Tribunale Pescara, 12/01/2024, n.7
Integra il delitto di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. la condotta di chi, al fine di procurarsi un ingiusto vantaggio patrimoniale o non patrimoniale, induce altri in errore utilizzando l'identità altrui. Tale condotta può concorrere con il reato di falso in atto pubblico, se l’alterazione di documenti amministrativi rilevanti è destinata a produrre effetti giuridici e a ingannare la pubblica fede. La lieve entità della falsificazione, per la delicatezza e il contesto degli atti coinvolti, non consente l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. in caso di condotte che incidano su interessi pubblici significativi.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto del 19.02.2021 il Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Pescara disponeva il giudizio per BA.Da., chiamato a rispondere dei reati riportati in epigrafe. L'udienza del 04.07.22 veniva rinviata per legittimo impedimento dell'imputato. All'udienza del 12.09.22, assente l'imputato, è stato dichiarato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti. All'udienza del 16.01.23 sono stati sentiti i testi Ma.Fr. ed altri (…). All'udienza del 03.04.23 è stata sentita la teste Pa.An. e il PM ha prodotto documentazione come da indice. All'udienza del 09.10.23 è stata sentita la teste Sa.Al.
Quindi, alla udienza del 8.1.2024, sulle conclusioni delle parti, il Tribunale si è ritirato in camera di consiglio, dando lettura del dispositivo della sentenza.
Il Tribunale ritiene che, a seguito dell'istruttoria svolta, sia stata solo parzialmente provata l'imputazione ascritta al BA.
Dall'istruttoria svolta è infatti emerso che il Comune di Bussi sul Tirino sottoscriveva un abbonamento con l'agente di commercio BA.Da. relativo al passaggio dalla telefonia (…) a (…), sia per la telefonia fissa che mobile.
Da quanto riferito dal teste di Pg, Ma.Fr., le indagini permettevano alla PG di acquisire direttamente dall'agente BA.Da., odierno imputato, tre proposte contrattuali. La prima era apparentemente sottoscritta dal sindaco di Bussi sul Tirino, L.Ga., e relativa all'acquisto ed attivazione di nove sim card mobili e una fissa. A corredo, vi era la determina registro di settore n. 198 del 12.11.2018 e una copia fotostatica del documento identità del sindaco.
Confrontando la sottoscrizione apparentemente riconducibile al sindaco con la firma dello stesso contenuta nella carta di identità, si evidenziava chiaramente che la prima fosse falsa. In udienza, infatti, L.Ga. ha disconosciuto la firma apposta alla relativa proposta contrattuale (all. 5 A), ed anche il teste D'A.An. ha disconosciuto la sottoscrizione della determina n. 690 del 12.11.2018 (registro di settore n. 198) allegata alla proposta. Di tale falsità deve essere chiamato a rispondere, come si dirà, BA.Da., sia riferimento alla determina n. 690 del 12.11.2018, allegata alla proposta contrattuale, sia con riferimento alla sostituzione di persona del Sindaco, di cui alla proposta contrattuale.
La seconda proposta prevedeva l'acquisto e l'attivazione di sim card per la telefonia fissa; si trattava di proposta sottoscritta dal tecnico comunale D'Angelo, a cui veniva allegata la determina n. 709 del 20.11.2018, registro di settore n. 209 del 20.11.2018.
La terza proposta prevedeva l'acquisto di 10 sim card mobili; veniva sottoscritta dal tecnico D'An.An. e vedeva allegata la determina col medesimo numero di quella allegata alla prima proposta, ovvero la n. 690 del 12.11.2018, registro di settore n. 198 del 12.11.2018, ed un diverso contenuto. Ora, il capo 1) della imputazione addebita al BA. di aver truffato il Comune di Bussi, con artifizi e raggiri consistiti nel proporre offerte vantaggiose e nelle condotte del capo B), convenendo la stipulazione di due abbonamenti telefonici riguardanti il passaggio dalla società (…) alla (…), aventi ad oggetto la fornitura di n. 6 apparecchi telefonici e n. 47 sim card. L'induzione in errore, come da contestazione, avrebbe per oggetto la attribuzione di n. 16 sim, effettivamente fatte pervenire al Comune di Bussi, inattive, e nella attivazione di n. 16 sim a nome del Comune mai fatte pervenire nella disponibilità dello stesso. Tale ultima condotta, costituisce altresì oggetto di specifico capo D). Sullo stesso, come si dirà, non sono state raccolte prove sufficienti relative alla sussistenza del fatto.
Con riferimento alle sim inattive, va effettivamente rilevato che costituiscono oggetto di sequestro n. 16 sim inattive, prive di intestazione, rinvenute nella disponibilità del Comune di Bussi sul Tirino (cfr. sequestro in atti). Non vi è dubbio che la consegna di tali schede al Comune non possa che riferirsi al BA., in quanto nella deposizione dei testi La. ed altri (…) è emerso che fosse stato proprio il BA. ad occuparsi dei rapporti con il Comune di Bussi. Ciononostante, dalle dichiarazioni della teste Sa. (l'unica che ha riferito tecnicamente delle schede inattive), è emerso che si tratta di sim che vengono lasciate all'agente o di cui l'agente è già in possesso e che questi a sua volta lascia al cliente nel caso in cui al cliente la sim già affidata non funzioni più ("per evitare che poi il cliente se dovesse avere problemi o ritardi nel caso in cui non gli funzioni più o si smagnetizza, si vengono solitamente lasciate delle SIM in più che non sono attive sono SIM vergini che per poter essere attivate devono essere il cliente chiama (…) e si fa attivare la SIM; si fa fare il cambio carte"); pertanto, per come emerso nel dibattimento, non vi sono elementi da cui desumere che si tratti di una truffa (o tentativo di truffa) posta in essere da BA.
Il capo B) della imputazione risulta invece, secondo il Tribunale, provato.
E' infatti provato che la proposta contrattuale di cui all'allegato 5 della produzione del Pm è stata disconosciuta da La.Sa., la cui firma in tale allegato è effettivamente già all'evidenza completamente diversa dalla firma contenuta nella carta di identità dello stesso. E' stato inoltre provato che la delibera allegata, n. registro di settore 198 del 12.11.2018 - ovvero la n. 690 del 12.11.2018, di copertura delle fatture con i cap. 91 e 1467 del 2018 della (…) fosse falsa. Il teste D'A. infatti ha disconosciuto la sottoscrizione (di cui si rileva che, già all'evidenza, è del tutto diversa dalle alte sottoscrizioni effettuate dal D'A. in altre delibere in atti) e la delibera non risultava nel registro delle determine né aveva copertura finanziaria, né risultava pubblicata sull'albo pretorio.
La difesa ha inteso sconfessare la riconduzione delle due falsità (della proposta e della delibera) al BA.
Ora, sul punto, valgono alcune considerazioni.
Preliminarmente i testi del Comune escussi hanno rappresentato, sia La. ed altri (…) che fosse proprio il BA. ad occuparsi dei rapporti tra la (…) e il Comune di Bussi. Inoltre, il teste Sa.Al. (responsabile di un ufficio che si occupa di gestione di contratti di telefonia, all'epoca dei fatti con un'attività di coworking con (…) s.r.l.) ha definito il BA. "un agente che lavorava per la nostra agenzia" e che all'epoca inviava tre proposte di abbonamento per il Comune di Bussi sul Tirino. Il teste di Pg ha dichiarato che le indagini permettevano alla PG di acquisire direttamente dall'agente BA.Da. le tre proposte contrattuali di cui sopra si è riferito, tra cui, quindi, quella oggetto di falsità.
Non può quindi dubitarsi che il soggetto che inviasse tali proposte con allegate le relative delibere e che le conservasse fosse proprio il BA.
Se si considera anche il contenuto della determina falsa, relativa alla copertura di fatture della Vodafone, è evidente che l'unico soggetto direttamente interessato, al di là della (…), che di fatto nella contrattazione con il Comune è stata rappresentata dal solo BA., è proprio il BA., in quanto come agente avrebbe potuto trarre vantaggio dalla relativa proposta e dal pagamento. Va infine apprezzato che nella disponibilità del BA., in quanto direttamente acquisito dallo stesso, per come riferito dal teste di PG, non vi erano solo la delibera falsa, allegata alla proposta contrattuale falsa, ma anche la delibera allegata alla proposta della produzioni del Pm. Si tratta di delibera riconosciuta come propria dal D'A., avente stesso numero di registro e di determina della delibera falsa ed avente tuttavia altro contenuto rispetto a quella falsa.
Entrambe quindi risultavano nella disponibilità del BA.
Si tratta di altra evidenza dalla quale è incontestabile desumere la sua non estraneità ai fatti, posto che, come agente, finiva per allegare a due proposte contrattuali diverse due delibere con contenuto diverso e medesimo numero di registro e di determina. Laddove le sottoscrizioni false non fossero stato opera della sua mano, lo stesso avrebbe sicuramente evidenziato che le delibere portavano lo stesso numero ma diverso contenuto.
Pertanto, non si può dubitare che BA. debba essere chiamato a rispondere dei reati a lui ascritti al capo B).
Infatti, al fine di procurarsi un ingiusto vantaggio (che può non essere in se stesso illecito e può essere patrimoniale o non patrimoniale), mediante l'utilizzo dei dati di La.Sa. e la falsa sottoscrizione dello stesso, BA., poteva sostituirsi a questi per attivare il relativo contratto. Tale condotta integra gli estremi del reato di cui all'art. 494 c.p. il quale punisce appunto chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio, induce taluno in errore (nel caso di specie la V.), sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona. BA. deve inoltre rispondere ex art. 482 e 476 c.p. per aver falsamente formato la determina del dirigente di settore del Comune di Bussi. Questa costituisce atto pubblico. Infatti, "in tema di falso documentale, rientrano nella nozione di atto pubblico anche gli atti cosiddetti interni, ovvero quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, nonché quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale - conforme o meno allo schema tipico - ponendosi quale necessario presupposto di momenti procedurali successivi. (Fattispecie relativa all'apposizione di un visto su due dichiarazioni di spesa oggetto di falsificazione, riguardanti somme destinate al fondo cassa comune per spese minute di un istituto scolastico)", (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 11425 del 20/11/2012). Pertanto, il privato che falsifichi la relativa determina risponde ex artt. 482 e 476 c.p.
Va precisato che dalla assoluzione per il fatto di cui al capo A) consegue la insussistenza dell'aggravante contestata al capo B).
Venendo all'esame del capo C), il teste di P.g. Ma. ha dichiarato di aver svolto un controllo sui telefonini ricevuti dal Comune tramite corriere. Il plico di cui al documento di trasporto n. L825113998 conteneva 5 telefonini cellulari I-phone, mentre il documento di trasporto ne conteneva 6. Conferma agli accertamenti svolti proviene dalle dichiarazioni del teste L.Ne., il quale ha dichiarato in dibattimento di aver verificato la sussistenza di soli n. 5 telefonini e di aver contattato in conseguenza il BA., per lamentarsi della mancata consegna di tale cellulare. BA. gli riferiva che aveva lui questo telefono, che per errore era finito al Comune di Pescara. Gli accertamenti successivamente svolti e riferiti dal teste Macchina facevano emergere che il Comune di Pescara non aveva mai richiesto un telefonino cellulare I-phone nè alcuno al Comune di Pescara conosceva BA.
Si tratta di accertamento non utilizzabile, in quanto il teste Macchia non ha indicato quale fosse la fonte diretta del Comune di Pescara sentita in sede di indagine né poteva riferire il contenuto delle relative dichiarazioni. Inoltre, dal codice Imei del telefono la Pg perveniva ad una sim card utilizzata su quel cellulare, in uso a Mi.Cr., che tuttavia veniva indagata ex art. 712 c.p. e, sulla base delle dichiarazioni dalla stessa effettuate, si giungeva al fidanzato della Ma., L.Do., che a sua volta effettuava dichiarazione coinvolgenti il BA.
Considerato il compendio processuale utilizzabile, è evidente che non possa addivenirsi a condanna nei confronti di BA., risultando che l'unica prova dibattimentale emersa consista nelle dichiarazioni di L.Ne., le quali costituiscono mero indizio della responsabilità del furto addebitato al BA., ma non prova certa che la condotta illecita possa addebitarsi allo stesso, che quindi va assolto ex art. 530 comma 2 c.p.p. dalla relativa imputazione, non essendo emersa la prova certa che lo stesso lo abbia commesso. Infine, con riferimento al capo D), si procedeva inoltre al conteggio delle schede che, sulla base della documentazione, dovevano essere in possesso del Comune. Erano 47. Si poteva tuttavia accertare (tramite partita iva del Comune e banca dati dell'applicativo Etna) che il Comune aveva intestate a sé solo 34 schede. Di queste, 13 erano sim card fisse e 5 mobili, mentre altre 16 schede, pur intestate al Comune, non venivano rinvenute. Da tale elemento la p.g. riteneva che il BA. si fosse appropriato di n. 16 card intestate al Comune di Bussi. Tuttavia, si tratta di acquisizione probatoria (quella relativa alle schede, pur intestate al Comune, non rinvenute dalla P.g.) su cui nessuno dei testi ha riferito alcunchè. La teste Pa., sentita in dibattimento, ha posto solo un problema di mancata copertura (da parte di delibera di giunta) delle fatture pervenute, non di mancata consegna di alcune delle schede intestate, pur oggetto di proposta contrattuale. Pertanto, ne consegue una pronuncia assolutoria, non essendo emersa con certezza la prova che il fatto sussista.
Dall'istruzione non sono emersi positivi elementi di giudizio che possano indurre al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non avendo l'imputato partecipato attivamente al processo e fornendo utili elementi, nè avendo mostrati segnali di resipiscenza o pentimento e non potendo valorizzarsi alcun elemento positivo.
Non può essere concessa la causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p., considerato che la falsificazione di una determina relativa ad impegno di spesa di un ente pubblico, peraltro consistente (le fatture di cui alla spesa deliberata falsamente si attestavano circa sulla somma di 800 euro) non consente di ritenere il fatto di lieve tenuità.
Pertanto, considerate le modalità del fatto, riuniti i reati nel vincolo di continuazione in considerazione della evidente medesimezza del disegno criminoso, desunta dall'unicità spaziale e temporale di riferimento, ritenuto più grave il reato di cui agli artt. 482 e 476 c.p., la pena può essere determinata in mesi nove di reclusione, così quantificata: pena base per il reato di cui agli artt. 482 e 476 c.p. di mesi otto di reclusione; aumento per l'art. 494 c.p. a mesi nove di reclusione. Risultando incensurato, l'imputato può essere ammesso ai benefici della non menzione nel certificato spedito a richiesta dei privati e della sospensione condizionale della pena. L'imputato va inoltre condannato al pagamento delle spese processuali. Si dispone la restituzione delle schede in sequestro al Comune di Bussi, avente diritto.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara BA.Da. colpevole del reato a lui ascritto ex artt. 494 e 482 in relazione all'art. 476 c.p., così riqualificato il fatto di cui al capo B(, per l'effetto lo condanna alla pena di mesi nove di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa e non menzione.
Restituzione delle schede in sequestro all'avente diritto.
Così deciso in Pescara l'11 ottobre 2021.
Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2024.