Corte appello Roma sez. II, 16/05/2023, n.5968
In tema di concorso in furto aggravato, per affermare la responsabilità dell’imputato è necessario dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, la sua effettiva presenza nel luogo del reato o il contributo materiale alla sua realizzazione. La presenza di un veicolo riconducibile all’imputato sul luogo del furto non basta a comprovare la partecipazione al reato in assenza di elementi certi, come testimonianze attendibili che collocano l’imputato altrove durante i fatti. Inoltre, il delitto di sostituzione di persona non è assorbito da quello di possesso di documenti falsi, trattandosi di reati con autonome connotazioni, il primo rilevando nell’utilizzo del documento per l’inganno, il secondo nella mera detenzione.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza del Tribunale di Velletri in data 31 ottobre 2022, l'odierno appellante Do.DI. veniva dichiarato colpevole dei reati a lui ascritti, unificati nel vincolo della continuazione e, con la riduzione per la scelta del rito, condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed euro 800,00 di multa, oltre pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere.
Il Tribunale perveniva all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato sulla base della denuncia-querela presentata da Ma.Nd., delle sit rese da Fa. ed altri (…), degli esiti del sistema rilevazione Gps collocato nell'auto (…), nonché di quanto rinvenuto presso l'abitazione del DI.
La sentenza ricostruiva i fatti, in data 22 luglio 2021, Ma.Nd. presentava denuncia per il furto avvenuto nella sua abitazione sita in Frascati, Via (…), avvenuto verso le ore 12,30 del medesimo giorno.
Nd. era stato avvisato del furto dal giardiniere del complesso residenziale ove era posta la sua abitazione, Fa.Fa., che aveva notato due ladri fuggire dal comprensorio e darsi alla fuga a bordo di una (…), condotta da un complice.
Gli operanti accertavano che l'auto era stata noleggiata da Fi.Ma. presso la (…); Ma., raggiunto dai Carabinieri, negava di aver noleggiato la vettura, precisando che il numero della carta d'identità con cui era stato identificato presso la società di noleggio non corrispondeva a quello del suo documento, e disconosceva la firma apposta sul contratto.
Gli inquirenti si recavano, pertanto, presso la società di noleggio, ove i titolari, An. e St.Ra., riferivano che il contratto era stato stipulato dall'uomo raffigurato nel documento loro consegnato, che nell'occasione era in compagnia di una donna.
An.Ra. precisava che la (…) era dotata di un sistema di rilevazione Gps e forniva agli operanti la posizione del veicolo e tutti i rilevamenti degli spostamenti della vettura nelle ore in cui era stato commesso il furto e nelle successive.
I Carabinieri verificavano che l'auto si trovava in Via (…) la mattina del 22 luglio e che alle ore 12,17 si trovava in Via (…); la vettura si era allontanata dal luogo alle ore 12,39 per far ritorno a Via (…) alle ore 15,58.
Gli operanti si recavano in seguito all'indirizzo di (…), (snello, ove la vettura risultava essere parcheggiata, e poco dopo notavano il DI. uscire dal civico n. (…) e avvicinarsi alla (…).
La perquisizione all'interno dell'abitazione portava al rinvenimento e sequestro del documento d'identità e della patente di guida intestati al Ma., sui quali erano apposte le foto dell'imputato, nonché della tessera sanitaria del Ma.
L'imputato ammetteva di aver noleggiato la (…9 sostituendosi al Ma. ma negava la sua partecipazione al furto in abitazione, precisando che l'auto era in uso alla sua compagna.
Nel corso del processo veniva escussa la teste Mi.Mi., che dichiarava che il DI. aveva lavorato presso la sua abitazione tutti i giorni feriali, dal 15 al 31 luglio, con orario 7,00/17,00.
Sulla scorta delle risultanze processuali, il primo giudice riteneva provata la colpevolezza dell'imputato per i reati a lui ascritti e, riconosciuta la recidiva, fissava la pena per il furto in abitazione aggravato in anni cinque e mesi due di reclusione e 1.150,00 euro di multa, aumentata per la continuazione con il capo A) ad anni cinque e mesi tre di reclusione e 1.200,00 euro di multa, diminuita per la scelta del rito alla pena finale di tre anni e sei mesi di reclusione e 800,00 euro di multa.
Avverso la sentenza ha proposto appello la Difesa dell'imputato, chiedendo l'assoluzione del suo assistito per non aver commesso il fatto.
Sottolinea il Difensore che l'unico testimone del furto, il giardiniere Fa., aveva descritto due dei responsabili in termini del tutto incompatibili con le fattezze dell'imputato.
Inoltre, solo uno dei luoghi di sosta della vettura - indicati in Via (…) - coincideva con la sua abitazione, mentre gli altri gli erano totalmente estranei.
Le affermazioni della Mi. erano state, poi, erroneamente considerate inattendibili.
Con altro motivo, la Difesa ha chiesto l'esclusione del reato ascritto al capo A), perché la condotta è assorbita dall'ipotesi di cui all'art. 497 bis c.p., per il quale è intervenuta condanna definitiva del DI.-
In via subordinata, il Difensore ha chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche nella misura massima concedibile e la riduzione della pena inflitta.
Il Difensore dell'imputato depositava nei termini motivi aggiunti con cui ha chiesto la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale con ammissione della testimonianza di Ra.Re. o, in subordine, mediante acquisizione delle dichiarazioni rese dalla predetta al Difensore ai sensi dell'art. 391 bis c.p.p.
All'odierna udienza, il Procuratore Generale ha concluso per la conferma della sentenza di primo grado; la Difesa ha insistito per l'accoglimento dei motivi di appello.
Va preliminarmente respinta la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, non potendo ritenersi che si tratti di prova nuova o sopravvenuta, considerato che le dichiarazioni della compagna dell'imputato avrebbero potuto essere sollecitate anche durante le indagini o nel corso del giudizio di primo grado, con richiesta di giudizio abbreviato condizionato.
La testimonianza della Ra. non risulta poi necessaria e indispensabile ai fini della decisione, che può essere presa allo stato degli atti.
Con il principale motivo di gravame, la Difesa lamenta l'assenza di prove idonee a fondare il giudizio di colpevolezza dell'imputato.
Il Difensore evidenzia dapprima come la descrizione di due delle tre persone notate a bordo della (…) da parte dell'unico testimone oculare non coincida con l'odierno imputato.
Sul punto va rilevato che il primo giudice non ha in alcun modo valorizzato la descrizione dei due soggetti offerta dal Fava ai fini del giudizio di responsabilità dell'imputato; inoltre, l'argomento non offre alcun elemento in chiave difensiva, atteso che nel capo d'imputazione il contributo del DI. viene individuato nell'essere rimasto nella vettura presa a nolo, in attesa dei due complici che avevano realizzato il furto, al fine di agevolarne la fuga.
Quanto alle rilevazioni del Gps nel giorno e in quelli successivi, si ritiene che queste assumano rilevanza indiziaria, dal momento che appare incontestato che la vettura presa a nolo dall'imputato si trovasse la mattina del 22 luglio 2021 - data del furto presso l'abitazione di (…), luogo che appare senz'altro riconducibile all'imputato, contrariamente a quanto sostenuto dalla Difesa, poiché si tratta dell'abitazione ove la compagna era stata ristretta agli arresti domiciliari e ove erano stati rinvenuti i documenti falsi intestati al Ma.
La mattina del 22 luglio, la (…) era partita da Via (…) e, dopo alcuni tragitti, si era recata in Via (…), e vi aveva sostato tra le ore 12,17 e le ore 12,39.
In questi minuti, mentre veniva realizzato il furto nell'abitazione della persona offesa, l'auto era stata vista dal giardiniere Fava che ne aveva annotato il numero di targa.
La (…) aveva fatto più tardi {alle ore 15,58) rientro in Via (…), da dove era partita la mattina.
Non vi sono dubbi, pertanto, che l'auto - partita la mattina da un'abitazione riferibile all'imputato e giuntavi nuovamente nel primo pomeriggio - sia stata utilizzata per compiere il reato di cui al capo B).
L'imputato ha però offerto un alibi al primo giudice, consistito nella testimonianza di Mi.Mi., persona per cui aveva eseguito alcuni lavori edili.
La donna ha affermato che DI. aveva lavorato presso la sua abitazione dal 15 al 31 luglio 2021, con orario 7,00/17,00, precisando su specifica domanda di ricordare che l'imputato aveva lavorato anche il giorno 22 luglio 2021, senza allontanarsi dalla sua abitazione.
Il giudice di prime cure ha ritenuto inattendibili le sue dichiarazioni, considerato che la donna non aveva documentato in alcun modo lo svolgimento di lavori di ristrutturazione e l'incarico dato all'imputato; inoltre, osservava il Tribunale, le sue affermazioni erano generiche e non dirimenti, posto che la contestazione non indica la presenza del DI. sul luogo della commissione del furto.
Ulteriore considerazione svolta dal primo giudice concerneva il fatto che l'imputato, in sede di interrogatorio di convalida, pur negando la sua partecipazione al furto, non aveva rappresentato di lavorare per la Mi.
La Corte non condivide le perplessità espresse dal Tribunale sull'attendibilità della Mi.
In primo luogo, va rilevato che la teste non era tenuta in alcun modo a documentare lo svolgimento dei lavori presso la sua abitazione, tanto più che si era rivolta a persona che svolgeva tale attività in modo non professionale, senza alcuna ufficialità e certamente priva di partita Iva; la scelta di rivolgersi a un lavoratore in nero non può, però, inficiare di per sé la credibilità delle sue dichiarazioni.
Quanto alla genericità delle sue affermazioni, si rileva, a! contrario, che la Mi. è stata piuttosto precisa nell'indicare il periodo in cui si erano svolti i lavori presso la sua abitazione e l'orario osservato dall'imputato. Ha, inoltre, risposto puntualmente e senza esitazioni alla domanda riguardante il giorno del furto presso l'abitazione di Nd., precisando che in quella giornata l'imputato aveva lavorato per tutto l'orario stabilito.
Non vi sono, dunque, ragioni per dubitare della credibilità della Mi., poiché quanto affermato dalla teste appare compatibile con gli altri dati processuali.
Infatti, la sua testimonianza porta ad escludere la presenza del DI. a bordo della (…9 utilizzata per recarsi presso il luogo del furto ma non il fatto che l'auto sia stata utilizzata dagli autori materiale del reato per portarsi in Via (…).
In ultimo, la circostanza che l'imputato non abbia immediatamente proclamato la sua innocenza indicando il suo alibi, seppur suggestiva, non appare idonea a porre nel dubbio le affermazioni della Mi., considerato che, comunque, DI. si era dichiarato estraneo ai fatti, precisando che la vettura veniva utilizzata da più persone.
In conclusione, appare dimostrato che la (…) presa a nolo dall'imputato sia stata usata per compiere il furto nell'abitazione di Nd.; tuttavia, non è emersa la prova, al di là del dubbio ragionevole, della presenza nell'auto dell'imputato in qualità di terzo complice, con compiti di agevolare la fuga dal luogo del reato.
L'ipotesi alternativa della presenza dell'imputato in altro luogo - presso l'abitazione della Mi. - appare, infatti, del tutto ragionevole alla luce della deposizione della donna e assume una consistenza logica tale da ostacolare un giudizio di colpevolezza.
Ne consegue l'assoluzione del DI. dal reato ascrittogli al capo B) per non aver commesso il fatto.
Il secondo motivo di gravame è infondato.
Infatti, come affermato dalla Suprema Corte (Sezione V, n. 23029/2017), "Il delitto di sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.) non è assorbito da quello di possesso di documenti di identità falsi (art. 497 bis cod. pen.), ma i due reati concorrono; infatti, la seconda delle due disposizioni punisce il mero possesso o la fabbricazione del documento, indipendentemente dalla successiva utilizzazione, mentre la prima - nel caso la sostituzione avvenga ricorrendo ad un documento di identificazione contraffatto - presuppone proprio tale utilizzazione, la quale costituisce, pertanto, un fatto ulteriore e autonomo rispetto a quello incriminato dall'art. 497 bis cod. pen.".
Va, dunque, confermata la condanna dell'imputato per il reato sub A).
Con riferimento alla pena, la Difesa ha chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche.
Al riguardo si osserva che non vi è motivo di riconoscere al DI. le invocate attenuanti, non essendo emerso alcun elemento positivo da valorizzare in suo favore; al contrario, il diniego appare pienamente giustificato dalla gravità del reato commesso e dalla sua elevata capacità criminale, così come emersa nei fatti che qui occupano e dal corposo certificato penale, che annovera numerosi precedenti per reati di falso e di furto in abitazione.
Riguardo alla pena, la Corte ritiene equo fissarla in dieci mesi di reclusione, avuto riguardo alle modalità del fatto e alla personalità dell'imputato, così come sopra descritta.
La pena va aumentata della metà per la già ritenuta recidiva specifica, per cui giunge a un anno e tre mesi di reclusione.
Con la riduzione per il rito la pena finale è di dieci mesi di reclusione.
Va disposta la cessazione della misura cautelare in atto, essendo venuto meno il titolo del reato che la giustificava.
P.Q.M.
Visto l'art. 599 c.p.p.,
in riforma della sentenza del Tribunale di Velletri in data 31 ottobre 2022, appellata da DI., assolve l'imputato dal reato di cui al capo B) per non aver commesso il fatto e ridetermina la pena in ordine al capo A) in mesi dieci di reclusione;
dichiara la cessazione della misura cautelare applicata al DI. e dispone la sua immediata liberazione se non detenuto per altra causa;
fissa in giorni trenta il termine per i! deposito della motivazione.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2023.
Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2023.