Tribunale Nola, 12/01/2023, n.38
Il reato di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio si configura anche in presenza di una complessa organizzazione, laddove gli indizi probatori, quali quantità, suddivisione in dosi, elevato livello di purezza e modalità operative, dimostrano una chiara finalità di cessione al pubblico.
Svolgimento del processo
L'imputato D.Ma. veniva citato a giudizio, con decreto di giudizio immediato emesso dal GIP in sede in data 7/10/2022, per l'udienza dibattimentale del 18/11/2022. Con successivo provvedimento del 27/10/2022 il GIP stralciava le posizioni degli originari coimputati del D.MA., che sceglievano di essere giudicati nelle forme della pena concordata ex art. 444 c.p.p.
in quella sede il GOT in sostituzione rinviava il procedimento allo scrivente, sostituto tabellare del togato assegnatario del fascicolo, in congedo per maternità, per l'udienza del 30/11/2022.
In quella sede, preliminarmente le parti concordavano l'acquisizione a fini di prova di tutti gli atti di indagine ed il Giudice revocava le ordinanze ammissive dei testi. Si procedeva all'esame dell'imputato, presente in aula ed al termine il difensore chiedeva un breve rinvio per la discussione.
Il Giudice, con ordinanza dettata a verbale, tratteneva il fascicolo sul ruolo, in quanto ormai maturo per la decisione e, in accoglimento dell'istanza difensiva, rinviava il procedimento all'udienza odierna per la discussione.
In questa sede, non residuando ulteriori adempimenti istruttori, il Giudice invitava le parti a rassegnare le conclusioni di cui in epigrafe. Al termine della discussione il Giudice, ritiratosi in camera di consiglio, deliberava il dispositivo della sentenza con redazione contestuale dei motivi.
Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice che gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento ed utilizzabili in ragione del consenso delle parti hanno pienamente confermato l'ipotesi accusatoria, con la conseguenza che l'imputato D.Ma. va dichiarato penalmente responsabile del reato ascritto, in relazione al quale va pronunciata sentenza di condanna.
La piattaforma probatoria portata al vaglio di questo Giudice è costituita, in via principale dalla informativa di reato 50/159 prot.llo 2022 della Legione Carabinieri Campania, Compagnia di Castello di Cisterna, dalla relazione tecnica inerente gli accertamenti chimici quali quantitativi sul quantitativo di sostanza sequestrato con annessi verbali di pesatura e campionatura, dagli atti irripetibili utilizzabili anche nel contenuto dichiarativo stante il consenso delle parti, ovvero il verbale di arresto in flagranza redatto nei confronti del D.MA., dal verbale di perquisizione personale effettuata nei confronti dell'imputato e degli originari correi e dal verbale di sequestro della sostanza stupefacente, del denaro, nonché dai verbali di esecuzione del narcotest sui campioni di sostanza stupefacente sequestrati.
Completano il quadro probatorio le dichiarazioni rese dagli imputati in sede di interrogatorio di convalida, acquisite con il consenso delle parti, nonché le dichiarazioni dibattimentali rese dal D.MA. dinnanzi a questo Giudice. Con riferimento agli atti di indagine acquisiti con il consenso delle parti devono essere seguiti i canoni di valutazione che la giurisprudenza della Suprema Corte indica quando la piattaforma probatoria sia costituita da fonti dichiarative, raccolte in verbali utilizzabili ai fini della decisione, rese da persone estranee rispetto alla vicenda processuale, peraltro rivestite della qualifica di pubblico ufficiale. Ebbene, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione secondo cui se deve ritenersi esclusa la possibilità di recepire acriticamente una dichiarazione senza un vaglio critico dell'attendibilità della stessa, svolto assumendo a riscontro tutti gli elementi della vicenda, la prova deve ritenersi sussistente e raggiunta quando la dichiarazione, sia essa raccolta in un verbale, sia essa resa a dibattimento, risulti logicamente e armonicamente inserita nel contesto dell'intera vicenda. Applicando al caso di specie la esposta regola di giudizio, ritiene questo Giudice che non vi sia motivo di dubitare dell'attendibilità del contenuto dei verbali redatti dagli operatori di P.G., attesa l'assenza di incongruenze o di altri vizi logici che li hanno caratterizzati e considerata, inoltre, l'estraneità dei verbalizzanti - per giunta, pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni - ai fatti per cui si procede.
I dati desumibili dai verbali di arresto, perquisizione e sequestro inoltre, trovano pieno riscontro negli accertamenti tecnici quali quantitativi sulle sostanze e nei risultati del narcotest, versati nel fascicolo del dibattimento, né le risultanze accusatorie sono state smentite dall'imputato, che ha pienamente ammesso ogni addebito.
Dall'informativa di reato elaborata dalla P.G., riassuntiva delle risultanze emerse nelle operazioni di arresto, perquisizione e sequestro realizzate dagli operanti, il fatto risulta ricostruibile con estrema chiarezza.
In data 6/8/2022, alle ore 01.00 circa, personale della Legione Carabinieri Campania - Compagnia di Castello di Cisterna predisponeva un servizio di polizia, volto alla prevenzione ed alla repressione del traffico di stupefacenti in Brusciano presso la Via (...), nel complesso residenziale popolare noto come "Legge 219/81", all'altezza del civico (...), notoriamente conosciuto come piazza di spaccio chiamata "IV scala".
Gli operanti notavano da subito un viavai di avventori i quali si avvicinavano al portone di accesso del civico (...) e, dopo aver inserito la banconota all'interno della fessura ricavata ad hoc nella porta, ricevevano in cambio lo stupefacente richiesto. La distanza minima a cui erano posti gli operanti consentiva loro di udire distintamente le richieste degli avventori ("dammi un 15 da fumare", "dammi un 20 da tirare").
Le operazioni di spaccio venivano svolte con il coinvolgimento di tre soggetti, due dei quali controllavano gli unici due ingressi al vialetto di accesso alla piazza di spaccio.
Nello specifico, l'odierno imputato D.Ma., già noto alle forze dell'ordine, filtrava l'afflusso degli acquirenti all'inizio del vicolo mentre l'afflusso dalla fine del vicolo era governato da una donna rimasta ignota, che riusciva a guadagnare la fuga. Un terzo soggetto, originario coimputato del D.MA., identificato come Ac.Gi., svolgeva invece l'attività di vero e proprio piantonamento del portone attraverso cui venivano effettuate le cessioni.
Alle ore 01:45 un secondo dispositivo riusciva a penetrare all'interno del civico, ove rimaneva occultato nei pressi del lastrico solare. Tuttavia i militari del primo dispositivo, impegnati nell'attività di osservazione, all'atto dell'ingresso della pattuglia con i colori di istituto, notavano che la vedetta di sesso femminile dava un grido convenzionale di allarme ("Ma., Ma."), più volte udito dagli operanti nell'ambito di attività di contrasto in quella piazza. Il medesimo segnale veniva ripetuto anche dall'Ac.Gi. il quale, trovandosi in prossimità del portone, rivolgeva il grido al pusher affinchè potesse guadagnare la fuga. Effettivamente i presenti si dileguavano e facevano ritorno nell'area soltanto quindici minuti dopo, quando la pattuglia dei carabinieri aveva lasciato l'area. Intorno alle ore 02:05 circa, i militari posti in osservazione notavano chiaramente il D.MA. che, in qualità di vedetta, iniziava la propria attività di bonifica dell'area, al fine di scongiurare la presenza di ulteriori militari.
Tale attività di bonifica veniva effettuata in modo standardizzato - come potuto appurare dagli operanti nel corso di numerosi servizi di appostamento nella piazza di spaccio - perlustrando i locali comuni dello stabile, chiusi stabilmente con dei lucchetti, ove notoriamente le forze dell'ordine stazionavano o si nascondevano durante i servizi.
Gli operanti udivano distintamente il D.MA. che, insospettito dalla presenza di un lucchetto utilizzato per la chiusura di una porta di accesso al tetto, diverso da quello di cui lo stesso aveva la chiave, comunicava all'Ac. ivi presente "Stanno le guardie sopra il tetto". I due, prima di verificare il loro sospetto, a scopo precauzionale invitavano gli acquirenti ad allontanarsi, avvisandoli della probabile presenza delle forze dell'ordine.
Al fine di proseguire nell'attività illecita, il D.MA. si recava nuovamente nei pressi del lastrico solare dove, dopo aver forzato il lucchetto, constatava la presenza dell'appuntato Ma., non accorgendosi dell'altro militare nel frattempo rimasto occultato nello stabile.
Dopo che il militare abbandonava lo stabile, l'attività di spaccio riprendeva nuovamente, tant'è che il D.MA. e l'Ac., nonché la donna non identificata, riprendevano nuovamente ad indirizzare il flusso di clienti verso il civico (...). Alle ore 05:40 circa, approfittando della fuoriuscita del pusher, fino ad allora occultato dietro al portone, per prendere una boccata d'aria e chiacchierare con l'Ac. e il D.MA., il dispositivo di osservazione lo identificava come D.Ma., noto agli uffici. Il D.Ma., peraltro, effettuava una diretta cessione al di fuori del portone, sulla pubblica via, sotto gli occhi delle forze dell'ordine.
In virtù di ciò gli operanti decidevano di intervenire bloccando immediatamente il D.Ma., recuperando peraltro la dose oggetto di cessione, rivelatasi poi al narcotest cocaina per il peso di 0,24 grammi, che era stata gettata via dall'acquirente, rimasto non identificato perché datosi alla fuga.
Nell'immediatezza il D.Ma. veniva trovato in possesso di una busta in cellophane da lui custodita su un tavolino in plastica adiacente al portoncino. La busta conteneva un notevole quantitativo di sostanza stupefacente, poi rivelatasi al narcotest cocaina, suddivisa in involucri termosaldati di diverso colore, per un peso complessivo di circa 70 grammi ed un numero di dosi medie singole pari a circa 399,60, nonché un bicchiere di plastica contenente 32,00 in moneta di vario taglio.
A seguito di perquisizione personale, gli operanti rinvenivano sulla persona del D.Ma. 5.665,00 euro, in banconote di vario taglio, conservate in una busta in cellophane all'interno della tasca destra dei pantaloni, nonché nella tasca sinistra. All'atto della perquisizione, inoltre, cadevano in terra ulteriori 215,00 euro. Durante l'intervento il D.MA. e l'Ac. tentavano la fuga, ma veniva prontamente raggiunti dalle forze dell'ordine mentre tentavano di nascondersi dietro un'autovettura. I predetti venivano sottoposti a perquisizione personale che dava esito negativo.
Il quantitativo di denaro e di stupefacente veniva sottoposto a sequestro mentre il D.MA., l'Ac. e il D.Ma. venivano tratti in arresto per il reato in epigrafe. I suddetti provvedimenti venivano tutti convalidati dalle rispettive Autorità giudiziarie. Le successive attività di accertamento sugli stupefacenti in sequestro, compendiate nella relazione tecnica acquisita agli atti, consentivano di documentare, senza tema di smentita, che la sostanza sequestrata era di tipo cocaina, analiticamente suddivisa in dosi medie singole, contenute in involucri termosaldati di colori diversi. Nello specifico erano sequestrate e analizzate 15 dosi del peso netto di gr. 6,7631, (aventi un principio attivo del 66,7 per cento del peso di gr. 4.44), pari a 29.6 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata a forma di cipolla di colore rosa; 35 dosi del peso netto di gr. 8,90, (aventi un principio attivo del 83,90 per cento del peso di gr. 7.47), pari a 49.8 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata a forma di cipolla di colore gialli; 59 dosi del peso netto di gr. 6,11, (aventi un principio attivo del 85,7 per cento del peso di gr. 5.24), pari a 34,9 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore verdi; 60 dosi del peso netto di gr. 11,8, (aventi un principio attivo del 85,5 per cento del peso di gr. 10.1), pari a 67.3 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore bianchi; 69 dosi dal peso netto di gr. 17,2, (aventi un principio attivo del 86,5 per cento del peso di gr. 14.9), pari a 99.4 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore blu; 40 dosi del peso netto di gr. 11,2, (aventi un principio attivo del 81,8 per cento del peso di gr. 9.19), pari a 61.2 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore blu; 25 dosi dal peso netto di gr. 10,0, (aventi un principio attivo del 84,3 per cento del peso di gr. 8.44), pari a 56.3 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore bianchi; 1 dose di sostanza stupefacente in forma di "crack", dal peso netto di gr. 0,1653, (aventi un principio attivo del 100 per cento del peso di gr. 0.165), pari a 1.10 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore blu. La relazione tecnica rende conto di un peso complessivo di sostanza stupefacente di tipo cocaina pari a gr. 72,1384 netti, ovvero 59,995 grammi di principio attivo pari a 399,60 dosi medie singole.
A fronte delle così ricostruite le prove a sostegno dell'accusa, in sede di interrogatorio di convalida Ac.Gi. si avvaleva della facoltà di non rispondere, mentre D.Ma. e D.Ma. ammettevano gli addebiti in sede di spontanee dichiarazioni.
In sede dibattimentale, inoltre, il D.MA. con qualche tentennamento confermava l'ammissione degli addebiti, riferendo di essere tossicodipendente e forniva giustificazioni in ordine alla successiva condotta di evasione, a seguito della quale maturava l'aggravamento del presidio cautelare detentivo nei suoi confronti da domiciliare a carcerario.
Così ricostruita la piattaforma probatoria, ritiene questo Giudice che sussistono gli elementi costitutivi del fatto contestato, di cui sussistono tutti gli elementi oggettivi e soggettivi.
Che la droga in sequestro fosse stata dall'imputato in concorso con i suoi correi detenuta ovvero nella sua disponibilità al fine di cessione emerge, senza ombra di dubbio, dall'elevato quantitativo di stupefacente, incompatibile con l'uso personale, per giunta suddiviso in numerose dosi, dalle modalità di reperimento (la droga era divisa in involucri con colori diversi, in una chiara e strutturata piazza di spaccio, e veniva rivenuta mentre l'imputato e i suoi correi cercavano di sottrarsi all'arresto a seguito dell'arrivo delle forze dell'ordine).
Peraltro la sostanza stupefacente era rinvenuta a pochissima distanza dal luogo ove gli operanti avevano per ore osservato una coordinata e fruttuosa attività di traffico, presso il portone del civico n. (...), nel pieno di una piazza di spaccio organizzata con pusher e vedette, dato, questo, assolutamente incompatibile con l'uso personale, pur accennato dal D.MA. in sede di interrogatorio. Infine, elemento ulteriormente corroborante la finalità di spaccio è dato dalla disponibilità - non giustificata se non come provento delle reiterate attività di cessione, dato che i soggetti coinvolti si sono professati disoccupati e sprovvisti di redditi peraltro idonei a giustificare il possesso nottetempo di una somma così elevata - di circa 5.000 euro divisi in numerose banconote di vario taglio, nella disponibilità del D.Ma., soggetto adibito nell'organizzazione all'attività di vendita al dettaglio. D'altronde, l'imputato D.Ma. non ha negato affatto che la detenzione dello stupefacente sequestrato fosse motivata dalla finalità di spaccio, pur riferendo di una sua concomitante condizione di tossicodipendenza che, di per sé sola, non può certo valere a neutralizzare i numerosi e convergenti indici probatori a sostegno della finalità di spaccio, quasi come se il tossicodipendente avesse una sorta di "patente" scriminante ogni detenzione di sostanza stupefacente nella sua disponibilità. Tali essendo gli elementi di prova, nessun dubbio può dunque sussistere in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, come un'ipotesi di codetenzione di sostanze stupefacente a fini di cessione, nè in ordine alla riferibilità all'odierno imputato della suddetta condotta illecita, per quanto lo stesso non sia stato rinvenuto nella materiale apprensione della sostanza stupefacente.
Il concetto di detenzione, infatti, non implica necessariamente un "contatto fisico immediato" tra il coautore del reato e l'oggetto, ma va inteso come "disponibilità di fatto" di quest'ultimo, con la conseguenza che ben può configurarsi il concorso di persone nel reato anche nei confronti di un soggetto che non sia addirittura mai entrato in contatto materiale con la sostanza detenuta.
In secondo luogo, dall'altrettanto incontroversa considerazione che il reato di detenzione di stupefacenti è un reato tipicamente "permanente", che si consuma soltanto nel momento in cui cessa l'attività criminosa del reo, per essere la condotta terminata, oppure in virtù del sequestro dello stesso da parte delle forze dell'ordine (Sez. 1, n. 7929 del 22/01/2010 - dep. 26/02/2010, Santaniello, Rv. 24624701) deriva, pertanto, che con riferimento ai reati di tal genere, qualsivoglia ausilio fornito all'autore materiale della condotta quando ancora questi eserciti il proprio potere (anche soltanto come disponibilità di fatto) sul bene si risolve, inevitabilmente, in un vero e proprio concorso e non in un'ipotesi di favoreggiamento (Cass., sez. IV, 8 marzo 2006, n. 12915 in tema di detenzione di stupefacenti).
Le uniche eccezioni, in realtà, a quanto appena riportato sono state individuate in quei casi in cui l'aiuto, lungi dal tradursi in un sostegno oppure incoraggiamento nella protrazione della condotta criminosa, costituisca invece solo una facilitazione alla cessazione di essa, sia pure al fine di ottenere l'impunità del soggetto, il cui elemento soggettivo non si è inverato nelle modalità della condotta dell'imputato D.Ma., evidentemente indizianti, alla luce di quanto esaminato, sin dall'inizio di una vera e propria codetenzione della sostanza stupefacente ("In tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra il concorso nel reato e l'autonoma fattispecie di favoreggiamento personale va rintracciato nell'elemento psicologico dell'agente, da valutarsi in concreto, per verificare se l'aiuto da questi consapevolmente prestato ad altro soggetto, che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente, sia l'espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall'intenzione - manifestatasi attraverso individuabili modalità pratiche - di realizzare una facilitazione alla cessazione della permanenza del reato." (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna a titolo di concorso per la detenzione di stupefacente, desumendo l'elemento soggettivo dalla condotta dell'imputata, tesa a disfarsi dello stupefacente mentre era sola in casa, sapendo dove la droga fosse custodita, e così dimostrando la sua autonoma disponibilità della sostanza) (Sez. 4, n. 28890 del 11/06/2019 - dep. 03/07/2019, Rv. 27657101), ovvero nell'ipotesi - evidentemente non integrata nel caso di specie -della connivenza non punibile ("In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, integra la connivenza non punibile una condotta meramente passiva, consistente nell'assistenza inerte, inidonea ad apportare un contributo causale alla realizzazione dell'illecito, di cui pur si conosca la sussistenza, mentre ricorre il concorso nel reato nel caso in cui si offra un consapevole apporto - morale o materiale - all'altrui condotta criminosa, anche informe che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente." (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che fosse sufficiente per configurare il concorso nella detenzione di sostanza stupefacente l'accertamento di un rapporto di coabitazione nell'appartamento in cui la droga era custodita, non ravvisando a carico del convivente alcun obbligo giuridico di impedire l'evento ex art. 40 cod. pen.). (Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015 - dep. 13/10/2015, Rapushi e altro, Rv. 26516701).
Nel caso di specie, infatti, il D.MA. ha fornito un idoneo ed efficace contributo causale alla detenzione dello stupefacente destinato allo spaccio, realizzando - in una logica frazionata e sistematica tipica delle piazze di spaccio - il ruolo di vedetta e di "smistatore", nonchè quello teso a "bonificare" l'area dopo un primo accesso delle forze dell'ordine (che il D.MA., peraltro dimostrando una certa smaliziata esperienza, sospettava fondatamente, rinvenendo uno dei militari sul lastrico solare del palazzo).
L'imputato, inoltre, deve rispondere del reato in contestazione anche sotto il profilo psicologico, in considerazione dell'atteggiamento doloso e dunque della volontarietà della condotta, come emerge sia dalle modalità con cui ha realizzato il suo contributo causale, sia dal comportamento di fuga in prossimità dell'arresto, oltre che dalla mancata contestazione in giudizio dei comportamenti per cui vi è processo da parte del D.MA., che sia in sede di interrogatorio che in sede dibattimentale ammetteva i suoi addebiti.
Tali essendo gli elementi di prova, nessun dubbio può dunque sussistere in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, come un'ipotesi di detenzione di sostanza stupefacente a fini di cessione, nè in ordine alla riferibilità all'imputato della suddetta condotta illecita.
Del tutto inconcepibile risulterebbe la configurazione dell'ipotesi lieve di cui all'art. 73 comma 5 DPR 309/90.
Sul punto infatti, questo Giudice si uniforma all'orientamento espresso a più riprese dalla Suprema Corte, secondo il quale, "in materia di stupefacenti, ai fini del riconoscimento dell'attenuante della lieve entità del fatto, il giudice del merito deve fornire in motivazione una adeguata valutazione complessiva del fatto (in particolare, mezzi, modalità e circostanze dell'azione, qualità e quantità della sostanza, con riferimento alla percentuale di purezza della stessa), poiché solo in tal modo è possibile in concreto formulare un giudizio di lieve offensività del reato. (Cass. Sez. 6 n. 27809/2013; Cass Pen. Sez. IV del 21 maggio 1996 nr. 5083).
Quanto al dato relativo alla qualità e quantità della sostanza, con riferimento alla percentuale di purezza della stessa la relazione tecnica acquisita con il consenso delle parti dimostra livelli di purezza dei reperti, e quindi di conseguente efficacia drogante di elevata entità, così come un numero di dosi medie ricavabili nient'affatto trascurabile, tenuto altresì conto della natura "pesante" della droga sequestrata (basti sottolineare, esemplificativamente, la percentuale totalitaria di principio attivo contenuta nell'unica dose di crack sequestrata, indicante la natura purissima e pertanto altamente lesiva dello stupefacente in questione, già di per sé incompatibile con il riconoscimento della fattispecie di cui all'art. 73 co. 5 DPR 309/90). In secondo luogo, le modalità dell'azione (nel caso di specie si tratta di una condotta posta in essere all'interno di una piazza di spaccio, con una precisa organizzazione di ruoli e di soggetti, connotata dall'elevato numero di clienti e potenziali clienti osservati dalle forze dell'ordine, senza soluzione di continuità), in uno con il già esaminato dato ponderale e del numero di dosi, acclarano una certa professionalità nello spaccio, capace di soddisfare una clientela continua e differenziata. Ne consegue, dunque, che non sussistono affatto gli elementi per procedere ad una qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 73 co. 5 DPR 309/90 e, di conseguenza, ciò premesso in ordine alla sussistenza dei fatti ed alla responsabilità penale del D.MA., non sussistono dunque i margini edittali per il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, in ogni caso insussistente in fatto alla luce delle ragioni sopraindicate.
In punto di commisurazione della pena devono tuttavia riconoscersi le circostanze attenuanti generiche nei confronti dell'imputato, incensurato, reo confesso, e autore di un buon comportamento processuale, che giustifica un trattamento sanzionato rio parificato a quello che si sarebbe potuto ottenere mediante la preventiva scelta di un rito alternativo, preclusa per decorso dei termini.
Alla luce dei criteri fissati dall'art. 133 c.p. e dunque considerando la modalità dell'azione, denotanti un'attività di detenzione a fini di spaccio che dimostra particolare disvalore (essendosi verificata in una organizzata piazza di spaccio, in concorso con più soggetti, con modalità capaci di soddisfare una clientela potenzialmente elevata), il quantitativo elevato di sostanza stupefacente rinvenuta, la percentuale di purezza ed il numero di dosi ricavabili, l'intensità del dolo e la
Personalità dell'imputato, incensurato e reo confesso, tenuto conto dell'elevato minimo edittale e del comportamento processuale del D.MA., si ritiene equo irrogare una pena finale pari ad anni quattro di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, così calcolata:
- Pena base per il reato di cui all'art. 73 co. 1 DPR 309/90: anni sei di reclusione ed euro 30.000 di multa;
- Ridotta, per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 20.000 di multa;
Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché di mantenimento in custodia cautelare in carcere.
Ai sensi dell'art. 29 c.p., deve disporsi l'interdizione temporanea dei pubblici uffici nei confronti di D.Ma. per la durata di anni cinque. Non sussistono i presupposti oggettivi e soggettivi per la concessione della sospensione condizionale della pena nei confronti dell'imputato, stante il quantum di pena applicata. Parimenti, ai sensi dell'art. 58 1. 24 novembre 1981, n. 689, come modificato dal d.Lgs. 150/2022, non sussistono i requisiti per la sostituzione della pena detentiva qui inflitta, rilevato che il comportamento del D.MA. - che, appena due giorni dopo l'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, evadeva maturando la sostituzione della misura domiciliare con l'attuale custodia in carcere, allorquando l'imputato si rendeva destinatario per giunta di una sanzione disciplinare per possesso di sostanza stupefacente all'interno della casa circondariale - fornisce più di un fondato motivo per ritenere che le prescrizioni connesse all'eventuale pena sostitutiva non saranno adempiute dal condannato. Ai sensi dell'art. 85 DPR 309/90 e dell'art. 240 c.p. va disposta, in quanto obbligatoria, la confisca e la distruzione dello stupefacente in sequestro, trattandosi di corpo di reato, nonché del bicchiere di plastica, quale cosa pertinente al reato. In ordine al denaro sottoposto a sequestro, alla luce delle considerazioni sopra esposte, stante l'ammissione degli addebiti da parte del D.MA. e del correo e l'assenza di ulteriori giustificazioni circa la possibile natura lecita dell'elevata somma di denaro detenuta da parte degli imputati, disoccupati e autori di un reato lucrativo come quello contestato, ritiene questo Giudice che esso debba essere pertanto confiscato ai sensi dell'art. 240-bis c.p., in forza del rinvio ad esso operato dall'art.
85-bis d.P.R. n. 309 del 1990, inserito dall'art. 6, comma 5, del d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 (decreto che ha abrogato la disposizione in materia di ipotesi particolari di confisca di cui all'art. 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con nnodif., dalla L. 7 agosto 1992, n. 356).
P.Q.M.
letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,
dichiara D.Ma. colpevole del reato ascritto e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 20.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia cautelare in carcere.
Letto l'art. 29 c.p., dichiara D.Ma. interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
Letti gli artt. 85 DPR 309/90 e 240 c.p., ordina la confisca e la distruzione dello stupefacente in sequestro e del restante materiale in sequestro.
Letti gli artt. 85 bis DPR 309/90 e 240 bis c.p., ordina la confisca del denaro in sequestro con successiva devoluzione all'Erario.
Motivi contestuali.
Così deciso in Nola il 12 gennaio 2023.
Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2023.