Tribunale Bari sez. II, 03/06/2022, n.2583
L’uso indebito di un timbro associativo e di un logo ufficiale, finalizzato a creare una falsa rappresentazione della realtà e a indurre in errore terzi, integra il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.), specialmente quando il soggetto attribuisca a sé una qualità a cui la legge riconosce effetti giuridici rilevanti. La condotta è punibile laddove venga posta in essere con il dolo specifico di procurare a sé un vantaggio o arrecare un danno ad altri, anche quando l’adesione all’associazione non comporti capacità di rappresentanza diretta, purché sia creata nei terzi una situazione di affidamento e fiducia.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione a giudizio emesso dal Pubblico Ministero in sede, MA. Em. veniva tratta dinanzi al Tribunale in composizione monocratica di Bari, Seconda Sezione Penale, per rispondere dei reati ascrittile in epigrafe.
All'udienza del 10.10.2019, svoltasi nella dichiarata assenza dell'imputata, il sottoscritto giudicante disponeva la separazione della posizione processuale limitatamente alla imputazione sub Capo A) ed emetteva sentenza di non doversi procedere per difetto di querela. Con riguardo al reato contestato al Capo B) il rappresentante pro tempore dell'Associazione Li. Am. Co. (di seguito A.) si costituiva parte civile a mezzo di procuratore speciale, ed all'esito dell'apertura del dibattimento le parti formulavano le rispettive richieste istruttorie, che venivano ammesse in conformità. Dopo una serie di rinvii determinati dall'emergenza epidemiologica da Covid-19, all'udienza del 24.03.2022 rendevano la propria deposizione testimoniale i testi a carico Si. Ma. e Co. Do., e le parti concordavano ex art. 493 co.3 c.p.p. l'acquisizione della denuncia querela sporta dal Si. con i relativi allegati, ed i verbali di sommarie informazioni rese dallo stesso e dal Co. - rispettivamente - nelle date del (omissis) e del (omissis). Alla successiva udienza del 19.05.2022, previa dichiarazione di chiusura dell'attività istruttoria, le parti rassegnavano le rispettive conclusioni come da verbale in atti, cui seguiva la pubblicazione della presente sentenza mediante lettura del dispositivo.
Motivi della decisione
Gli atti ritualmente acquisiti al fascicolo processuale per concorde volontà delle parti e le deposizioni testimoniali assunte nel corso dell'istruttoria dibattimentale consentono di riassumere la vicenda oggetto del presente giudizio nei termini che seguono.
Con atto di querela sporta in data (omissis) Ma. Si., in qualità di legale rappresentate pro tempore dell'Associazione A. operante nel settore della formazione e consulenza in materia di amministrazione condominiale, denunciava MA. Em. per aver usato indebitamente il timbro dell'associazione pur non essendone più iscritta, in tal modo attribuendosi e sfruttando tale falsa qualità per rivestire il ruolo di amministratrice condominiale.
In particolare, la MA. risultava regolarmente iscritta all'Associazione fino al (omissis), ma a decorrere dall'anno successivo si rendeva irreperibile nonostante i plurimi tentativi del Ma. di contattarla per il rinnovo dell'iscrizione. Nonostante la cancellazione dall'elenco degli associati, tuttavia, l'imputata continuava ad utilizzare indebitamente il timbro dell'associazione nella sua attività professionale: invero, nell'anno (omissis) si rivolgevano all'Associazione numerosi condomini dello stabile di viale (omissis) n. (omissis) ((omissis)) lamentando di aver corrisposto alla prevenuta rilevanti somme a titolo di pagamento della fornitura idrica, le cui fatture risultavano tuttavia impagate o contraffate; ulteriori lamentele relative alla sparizione di denaro provenivano, poi, anche dai condomini di via (omissis) n. (omissis), e di via (omissis) n. (omissis). Tali circostanze producevano un grave danno all'immagine dell'Associazione, estranea ad ogni comportamento della prevenuta.
In sede di sommarie informazioni Co. Do., residente a Bari alla via (omissis) n. (omissis), riferiva che nel periodo di gestione della MA. i condomini avevano subito l'interruzione del servizio idrico ed elettrico dal luglio al settembre del (omissis) per mancato pagamento delle bollette, nonostante l'imputata avesse provveduto ad incassare personalmente le singole quote. Infine il Co. chiariva di essersi rivolto per il recupero del denaro anche all'Associazione A. in ragione del fatto che la MA. si rendeva irreperibile dopo la scoperta dei mancati pagamenti delle utenze, e di aver dedotto l'appartenenza dell'imputata alla Associazione in virtù del timbro dalla stessa utilizzato nelle quietanze rilasciate ai singoli condomini.
Nel corso dell'udienza dibattimentale del 24.03.2022, infine, oltre all'escussione dei testi Ma. Si. e Co. Do., che confermavano il tenore delle rispettive dichiarazioni predibattimentali, venivano acquisite le quietanze sottoscritte dalla MA. relative ai pagamenti dei condomini
degli stabili di viale (omissis) n. (omissis) e di via (omissis) n. (omissis) ed afferenti alle mensilità di gennaio, febbraio e marzo (omissis), tutte portanti il timbro ed il logo dell'A., nonché le missive di formale contestazione alla MA. della mancata corresponsione all'Ente erogatore del servizio idrico delle somme di denaro regolarmente incassate dall'imputata dai condomini.
Tanto premesso in fatto, sul terreno della valutazione dei mezzi di prova occorre preliminarmente evidenziare che in base alla prevalente giurisprudenza di legittimità le regole dettate dall'art. 192, comma terzo, c.p.p. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione della penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella a cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone; nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile (come nel caso in esame), può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Cass. sez. U, n. 41461 del 19/07/2012).
Invero, come si evince dal tessuto motivazionale della richiamata pronuncia delle Sezioni unite, la circostanza che l'offeso si sia costituito parte civile non attenua il valore probatorio delle dichiarazioni rendendo la testimonianza omogenea a quella del dichiarante "coinvolto nel fatto", che soggiace alla regola di valutazione indicata dall'art. 192 comma 3 c.p.p., ma richiede solo un controllo di attendibilità particolarmente penetrante, finalizzato ad escludere la manipolazione dei contenuti dichiarativi in funzione dell'interesse patrimoniale vantato.
La Corte di Cassazione, peraltro, anche quando prende in considerazione la possibilità di valutare l'attendibilità estrinseca della testimonianza dell'offeso attraverso la individuazione di precisi riscontri, si esprime in termini di "opportunità" e non di "necessità", lasciando al giudice di merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto. Le Sezioni unite hanno infatti affermato che "può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione discenda dal riconoscimento della responsabilità dell'imputato" (nello stesso senso Cass. Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010; Cass. Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004).
Applicando i principi illustrati alla questione specifica, la versione dei fatti fornita da Ma. Si. appare a questo giudicante ampiamente credibile, non soltanto perché coerente, logica, adeguatamente circostanziata, priva di contraddizioni intrinseche od estrinseche, e ripetuta nel tempo in assenza di qualsivoglia incertezza od imprecisione, ma anche e soprattutto perché corroborata dalle dichiarazioni testimoniali del condomino Co. Do., che confermava gli atti di mala gestio dell'imputata ed il suo utilizzo del timbro e del logo dell'Associazione nelle quietanze di pagamento acquisite in atti. Oltretutto, la stessa prevenuta decideva di non comparire nel corso dell'intero procedimento, omettendo quindi di fornire una versione alternativa rispetto alle gravi, plurime e concordanti emergenze a suo carico.
Tali ultime considerazioni illuminano chiaramente la penale responsabilità della MA. in ordine al contestato delitto di sostituzione di persona. Come noto, infatti, il nucleo centrale della condotta tipica ex art. 494 c.p. è costituito dalla induzione in errore, consistente nel determinare in qualcuno una falsa rappresentazione della realtà, e poiché il delitto realizza un tipico esempio di reato a "forma vincolata", è necessario e sufficiente che la falsa rappresentazione sia provocata da una delle quattro forme della condotta tassativamente indicate dalla norma, tra le quali l'attribuzione a sé o ad altri di una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, che devono avere una rilevanza specifica in relazione al rapporto in atto (Cass. Sez. 5, n. 11406 del 12/06/2014; Cass. Sez. 6, n. 4394 del 08/01/2014).
Inoltre, come chiarito a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità, la formulazione della norma conferisce alla nozione di effetto giuridico, a tale fine rilevante, un ampio contenuto, comprensivo di conseguenze attinenti ai più vari aspetti dei rapporti sociali, fra le quali - come nell'ipotesi in esame - le facoltà connesse all'esercizio di una professione (Cass., Sez. 2, n. 30229 del 05/06/2014), assumendo rilievo anche la falsa attribuzione della qualità di appartenente ad un'associazione di categoria ed il conseguente affidamento che la stessa crea nel privato interlocutore (Cass., Sez. 5, n. 8670 del 11/12/2003).
Il reato, infine, è punito a titolo di dolo, consistente nella coscienza e volontà di indurre in errore mediante la falsa attribuzione della qualità, e per integrare l'addebito è richiesto anche il dolo specifico, cioè il "fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno", dal carattere non necessariamente patrimoniale.
Orbene, in linea con le indicazioni teoretiche appena evidenziate, la falsa rappresentazione di appartenere all'Associazione A. (uno dei più rappresentativi enti di categoria sul territorio nazionale), mediante l'indebito utilizzo del timbro e del logo associativo a distanza di oltre due anni dalla cancellazione dall'elenco degli iscritti, consentiva alla MA. di accreditarsi agli occhi dei condomini inducendoli in errore, sfruttando tale falsa qualità - sul piano finalistico della condotta ed a comprova del dolo specifico della fattispecie - per rivestire il ruolo di amministratrice condominiale, e porre in essere condotte fraudolente in loro danno.
Né può assumere significato preclusivo rispetto alla configurazione del reato il fatto che il semplice rapporto di adesione all'A. non comportasse la capacità di rappresentarla e di assumere impegni vincolanti verso l'esterno, in quanto, anche in mancanza di una rappresentanza diretta, l'imputata creava di fatto una situazione di affidamento nei condomini sul tipo di attività e sul livello di professionalità propri dell'Associazione.
Chiarito nei termini che precedono il giudizio di colpevolezza, in senso attenuativo delle sanzioni da irrogare il comportamento processuale tenuto dalla prevenuta per il tramite del proprio difensore, che prestava il consenso all'acquisizione ed all'utilizzabilità a fino decisori degli atti contenuti nel fascicolo delle indagini con evidente volontà deflattiva dell'iter dibattimentale, giustifica - in uno allo stato di incensuratezza - il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Per quanto attiene alla determinazione del trattamento sanzionatorio, avuto riguardo ai criteri di cui all'art. 133 c.p. e nell'ottica della funzione rieducativa di cui all'art. 27, comma terzo, della Costituzione, la pena ritenuta congrua è quella di mesi tre di reclusione, già ridotta ex art. 62-bis c.p. Per effetto della condanna graverà sull'imputata anche il pagamento delle spese processuali.
Sussistono i presupposti e le condizioni di legge per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, potendosi formulare prognosi favorevole in ordine alla possibilità che in futuro la MA. si astenga dalla commissione di ulteriori reati, tenuto conto della sua incensuratezza e delle complessive modalità e circostanze del fatto accertato.
La condotta criminosa dell'imputata cagionava all'Associazione A. un evidente danno di immagine, per la cui liquidazione è necessario rimettere le parti dinanzi al giudice civile atteso che le conclusioni di parte civile non forniscono elementi sufficienti per orientarne la quantificazione né si ritiene raggiunta la prova del danno per cui è stata avanzata richiesta di pagamento della provvisionale.
Infine, l'imputata deve essere condannata alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile, liquidate in Euro 3.420,00 (fase studio: Euro 450,00; fase introduttiva: Euro 540,00; fase istruttoria: Euro 1.080,00; fase decisoria: Euro 1.350,00), oltre spese generali e accessori se dovuti per legge.
Il carico di lavoro impone l'indicazione di un congruo termine per il deposito della motivazione, che si determina in giorni quindici.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533, 535 c.p.p., dichiara MA. Em. responsabile del reato ascrittole al Capo B) della rubrica, e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la condanna alla pena di mesi tre di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Pena sospesa alle condizioni di Legge.
Letti gli artt. 538 e ss. c.p.p., condanna MA. Em. al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede civile, ed alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile liquidate in Euro 3.420,00, oltre spese generali e accessori se dovuti per legge.
Letto l'art. 544 co. 2 c.p.p., riserva la redazione della motivazione nel termine di giorni quindici.
Così deciso in Bari, il 19 maggio 2022.
Depositata in Cancelleria il 3 giugno 2022