top of page

Molestie e minacce gravi: configurazione del reato e rilevanza della continuazione delle condotte (Giudice Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi)

molestie-minacce-gravi-reato-continuazione

Tribunale Nola, 10/01/2022, (ud. 22/12/2021, dep. 10/01/2022), n.2559

La pluralità di condotte di molestia e minaccia, caratterizzate da petulanza e biasimevole motivo, integra reati di cui agli artt. 660 e 612 c.p., idonei a ledere la libertà morale della persona offesa, con aggravante per minacce di morte.

Reato di minaccia: attendibilità della persona offesa e idoneità intimidatoria della condotta (Giudice Eliana Franco)

Minaccia grave e infermità mentale: attenuanti e depenalizzazione dell’ingiuria (Giudice Cristiana Sirabella)

Minaccia grave: costituzione di parte civile e sufficienza ai fini della procedibilità (Corte appello Napoli - Sesta sezione)

Configurabilità del reato di minaccia come reato di pericolo idoneo a ledere la libertà morale (Giudice Antonia Ardolino)

Minaccia aggravata e lesioni personali: rilevanza del contesto e bilanciamento delle circostanze (Giudice Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi)

Minacce e ingiurie aggravate durante separazione coniugale: condanna con pena sospesa (Giudice Cristiana Sirabella)

Particolare tenuità del fatto: esclusione della punibilità per minacce e molestie brevi e circoscritte (Giudice Paola Scandone)

Molestie e minacce gravi: configurazione del reato e rilevanza della continuazione delle condotte (Giudice Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi)

Concorso di persone nei reati di minaccia aggravata e lesioni personali: aggravanti e limiti alla sospensione della pena (Giudice Antonia Ardolino)

Minaccia aggravata: rilevanza della condotta e inapplicabilità della causa di non punibilità per abitualità (Giudice Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi)

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto di citazione emesso dal P.M. sede in data 05.03.2020, Ma.Ge. veniva tratto a giudizio di questo Tribunale per rispondere dei reati in epigrafe trascritti. L'udienza del 26.10.2020 veniva rinviata per assenza del Giudice titolare del procedimento. All'udienza del 25.01.2021, dichiarata l'assenza dell'imputato, ritualmente citato e non comparso, dato atto dell'ingresso della parte civile costituitasi in giudizio, il Giudice dichiarava aperto il dibattimento ed ammetteva le prove orali e documentali richieste dalle parti; su consenso delle stesse si acquisiva l'esito di delega d'indagine redatto da operante in servizio presso la sezione di p.g. c/o la Procura della Repubblica di Nola, Assistente Capo della Polizia di Stato Sc.Fa., al quale venivano poste domande a chiarimento.

All'udienza del 22.03.2021 si disponeva rinvio per assenza dei testi.

All'udienza del 14.04.2021 su consenso delle parti si acquisiva il verbale di sommarie informazioni rese da De.Ma. in data 03.10.2019, con rinuncia all'escussione della stessa, ed il Giudice ne revocava l'ordinanza ammissiva.

All'udienza del 09.06.2021 si disponeva rinvio per assenza giustificata della persona offesa. All'udienza del 13.09.2021 su consenso delle parti si acquisivano la denuncia del 16.07.2019 e il verbale di sommarie informazioni rese dalla persona offesa il 17.09.2019; seguiva l'esame della persona offesa Sc.Gi. e si rinviava per l'esame dell'imputato e la discussione. All'udienza del 29.11.2021, il processo veniva rinviato su concorde richiesta delle parti, con sospensione dei termini di prescrizione.

All'odierna udienza, l'imputato rendeva spontanee dichiarazioni e si acquisiva, ex art. 234 c.p.p. (non essendo intervenuta declaratoria di irrevocabilità) la sentenza n. 2236/2020 emessa dal G.O.P. presso il Tribunale di Nola - Dott.ssa Ro.Fe. - in data 7.12.2020. A quel punto, terminata l'istruttoria dibattimentale, data lettura degli atti acquisiti al fascicolo e delle testimonianze raccolte, le parti rassegnavano le rispettive conclusioni in epigrafe trascritte. All'esito della camera di consiglio, il Giudice dava lettura del dispositivo di sentenza, riservandosi il deposito delle motivazioni nel termine di giorni trenta.

Motivi della decisione
L'analisi delle risultanze processuali conduce, senza dubbio alcuno, alla affermazione della penale responsabilità dell'imputato in relazione alle imputazioni che gli vengono ascritte. La vicenda al vaglio di questo Tribunale va inquadrata nel contesto della separazione coniugale intercorsa tra l'imputato e la persona offesa Sc.Gi..

Ciò posto, dalla lettura del contenuto dichiarativo della denuncia sporta dalla persona offesa in data 16.07.2019 nonché delle sommarie informazioni rese dalla stessa in data 17.09.2019 (atti acquisiti su consenso delle parti ai sensi dell'art. 493 co. 3 c.p.p.), è emerso quanto segue.

In data 10.06.2019, alle ore 23:52, la Sc.Gi. riceveva una telefonata (in modalità anonima) sulla propria utenza mobile con l'interlocutore che profferiva al suo indirizzo apprezzamenti a sfondo sessuale e parole ingiuriose in dialetto napoletano (cfr. "ti piace fa ind a porchiacchiell"). La Sc.Gi. affermava di riconoscere senza ombra di dubbio la voce del Ma.Ge.: tale elemento risultava poi confermato dall'acquisizione dei tabulati telefonici dell'utenza (…) (per l'appunto in uso alla Sc.Gi.) operata per delega del P.M. dalla polizia giudiziaria operante, su cui ha riferito in dibattimento il teste del P.M. Sc.Fa. (Assistente Capo della Polizia di Stato), i cui accertamenti sono stati opportunamente compendiati nel verbale di esito delega di indagine, acquisito in atti ex art. 493 comma 3 c.p.p..

Ancora, dalla lettura del suindicato verbale di sommarie informazioni rese dalla Sc.Gi. in data 17.09.2019, emerge che in data 15.07.2019, alle ore 11:00 del mattino, mentre si recava nei pressi di un bar in Saviano (NA) ove doveva incontrarsi con l'amica De.Ma., si accorgeva di esser seguita dall'ex marito.

Ella faceva finta di nulla, recandosi ugualmente al bar, parcheggiava l'auto ed entrava all'interno dell'esercizio commerciale. Dopo circa una mezz'ora, all'uscita, nel recarsi a prendere l'auto, la Sc.Gi. vide il Ma.Ge. uscire dal parcheggio del bar; quest'ultimo, dopo aver abbassato il finestrino della propria vettura, con viso adirato, gridava contro la Sc.Gi. espressioni dal tenore ingiurioso e minatorio: "Sta pottana! Chest vuo' fa', 'a zoccola! Semp' te facc' fa' na brutta fine!". La Sc.Gi. precisava che la De.Ma. non assisteva alla scena, perché si era allontanata per prendere la sua vettura, ma vide sicuramente il Ma.Ge. gridare qualcosa dal finestrino della propria vettura.

La Sc.Gi. precisava che gli episodi de quibus si innestavano in un quadro di plurime denunce sporte dalla predetta nei confronti dell'odierno imputato per analoghe condotte (in particolare, pedinamenti e minacce). Siffatta circostanza è stata corroborata dalle dichiarazioni rese in sède dibattimentale all'udienza del 29.11.2021, alla cui stregua ella riferiva di continui episodi di ingiurie e pedinamenti perpetrati dal Ma.Ge. nei suoi confronti che l'hanno condotta ad uno stato di perdurante sofferenza psicologica. Riferiva, altresì, di essersi trasferita a Roma per paura di incontrare il marito, atteso che lo stesso continua tutt'ora a rinvolgerle frasi dal tenore ingiurioso e minatorio. In ordine all'episodio del 15.07.2019 fu escussa a sommarie informazioni De.Ma. Quest'ultima riferiva di essersi recata presso il Bar In. di Saviano per incontrarsi con l'amica Sc.Gi. la quale, appena arrivata al bar, le riferì di nutrire il sospetto che il Ma.Ge. l'avesse inseguita. Dopo aver consumato la colazione, decisero di andare via dopo circa mezz'ora: uscite dal locale, videro il Ma.Ge. alla guida della propria autovettura che uscì dal parcheggio e si dirigeva sulla sinistra per ritornare sulla strada principale che conduce al centro di Saviano. La De.Ma. riferiva di non aver notato alcun gesto indirizzato dal Ma.Ge. nei confronti della Sc.Gi., limitandosi a precisare che l'imputato aveva un'espressione di disappunto; a quel punto, la De.Ma. salutò la Sc.Gi. e tornò presso la propria abitazione.

L'imputato, in sede di spontanee dichiarazioni, riferiva quanto segue. In ordine all'episodio del giugno 2019, chiariva di aver contattato l'ex moglie in ora tarda al solo fine di chiedere ove fosse la figlia Di. atteso che, quella sera, non l'aveva incontrata per le strade di Nola e si era resa irreperibile al telefono. Quanto all'episodio di luglio 2019, chiariva di essersi recato presso il bar ove si trovava la Sc.Gi. ma, alla vista della vettura in uso a quest'ultima, andò via a bordo della propria vettura per evitare di incontrarla.

Così ricostruiti i fatti di interesse, anzitutto si osserva, in punto di valutazione delle fonti cognitive, che le dichiarazioni assunte in dibattimento, sebbene provengano da soggetto che, come meglio si vedrà, riveste la qualifica di persona offesa e costituiscano la fonte pressocché esclusiva di addebito, ben possono fondare un'affermazione di condanna: ciò in quanto nel vigente sistema processuale alla persona offesa è riconosciuta piena capacità a testimoniare (ogni incompatibilità con l'ufficio di testimone, anche nel caso di avvenuta costituzione di parte civile, è stata invero esclusa dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 115 del 19.3.1992). Tuttavia, è orientamento ormai consolidato in Giurisprudenza che, per essere posta a fondamento di un giudizio di colpevolezza, detta fonte cognitiva debba essere sottoposta ad un rigoroso vaglio critico di attendibilità, sia intrinseca che estrinseca, e che, pur senza alcuna preconcetta sfiducia nei confronti del dichiarante, debba essere analizzata con spirito critico, al fine di escludere che costituisca l'effetto di mire deviatrici. In sede di verifica di attendibilità, trattandosi di deposizione non immune da sospetto perché proveniente da una parte che è portatrice di interessi confliggenti con quelli dell'imputato - del quale è il naturale antagonista processuale - dovrà poi essere valorizzato qualsiasi elemento di riscontro o di controllo enucleabile dal processo. Al riguardo è opportuno tuttavia precisare che, proprio per il fatto che il dettato normativo non configura alcuna pregiudiziale di natura ontologica alla utilizzabilità di essa fonte quale prova ex se esaustiva per affermare la penale responsabilità del soggetto incolpato, l'acquisizione di elementi di riscontro estrinseco non è strettamente necessaria e, ove avvenga, non occorre che il dato corroborativo presenti le connotazioni che attengono alla chiamata in correità, ossia la convergenza con altri elementi di natura indiziaria e la portata individualizzante o specifica, intesa quale inerenza sia alla persona dell'incolpato stesso che alle imputazioni a lui ascritte - in tal senso si veda, ex plurimis, Cass. Sez. IV, 27 maggio - 21 agosto 2003, ric. Au., secondo cui quando il giudice la abbia motivatamente ritenuta veritiera, la deposizione della persona offesa costituisce prova diretta del fatto e non mero indizio, senza che abbisogni neppure di riscontri esterni. Più di recente le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno ribadito come le regole dettate dall'art. 192, comma terzo, c.p.p. non si applichino alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Cass. SS.UU. n. 41461 dell9.07.2012 ud., dep. il 24.10.2012).

Ciò premesso, nel caso di specie ritiene questo Giudice che non vi siano dubbi in ordine all'aderenza al vero dei fatti narrati dalla denunciante Sc.Gi. avuto riguardo, per un verso, alla coerenza intrinseca ed alla costanza delle propalazioni accusatorie, desumibili dalla tenuta logica del narrato e dall'assenza di contraddizioni.

Quanto alla contravvenzione di cui al capo a) dilla rubrica, giova rammentare che, per orientamento giurisprudenziale consolidato, la pluralità di azioni di disturbo costituisce elemento di struttura del reato di cui all'art. 660 c.p. (Cass. I, 24.3.2004, n. 14512), così come implicitamente si desume dalla indicazione, tra i requisiti della condotta, della petulanza, intesa come m'odo di agire pressante, indiscreto ed impertinente, che sgradevolmente interferisca nella sfera di libertà o di quiete di altre persone; mentre per biasimevole motivo si deve intendere genericamente ogni altro movente che sia riprovevole in sé stesso o in relazione alla qualità della persona e che abbia praticamente su quest'ultima gli stessi effetti della petulanza (Cass. Sez. I, 7 gennaio 1994, n. 3494). Nel presente caso la collocazione temporale del contatto telefonico (in orario notturno), nonché l'utilizzo della modalità anonima appaiono senz'altro espressive di petulanza, così come appare ispirato a biasimevole motivo il contenuto dei colloqui, in quanto ingiuriosi e gratuitamente offensivi, scevri da qualsivoglia accadimento esterno. La versione fornita dall'imputato in sede di spontanee dichiarazioni (lo stesso, invero, si sottraeva all'esame), invero, non appare in alcun modo credibile atteso che quest'ultimo sosteneva che, per il solo fatto di non aver visto la figlia vagare per le strade di Nola in orario notturno, si prodigava di telefonare l'ex moglie per chiedere delucidazioni. Quanto al reato di cui al capo B), le prove assunte a dibattimento integrano a pieno titolo il reato di cui all'art. 612 c.p. il quale richiede che l'agente ponga in essere, attraverso espressioni verbali ovvero con gesta esplicite o tacite, una condotta univocamente idonea ad ingenerare nel soggetto passivo il pericolo futuro di un danno ingiusto alla persona o al patrimonio, dipendente dalla volontà dell'agente e capace di turbarne o limitarne la libertà psichica di autodeterminazione.

E' sufficiente il dolo generico ovverossia la mera coscienza e volontà di minacciare ad altri un danno ingiusto indipendentemente dal fine specifico che il soggetto intende perseguire ed a prescindere dai motivi che lo hanno indotto all'azione (cfr. tra le altre Cass. pen. sez. V sent.24/08/2001 n. 31693).

Non è, peraltro, necessario che il bene tutelato dalla norma incriminatrice sia realmente leso e che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo sufficiente che il male prospettato sia potenzialmente idoneo ad incutere timore nel soggetto passivo e che la minaccia sia stata percepita dalla vittima e sia astrattamente idonea ad incidere sulla sua libertà morale, dovendosi valutare la condotta nella sua attitudine a produrre effetti intimidatori, secondo un criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto oggettive e soggettive (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4633 del 18/12/2003 Imputato: Pu.; Sez. 5, Sentenza n. 46528 del 02/12/2008 Imputato: Pa. e altri). Tanto premesso, è provata la penale responsabilità dell'imputato per il delitto di cui all'art.612 c.p. Ed invero, l'imputato ha posto in essere un comportamento aggressivo nei confronti dell'ex moglie Sc.Gi., rivolgendole frasi dal chiaro ed inequivoco tenore intimidatorio ("Sta pottana! Chest vuo' fa', 'a zoccola! Semp' te facc' fa' na brutta fine), così prospettandole un male ingiusto idoneo ad incutere timore nel soggetto passivo.

La versione fornita dall'imputato, il quale si limitava ad una generica negatoria degli addebiti, non risulta corroborata da alcun riscontro dichiarativo, anzi viene smentita dalle dichiarazioni rese dal teste oculare De.Ma. che, sebbene non avesse materialmente assistito alle frasi dal tenore minatorio profferite dall'imputato in quanto già allontanatasi, confermava la presenza del Ma.Ge. all'esterno del bar, a bordo della propria vettura, che aveva un'espressione di disappunto. Alla luce di quanto detto appaiono, dunque, incontestabili la capacità, l'attitudine e l'idoneità del comportamento tenuto dall'odierno imputato - da valutarsi alla stregua di un criterio medio oggettivo di idoneità ed in rapporto alle descritte circostanza fattuali - ad ingenerare nel soggetto passivo il pericolo futuro di un danno ingiusto ed a turbarne o limitarne la libertà psichica di autodeterminazione, essendo sufficiente, ai fini della configurabilità della minaccia, che la condotta posta in essere dall'agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo, a prescindere dalla effettiva avvenuta intimidazione.

Le prove raccolte sorreggono, dunque, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale dell'imputato per il delitto contestato.

Sussiste, infine, l'aggravante di cui al secondo comma dell'art. 612 c.p., trattandosi di minaccia grave di morte.

Non può accogliersi l'invocata richiesta difensiva di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. attesa l'abitualità nella condotta tenuta dall'imputato Ma.Ge.. In particolare, la Sc.Gi. ha più volte denunciato l'imputato per precedenti condotte vessatorie nei suoi confronti (a nulla rileva l'intervenuta pronuncia assolutoria intervenuta in data 7.12.2020, non essendo la stessa divenuta irrevocabile), condotte che, all'atto della deposizione dibattimentale della p.o., venivano ancora poste in essere, costringendo al Sc.Gi. ad allontanarsi dal luogo di residenza per recidere ogni tipo di legame con l'odierno imputato. Come noto, l'abitualità del comportamento tenuto dall'imputato è elemento ostativo al riconoscimento dell'invocata causa di non punibilità. I più fatti possono essere riuniti nel vincolo della continuazione, attesa la contiguità temporale delle condotte e la loro riconducibilità ad un medesimo disegno criminoso.

In ragione dell'incensuratezza del Ma.Ge. e del positivo comportamento processuale, possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche, da ritenersi equivalenti alla contestata aggravante di cui al capo B).

Pertanto, valutati gli indici parametrici di cui all'art. 133 c.p., pena equa si ritiene quella di Euro 800,00 di multa, così determinata: pena base per il più grave reato sub capo B) Euro 600,00 di multa (applicata la cornice edittale della sola pena pecuniaria prevista dal comma 1 dell'art. 612 c.p., all'esito del giudizio di bilanciamento tra le generiche e la contestata aggravante); aumentata ex art. 81 cpv. c.p. per il capo A) della rubrica, alla pena inflitta (nella misura di Euro 200,00 di multa). Consegue, ex lege, la condanna al pagamento delle spese processuali.

All'imputato può essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, non ostandovi precedenti penali a suo carico e presumendosi che lo stesso si asterrà in futuro dal commettere ulteriori reati.

Riguardo alla domanda di natura civilistica formulata nel presente giudizio, va osservato che la realizzazione dei reati di molestia e minaccia da parte dell'imputato abbia indubbiamente provocato un pregiudizio alla persona offesa di carattere morale.

Tuttavia, le prove acquisite non consentono di quantificare l'entità di tale danno e, pertanto, l'imputato va condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, da liquidarsi in un separato giudizio. Non potendo ritenersi raggiunta la prova neppure in ordine ad una misura parziale del danno, va rigettata la domanda di condanna al pagamento di una provvisionale formulata dalla parte civile costituita.

Infine, l'imputato, soccombente nel giudizio civile instaurato nell'ambito del processo penale, va condannato al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza affrontate dalla parte civile costituita, che si liquidano come segue: fase di studio Euro 225,00, fase introduttiva Euro 270,00, fase istruttoria Euro 540,00 fase decisoria Euro 675,00: totale di 1.710,00 Euro, oltre IVA e CPA e rimborso spese generali nella misura del 15%, come per legge.

P.Q.M.
Visti gli artt. 533, 535 c.p.p., dichiara Ma.Ge. responsabile dei reati ascritti ascrittigli in rubrica e, concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata aggravante, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa.

Letti gli artt. 538 e ss c.p.p., condanna Ma.Ge. al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separata sede, nonché il pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza in favore della costituita parte civile, che liquida in Euro 1.710 oltre IVA, CPA e rimborso spese generali nella misura del 15% come per legge.

Rigetta la richiesta di condanna al pagamento di una provvisionale avanzata dalla costituita parte civile.

Motivi in giorni trenta.

Così deciso in Nola il 22 dicembre 2021.

Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2022.

bottom of page