Tribunale Ferrara, 26/09/2022, n.975
Il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) concorre con quello di truffa aggravata (art. 640 c.p.), poiché tutelano beni giuridici distinti: la fede pubblica e il patrimonio. Millantare una qualifica ufficiale per ingannare le vittime e ottenere vantaggi patrimoniali integra entrambe le fattispecie delittuose. La condotta fraudolenta deve basarsi su artifici e raggiri idonei a indurre in errore la vittima, generando un profitto indebito per l’agente e un danno patrimoniale per il soggetto passivo. L’identificazione dell’imputato, unitamente al riconoscimento fotografico e alle risultanze probatorie, costituisce prova sufficiente della responsabilità penale per i reati contestati.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Nell'ambito dei procedimenti recanti i nn. 740/21 R.G. Dib. (n. 1061/20 R.g.n.r.) - nel contesto del quale si costituivano le vittime quali parti civili - e 190/22 R.G. Dib. (n. 2443/19 R.g.n.r.) - riuniti ai sensi degli artt. 2 disp. att. c.p.p. e 17 c.p.p. (1), così da consentirne la trattazione unitaria nel contesto del procedimento recante il numero progressivo più risalente - si contesta a RU. An. di avere, nel maggio 2017 e nell'agosto 2017, truffato i fratelli Cu. Se. e Cu. St., perché -inducendoli in errore attribuendosi una carica, invero mai rivestita, di Capitano della G.d.F. (capo unico contestato ex art. 494 c.p. nel contesto del procedimento portante, recante il 740/21 R.G. Dib. (n. 1061/20 R.g.n.r.) - convincendoli in tal modo che li avrebbe potuti aiutare nel contesto dell'ispezione a quel tempo in corso da parte dell'Agenzia delle Entrate presso l'attività gestita dalle due vittime (uno stabilimento balneare al Lido (omissis)), si faceva corrispondere:
- come si evince dal capo a) dell'imputazione di cui al procedimento n. 190/22 R.G. Dib. (n. 2443/19 R.g.n.r.) - in modo ripetuto piccole somme di denaro di Euro 50-100,00, per una somma complessiva di Euro 1.000,00 circa tramite ricarica su carta Postepay Evolution n. (omissis) a lui intestata;
- come si evince dal capo b) dell'imputazione di cui al procedimento n. 190/22 R.G. Dib. (n. 2443/19 R.g.n.r.), profittando del rapporto di fiducia che si era instaurato millantando la predetta carica militare invero non ricoperta, dapprima la somma di Euro 380,00, con l'impegno - invero non adempiuto di versarli alla figlia di Cu. St. (Cu. Cr., rispetto alla quale l'imputato si era impegnato ad intercedere in favore del padre) e la somma di Euro 350,00, per vendita di una pistola -asseritamente acquistata dall'imputato nel contesto di un'asta presso la G.d.F. invero mai avvenuta - arma invero mai entrata nella disponibilità dell'acquirente.
I procedimenti riuniti, istruiti con l'acquisizione concordata degli atti contenuti nel fascicolo del P.M. nonché con l'esame del teste di P.G. Cap.no An. Co. (Comandante della Compagnia Carabinieri di (omissis)), giungevano a definizione all'udienza del 18.07.2022 in cui il Tribunale - udita la discussione orale delle parti, che concludevano come indicato a verbale (in forma scritta quanto alle parti civili costituitesi nell'ambito del procedimento portante, relativo al reato di cui all'art. 494 c.p.) - previo ritiro in camera di consiglio, decideva come da dispositivo che si riporta in calce, con riserva di giorni 70 per il deposito della motivazione.
Il complesso delle dichiarazioni rese dalle persone offese dei reati trattati nei procedimenti riuniti come sopra indicati, contenute negli atti già facenti parte del fascicolo del P.M. (2) acquisti e corredati dalla documentazione a supporto dagli stessi in ragione dell'accordo raggiunto tra le parti a fini decisori – valutati unitamente agli esiti degli accertamenti espletati dalla P.G. come emergenti dalla testimonianza del Cap.no An. Co. (Comandante della Compagnia Carabinieri di (omissis)), consentono di ritenere raggiunta la piena prova della penale responsabilità dell'odierno imputato per i reati allo stesso ascritti nei procedimenti riuniti.
Segnatamente dagli atti e documenti sopra richiamati, rispetto ai quali non risulta nemmeno prospettabile una diversa lettura ricostruttiva dal punto di vista fattuale, emerge che le odierne persone offese venivano in contatto con l'odierno imputato - da loro riconosciuto senza alcun tema di smentita in sede di identificazione fotografica svolta durante le indagini preliminari in sede di indagini (3) - nel maggio del 2017 quando questi frequentava, quale cliente, lo stabilimento balneare denominato "Ca." sito al lido (omissis) - località della riviera (omissis) - gestito dai due fratelli.
Emerge che in quel periodo - segnatamente tra il 29.5.2017 ed il 15.05.2017 (4) - lo stabilimento gestito dai due querelanti veniva sottoposto a verifica fiscale da parte dei funzionari della Agenzia delle Entrate - direzione Provinciale di Ferrara con riguardo al periodo di imposta 2015, attività che veniva effettuata - come dedotto dai querelanti "senza molta riservatezza, tanto che tutti gli avventori" - tra cui, evidentemente anche Ru. An., al tempo cliente dello stabilimento - se "ne accorsero". (5)
Era quindi in tale contesto che Ru. An. - il quale si trovava al Lido (omissis) per trascorrere le vacanze in compagnia di una nipote, già cliente dello stabilimento "Ca." - si presentava ai due fratelli Cu., affermando di essere Capitano della Guardia di Finanza - Corpi speciali, peraltro fornendo ai due - all'evidente fine di rafforzare la convinzione, in capo alle vittime, circa il fatto che egli ricoprisse realmente tale importante carica - l'indicazione della sua asserita casella di posta elettronica: (omissis). Peraltro, sempre per rafforzare la propria millantata carica, palesava sul cruscotto della vettura un tesserino con la scritta "Guardia di Finanza".
In quella sede, ostentando sicumera, Ru. rappresentava ai fratelli Cu. che i funzionari dell'Agenzia delle Entrate non avrebbero potuto svolgere le verifiche fiscali con quelle modalità, tali a ledere la riservatezza dei soggetti controllati, di talché i relativi verbali dovevano considerarsi nulli. Ritenendo quindi che il soggetto fosse credibile - in ragione della carica paventata con sicurezza e spesa, peraltro, anche nel momento in cui veniva presentato all'Avv. Ma. To., legale delle due vittime - queste ultime ritenevano di poter confidare sull'aiuto che il sedicente capitano Ru. si era prestato a dare loro; segnatamente questi li notiziava che riteneva di non presentare alcun ricorso avverso la sanzione che era stata loro constatata a seguito dell'ispezione fiscale giacché riteneva di poterli tutelare con la mera presentazione - per il tramite del proprio commercialista - di memorie difensive all'Agenzia delle Entrate, ove a suo dire aveva delle conoscenze, tanto da indicare - al fine di rafforzare il proprio ordito - un nominativo (tale "Me." addirittura indicato quale responsabile del procedimento presso l'Agenzia (omissis)) ed una numerazione telefonica (n. (omissis)).
Riferivano, quindi, le due vittime che in quel periodo venivano rassicurate da Ru. circa il buon andamento della pratica, attraverso contatti telefonici quindicinali, in cui l'imputato affermava addirittura che i verbali erano stati annullati.
Emerge peraltro dalle prove che Ru. - al fine di rafforzare nelle pp.oo. la convinzione che egli si stesse adoperando per loro in virtù dell'impegno che si era assunto - oltre a confermare che tutto era oramai stato sistemato, in concomitanza con la scadenza dei termini per la presentazione di eventuale ricorso, organizzava altresì un incontro presso l'Agenzia delle Entrate, invero più volte rinviato in quanto sempre all'ultimo momento Ru. paventava scuse per non presentarsi.
Comunque, per non insospettire le due vittime ed, anzi, al fine di dar loro la conferma della bontà del proprio agito, nell'aprile del 2018 Ru. inviava presso lo stabilimento una raccomandata contenente (oltre alle fotocopie dei verbali redatti a carico della società nel maggio-giugno 2017 a seguito di ispezione fiscale, già nella disponibilità delle pp.oo.), una comunicazione recante l'intestazione dell'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Ferrara con la seguente dicitura: "Con la presente LIBERATORIA, Vi comunichiamo lo stralcio d'ufficio dei verbali redatti in nel mese di maggio 2017 riferiti alla sopra citata società BA. CA. SNC. L'atto di liberatoria è da intendersi esecutivo e va ad eliminare tutte le somme dovute riferite ai verbali indicati" (6): invero si tratta di comunicazione mai emessa dall'Ufficio, come appurato - loro malgrado - dalle vittime stesse posto che, a seguito della scadenza dei termini per la proposizione di ricorso in sede tributaria, divenuto così inoppugnabile il credito fiscale di Euro 120.000,00, (7) era tenute al relativo pagamento.
Emerge, peraltro, dal compendio in esame che il livello di fiducia riposto dalle vittime in Ru. era tale - in ragione della sedicente carica di capitano della Guardia di Finanza, invero mai rivestita come appurato dalla P.G. nel corso dell'indagine, e delle paventate competenze in materia tributaria, invero contrastanti con l'attività effettivamente svolta da Ru., risultato invero essere un imprenditore individuale, artigiano, nel settore della "riparazione e manutenzione di macchine di impego generale (apparecchiature fluidodinamiche e pneumatiche) c/o terzi" (8) - da avergli raccontato che già nel 2012 avevano subito un altro accertamento fiscale, in ragione del quale stavano ancora pagando il credito tributario ammontante ad Euro 70.000,00.
Ru. quindi prometteva alle vittime che si sarebbe interessato anche di tale accertamento; per rafforzare ancora una volta la propria immagine agli occhi delle ingenue vittime, Ru. dopo poco tempo inviava sull'utenza cellulare di Cu. Se. (detto "Re.") recante il n. (omissis) l'esito di un non ben definito "colleggiale" - chiaramente frutto di falsificazione - in virtù del quale si prevedeva, addirittura, la restituzione degli Euro 70.000,00 già corrisposti all'Erario dai gestori dello stabilimento balneare "Ca." in ragione dell'accertamento fiscale del 2012; somma che - a detta di Ru. - sarebbe rimasta "ferma" in banca per non meglio chiariti problemi di erogazione. (9)
Emerge, peraltro, che il livello di confidenza tra i tre era divenuto così alto che St. Cu. - il quale viveva al tempo una difficile situazione familiare in ragione dell'intervenuta separazione dalla moglie, cui seguivano altresì difficoltà nei rapporti con la figlia, con la quale non aveva più contatti - confidando a Ru. di voler avere notizie della figlia, chiedeva allo stesso di poter in qualche modo attivarsi per assumere informazioni sulla stessa. Ru. quindi, come al solito non solo rassicurava il suo interlocutore, ma addirittura - oltre a fornire informazioni sulle modalità di vita della moglie e della di figlia - organizzava un incontro, assicurando che si sarebbe presentato presso lo stabilimento balneare dei due querelanti unitamente alla figlia di Cu. St.: incontro, invero, mai avvenuto -così come gli incontri presso l'Agenzia delle Entrate - per le solite giustificazioni accampate dal Ru..
Questa volta, Ru. - accampando la scusa che la figlia di Cu. St. sarebbe stata in difficoltà economica - chiedeva a quest'ultimo la somma di Euro 380,00, che si faceva accreditare prontamente sulla carta "Postepay Evolution" a lui intestata recante il n. (omissis) (10).
Peraltro, sempre profittando della profonda fiducia carpita dalle vittime, Ru. si faceva accreditare sempre sulla stessa carta, a più riprese, importi tra i 50 e i 100 Euro, adducendo la giustificazione che si trattava di somme necessarie per l'acquisto dei bolli relativa alla pratica tributaria (11).
Inoltre Ru., promettendo a Cu. St. la vendita di un pistola - che a sua detta avrebbe acquistato ad un'asta del Corpo della Finanza e mostratagli tramite applicativo "Whatsapp" (12), così inducendo in errore il proprio interlocutore facendogli credere che ne fosse realmente in possesso - si faceva nuovamente accreditare, sulla detta carta Postepay, la somma di Euro 350,00 senza mia consegnare l'arma.
Ora, i fatti come sopra ricostruiti sulla base del solido ed inconfutabile compendio probatorio acquisito agli atti dei procedimenti riuniti qui trattati congiuntamente, consentono di ritener provato, oltre ogni ragionevole dubbio - non essendo prospettabili tesi ricostruttive alternative, invero nemmeno ipotizzate in linea difensiva - la penale responsabilità di Ru. An. per i fatti di reato allo stesso ascritti ai sensi degli artt. 494 c.p. e 640 c.p., come emerge dalle imputazioni come riportate in epigrafe; imputazioni da ritenersi, pertanto, corrette giuridicamente stante la piena riconducibilità ai titoli di reato in trattazione appena richiamati delle fattispecie concrete sopra tratteggiate.
E' di tutta evidenza, infatti, come l'odierno imputato - con riguardo alla cui soggettiva riconducibilità delle condotte oggetto del presente accertamento non sussiste alcun dubbio, giacché veniva riconosciuto con certezza da entrambe le vittime nel corso delle indagini come l'autore delle condotte oggetto di querela - attribuendosi una qualifica invero mai ricoperta, quale quella di Capitano della Guardia di Finanza, ostentando l'utilizzo di simboli riferibili a tale corpo militare al fine di rafforzare l'affidamento delle vittime, millantando - allo stesso scopo - conoscenze all'interno dell'Agenzia delle Entrate nonché competenze in materia tributaria, poneva in essere volontariamente una condotta penalmente rilevante riconducibile all'ipotesi di reato di cui all'art. 494 c.p., peraltro finalizzata a cagionare un danno in capo alle vittime che, vedendo perento il termine per la presentazione di ricorso in sede tributaria avverso il verbale di accertamento seguito alla ispezione subita nel corso del maggio-giugno 2017, si vedevano sfumata qualsivoglia possibilità di svolgere una propria difesa in quella sede.
E' peraltro stato accertato come attraverso l'artificiosa attribuzione di una carica invero mai ricoperta, l'imputato abbia tratto in inganno le vittime carpendo la loro fiducia, inducendoli a versare somme a vario titolo, come sopra indicato - versamenti da ritenersi provati con riferimento sia alle piccole somme (Euro 50-100,00 - capo a) periodicamente corrisposte all'imputato nonché con riguardo alle somme di Euro 350,00 che di Euro 380,00 (capo b) - versamenti che mai sarebbero stati effettuati laddove non fosse stata loro palesata dall'imputato (peraltro nel corso quantomeno di un intero anno) la qualità di alto graduato della G.d.f., invero mai ricoperta.
Deve pertanto ritenersi che tali fatti - come correttamente prospettati in fatto ed in diritto nel contesto dell'imputazione del proc. n. 190/2022, da ritenersi qui richiamate per ragioni di sintesi espositiva - integrino le corrispondenti ipotesi di reato di cui all'art. 640 c.p. ivi contestate (capi a e b); ipotesi di reato volta a punire chiunque "con artifici, o raggiri, inducendo taluno in errore, procuri a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno", a tutela quindi non solo del patrimonio ma, ancor prima - si ritiene - della libera formazione del consenso in seno al soggetto passivo ed, ancor più nello specifico, dell'interesse pubblicistico a che non sia offeso il dovere di lealtà e correttezza e la libertà di scelta dei contraenti, norma che ai fini del rilievo penale di tale condotta richiede altresì che il profitto ingiusto da intendersi, come chiarito dalla costante giurisprudenza di legittimità, come "qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico". Quanto poi all'elemento del danno da arrecare in capo alla vittima, è stato chiarito che avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, "consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l'effetto di produrre - mediante la "cooperatone artificiosa della vittima" che, indotta in errore dall'inganno ordito dall'autore del reato, compie l'atto di disposizione - la perdita definitiva del bene da parte della stessa." (13)
Occorre, altresì, osservare che, ai fini dell'integrazione della fattispecie sul piano della materialità, la formulazione letterale richiede - trattandosi di reato a forma vincolata - che la vittima sia indotta in errore tramite "artifici o raggiri", laddove per "artificio" si intende qualsivoglia simulazione o dissimulazione della realtà che crei una falsa apparenza volta ad alterare la conoscenza del soggetto passivo del reato, col fine precipuo di indurlo in errore, e per "raggiro", invece, si intende quell'inganno realizzato mediante finzioni che agiscono all'interno della sfera intellettiva e psicologica del soggetto passivo tali da ingenerare in lui una falsa rappresentazione della realtà, sulla quale, poi, lo stesso si determina.
Quanto all'elemento psicologico si osserva che, ai fini dell'integrazione del reato di truffa, è richiesta la volontà e nell'intenzione di indurre taluno in errore mediante artifici o raggiri, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto; nello specifico sul punto la Cassazione ha chiarito che si tratta di "[...] dolo generico, diretto o indiretto, avente ad oggetto gli elementi costitutivi del reato (quali l'inganno, il profitto, il danno), anche se preveduti dall'agente come conseguente possibili, anziché certe della propria condotta, e tuttavia accettati nel loro verificarsi, con conseguente assunzione del relativo rischio." (14)
Quanto, infine, alla condotta criminosa, ai fini dell'individuazione del momento perfezionativo del reato, si osserva come esso vada fatto coincidere con quello della deminutio patrimonii del soggetto passivo e dello speculare, illecito conseguimento del profitto in capo all'agente.
Ora, tanto precisato sul piano astratto, si ribadisce come le condotte sopra accertate, riconducibili in capo a Ru., siano state tali da, attraverso la creazione di una falsa apparenza volta ad alterare la conoscenza delle vittime, averle indotte in errore portandole al versamento di somme che, in assenza della falsa rappresentazione della realtà - "artificio" - non avrebbero mai versato; si è in tal modo venuto a produrre, in capo alle vittime, un danno di natura economica, a fronte dell'evidente correlativo profitto perseguito ed ottenuto dall'agente.
Alla luce delle valutazioni fattuali e giuridiche sopra esposte deve, pertanto, concludersi per la piena prova della penale responsabilità dell'odierno imputato per i reati allo stesso ascritti nei procedimenti riuniti (15), da ritenersi comunque tra loro avvinti della continuazione ex art. 81 cpv. c.p. essendo stati perpetrati nell'ambito del medesimo contesto loco-temporale, elementi oggettivi che unitamente alla valorizzazione del medesimo finalismo, portano a collocare i tre reati nell'ambito dello steso disegno criminoso.
Ciò premesso, quanto al trattamento sanzionatorio, escluso l'aumento per la contestata recidiva (16), ritenuta di maggiore gravità l'ipotesi di reato di cui al capo a) del proc. n. 190/22 R.G. Trib. ed esclusa la concedibilità delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p. - non rinvenendosi alcun elemento di segno positivo nel comportamento del Ru. da valorizzarsi in tal senso (17) - si perviene a determinare la pena finale di anni 1 di reclusione ed Euro 500,00 di multa, secondo il percorso motivazionale che segue:
- con riguardo all'ipotesi di reato ritenuto di maggiore gravità, si stima equa, alla luce dei criteri di cui all'art. 133 c.p. - specie in ragione della non modesta valenza offensiva della condotta, perpetrata con pervicacia per un ampio contesto temporale - la pena base di mesi 8 di reclusione oltre ad Euro 300,00 di multa;
- aumento per l'ulteriore ipotesi di truffa di cui al capo b) di cui al proc. n. 190/22 R.G. Trib.: si stima equo un aumento di mesi 1 di reclusione ed Euro 50 di multa;
- aumento per la continuazione con l'ipotesi di reato di cui all'art. 494 c.p. contestata nel procedimento n. 740/21 R.G. Trib.: ulteriori mesi 3 di reclusione ed Euro 150,00 di multa, aumento stimato con entità superiore rispetto all'altro reato satellite per la maggiore incidenza avuta nel contesto della condotta complessivamente ingannatoria perpetrato ai danni delle vittime.
Si perviene così alla pena finale di anni 1 di reclusione ed Euro 500,00 di multa, condanna che non può fruire dei benefici di legge in ragione dei precedenti ostativi come rilevabili dal Certificato del Casellario giudiziale in atti.
Inoltre, all'accertamento della penale responsabilità dell'imputato segue non solo dell'obbligo del pagamento delle spese processuali, anche del pagamento del risarcimento dei danni.
È stato infatti rilevato, in premessa, come le vittime si siano costituite parti civili con riguardo al solo reato di cui all'art. 494 c.p..
Ebbene sul piano risarcitorio, ex art. 538 e ss. c.p.p., seguono le statuizioni civili. Si osserva, infatti, come l'attività istruttoria dibattimentale abbia consentito di acquisire elementi che conducono a riconoscere - secondo il criterio di prevedibilità - in favore delle parti civili, una provvisionale - immediatamente esecutiva ex lege - pari a complessivi Euro 3.000,00 (Euro 1500,00 per ciascuna delle vittime), somma stimata in via equitativa in ragione dell'intenso patimento e timore subito dalle vittime, divenute bersaglio dell'attività ingannatoria posta in essere dall'imputato attraverso l'attribuzione di qualità non possedute, attività criminosa che sviluppatasi in un arco temporale almeno annuale si è dimostrata profondamente pervasiva (18).
Alla condanna risarcitoria gravante in capo all'imputato, quale responsabile del reato per cui è procedimento, segue - infine - anche la condanna dello stesso alla rifusione delle spese processuali e di costituzione sostenute dalle parti civili, così come liquidate in parte dispositiva alla luce dei parametri di cui al D.M. 55/2014.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.:
DICHIARA
RU. An. responsabile dei reati a lui ascritti nei processi riuniti di cui epigrafe e, ritenuti i fatti avvinti dal vincolo della continuazione, ritenendo più grave il fatto di cui al capo a) del proc. n. 190/22 R.G. Trib. e, esclusa la contestata recidiva, lo condanna alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 538 e segg. C.p.p. condanna RU. An.:
- al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita nel procedimento penale n. 740/21 R.G. Trib., da liquidarsi in separato giudizio civile;
- al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad Euro 3000,00, da maggiorarsi degli interessi in misura legale dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo;
- alla rifusione delle spese di costituzione e difesa in favore della parte civile, liquidandole in Euro 3500,00, oltre spese generali, iva e CPA, oltre ad Euro 27,00 per spese esenti.
Visto l'art. 544 co. 3 c.p.p. fissa in giorni 70 il termine per il deposito delle motivazioni.
Così deciso in Ferrara, il 18 luglio 2022.
Depositata in Cancelleria il 26 settembre 2022
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Note:
(1) Cfr. verbale d'udienza del 18.07.2022.
(2) Querela a firma congiunta delle pp.o., del 22.05.2019 ratificata presso la Compagnia Carabinieri di (omissis) il 27.05.2019, unitamente all'esposto dell'avv. Ma. To. (aff. 48 e ss); verbali di s.i.t. delle due vittime (aff. 50-60 quanto Cu. Se.; aff. 64-65 quanto a Cu. St.; verbali di riconoscimento fotografico reso dalle due vittime (aff. 39 e 42) e relativo fascicolo fotografico (aff. 40-41).
(3) Cfr. aff. 39-42 e relativo fascicolo fotografico, unitamente alla legenda (aff. 41), atti prodotti nel contesto di entrambi i procedimenti, da cui emerge in modo incontrovertibile che entrambe le vittime dei reati oggetto dei procedimenti trattati unitariamente in tale sede riconoscevano "con una percentuale del 100% (senza ombra di dubbio)" nel soggetto raffigurato nella immagine n. 3 l'individuo da loro denunciato, corrispondente a Ru. An., odierno imputato, come generalizzato in atti.
(4) Cfr. aff. da 9 a 33 prodotti su accordo delle parti nel contesto del proc. n. 190/22 R.G. Trib., all'udienza del 16.06.2022.
(5) Cfr. Querela cit., pag. 2.
(6) Cfr. aff. 7 (all. 1a alla querela).
(7) Cfr. aff. 65, seconda pagina del verbale di s.i.t. rese da Cu. St. laddove chiariva che, a seguito del comportamento posto in essere da Ru., il termine per proporre ricorso avverso il verbale di accertamento per Euro 120.000,00 andava perento.
(8) Cfr. visura camerale prodotta dal P.M. all'udienza del 7.4.2022 nell'ambito del procedimento portante.
(9) Cfr. aff. 37 delle produzioni effettuate dal P.M. all'udienza del 13.06.2022 celebrata nell'ambito del procedimento n. 190/22 R.G. Trib.
(10) Cfr. aff. 62.
(11) Cfr. aff. 61.
(12) Cfr. aff. 54 delle produzioni del p.m. all'udienza del 7.04.2022 nel procedimento portante.
(13) Cfr. significativamente, Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 18762 del 29 aprile 2013.
(14) Cfr. Cass. pen., sez. II, 21/03/2012, n. 24645.
(15) Come chiarito dalla Cassazione, il concorso tra il delitto di cui all'art. 640 e quello di cui all'art. 494 c.p. sussiste "sia per la diversità dei beni giuridici tutelati - il patrimonio della vittima nella truffa, l'esatta individuazione della persona e il diritto del soggetto sostituito a non essere esposto alle ripercussioni negative della sostituzione nel reato previsto dall'art. 494 c.p. -, sia perché la sostituzione di persona non costituisce elemento necessario della truffa (Cass., n. 49227 del 10/12/2009; Sez. 6, n. 9470 del 5/11/2009; Sez. 2, n. 35443 del 6/07/2007)" (Cass. pen., Sez. V, sent. 11918/2016).
(16) Sul punto, occorre precisare che la sussistenza della recidiva non può discendere in via di automatismo dal mero rilievo della presenza di precedenti penali a carico dell'imputato, richiedendosi al contrario una valutazione circa l'esistenza di una "relazione qualificata tra il reato per cui si procede ed i precedenti penali" (così, ampiamente, la giurisprudenza di legittimità: da ultima, Cass. pen., Sez. III, sent. 16047/2019; conformi, Sez. VI, sent. 34670/2016; Sez. III, sent. 33299/2016; Corte Cost., sent. 185/2015; Cass., S.U., sent. 20798/2011; S.U., sent. 35738/2010). In particolare, la richiamata Cass., sent. n. 16047/2019 pronunciata dalla Sezione III, ha affermato che "l'applicazione [della recidiva] dipende non solo dalla presenza di precedenti condanne riportate dall'imputato ma anche dalla relazione qualificata tra il reato per cui si procede ed i precedenti penali, sicché ove tale relazione manchi, il giudice può escludere la recidiva"; chiarivano già, più precisamente, le S.U. del 2011, sent. n. 20798, che "il giudizio sulla recidiva non riguarda l'astratta pericolosità del soggetto o un suo status personale svincolato dal fatto reato. Il riconoscimento e l'applicazione della recidiva quale circostanza aggravante postulano, piuttosto, la valutazione della gravità dell'illecito commisurata alla maggiore attitudine a delinquere manifestata dal soggetto agente, idonea ad incidere sulla risposta punitiva - sia in termini retributivi che in termini di prevenzione speciale - quale aspetto della colpevolezza e della capacità di realizzazione di nuovi reati, soltanto nell'ambito di una relazione qualificata tra i precedenti del reo e il nuovo illecito da questo commesso, che deve essere concretamente significativo - in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, e avuto riguardo ai parametri indicati dall'art. 133 cod. pen. - sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo". È peraltro stato chiarito che tra i parametri di giudizio non può non aversi riguardo al tempo intercorso tra le precedenti condanne ed il fatto per cui si procede, al fine di "accertare se, ed eventualmente in quale misura, la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una persistenza di stimoli criminogeni e, quindi, di una perdurante inclinazione al delitto la quale abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione della nuova condotta attualmente sub iudice" (così, di nuovo, Cass. pen., Sez. III, sent. 16047/2019).
(17) Cfr. significativamente, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24312 del 25/03/2014, nella cui motivazione, sul punto, viene ribadito tale principio: "Questa Corte Suprema ha in più occasioni chiarito che, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (così, da ultimo, Sez. 2°, sentenza n. 3609 del 18 gennaio - 1 febbraio 2011, CED Cass. n. 249163 [...] così, da ultimo, Sez. 2°, sentenza n. 3609 del 18 gennaio - 1 febbraio 2011, CED Cass. n. 249163"; ed ancora da ultimo, cfr. Cass. che ha ribadito il principio ormai consolidato secondo cui: "[...] al fine del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è sufficiente l'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma si richiedono invece elementi di segno positivo (Sez. 1, n. 3529 del 22/09/1993, St. ed altro, Rv. 195339) [...]". Vd. anche, lungo la stessa direttrice interpretativa, Cass. pen., Sez. III, sent. 17178/2020 e nn. 9836/2015 e 44071/2014.
(18) Cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 20318 del 10/01/2017 e Cass. Sez. 6, Sentenza n. 49877 del 11/11/2009 quanto al principio processuale granitico secondo cui il giudice di merito - nel cui insindacabile vaglio è ricondotta la valutazione circa la determinazione della provvisionale - non sia comunque tenuto ad una motivazione specifica e puntuale con riferimento alla determinazione della provvisionale, laddove la liquidazione sia effettuata con riferimento al danno prevedibile.