Tribunale Nola, 09/01/2023, n.1
In tema di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, la configurabilità del reato non richiede necessariamente l’effettuazione di analisi chimiche, qualora le modalità della condotta, la suddivisione delle sostanze in dosi e la percezione diretta degli eventi da parte degli operanti siano sufficienti a dimostrare l’attività delittuosa. L’evasione dai domiciliari, se commessa in continuità con l’attività di spaccio, rafforza il vincolo della continuazione e giustifica l’applicazione di pene commisurate alla gravità complessiva delle condotte.
Svolgimento del processo
A seguito di arresto operato il 2.12.2022 dai Carabinieri Nucleo Radiomobile della Compagnia di (omissis), GA. Fi. è stata condotta innanzi a questo Giudice per la convalida ed il contestuale giudizio con il rito direttissimo.
All'udienza, il P.M. ha formulato l'imputazione e l'Ufficiale di P.G. procedente ha riferito con relazione orale sui fatti da cui era scaturito l'arresto in flagranza; di seguito, informata delle facoltà di cui agli artt. 63 e ss. c.p.p., l'imputata ha reso spontanee dichiarazioni, durante il quale ha negato il solo addebito per l'evasione, riferendo che la persona presso la quale la misura era stata applicata non era più disposta ad ospitarla.
Sentite le parti, con ordinanza in atti il Giudice ha convalidato l'arresto e ha applicato la misura cautelate custodiale in carcere, procedendosi poi alla celebrazione del giudizio direttissimo.
A quel punto, nel passare alla fase di giudizio, la GA. ha chiesto personalmente di definire il processo nelle forme di un rito alternativo, mentre il difensore chiedeva un breve differimento, che veniva concesso, ed il processo era rinviato al 9.01,2023 per la discussione. In data odierna la scrivente disponeva procedersi col rito abbreviato, così come chiesto personalmente in udienza dall'imputata. Il PM ha consegnato il proprio fascicolo e le parti hanno proceduto alla discussione ed alla formulazione delle rispettive conclusioni.
Ritiratasi in camera di consiglio per la decisione, la scrivente ha quindi pronunciato la presente sentenza di condanna, emessa con motivazione contestuale, resa pubblica mediante lettura in udienza alle parti presenti.
Motivi della decisione
La vicenda per cui è processo, condensata nel capo di imputazione e ripercorsa con chiarezza dal Brig. Ro. Sa. nella presentazione al giudizio di convalida, oltre che negli atti di P.G. contenuti nel fascicolo del P.M., è estremamente chiara e non lascia spazio ad alcun dubbio sulla penale responsabilità dell'odierna imputata per entrambi i delitti a lei contestati. Il teste di P.G., infatti, in servizio presso la sezione Operativa dei CC della Compagnia di (omissis), riferiva che il giorno 2.12.2022, intorno alle ore 19.50, nel corso di un servizio di polizia volto alla repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti effettuato alla (omissis) nr. (omissis) di (omissis), all'interno del complesso denominato "(omissis)" (nota piazza di spaccio, presso la quale nel corso dei mesi precedenti i militari dello stesso Comando avevano compiuto diverse analoghe operazioni, tutte conclusesi positivamente), notavano un uomo, vestito con abiti sgargianti, che - dopo essere entrato all'interno dell'edificio - si affacciava alla finestra posta tra il piano terra ed il primo piano e consegnava un banconota ad una ragazza, che in cambio gli dava un oggetto che lui metteva nella tasca del giubbino. Appena si allontanava, i militari lo sottoponevano a perquisizione, rinvenendogli nella tasca del giubbino in cui avevano visto riporte l'oggetto un involucro di cellophane di colore rosa, contenente della sostanza bianca apparsa immediatamente come sostanza stupefacente, cosa che veniva successivamente confermata dal narcotest effettuato presso gli uffici del Comando, all'esito del quale si appurava trattarsi di crack. Il ragazzo, successivamente identificato in Co. Fe. e deferito all'Autorità amministrativa ai sensi dell'art. 75 del D.P.R. nr. 309/90, ammetteva immediatamente di aver acquistato la dose da una ragazza presso un'abitazione vicina. A quel punto gli operanti decidevano di entrare in azione e, fatto ingresso nel palazzo indicato, riconoscevano immediatamente GA. Fi., da loro conosciuta in relazione all'attività di spaccio, come la pusher che aveva ceduto la dose al ragazzo che avevano fermato, la quale tentava immediatamente una fuga, dopo aver gettato a terra un involucro che aveva indosso, ma veniva prontamente fermata dai militari, i quali recuperavano anche il fazzoletto che la ragazza aveva buttato al suolo, e che risultava contenere 9 dosi di sostanza polverosa bianca, confezionate in involucri a forma di cipolla di colore bianco e 7 involucri del pari contenente sostanza analoga, avvolta in involucri di cellophane, stavolta di colore rosso. La GA., subito dopo, consegnava spontaneamente ai militari il denaro che aveva indosso (74,90 Euro, suddiviso in una banconota a 50 Euro, una banconota da 10 Euro e monete di vari tagli per un totale di Euro 14,90) ed un'ulteriore dose di sostanza stupefacente di colore vegetale, che al successivo test speditivo risultava essere marijuana (mentre le altre sostanze davano riscontro positivo, rispettivamente, alla cocaina e al crack).
Nel corso della sua esposizione, il Brig. Ro. riferiva anche che solo qualche giorno prima dei fatti per cui è processo la GA. era stata nuovamente fermata da militari dello stesso Comando, in servizio di contrasto all'attività di vendita di sostanze stupefacenti, negli stessi luoghi e per un'analoga attività di spaccio; in quel frangente i militari, dopo averla posta in arresto, con autorizzazione del P.M. l'avevano condotta presso l'abitazione dalla stessa indicata, sita in (omissis) alla via (omissis) nr. (omissis), dove veniva sottoposta agli arresti domiciliari in attesa del giudizio di convalida. Tuttavia, nelle more della notificazione del decreto di fissazione dell'udienza innanzi la G.i.p., la stessa si sottraeva all'arresto, tanto che i militari erano stato impossibilitati a notificarle Fatto ed il G.i.p. era in procinto di emettere il decreto di latitanza, che non si rendeva più necessario proprio a seguito del nuovo arresto della prevenuta.
In sede di spontanee dichiarazioni, rilasciate nel corso del giudizio di convalida, l'arrestata - come già anticipato - senza negare o ammettere gli addebiti per il reato di spaccio contestatole, riferiva solamente di essersi allontanata dall'abitazione presso la quale era stata ristretta per il venir meno della disponibilità della persona ospitante; affermazione, tuttavia, rimasta assolutamente indimostrata e priva di riscontri esterni.
Tali essendo le risultanze in atti, ritiene questo Giudice che non possano sussistere dubbi in ordine alla penale responsabilità dell'imputata per entrambi i reati a lei ascritti.
Invero, in primis va evidenziato che dagli atti è emersa chiaramente la detenzione dello stupefacente in sequestro da parte dell'imputata, la quale, peraltro, non ne ha disconosciuta l'appartenenza. Che lo stupefacente fosse, poi, destinato alla cessione a terzi emerge, al di là di ogni ragionevole dubbio, dalle circostanze che hanno accompagnato l'arresto: la suddivisione in dosi, il loro confezionamento, la diversa tipologia di sostanze detenute, il quantitativo di denaro di diverso taglio e soprattutto la diretta percezione dell'episodio di cessione caduto sotto la diretta osservazione dei militari operanti, nel corso dello svolgimento di un servizio specifico volto proprio alla repressione di reati di tale natura, che elimina in radice qualsiasi possibilità di dubbio in merito.
Nel contempo il fatto non può qualificarsi di lieve entità, per la quantità e varietà di sostanze rinvenute, per la suddivisione in dosi, per il luogo in cui è stato rinvenuto, noto quale piazza di spaccio, come riferito dal militare relazionante, che rende evidente la vicinanza dell'imputata ad una struttura organizzativa volta all'attività di spaccio di sostanze stupefacenti, reso ancora più evidente dalla circostanza che la GA. era rinvenuta all'interno di un'abitazione sita in un luogo completamente diverso da quello della propria residenza. Elementi, questi, che impediscono di collocate la vicenda nell'alveo del novellato quinto comma dell'art. 73 DPR 309/90, che come ormai pacificamente riconosciuto nelle diverse sentenze della Cassazione sul punto, deve ritenersi fattispecie autonoma e non ipotesi attenuata del più grave delitto di cui al primo comma dello stesso articolo.
Deve poi evidenziarsi che la mancata effettuazione delle analisi specifiche sulle sostanze rinvenute non incidono sulla determinazione della natura della stessa (cfr. sul punto, da ultimo, Cassaz. Sez. III, sent. n. 43212 del 1.10.2018) e che del pari non appare accoglibile la tesi difensiva secondo la quale la sostanza era da ritenersi detenuta per un uso esclusivamente personale, non essendo stato rinvenuto tutto l'armamentario che di solito accompagna queste vicende (bilancino, bustine di cellophane, ecc.) in quanto le modalità dell'azione devono di per sé sole ritenersi assolutamente indicatrici dell'attività incriminata.
Del pari sussistente deve ritenersi il secondo reato in contestazione; da quanto riferito il Brig. Ro., infatti, la GA., che solo pochi giorni prima era stata tratta in arresto per il medesimo reato nella stessa zona di spaccio, messa in stato di arresto precautelare presso l'abitazione sita in (omissis) alla via (omissis) nr. (omissis) in attesa del giudizio di convalida, se ne era arbitrariamente allontanata, tanto da non essere stato possibile ai militari la notifica del decreto di fissazione dell'udienza di convalida.
Affermata dunque la penale responsabilità della prevenuta per entrambi i delitti contestatile, nella determinazione concreta della pena non appare innanzitutto possibile riconoscere all'imputata le circostanze attenuanti genetiche, non ricorrendo alcun elemento su cui fondarle. Nel contempo i fatti appaiono indiscutibilmente avvinti dal vincolo della continuazione, apparendo sicuramente espressione di una preventiva valutazione unitaria. Applicando, dunque, i criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p., e partendo dal reato più grave, indiscutibilmente quello contestato per primo, si stima equa la pena finale di anni due e mesi 8 di reclusione e di Euro 6.000,00 di multa, così determinata: pena base anni tre e mesi 4 di reclusione ed Euro 7.000,00 di multa (partendo dalla pena edittale di anni 6 e mesi 8 di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa, di cui al 1° co. dell'art. 73 DPR n. 309/1990, superiore al minimo ivi indicato per il non irrilevante quantitativo di sostanza rinvenuta, diminuita poi della metà secondo il disposto del IV co. del medesimo articolo), aumentata di mesi otto ed Euro 2.000,00 di multa per il secondo reato, che la porta ad anni quattro di reclusione ed Euro 9.000,00 di multa, poi ridotta di un terzo per la scelta del rito, che porta la pena finale a quella inflitta.
Non ricorrono le condizioni per concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Segue per legge la condanna dell'imputata al pagamento delle spese processuali, mentre la sostanza stupefacente in sequestro va confiscata e distrutta ed il denaro confiscato e conferito all'Erario.
Le motivazioni sono contestuali
P.Q.M.
Letti gli artt. 438 e ss., 533 e 535 c.p.p.,
dichiara GA. Fi. colpevole dei reati a lei ascritti e, ritenuti i fatti avvinti dal vincolo della continuazione, praticata la riduzione per il rito speciale prescelto, la condanna alla pena di anni due e mesi 8 di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Ordina la confisca e la distruzione dello stupefacente in sequestro e la confisca ed attribuzione all'Erario del denaro in sequestro.
Le motivazioni sono contestuali
Così deciso in Nola, il 9 gennaio 2023
Depositata in Udienza il 9 gennaio 2023