequivoci, la droga dal sottotetto alla casa dell'imputato, vi è quanto osservato dal teste circa il passaggio repentino dal primo alla seconda. Così come appare logico ricondurre, attraverso il compendio in sequestro, l'attività illecita svolta nell'androne del palazzo all'abitazione a M.S.: se non direttamente impegnato negli scambi dietro il "finestrone", quantomeno in ausilio e supporto "logistico" di questo soggetto, vuoi nella custodia dello stupefacente, vuoi per assicurargli l'impunità e la fuga.

Assolutamente certo, invece, deve ritenersi il concorso da parte di M.S., unitamente quantomeno ai coimputati R. e F.F., nella detenzione finalizzata all'attività di "spaccio" della sostanza stupefacente oggetto della contestazione.

Tuttavia va esclusa la speciale aggravante contestate, difettando in modo assoluto la prova di aver "determinato alla commissione del delitto" il minore di anni diciotto. Secondo la S.C. infatti "In tema di stupefacenti, l'art. 80 co.1 lett. b) DPR 309/90, opera un rinvio recettizio all'art.112 n.4 c.p.. Ne consegue che la circostanza aggravante di "essersi avvalso di un minore nella commissione del reato" non rientra nella previsione del citato art. 80 lett. b) che richiede - attraverso il riferimento al testo originario dell'art.112 n.4 c.p. - che si sia "determinato" a commettere un reato dal minore di anni diciotto, mentre 1'ipotesi di "chi si sia comunque avvalso" del minore nella commissione del delitto è stata introdotta dall'art. 11 D.L. 13.5.1991 n. 152 conv. in L. n.203/91" (cfr. Cass. Pen. sez. Vi 14.6.1994 n.6889 ud. 17.5.1994, R.).

La personalità dell'imputato, sottoposto agli AA.DD. per analogo reato al momento della consumazione dei fatti in esame, e la condotta processuale tenuta, ad onta della apparente incensuratezza del certificato penale in atti, ostano al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Analogamente il quantitativo di sostanza stupefacente caduto in sequestro, le stesse modalità dello svolgimento di tale attività all'interno di luoghi specificamente attrezzati, impediscono il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 73 co. V DPR 309/90.

Quanto alla pena in concreto da irrogare, alla luce dei parametri di cui all'art. 133 c.p., si stima equa quella di anni 7 di reclusione e euro 40.000 di multa.

Segue la condanna alle spese processuali e della custodia cautelare sofferta, nonché le pene accessorie di legge come da dispositivo.

Confisca di quanto in sequestro, da ritenere provento del reato quanto al danaro. Confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro.

PER QUESTI MOTIVI
letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara M.S. colpevole del reato ascrittogli e, esclusa la contestata aggravante, lo condanna alla pena di anni sette di reclusione ed quarantamila di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e della custodia cautelare.

Letto l'art. 29 c.p. dichiara M.S. interdetto dai PP.UU. in perpetuo.

Letto l'art. 32 c.p. dichiara M.S. in stato di interdizione legale e di sospensione dalla potestà genitoriale per la durata della pena principale.

Confisca di quanto in sequestro e distruzione dello stupefacente.

Sospende i termini di custodia cautelare durante la pendenza di quelli per il deposito dei motivi.

Motivi in sessanta giorni.

Napoli 1.4.2010

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