Tribunale Napoli sez. VII, 05/01/2018, (ud. 05/01/2018, dep. 05/01/2018), n.111
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. si applica quando la condotta, valutata nel contesto complessivo e in relazione ai rapporti tra le parti, presenta un'offesa di minima rilevanza al bene giuridico tutelato, tenendo conto del breve lasso temporale, della non abitualità della condotta e dell'assenza di pregiudizi penali a carico dell'imputato.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione l'imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del reato riportato nella rubrica del presente provvedimento.
All'odierna udienza dibattimentale, assente l'imputato, aperto il dibattimento, il giudice ha ammesso i mezzi di prova richiesti dalle parti, dandosi luogo alla deposizione testimoniale della persona offesa costituitasi parte civile.
Chiusa l'istruttoria dibattimentale, all'esito anche dell'esame dell'imputato, dichiarata l'utilizzabilità degli atti raccolti ai fini della decisione, le parti sono state invitate a formulare ed illustrare le rispettive conclusioni, riportate in epigrafe.
Il giudice ha successivamente deciso come da dispositivo, letto e pubblicato in udienza.
Motivi della decisione
Dalla denuncia resa in fase di indagini e confermata nel corso dell'articolata deposizione testimoniale, emerge inconfutabilmente che per un certo lasso di tempo, coincidente come da imputazione al febbraio e marzo del 2012 - G.M. ha ricevuto numerose telefonate dal tenore molesto da parte, dell'odierno imputato.
Si è trattato di telefonate mute anche di notte, ovvero direttamente dalla viva voce dell'imputato che da parte sua avrebbe rivolto al G. epiteti offensivi e frasi minacciose (come quelle descritte nel capo di imputazione riportato in rubrica). (cfr. il tenore dell'escussione testimoniale di G.M.).
Ebbene, sotto il profilo eminentemente giuridico, deve precisarsi che, in casi come quello per cui si procede, la fonte probatoria dalla quale può validamente attingersi la prova o gravità indiziaria dei reati contestati, è prevalentemente il narratum della persona asseritamene offesa, ed il conseguente giudizio di positiva attendibilità che, del caso, può fare il giudicante all'esito di un penetrante vaglio condotto con i consueti crismi che la giurisprudenza di legittimità impone in tali ipotesi. Per esemplificare: nella testimonianza della persona offesa occorre rinvenire un carattere di necessaria e perdurante linearità, coerenza intrinseca ed estrinseca posto che, in tal caso, l'assunto accusatorio, che, del caso, si proietterà in un giudizio, proviene da un soggetto che, sebbene rivesta la futura qualifica di teste, è pur sempre collettore di un interesse, quello volto a dimostrare la fondatezza di un'accusa nei confronti di un soggetto, che non sempre appare completamente neutrale ed equidistante rispetto alle ragioni di fondo del processo. E' evidente, infatti, che queste ultime sono costantemente volte alla insopprimibile ricerca di una verità, si badi, anche solo processuale, che, a rigore, può anche tradire le aspettative di tutela giuridica reclamata da una parte che si ritenga offesa da un fatto costituente reato. Sul punto, la giurisprudenza ha, ormai, consolidato l'orientamento che richiede una valutazione effettuata con spirito critico e con prudente apprezzamento, in ragione della scelta compiuta dal legislatore che ha inteso irrinunciabile il contributo probatorio, nell'ottica della ricerca della verità processuale, della persona offesa. D'altro canto, la Suprema Corte ha sviluppato tale principio ritenendo che in concreto il giudice, nel fondare il giudizio di responsabilità dell'imputato, se può richiamarsi, in modo sufficiente ai fini della motivazione, alle sole dichiarazioni della persona offesa, pur nell'ipotesi in cui si sia costituita parte civile, deve anche verificare l'attendibilità sostanziale della deposizione (Cass., 11-01-1988, Saporita, Riv. pen., 1989, 203), richiedendosi, comunque, che la stessa sia sottoposta ad una disamina, che dimostri la coerenza della deposizione, oltre che la rispondenza della stessa alle circostanze soggettive ed oggettive emergenti degli atti del procedimento (Cass., 30-09-1985, Curzi, Giust. pen., 1986, III, 539; Cass. 4.3.1994, n. 2732; Cass. 23.6.1994, 7241); ed ancora, il giudice non è esentato dal compiere un esame sull'attendibilità intrinseca del dichiarante, che deve essere particolarmente rigoroso quando siano carenti dati obiettivi emergenti dagli atti a conforto dell'assunto della persona offesa.
Ebbene nel caso di specie, la versione di privata accusa, non solo si informa ad un carattere di linearità descrittiva e costanza nel tempo (non avendo il G. mutato in alcun modo il suo assunto accusatorio) ma appare anche immune, diversamente dall'imputato, da qualsivoglia intento di livore e/o calunniatorio, posto che il fatto che il G. abbia intrattenuto una relazione sentimentale con la ex moglie del F. rappresenta, a favore dell'impostazione accusatoria, n motivo plausibile di risentimento, e di qui, vale a ritagliare una causale ragionevolmente possibile all'agire dell'imputato che, diversamente, non troverebbe una logica spiegazione.
Ed invero, in assenza di elementi testimoniali e/o probatori di segno contrario alla privata accusa, l'imputato, sottoponendosi ad esame in data odierna, si è limitato a rilevare, in ciò smentendo le dichiarazioni rese dalla persona offesa, che la sua ex moglie aveva intrattenuto una relazione con il G., il quale si era trasferito presso la casa familiare e pertanto le telefonate fatte dall'imputato a casa erano giustificate dall'intento di parlare con i suoi figli. Il F., sempre nel corso del suo esame, dichiara di non avere mai sollevato minacce nei confronti del G. anche in ragione del ruolo di poliziotti da entrambi rivestito.
Nessun dubbio, pertanto, sulla configurabilità dei reati in contestazione ad eccezione di quello di cui all'art. 594 c.p., oggetto di un'intervenuta depenalizzazione.
Tale ultima condotta, a seguito della recente riforma in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, prevista dalla legge delega n. 67/2014 ed introdotta dal D.Lgs. n. 7 del 2016, in vigore dal 06.02.16, non è più prevista dalla legge come reato.
Tanto premesso, in termini di giudizio di responsabilità per i reati di cui agli artt. 660 e 612 cpv c.p., ad avviso del giudicante ricorrono tutti i presupposti per l'operatività della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall'art. 131-bis del c.p.
Ed invero proprio contestualizzando la vicenda complessiva nell'ambito di rapporti profondamente incrinati tra il F. e il G. in ragione della gelosia - fondata o meno - di una presunta relazione sentimentale tra l'ex moglie dell'imputato e la persona offesa, entrambi colleghi del medesimo ufficio, in uno al tenore gergale delle minacce proferite (e descritte in imputazione) che appaiono depotenziate della circostanza aggravante (non potendosi ritenere invero minacciato seriamente alla sua integrità individuale il G. anche per la qualifica dallo stesso rivestita), si ritiene di ridimensionare drasticamente il disvalore complessivo della condotta.
Tali considerazioni, in uno al circoscritto lasso temporale della condotta sussumibile nell'art. 660 c.p., valutate anche in relazione alla completa incensuratezza di cui gode l'imputato, l'assenza di pregiudizi penali e di polizia in capo allo stesso, escludono l'abitualità della condotta e fanno ritenere, quanto al fatto-reato contestato, l'offesa al bene giuridico tutelato di particolare tenuità.
Può pertanto farsi applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis del c.p.
P.Q.M.
Visto l'artt. 131-bis, 530 c.p.p.
Assolve F.F. dai reati di cui agli artt. 660 e 612 c.p. a lui ascritti perché non punibile per particolare tenuità del fatto.
Assolve altresì l'imputato dal reato di cui all'art. 594 c.p. perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Napoli, il 5 gennaio 2018.
Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2018.