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Sintomi dell’ebbrezza alcolica: costituiscono un fatto oggettivo basato sulla percezione diretta del testimone

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Tribunale Ferrara, 12/08/2024, n.949

I sintomi dell'ebbrezza alcolica non costituiscono un mero apprezzamento soggettivo o una valutazione personale, bensì un fatto oggettivo, percepito dal testimone "ex propriis sensibus", utilizzabili al fine di prova e aventi valenza non difforme da quella che viene riconosciuta alla percezione "de visu" di una determinata circostanza.

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La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
AO.Sl. (compiutamente identificato in atti, capace di parlare e comprendere la lingua italiana) è stato tratto a giudizio dinanzi all'intestato Tribunale, con decreto ritualmente e tempestivamente notificato, per rispondere dei reati di cui agli artt. 186, commi 2, lett. b, e 2-sexies, D.Lvo n. 285/92 e 635, comma 2, n, 1, c.p., meglio e più dettagliatamente descritti nell'imputazione riportata in epigrafe.

Alla prima udienza utile del 6/2/24 è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti, dandosi corso all'istruttoria dibattimentale sostanziatasi nell'acquisizione ex art. 493, III comma, c.p.p. del libretto metrologico dell'etilometro con il quale l'imputato è stato sottoposto al test alcolemico, del fascicolo fotografico relativo al danneggiamento dell'autovettura in dotazione alla Polizia di Stato, tg. (…), nonché nell'escussione del testimone d'accusa Ca.Ni. (agente di P.G. - udienza del 19/3/24), al cui esito è stata disposta la discussione finale (udienza del 30/4/24); il processo ha, così, trovato definizione con la pronunzia resa in dispositivo, del quale è stata data pubblica lettura.

Sulla scorta del quadro probatorio acquisito e dalle dichiarazioni testimonia E rese dall'agente di P.G. Ca.Ni., escusso in dibattimento (udienza del 19/3/24), si evince come gli agenti della Polizia di Stato in data 6/7/2021, alle ore 2:45 circa, nel corso di un posto di controllo istituito all'altezza del casello autostradale di (…), abbiano proceduto a degli accertamenti sulla persona dell'odierno imputato, che in quel momento era alla guida di una vettura Lancia Ypsilon, targata (…). Nell'occasione l'imputato, dopo essere stato sottoposto ad un test alcolemico - previo avviso della facoltà di farsi assistere da un legale di fiducia - in quanto presentava evidenti segni di ebbrezza (alito vinoso, eccessiva loquacità), è stato trovato in uno stato di ebbrezza alcoolica, presentando un valore alcolemico compreso tra i 0,96 (alle ore 02:56) e 1,01 (alle ore 03:07) g/l (cfr. anche esiti dell'alcoltest acquisiti agli atti).

Il teste ha poi aggiunto che l'odierno imputato, al momento delle operazioni predette, assumeva un atteggiamento scontroso, poco collaborativo, tentando di eludere in un primo momento l'accertamento millantando rapporti con la Presidenza della Repubblica, la Direzione Investigativa Antimafia e l'Arma dei Carabinieri, per poi avere un diverbio con uno dei passeggeri presenti nell'automobile della quale era alla guida e avventarsi contro l'autovettura di servizio, tg. (…), colpendola con delle violente testate, lasciando delle incisioni, precipuamente documentate in atti (cfr. fascicolo fotografico in atti).

E indubbio, allora, che nei fata accertati, per come innanzi ricostruiti, può ritenersi dimostrata la penale responsabilità dell'imputato per il reato contravvenzionale di cui all'art. 186, comma II, lettera b, del D.L.vo n. 285/92 aggravato ai sensi del comma 2-sexies per come contestato in rubrica, avendo integrato con la sua condotta tutti gli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, della relativa fattispecie contravvenzionale contestata, ivi compresi quelli relativi all'aggravante del fatto commesso dopo le ore 22:00 e prima delle ore 07:00 (comma 2-sexies).

Invero, i verbalizzanti, al momento del controllo, hanno riscontrato personalmente l'esistenza di elementi sintomatici dell'abuso di alcool, poiché AO.Sl. presentava alito vinoso, si esprimeva con parole sconnesse ed eccessiva loquacità, in proposito la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che i sintomi dell'ebbrezza alcolica non costituiscono un mero apprezzamento soggettivo o una valutazione personale, bensì un fatto oggettivo, percepito dal testimone "ex propriis sensibus", utilizzabili al fine di prova e aventi valenza non difforme da quella che viene riconosciuta alla percezione "de visu" di una determinata circostanza (cfr. Cass. Pen., sez. IV, 25 gennaio 2006, n. 20236).

Inoltre, l'esame strumentale, effettuato nel pieno rispetto delle procedure individuate dal regolamento di esecuzione del codice della strada (l'intervallo tra le due misurazioni è stato superiore ai prescritti cinque minuti), attraverso un apparecchio omologato e regolarmente funzionante ha incontrovertibilmente accertato il superamento del tasso soglia di cui alla lettera b del secondo comma dell'art. 186 CdS; è sufficiente in proposito evidenziare che non sono stati allegati e neppure prospettati elementi che possano far dubitare del non perfetto funzionamento dell'apparecchio in dotazione agli operanti, e che l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento, dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione della aspirazione, non essendo sufficiente la mera allegazione di difettosità o di assenza di omologazione dell'apparecchio (cfr. Cassazione penale sez. IV, 29/11/2018 -27/12/2018, n. 58261; Cassazione penale, sez. IV, 24 marzo 2011, n. 17463).

Infine, sussiste la circostanza aggravante di cui al comma 2-sexies dell'art. 186 Cds, introdotta con la legge 24 luglio 2009, n. 94, a mente della quale l'ammenda è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso tra le 22 e le 7, Invero, AO.Sl. è stato fermato alle ore 2:45 circa.

Ciò posto, la condotta tenuta dall'AO.Sl. così come sopra descritta ha integrato, a parere di questo Tribunale, anche gli estremi propri del reato di danneggiamento contestatogli alla lettera B del capo di imputazione.

In proposito, occorre svolgere in premessa alcune puntualizzazioni di carattere prettamente giuridico-sostanziale.

Anzitutto, va rammentato che il delitto di danneggiamento lungi dal poter essere ricondotto ed identificato sic et simpliciter nella totale inservibilità della res (posto che, in siffatta evenienza, non troverebbe ragione alcuna l'utilizzo, nella formulazione della norma, anche dell'espressione semantica "rende, in tutto in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui"), deve piuttosto essere correttamente interpretato in senso relativo, ossia in relazione alle oggettive caratteristiche del bene oggetto dell'azione delittuosa.

Invero, in tema di danneggiamento l'elemento oggettivo del reato deve ritenersi integrato in tutti i casi nei quali il valore o l'utilizzabilità della cosa vengano diminuiti, anche solo parzialmente, rendendo necessario sull'oggetto materiale un intervento 'ripristinatorio' della sua essenza e funzionalità (cfr. Cass. pen. n. 1271 /03). Quanto all'elemento soggettivo, che nella figura delittuosa oggetto d'imputazione assume la forma del dolo generico risultando lo stesso integrato dalla coscienza e dalla volontà di distruggere, disperdere o deteriorare la cosa altrui senza che sia necessario anche l'accertamento di un fine specifico di danno.

Sempre riguardo alla figura delittuosa in esame, inoltre, va anche evidenziato che l'art. 2, lettera 1), del D.Lgs. n. 7 del 15 gennaio 2016 ha abrogato l'originario primo comma dell'art. 635 c.p., ove si puniva la condotta di danneggiamento c.d. semplice, procedendo contestualmente alla ricollocazione numerica, nel corpo della medesima disposizione, di quelle che un tempo rappresentavano le fattispecie aggravate di danneggiamento e che oggi integrano piuttosto modalità alternative di realizzazione della condotta-base oggetto dell'incriminazione. A fronte, dunque, di un'espressa abolitio criminis del delitto di danneggiamento c.d. semplice, le condotte di danneggiamento già aggravate hanno subito, invece, una successione meramente modificatrice delle norme che ne sanciscono la punibilità, essendone rimasti invariati tanto gli elementi costitutivi quanto le sanzioni comminate all'esito della loro compiuta integrazione.

In sintesi, la condotta contestata all'odierno imputato rientra evidentemente nell'attuale disposto di cui all'art. 635, comma II, n. 1) c.p., della medesima disposizione poiché, una volta abrogata la condotta già descritta dal primo comma della norma incriminatrice, il danneggiamento commesso con violenza o minaccia alle persone è assorto al rango di fattispecie-base, mentre il danneggiamento avente ad oggetto le 'cose' esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede o destinate a pubblico servizio (secondo il disposto di cui al n. 7 dell'art. 625 c.p.) rappresenta, unitamente alle altre ipotesi tassativamente indicate nel secondo alinea, una delle condotte ritenute normativamente meritevoli del medesimo trattamento sanzionatorio in virtù delle peculiarità del bene concretamente attinto dall'offesa in oggetto, nella misura in cui tuttora risulta penalmente rilevante.

Ne deriva che la condotta di danneggiamento posta in essere dall'odierno imputato e descritta in imputazione va sussunta nell'alveo dell'attuale art. 635, comma II n. 1), c.p., atteso che effettivamente il danneggiamento di cui si discorre ha interessato un'autovettura di servizio in dotazione alla Polizia di Stato, che evidentemente rientra nella categoria dei beni destinati a pubblico servizio.

Tanto chiarito, dalle risultanze probatorie acquisite in sede dibattimentale risulta con certezza che l'AO.Sl. abbia colpito con delle violente testate l'auto di servizio della Polizia di Stato, targata (…), causandone il danneggiamento, La circostanza emerge non solo da quanto riferito dall'agente operante in sede di escussione testimoniale (cfr. pag. 6 "ascrizioni dell'udienza del 19/3/24), ma anche dai fotogrammi prodotti dal P.M. all'udienza del 19/3/24 raffiguranti la predetta auto di servizio danneggiata, riconosciuta dallo stesso teste di P.G. escusso (cfr. fascicolo fotografico in atti).

Nessun dubbio alcuno sussiste quanto all'elemento soggettivo del dolo generico in capo all'odierno imputato, essendo dimostrata la coscienza e volontà dell'AO.Sl. di danneggiare la vettura in uso alla Polizia di Stato, a nulla rilevando il movente o le finalità per le quali il fatto è stato commesso, avendo sferrato diverse testate al veicolo fintantoché non è stato fermato e riportato alla calma dalle forze dell'ordine. Del resto, appare del tutto superfluo ribadire che l'eventuale stato di alterazione alcolica non può in alcun caso essere considerato un fattore capace di escludete l'imputabilità, ovvero il dolo del soggetto attivo il quale - a causa del suo stato - non abbia eventualmente avuto la piena percezione del disvalore penale della propria azione ("… l'ubriachezza volontaria, non determinata cioè da caso fortuito né da forza maggiore, non esclude né diminuisce l'imputabilità: l'agente risponde del reato commesso in tale stato a titolo di dolo o di colpa a seconda dell'elemento psicologico del reato accertato…" - così Cass. pen. n. 10226/05).

Accertata la responsabilità penale dell'imputato per il reato di guida in stato di ebbrezza, in orario notturno, nonché per il reato di danneggiamento aggravato, ritiene il Tribunale che non ricorrano i presupposti per riconoscere la causa di non punibilità della tenuità del fatto disciplinata dall'art. 131-bis c.p. pur invocata dalla difesa in sede di conclusioni, dal momento che la condotta posta in essere dall'odierno imputato non può essere affatto considerata di speciale tenuità avuto riguardo ad entrambi i reati allo stesso ascritti.

Invero, tanto la valenza del bene giuridico tutelato dalle norme incriminatrici, quanto la condotta concretamente tenuta dall'odierno imputato impediscono, infatti, di ravvisare una particolare tenuità del fatto compiuto, atteso che l'offesa prodotta, per quanto piuttosto limitata per durata ed effetti, comunque è consistita nel porre in pericolo la collettività, essendosi l'AO.Sl. posto alla guida di un'autovettura per attraversare un tratto autostradale in stato di alterazione da sostanza alcolica, nottetempo, per poi manifestare in modo violento la sua insofferenza verso l'autorità di pubblica sicurezza, assumendo nei suoi confronti una condotta non collaborativa, nervosa ed aggressiva, sfociata dapprima nel millantare rapporti con la Presidenza della Repubblica, la Direzione Investigativa Antimafia e l'Arma dei Carabinieri al fine di eludere l'accertamento tramite alcoltest, poi in un diverbio dai toni particolarmente accesi con un passeggero a bordo dell'autovettura che guidava (conclusosi con una ferita sanguinante alla mano destra; cfr. trascrizioni dell'udienza del 19/3/24) e, in seguito, nel danneggiamento dell'auto di servizio della Polizia di Stato, condotta che nel complesso esclude categoricamente la ridotta offensività delle fattispecie criminose integrate.

Dunque, così ritenuta la penale responsabilità dell'odierno imputato per tutte le condotte a lui ascritte, va a questo punto rilevato, sotto il profilo sanzionatorio, come l'assenza di ogni forma di collaborazione nella ricostruzione della dinamica dei fatti impedisce di poter ritenere sussistenti nel caso in esame le circostanze attenuanti generiche; dagli atti del giudizio, peraltro, non sono emerse "altre circostante diverse", rispetto a quelle indicate dall'art. 62 c.p., tali da giustificare una diminuzione della pena ex art. 62-bis c.p. per il quale, preme evidenziare, il sistema ordinamentale esclude qualsiasi forma di automatismo: del resto, le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere del reo, "sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo" (così Cass. Pen. n. 9299/18) che nel caso in esame non è dato rinvenirsi.

Di converso, va evidenziato come nel caso in esame non possa ritenersi sussistente la contestata recidiva con riferimento al reato ascritto all'AO.Sl. al capo B) della rubrica, atteso che, avuto riguardo alla particolare natura del reato contestatogli, nonché alla natura dell'ultimo precedente delitto doloso dallo stesso annoverato (di indole assolutamente differente) - anche se recente - e al notevole lasso temporale trascorso invece rispetto al precedente penale della stessa indole (2013), il delitto oggetto del presente procedimento non possa essere considerato espressione di una sua più marcata pericolosità e, dunque, indice di una sua maggiore colpevolezza.

Tuttavia, l'immediata concatenazione logica e cronologica dei reati accertati fa ritenere questi ultimi, espressione di un unico disegno criminoso, con la conseguenza che gli stessi possono essere riuniti sotto il vincolo della continuazione di cui al II comma dell'art. 81 c.p.

In tal modo affermata la penale responsabilità dell'AO.Sl. per i fatti addebitatigli, tenuto conto dei parametri commisurativi prescritti dall'art. 133 c.p., della personalità del reo, esclusa la contestata recidiva e riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati ascrittigli, si stima equa, muovendo da una base conforme ai minimi edittali, la pena di mesi 7 di reclusione (p.b. mesi 6 di reclusione per il più grave reato di cui alla lettera B) del capo di imputazione, aumentata a mesi 7 di reclusione ex art. 81, II comma, c.p. per il reato di cui alla lettera A del capo di imputazione), alla cui applicazione consegue, ex lege, anche la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

Stante i precedenti annoverati dall'AO.Sl., l'ultimo recentissimo risalente al 2023, non appaiono sussistenti i presupposti per la concessione di qualsivoglia beneficio di legge, posto che il giudizio prognostico sulla possibilità che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati non può che essere negativo.

Avuto riguardo, inoltre, al disposto di cui all'art. 186, D.L.vo n. 285/92 va altresì applicata nei confronti dell'imputato la sanzione amministrativa accessoria, prevista ex lege, della sospensione della patente di guida per un periodo che, nel caso in esame, appare equo quantificare, tenuto conto anche dell'entità della sanzione penale irrogata, nel periodo di anni uno.

Infine, la concorrenza di ulteriori impegni professionali ha suggerito l'adozione, ai sensi dell'art. 544, comma 3, c.p.p., del termine di giorni 90 per il deposito della motivazione.

P.Q.M.
visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara AO.Sl. (nato in (…) il (…)) colpevole dei reati a lui ascritti, riuniti sotto il vincolo della continuazione, e, per l'effetto, esclusa la contestata recidiva, lo condanna alla pena di mesi 7 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali;

applica nei confronti di AO.Sl. la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni uno;

indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Ferrara l'11 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2024.

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