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Truffa informatica e sostituzione di persona: condanna a 7 mesi di reclusione per frode su sito web falso di hotel

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Tribunale Napoli sez. IV, 27/02/2023, n.1878

Il delitto di truffa aggravata (art. 640 c.p.) e quello di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) possono concorrere tra loro in quanto tutelano beni giuridici distinti: il patrimonio e la fede pubblica. La creazione di un sito web falso, accompagnata dall'uso di un'identità fittizia per indurre in errore terzi, integra entrambe le fattispecie delittuose, configurando il dolo specifico di ottenere un profitto indebito a danno altrui. La responsabilità penale dell'autore si afferma quando sussistono prove certe della riconducibilità di strumenti di pagamento e utenze telefoniche fraudolentemente utilizzati all'imputato.

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Truffa informatica e sostituzione di persona: condanna a 7 mesi di reclusione per frode su sito web falso di hotel

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
An.Ge. e Ia.Pa. sono stati citati a giudizio innanzi a questo Giudice per rispondere dei reati loro ascritti.

Rinviata la prima udienza dell'1 giugno 2021 per omessa notifica del decreto, il 5 aprile è stata stralciata la posizione della coimputata Pi.Em. in quanto irreperibile.

a) del reato p. e p. dall'art 110,640 c.p., perché, in concorso tra loro, IA. in quanto titolare dell'utenza telefonica tramite cui venivano contattati i clienti, l'AN. in quanto materiale esecutore della condotta e destinatario delle somme, la PI. in quanto intestataria di uno dei conti sui quali pervenivano le somme, con artifici a raggiri consistiti nell'oscuramento della pagina (…) e nell'utilizzo dei dati e delle (…) in essa contenuti in un differente sito creato ad hoc, inducendo in errore potenziali clienti della struttura, tra i quali CA.Ra., procuravano a sé stessi un ingiusto profitto, pari alle somme indebitamente ricevute a titolo di prenotazione di camere, con danno a (…), nella persona della legale rappresentante Es.Am., consistito in lucro cessante per le somme corrisposte agli indagati piuttosto che alla struttura (tra cui euro 1.400,00 corrisposti da CA.Ra.) ed in danno all'immagine determinato da recensioni negative pubblicate dai raggirati.

Commesso in Napoli in data 08.08.2018.

Querela del 08.08.2018.

b) Del reato p. e p. dall'art. 110,494 c.p. perché in concorso tra loro, al fine di conseguire l'indebito vantaggio di cui al capo a); inducevano Ca. ed altri in errore, attribuendosi il falso nome di Ro. e operando attraverso la falsa qualifica di promoter di un'agenzia di viaggi.

Commesso in luogo imprecisato in data antecedente e prossima al 08.08.2018.

All'udienza del 7.2.2023, aperto il dibattimento, sono stati ammessi i mezzi istruttori richiesti dalle parti; le stesse hanno prestato il consenso ad acquisire gli atti del fascicolo del PM, rinunziando ai testi, che sono stati revocati.

All'odierna udienza, esaminata con il suo consenso la Ia., acquisita con il consenso delle parti la querela dalla stessa sporta, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, udite le conclusioni delle parti, questo Giudice ha provveduto alla definizione del giudizio mediante lettura in udienza del dispositivo.

Ritiene il giudice che dalle risultanze istruttorie - tutti gli atti di indagine, acquisiti con il consenso delle parti- emerge la piena prova della penale responsabilità del solo imputato An. per i reati a lui ascritti.

In data 8 agosto 2018, Es. Amelia, legale rapp.te (…) s.r.l., sito in (…), ha sporto una querela per truffa informatica presso la stazione dei CC; ha rappresentato che era stato cambiato nella pagina Google dell'albergo il numero telefonico, sostituito con una diversa utenza cellulare (…), a cui era stata aggiunta anche un'utenza fissa (…).

Era stato, quindi, creato un nuovo sito web, in cui erano state inserite le foto dell'albergo in questione; aveva avuto anche diverse segnalazioni al riguardo da alcuni clienti che avevano eseguito versamenti in acconto sulla carta postepay (…), previ contatti con una mail falsa (cfr. querela in atti).

L'Es. era stata, poi, sentita a sit ed aveva confermato che diversi clienti erano stati truffati, versando somme a titolo di acconto dopo aver interloquito con un uomo, tal Cl., che utilizzava l'utenza n. (…). Aveva, allora, anch'ella contattato tale numero telefonico e parlato con Cl. (cfr. verbale sit).

A seguito della denunzia, i CC della compagnia di Sapri avevano svolto indagini, sentendo in primis (…), i quali avevano entrambi confermato di aver preso contatto con tal Cl., ma si erano insospettiti e non avevano versato alcunchè.

Veniva, poi, accertato che l'utenza fissa era stata disattivata già nel lontano 2012 laddove quella mobile era stata attivata su rete (…) il 22 luglio 2018 ed era intestata a Ia.Pa., la quale all'atto dell'attivazione della sim card aveva fornito copia della propria carta di identità (cfr. in atti, unitamente al modulo di adesione). Sul modulo è indicato un indirizzo diverso rispetto a quello indicato sulla carta di identità, mentre risulta la firma leggibile di persona a nome Ia.Pa.

Dalla banca dati era emerso che tale carta di identità non era mai stata oggetto di denunzia per smarrimento e/o furto.

Veniva anche acquisito presso il comune di Napoli, copia del cartellino anagrafico comprensivo di effige fotografica, che è risultata essere identica a quella apposta sulla carta di identità utilizzata per attivare l'utenza cellulare de qua.

I CC, poi, procedevano ad interpellare la (…) di Milano, azienda che opera nel settore del segretariato a distanza, ponendo a disposizione dei clienti un'utenza attraverso cui viene raggiunto un cali center, incaricato alla gestione delle chiamate in arrivo, inoltrandole a sua volta all'utenza fornita dal cliente. E ciò in quanto la querelante Es.Am. aveva ricevuto due fatture- cfr. in atti, emesse proprio da quella società nei confronti (…).

La società riferiva che il servizio era stato attivato il 16 agosto 2018 in favore dell'albergo tramite utenza (…) da RO.Cl., abitante in Sorrento, via (…); non disponeva, però, copia di alcun documento di identità ma indicava una mail (…) a cui erano state inviate tutte le informazioni relative al servizio attivato nonché un IBAN che sarebbe stato utilizzato per il pagamento (cfr. documentaz. in atti).

Da verifiche effettuate all'ufficio anagrafe di Sorrento, si era appurato che Ro.Cl. non risiedeva a Sorrento.

In prosieguo, i CC verificavano che l'intestatario della carta postepay (…) su cui erano stati fatti dai clienti dei versamenti era intestata all'odierno imputato An.Ge.

Tale carta, associata al codice iban (…), era stata attivata il 3 agosto 2018 da An.Ge. presso l'ufficio (…)e bloccata in data 8 settembre 2018 (cfr. in atti). Veniva acquisito presso le Poste italiane il fascicolo relativo a quella carta postepay, tra cui il questionario di adeguata verifica cliente (in cui, tra l'altro, si dà atto che "il cliente effettua l'apertura del rapporto personalmente"), la copia fronte retro della Carta di identità dell'An. e la nota emessa da (…) il 3 agosto indirizzata sempre all'An.

Veniva anche acquisita la lista movimenti relativa alla carta de qua, da cui si rilevano plurime movimentazioni in entrata ed in uscita di modico valore, per lo più senza l'indicazione di causale (quelle che hanno tale specifica, fanno riferimento al pagamento di console videogiochi).

E sempre in atti, è stata prodotta la copia di alcuni messaggi whatsApp relativi a prenotazione di stanze presso l'hotel (…) in cui viene indicato l'iban (…) ed il nome "Ge.An."

I CC procedevano all'escussione di Ca.Gi., titolare di carta (…) abbinata all'iban (…), che riferiva che tale carta era in uso al fratello Ra.

Ca.Ra. riferiva che, ad agosto 2018, aveva preso contatti, inizialmente via internet, con una persona che si spacciava per Cl.Ro., promoter di una agenzia viaggi; successivamente lo contattava al n. (…), prenotando un soggiorno presso l'hotel (…) al costo di 1.400 euro. Effettuava, così, una ricarica sulla (…) di 502 euro quale acconto, versando la restante somma di 900 euro sul conto corrente con beneficiario Ge.An., somma, però, materialmente non corrisposta, avendo medio tempore scoperto di essere stato truffato ed avendo, pertanto, immediatamente bloccato il secondo bonifico. Sono state acquisite le mail intercorse tra Ca.Gi. e Ra. ed il sedicente Cl.Ro. all'indirizzo (…).

Dalla documentazione acquisita presso (…) è emerso che la carta (…) era stata attivata da Pi.Em. (originaria coimputata).

Ia.Pa. ha dichiarato di essere stata convocata dai Carabinieri di Marianella, apprendendo di essere stata denunziata per una truffa che non aveva mai fatto ("io so fare solo la casalinga") e di non aver mai avuto come gestore (…) nè di aver mai abitato a Santa Maria a Cubito né di conoscere Pi.Em. né l'hotel (…) nè di saper usare i computer. Ha precisato di aver smarrito i documenti tempo prima e di aver dato i documenti a vari CAF "può darsi che in questi caf si sono prese queste carte, cioè quelli fanno le fotocopie dei documenti". Aveva sporto denunzia il 28 settembre 2018 quando era stata convocata dai CC per sostituzione di persona; non ricordava se già in passato avesse sporto denunzia per smarrimento e/o furto della propria carta di identità.

Ha negato che le firme apposte al modulo di attivazione del telefono in atti fossero state da lei apposte.

Nella querela sporta dalla Ia.Pa., acquisita con il consenso delle parti, la stessa ha rappresentato di aver appreso dai CC, in occasione della sua convocazione del 21 settembre 2018, che era stata attivata l'utenza (…) con i suoi documenti, ma a sua insaputa, per cui aveva bloccato la sim.

Aveva sporto denunzia il 28 settembre quando era stata nuovamente convocata "per essere sentita in merito ad altre due truffe denunciate presso altri comandi, ove è stata usata la sim apparentemente a lei intestata". Ha riferito che aveva smarrito i documenti in passato, ma lo aveva denunziato.

Ebbene, le risultanze istruttorie soprariportate danno piena contezza della penale responsabilità del solo An.Ge. in ordine ai reati a lui contestati.

E, invero, è emerso al di là di ogni ragionevole dubbio che questi, con la complicità di altri soggetti, era riuscito a truffare l'hotel (…), creando su Google un sito ad hoc apparentemente riconducibile all'albergo in questione (anche utilizzando le foto della struttura estrapolate dal sito reale). In realtà, invece, i numeri telefonici di contatto ed anche il servizio di segreteria indicati sul sito erano riconducibili allo stesso An. ed ai suoi complici (anche utilizzando il falso nome di

Ro.Cl.): erano questi, infatti, che intrattenevano i rapporti con gli ignari clienti che, così indotti in errore, ritenevano di prenotare presso l'hotel America, corrispondendo quanto dovuto sui conti correnti dell'An., piuttosto che della originaria coimputata Pi.Em.

Così Ca.Ra. che dopo aver avuto contatti con il sedicente Ro.Cl., spacciatosi come promoter di un'agenzia di viaggi, aveva versato quale acconto la somma di 502 euro sulla (…), risultata intestata alla Pi.Em.

In tal modo l'albergo subiva un danno sia in termini di mancato guadagno sia di immagine, atteso le recensioni negative dei clienti così truffati (i quali, differentemente dalla Es.Am., legale rappresentante dell'hotel, non hanno ritenuto di sporgere a loro volta querela).

Altre volte, invece, veniva fornito ai clienti l'iban (…) a cui era

associata la carta (…): ebbene, proprio tale carta era stata

attivata il 3 agosto 2018 da An.Ge. presso l'ufficio (…).

Nessun dubbio che sia stato proprio l'odierno imputato ad aprire detto conto per come emerge dalla documentazione acquisita presso l'ufficio postale e, in particolare, la sua carta di identità allegata in copia al momento dell'attivazione del conto. Peraltro, tale conto è stato acceso personalmente dall'imputato - come risulta dal modulo di verifica cliente, che ha prodotto il suo documento di riconoscimento.

Dunque, certamente An.Ge., così come Pi.Em., hanno acceso conti ad hoc utilizzati per ricevere le somme dei clienti da loro truffati.

Sussiste anche il delitto di cui all'art. 494 c.p. atteso che l'An., al fine di procurare a sé ed ai suoi complici, un vantaggio (il profitto indebito delle truffe) aveva indotto in errore i clienti e, in primis Ca.Ra., assumendo un'altra identità e, precisamente, fingendosi Ro.Cl., promoter di un'agenzia viaggi. Con tale nome - in realtà inesistente, ha stipulato il servizio di segreteria e sempre con tale nome e con tale qualifica si è presentato alle persone interessate a prenotare il soggiorno nell'hotel.

Nessun dubbio che il reato di sostituzione di persona possa concorrere con quello di truffa, stante la diversità dei beni giuridici protetti, consistenti rispettivamente nella fede pubblica e nella tutela del patrimonio (cfr. sez. 2, Sentenza n. 26589 del 11/09/2020).

Sussiste un evidente identità di disegno criminoso tra gli stessi per come si evince dalle modalità con le quali sono stati consumati di tal che possono essere avvinti dal vincolo della continuazione. Anche in considerazione dei suoi numerosi precedenti, non si ritiene l'imputato meritevole delle attenuanti generiche.

In ordine alla determinazione della pena, valutati gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., tenuto conto in particolare della gravità del fatto, del comportamento processuale dell'imputato, dell'offensività della sua condotta si reputa adeguata la pena di mesi sette di reclusione ed euro 80 di multa (p.b., mesi sei ed euro 60, aumentata ex art. 81 cpv alla pena finale).

Non ricorrono i presupposti di legge per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Alla condanna segue, per legge, l'obbligo di pagare le spese processuali. Diversa è la conclusione per Ia.Pa.

Invero, per quanto siano stati usati i suoi documenti per attivare l'utenza mobile usata sul falso sito dell'hotel (…), trattasi di un unico indizio che non si ritiene sufficiente per affermare la sua penale responsabilità. Peraltro, la stessa Ia., sia pure solo allorquando è stata escussa dai CC, ha sporto una denunzia, rappresentando di essere stata inconsapevolmente coinvolta in altri episodi truffaldini commessi utilizzando il suo documento di riconoscimento. Non vi è, dunque, certezza, che sia stata proprio l'odierna imputata ad attivare l'utenza cellulare de qua, che ben avrebbe potuto essere attivata anche da terzi, utilizzando copia dei suoi documenti. Nè, del resto non sono stati fatti approfondimenti in ordine ad eventuali suoi rapporti con gli altri coimputati An. e Ia.

Di tal che, stante l'insussistenza di un granitico quadro probatorio a suo carico, si impone una sentenza assolutoria per non aver commesso il fatto.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,

dichiara An.Ge. colpevole dei reati a lui ascritti unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di mesi sette di reclusione ed euro 80 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Letto l'art. 530, II co. c.p.p. assolve Ia.Pa. dai reati a lei ascritti per non aver commesso il fatto.

Così deciso in Napoli il 14 febbraio 2023.

Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2023.

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