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Reato di minaccia: attendibilità della persona offesa e idoneità intimidatoria della condotta (Giudice Eliana Franco)

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Tribunale Napoli sez. I, 06/11/2018, (ud. 29/10/2018, dep. 06/11/2018), n.57

Nel reato di minaccia, elemento essenziale è la limitazione della libertà psichica della vittima mediante la prospettazione di un male ingiusto, senza necessità di un'effettiva intimidazione concreta, ma sufficiente che la condotta sia idonea ad ingenerare timore. Le dichiarazioni della persona offesa possono costituire prova sufficiente, purché ritenute attendibili e coerenti, senza necessità di riscontri esterni (Cass. Sez. 5, n. 45502/2014). La condotta reiterata e aggravata da un movente specifico può giustificare l'esclusione delle attenuanti generiche in presenza di precedenti penali a carico dell'imputato.

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La sentenza integrale

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con sentenza n. 330/18 emessa in data 2 marzo 2018 il Giudice di Pace di Napoli, I sez., condannava A.G. alla pena di 51,00 euro di multa in relazione al reato di cui all'art. 612; dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui all'art. 594 c.p.

Avverso la sentenza l'imputato proponeva appello innanzi al Tribunale di Napoli adducendo l'insussistenza della prova della sua responsabilità e chiedendo di acquisire documenti comprovanti lo stato di salute dell'imputato.

Sottolineava, in particolare, l'appellante che le emergenze processuali acquisite non consentivano l'affermazione della responsabilità in ordine ai fatti ascritti, in quanto la denuncia della persona offesa, non aveva trovato alcun supporto probatorio.

La decisione del giudice di prime cure dunque si sarebbe basata soltanto sulle accuse della suddetta persona offesa "interessata" e, dunque, inattendibile. Infine, l'appellante lamentava che non era possibile ritenere come effettivamente offensiva la condotta dell'A.G., soggetto con difficoltà motorie.

All'odierna udienza, svoltasi in assenza dell'imputato, le parti hanno concluso come indicato nel verbale di udienza.

Il giudice sulle conclusioni delle parti ha deciso come da dispositivo letto in udienza.

2. Ritiene questo giudice che la prima pronuncia debba essere confermata e, per effetto, disattese in toto le censure mosse dall'appellante perché infondate.

L'imputato è stato sottoposto a giudizio perché, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, nella data del 21 luglio 2015, minacciava S.G. di un male ingiusto profferendo nei suoi confronti la seguente frase (omissis).

L'affermazione della responsabilità dell'imputato da parte del primo giudice in ordine alla fattispecie di minaccia è stata ancorata alla ricostruzione della vicenda evincibile dalle risultanze processuali.

Ed invero, dopo aver illustrato le risultanze processuali, il giudice di pace ha ritenuto che il predetto comportamento fosse effettivamente sussistente ed ascrivibile all'imputato.

A base di tale convincimento, in primo luogo, ha posto le dichiarazioni di S.G.

Questi in dibattimento confermava integralmente il contenuto della denuncia e precisava, altresì, che tra lui e l'imputato vi era stato un pregresso astio sempre per motivi legati al parcheggio della sua auto nello spazio condominiale e che l'A.G. mentre pronunciava le minacce agitava una scopa.

Il Giudice a quo ha, poi, rilevato che tale racconto è stato confermato dalla teste S.G., padre di G.

Quest'ultimo, sia pure ammettendo di non essere stato presente ai fatti denunciati, confermava le pregresse aggressioni patite dal figlio ad opera dell'A.G..

Una volta esposto il contenuto delle dichiarazioni dei testi, il Giudice a quo ha ritenuto accertata la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato di minaccia a carico dello S.

Ha ritenuto, inoltre, in sede di determinazione della pena di non poter concedere le attenuanti generiche alla luce dei precedenti a carico dell'imputato.

2. Correttamente il Giudice a quo ha ritenuto che le dichiarazioni della persona offesa e idei di lui padre fossero idonee a fondare un giudizio di responsabilità dell'A.G..

La disamina di entrambe le deposizioni ne ha evidenziato la piena attendibilità, la serenità e la coerenza oltre ad una assoluta mancanza di intenti calunniatori nei confronti dell'A.G..

Le dichiarazioni della persona offesa sono sufficientemente precise nel riferimento ai singoli segmenti dell'episodio e risultano scevre da vizi logici.

Va osservato a tal proposito che per consolidato orientamento giurisprudenziale la deposizione della persona offesa dal reato può essere assunta come fonte di convincimento al pari di ogni altro mezzo di prova. Non è necessario, in ogni caso, verificare la sussistenza di riscontri esterni, non essendo applicabile il canone di valutazione stabilito dall'art. 192 c.p.p. (cfr., da ultimo, Cass. Pen. 29 maggio/22 agosto 2001, n. 31400; Cass. Pen. 16 febbraio/15 faggio 2001, n. 19683).

Per le sue caratteristiche personali, intellettive e morali lo S. si è mostrato persona attendibile, anche in ordine alla capacità di percepire e di rievocare i fatti narrati. Non sono stati evidenziati, né risultano dagli atti, elementi specifici da cui trarre un diverso convincimento. Non risulta che lo S. abbia denunciato l'A.G. perché spinto da rancore o da altro biasimevole motivo, ma al solo fine di salvaguardare la dignità e il decoro personale e la sua stessa incolumità. Ha, infatti, evidenziato la persona offesa che don l'A.G. erano insorti degli attriti derivanti sempre da questioni legati al parcheggio.

Alla luce della personalità e dell'atteggiamento mostrato dalla persona offesa, all'epoca degli accadimenti narrati ed in udienza, innanzi al Giudice di Pace, è possibile sostenere con tranquillità che egli abbia riferito fatti realmente verificatisi e percepiti, in altre parole fatti corrispondenti a verità.

Va, inoltre, osservato che la sua deposizione è caratterizzata dalla costanza. In particolare, lo S. aveva già indicato i fatti e le circostanze riferiti in dibattimento nel verbale di denuncia - querela. La deposizione della P.O. appare pienamente attendibile sotto il profilo oggettivo e soggettivo.

Il comportamento dell'A.G. è stato determinato indubbiamente dal livore nei confronti della persona offesa che parcheggia l'automobile (sia pure in uno spazio riservato) ma adiacente alla sua abitazione. Ciò rende ancor più credibile la ricostruzione offerta dalla persona offesa, essendo spiegabile la condotta (intimidatoria e ingiuriosa) dell'A.G. alla stregua di un movente specifico ed individualizzante.

L'idoneità della condotta dèll'A.G. ad intimidire lo S., poi, non appare scalfita dalle sua condizioni di salute e dal fatto che per deambulare necessita di accompagnatore (v. certificazione medica). Secondo la difesa, infatti, alle parole non sarebbero seguiti i fatti. La tesi della difesa, alla luce delle complessive emergenze dibattimentali, non convince in quanto la persona offesa ha specificato che l'A.G. agitava una scopa in mano e che non era il primo episodio di minaccia.

Nel reato di minaccia, infatti, elemento essenziale è la limitazione della libertà psichica che si viene a determinare mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall'autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest'ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire (v. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 45502 del 22/04/2014).

Nel caso di specie le frasi rivolte dall'A.G. allo S. hanno effettivamente ingenerato in questa uno stato di timore ed ansia e preoccupazione ed infatti la persona offesa, per evitare conseguenze, non ha risposto alle provocazioni dèll'A.G. rifugiandosi nella sua auto. Lo stato di timore della persona offesa era, poi, giustificato dal fatto che la minaccia era stata formulata dopo altri precedenti analoghi episodi.

Alla stregua delle superiori considerazioni in definitiva gli elementi di responsabilità segnalati nella sentenza appellata comportavano il giudizio di responsabilità espresso dal primo giudice.

Correttamente poi il giudice di prime cure ha escluso l'applicazione delle attenuanti generiche in ragione dei precedenti dell'imputato. Alcuna circostanza è stata offerta né è desumibile dagli atti che potesse fondare il riconoscimento delle circostanze di cui all'art. 62 bis c.p.

La pena irrogata, dunque, risulta assolutamente congrua in rapporto ai parametri di cui all'art 133 c.p. (fra cui la gravità del fatto, desumibile dalle modalità della condotta, i motivi della stessa, l'intensità del dolo, etc).

Va, pertanto, confermata la pronuncia appellata e l'A.G. deve essere condannata alle ulteriori spese processuali e va condannata, ai sensi dell'art. 592 c.p.p., al pagamento delle spese processuali sostenute dallo Stato per la presente fase di giudizio oltre a quelle sopportate dalla costituita parte civile nella misura indicata in dispositivo (determinata sommando gli importi previsti dal D.m. n. 55 del 2014 per le fasi Studio e Decisoria non essendo stata svolta attività riconducibile alle altre fasi previste dal predetto D.M.).

P.Q.M.
Letto l'art. 605 c.p.p.

rigetta l'appello proposto da A.G. e per l'effetto conferma la sentenza del Giudice di pace di Napoli n. 330/18.

Napoli, 29 ottobre 2018

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